DELLE DIMOSTRATIONI MORALI, POLITICHE, ET ICONOMICHE DI PETRVCCIO Vbaldino parte prima.
I.
E'Non è cosa al mondo piu propria, & che ci faccia conoscer piu rari, & eccellenti in quelle cose, delle quali noi facciamo professione, che la Gratia, mediante la quale ogni cosa riesce facilissima, & penetra questa gratia ne gli animi non solamente de gli amici, ma de i nemici ancora, percioche la vince quello, che le forti, & gagliarde armi nō posson pur piegare, raffrena i rabbiosi, & inconsiderati tumulti de i popoli, mitigagli adirati cuori de gli huomini, placa i nemici, & accorda glistrani, fortifica l'amicitia, & finalmente essa sola gratia può vincer l'inuidia, il che è cosa incredibile, ma cio auuiene perche in essa è riposta ogni forza, ogni potenza, & ogni virtù, nascendo [Page 2] quella insieme con l'huomo per vn concordeuole riscontro di stelle benigne.
II.
E' gli è cosa mirabile à dire, che di tutti i Principi, che sono stati innanzi all'età nostra, se ne sieno uditi solamente ben pochi essere stati lodati da gli scrittori, & questo non par gia marauiglia à chi nè penetra piu adentro la cagione, la quale non è altra stata, che il dispregio, ch'hanno essi fatto di quelli, da i quali sarebbero stati inalzati cō le lodi al Cielo, se gli hauessero saputo tenersegli amici, non essendo gia la prima colpa di cio le loro opere sinistre, ma la loro odiata auaritia, percioche la liberalità rompe le dure catene, apre le strette prigioni, penetra il Cielo, & sforza l'Inferno à mal grad odi tutti i suoi oppositi, nè sia chi si pensi con le sole buone opere di conseguir honoratamente dalle penne altrui chiara fama, & lode stabile, s'ei non habbia la mano liberale, perche ognuno può consumar l'inchiostro à suo modo. Però sieno i principi d'hoggi accorti in questo altrimenti, che i passati non furono.
III.
Nessuna cosa è pui difficile, che bene, & giustamente signoreggiare, onde si dicé. Che gli animali [Page 3] dimestichi quantunque sieno offesi dai loro padroni, ò pastori nō però gli leuano l'vbbidienza, anzi si scordano l'offesa, & gli lascian prender i soliti frutti loro. Ma l'huomo (dice Senofonte) essendo stato offeso (benche riconciliato) non si dimētica dell'ingiuria, ma sempre va macchinando, ò per qual via, ò modo ei potesse rēder per vn mille (per cio si parla non di meno nel generale) percioche in questo atto non bene inteso si offende molto piu l'huomo di quel, che noi potremmo con parole rimostrare.
IIII.
E'non è la piu felice, & tranquilla vita, che viuer senza ingiuria, & lontano dalla temerità della plebe sotto d'vn giusto principe, essendo la plebe madre delle discordie, delle diuisioni, & delle souuersioni de gli stati, & però quando alcun grande vuol far qualche nouità cerca sempre di guadagnarsi prima il fauor popolare, però à i modi di questi cosi fatti bisogna, che in ogni principato s'habbia buona cura, accio gli huomini di animo torbido non possino errarè, & à i buoni si leui l'occasion di non cambiar natura.
V.
La natura non ha fatto cosa alcuna, che per se stessa sia del tutto perfetta, però in vn' huomo [Page 4] solo non può esser tanta virtù, che senza l'altruj consiglio ci possa gouernare vno stato; onde ciascuno secondo la sua proportione deue consigliarsi con huomini prudenti, cio è che per lungo corso della vita, et con l'esperienza di diuersi accidenti sappia parlar delle cose del mondo.
VI.
Cicerone dice, che gli honori, et gli vtili ci fanno industriosi, et ci allettano à gli honesti essercitij, accordandosi queste due parti con il desiderio, che'ha ciascuno, che ingegno habbia di lasciar qualche honorato nome di se medesimo; et però le scienze, et lebuone discipline, et l'arti nobili, et necessarie all'vso nostro non furon trattate da gli huomini vagabondi, ò che habitassero nelle se lue come le fiere; ma da quelli che vissero nelle Republiche tra la frequenza de i Cittadini, vdendo varie cose, disputando di molte, altri superando, et da altri contentandosi d'esser superati; onde egli è, che nelle citta state ordinate per il loro accrescimento, et riputatione, sono apparecchiati i premij, à coloro, i quali in qualunque virtu, ò arte industriosa, et necessaria soprauanzano gli altri, non facendo distintione dal terrazzano al forestiero (come sogliono hoggi di far alcuni, Per cio che la virtu è sempre buona da qualcunque [Page 5] parte la si venga, ò in qualunque persona la si ritroui, pouera ò ricca, nobile, ò ignobile, amica, ò nemica, che la si fusse stata.
VII.
L'humanita è proprio frutto de gli huomini ciuili, & che insieme habbino familiarità, & commertio, perche (come dice Aristotile) si mostra esser vero, che colui è bestia, & non huomo ragioneuole, il quale fugge il consortio, & la conuersatione altrui per viuersene egli stesso, & per priuare in vncerto modo i suoi sensi migliori della virtu loro.
VIII.
La naturà non ci ha dato il maggior dono di quello della giustitia, la quale è veramente il fondamento dell'humana compagnia; & però si ritroua ella piu propria nelle citta virtuose, doue specchiandosi gli huomini l'un l'altro nell'opere loro pare, che sien prouocati non solo naturalmente ad operar bene, & giustamente per desiderio di lode, ma ancora per timor d'infamia.
IX.
Egli auuiene spesso, che all'huomo veritiero è poco creduto quello, che' dice, quando gli animi di chi l'ascolta sono corrotti dalle loro proprie passioni; dalle quali s'hāno da guardar soprattutto quelli, che hanno il gouerno de glistati nelle loro [Page 6] mani, altrimenti i con sigli publichi riusciranno partialità pernitiose.
X.
Come i figliuoli sono membra del padre, cosi i popoli son membra del principe, & però con quel medesimo affetto deue esser considerato dal principe colui che propone cose honorate, & vtili per il suo popolo, che quello, che ammaestra benei figliuoli altrui dal padre di famiglia, con cio sia che vna casa è la somiglianza d'vna piccola città, & vna città la somiglianza d'una gran casa.
XI.
L'inuidia fu conosciuta da gli antichi tanto pernitiosa, che huomini di gran valore scoprirono le virtu loro sotto l'altrui nome, come Radamanto, il quale finse di hauere hauute da Gioue le leggi, ch'esso dette à i Cretensi. II medesimo fece Minosso, & Licurgo si scopri col nome di Pithia quādo dette le sue à i Lacedemoni. Numa à Roma si seruiua del nome di Egeria ninfa boscareccia. Minia primo legislatore de gli Egittij di Mercurio. Zalmosi fra i popoli Geti della Dea vesta. II grā Moise di poi da Dio eletto anch' egli fu sottoposto all'horrendo monstro dell'inuidia, & finalmente lo stesso Redentor della generatione humana dalla crudele inuidia delle genti su quanto huomo condotto alla morte. Ma cosi come esso con la [Page 7] sua riassunta vita vinse, & distrusse l'inuidia de i mortali, cosi l'operar bene gia mai da noi non si deue intralasciare per il timor di quella, per cioche quell'honore, che ce n' è negato da gli huomini inuidiosi che viuono, ci si riserba per giusto giudicio di Dio nell'auuenire dalle penne de gli huomini suegliati, accioche ancora essi col mezo de i fatti lodeuoli altrui s' acquistino lode di perfetta education de gli ingegni loro.
XII.
Negli affari d'importanza ò publichi ò priuati si deue hauer consiglio di piu, perche piu veggono molti occhi, che due, & piu conoscono gli assai, che vn solo, & manco si stracca colui, che ha vna faccenda se egli ha chi l'aiuti (come disse Aristotile) che non fa colui, il quale solo bisogna che ditermiui, & esseguisca.
XIII.
Coloro i quali sono in necessità di riordinare vno stato corrotto, male potranno proueder con nuoui ordini per buoni, che si sieno alla corruttion de i vecchi, se del tutto essi non gettano à terra ogni memoria de i passati, perche egli auuien di costoro come de gli Architetti pratichi, i quali douendo racconciar vna casa male ordinata, la mandano tutta à terra, per poterla meglio rifar da i fondamenti.
XIIII.
Quando vn gouernator d'vno stato ha da far con vn popolo inculto, rozo, & barbaro, bisogna che qualche volta ei chiuda gli occhi, concedendo quello all'vsanza, & alla consuetudine, & alla natura, che in modo alcuno non si gli potrebbe leuare senza vn gran disordine delle cose publiche, & danno delle priuate.
XV.
Gli huomini i quali hanno dirizzato ogni lor pensiero ad acquistarsi vn certo lodeuol nome con profitto del prossimo, nō si deueno spauētare in conto alcuno per la persecutione, & odio de i calunniatori, & de gli inuidiosi, & specialmente, di quelli, i quali non hauendo altro, ò non sapendo, che altro sifare, piu presto vogliō biasimar l'altrui opere, che mostrar le loro proprie, ma deueno seguir gagliardamente la propria loro intentione, non facēdo se non poco conto del volgo disutile, attenendosi solamente al parer de gli huomini virtuosi, & sinceri, de i quali e possono sperar fedeli consigli, & aiuti profitteuoli.
XVI.
Prescriueudo Solone le leggi à gli Atheniesi, da Anaserse in tal modo gli fu parlato. Deh pouero huomo, non vedi tn quel, che tu fai? non vedi tu, che tu perdi il tempo? non vedi tu, che le leggi [Page 9] son come le tele de i ragni? che le non tengono se non le mosche, & certi altri animaletti, & i grossile rompono? La qual sentenza di poi riuscendo in quella città vera, Solone la soleua spesso recitare, & non fuori di ragione. La qual cosa noi piu, che in alcun tempo innanzi veggiamo hora, che si verifica in quei luoghi spetialmente, doue le stesse leggi compatiscono diuerse interpretationi, dalle quali nascendone vna certa dilatione apparentemente necessaria, con lo indugio ancora legenti di bassa portata vi rimangono inferiori.
XVII.
Noi habbiamo veduto in diuersi paesi, ma non pertutto, che i grandi stimano le leggi à lor piacere, non dispregiandole, ma difendendosi da esse con l'autorita de i gradi, che' tengono, ò con lericchezze, che' posseggono, & par che' si possa dir, che tanto ne participino alcuni di esse, quanto si rischiarano gli Ethiopi dalla loro negrezza sotto la chiarezza del sole splendido sempre, dal quale è sono scoperti.
XVIII.
Tra la Republica, & la città è differenza la quale da altri è stata disputata assai. Ma noi diciamo, che città sia quella, doue vna certa moltitudine di huomini ragunati in sieme danno forma ad vn certo modo di viuere amicheuole. Et si dice moltitudine, [Page 10] percioche tra i pochi poco di bene, poco di siccuro, & poco di commodo si può sperare. Et però si crede, che in alcune prouincie i principi hanno vsato ogni industria, & larghezza, & liberalita, per inuitare gli huomini di ogni sorte per l'accrescimento delle città da loro edificate seguitando l'essempio de i Romani. Di poi Republica è quella, che abbraccia & comprende quelli, che gouernano la città, & insieme quelli ordini, statuti, & leggi, che vi si introducono per la cognoscenza, & mantenimento della giustitia. Et non per questo chiamiamo noi cittadino ogni huomo, che habiti la città, ma solamente quello, che sia nato in essa di nobil padre, & madre, ò che dalle leggi, & priuilegi habbia hauuto la cittadinanza, ò che per accidente sia peruenuto à qualche magistrato cōcedutogli dall'vsanza, ò dalle leggi, & per il suo merito tanto di guerra, quanto di pace, al quale all'hora la città veramente gli sarà patria, & esso cittadino lodeuole ne sarà giustamēte chiamato.
XIX.
La vera libertà secondo il parer di alcuni è veramēte vna amministratione, ò gouerno, che ad ognun piace'; & però cio può esser nō solo appresso l'vniuersale ma ancora de gli ottimati, & d'vna assoluta potestà, consistendo tal contentezza nella molta giustitia, la quale si può sperar in ciascuna [Page 11] sorte di quei gouerni, perche sempre, che la Republica sia nelle mani di ottimi huomini, non se ne può sperar se non felice riuscita. Et benche l'vn modo di gouernar paia piu difficile de gli altri, cio auuiene per la varietà de i suggetti.
XX.
per diuerse esperienze si e' conosciuto, che l'humor della plebe quando ella ha oppositione da i nobili non ha mezo ne i suoi affetti, per cio che ell'ha questa natura, ò che la serue riuscita inferiore humilmente, ò che vincitrice la comanda con crudeltà.
XXI.
Sono state alcune famigle nelle quali heredita rono gli huomini, & le donne i vitij naturali l'vno dell'altro di tempo in tempo come si legge de i Claudij, i quali furon sempre nemici alla plebe Romana; in tanto, che non solo gli huomini di quel sangue mostrarono estremo odio contra di essa, ma le donne ancora. Percioche Claudia vna delle matrone di quella famiglia per altro donna honoratissima, essēdo portata vn di per Roma nella sua lettiga, nè potendo in vn certo luogo passar senza indugio per la moltitudine delle genti, esclamò ella con voce poco ciuile. Ch. volessero gli Dei, che Claudio Pulchro fusse viuo, accioch' egli hauesse di nuouo à perder vn' altro essercito di [Page 12] questa plebe, & che per cio se ne scemasse à me questa molestia. Hauendo Claudio prima qual che anno perduto vn grosso essercito contra de i nemici: Et Appio Claudio ancora gia mai non fece altro, che contrapporsi à i Tribuni della plebe à dritto & à torto. A questi tali cosi partiali, come che fussero valorosi, non giudichiamo noi, che si debbino lasciar maneggiar le cose della Giustitia, nè dello stato, & molto meno le militari, potendosi ben poco sperar della lor sincerità. Douendosi però ritrar questo, che i nobili tutta volta (lasciati è Claudij, & i loro simili da parte') son piu gentili nelle conuersationi, & nel trattar le cose publiche, ma piu vendicatiui, che non sono i minori di conditione delle ingiurie da altri riccuute, cosi come nei loro concetti nel cōsigliare appariscono d'animo sempre piualti, che gli altri, che popolari sono non fanno. Ma la natura spesse voltè volendo mostrar la sua forza produce del popolo ordinario ingegni non solamēte eccellenti, ma fortunati ancora, cosi come per contrario scherzando ella, de i nobili ha voluto produrre alcuna volta huomini riusciti vergogna, & danno d'ogni lode' guadagnatasi da i loro predecessori.
XXII.
Il popolo ha questa natura, che come i suoi [Page 13] maggiori gli cominciano à cedere, & à condonarē alcuna cosa, non si vede mai satio, se' non occupa il tutto, di poi fastidito di se stesso si di s' vnisce, & genera nuoui di sordini. Onde chi pensa di contentarlo nelle sue querele s' inganna, essendocene mille essempi in contrario; però bisogna con esso temporeggiare, ò hauer forze gagliarde da batterlo nelle sue ostinationj, ma sempre tenerlo non dimeno con abbondanza, & con buona giustitia.
XXIII.
Imagistrati in vno stato essendo diuersi, & di natura diuersa, debbono esser distribuiti à diuersi ancora secondo la qualità de gli ingegni de gli huomini, essendo gli humori, & le nature delle persone differenti, alle quali'vn principe debbe molto bene hauer l'occhio per poterne fat buona elettione.
XXIIII.
E gliè stato auuertito, che gli huomini mediocremente nati prendon piu volentieri la fatica dell'amministration delle cose publiche, che non fāno i molto nobili, ne i plebei, perche quelli il piu delle volte perla lor nobilta & riochezze riescono [Page 14] negligenti, ò altieri, & questi per la loro viltà di spregiati, & di bassi concetti, & forse troppo curiosi, la onde i mediocri participando della gētilezza naturale de i grandi, & allontanandosi dalla bassezza de i minori riescono piu temperati, & meno partiali, & però i Principi ne riescono meglio seruiti, ancor che di cio non poco si marauiglino quelli, che otiosi piu tosto volendosi rimanere si credino di mantener la riputation dello stato, ò condition loro con la estrinseca dimostration della loro vana pompa apparente senza alcuna virtuosa essistenza.
XXV.
Bene è vero, che se' si ha da peccar ne gli estremi l'huomo ha da desiderar piu tosto il gouerno de i grandi, che de i bassi, perche di rado si vede il grande, che non tema di non cadere in qualche errore, per non digenerar da i suoi virtuosi antecessori. Ma il plebeo, che non ha tal pensiero attende à tirar innanzi le cose come meglio gli torna senza punto dar si gran pensiero del modo, & senza temer di alcuna sorte di biasimo, che gnene potesse auuenire pur, che ei venga à capo de i suoi desiderij.
XXVI.
Le coso bene operate da vn huomo di bassa lega, & non prima conosciuto son cagione della [Page 15] sua Nobiltà, & essempio à i suoi posteri di farsi piu illustri, seguitādo le sue vestigie, come de i Decij auuenne à Roma, & d'altri altroue. Et le male operate d'vn nobile sono vna perpetua infamia del suo sangue, come di Catilina s' è inteso & d'altri molti.
XXVII.
Nessuno huomo si può trouar tanto sauio, che possa saper ogni cosa, & colui s' accosta piu alla prudenza, & alla perfettion di buon politico, nel quale è maggior l'esperienza delle cose del mondo, percioche chi piu ha peregrinato, & operato, quello conuien, che sappia ancor render meglio conto delle cose passate, disputar le presenti, & meglio giudicar le future.
XXVIII.
Nessuna cosa è piu pericolosa d'esser giudicata fuori di ragione, che quella, che pende dalla volontà ò piu di coloro, i quali si stimano esser essenti dalle leggi, percioche, ò fpinti d'amore, ò cacciati dall'odio, ò presi dalla speranza, ò ritenuti dal timore, ò mossi dall'ambitione, ò dall'auaritia trasportati, pronuntiano le sentenze loro al tutto fuori del douere.
XXIX.
Tra tutti i vitij, che in vn Giudice si posson ritrouare, la negligenza non è il minore, & per cio [Page 16] Filippo padre di Alessandro magno, hauendo mal giudicata vna causa contra di vn certo Macheta, egli esclamando senè appello, al quale il Re adirato dimandò (& bene spesso s' adiraua quel principe) à chi ei si appellasse. A'te (ò Re) rispose Macheta quando tuharai meglio considerata la mia ragione'. Onde il magnanimo Rè ritornato in sestesso, & hauendo molto meglio intesa la causa, rimediò conuenientemente all'error passato con il ristorar Macheta del riceuuto danno. Ma cio può auuenir ancora per vna troppa passion d'animo pendente ad vna delle parti; la qual passione al tutto bisogna, che sia temperata dal giusto, & dall'honesto accioche il giudicio nostro sia libero, & sciolto per riconoscer la verità delle cosè.
XXX.
E si considera, che fra tutte le leggi, che son publicate da vn Principe, ò da vna Republica quelle sono piu osseruate, & piu grate, le quali prima sono state accettate, & ottenute dall'vniuersale, il che' era osseruato da i Romani, percioche e' pare, che altrimenti essendo ordinate, & fatte mettere in vso, le sieno piu presto à profitto dell'inuentore, che del publico, & quando cio ben non fusse, la plebe sempre sospettosa di non esser fatta stare, troua cagione di querela, & di biasimo; segia tale [Page 17] oppinion non si hauesse d'vno assoluto principe cosi buona, che non vi cadesse gia mai di lui nessuna sorte di sospetto.
XXXI.
Non tutte le leggi son necessarie, nè vtili in ciascuna prouincia, ò Republica douendosi sempre hauer consideratione nel farle alla natura dei popoli, che l'hanno da riceuere, & però non giudichiamo noi, che coloro sieno saui, ò di buona mente, i quali cercano d'introdurre alcune vsanze forestiere in vna prouincia, ò di quella traportar le fuori in vn' altra. Il qual difetto è conosciuto nella Francia, & nella Fiandra essere stato vna delle piu efficaci occasioni, che habbin fatto suscitár contentioni, & guerre in quelli stati tra i popoli, & i principi loro.
XXXII.
Le leggi douerrebbero sempre esser fatte con tal consideratione, che non solamente le fussero osseruabili, ma tendessero piaceuolmente alla seuerità, & alla grauità, cio è che l'hauessero piu tosto del Romano, che del Greco.
XXXIII.
Quando tal'hora il lungo corso del tempo, ò qualche altro accidente ci sforza à mutar vna legge se n'apparirà honore, & vtile per la Republica, [Page 18] & che in effetto e' sia cosi, non si deue restar dal farlo; anzi chi se ne farà autore, ne sarà stimato piu sauio, & amator della sua patria; perche vn tal giudicio non può esser comune ad ogni sorte di huomini.
XXXIIII.
L' ufficio della ragione in noi opera questo, che' ci fa conoscere, & ci mostra quali son quelle cose, che si hanno da fuggire, & quali son quelle, che s' hanno da seguitare, ò ritenere; & ci fa capaci del vero fine della giustitia, mediante il quale noi siamo fatti superiori à tutti gli altri animali.
XXXV.
Ogni legge bisogna, che sia fatta per salute dei cittadini, & per cōseruation dell'humana compagnia, per corroboration de glistati, & per la' quiete, & per il beato viuer di ciascuno, altrimēti mancando di queste parti, sifa difettiua, & partiale, & semenza di scandoli.
XXXVI.
In vn popol grande, & numeroso non tutti gli huomini son buoni, benche tali appari schino, ma egli auuiene, che i buoni per amor della virtù, & dell'honore si mostrano veramente, quel, che' sono, & se cattiui si mostrano il medesimo per paura della pena & della vergogna. Et però nel farne la scelta per il gouerno publico s' ha da auuertir [Page 19] bene di non prender di questi per di quelli, perche all'hora potrebbe essere, che l'autorità, & il magistrato gli facesse scoprir quelche dentro è sono, & con danno del prossimo: & con offesa della publica▪ Giustitia.
XXXVII.
Nessuna cosa è che piu degna sia di biasimo, che l'ingratitudine, cosi come quella fu il primo peccato, & l'origine di quello, che fù messo in essecutione colmezo della superbia contro al sommo creator delle cose. Però non sarebbe forse male, che' fusse vna legge, che chi l'amministrasse hauerrebbe da far forse piu, che nessuno altro magistrato non ha tra se nationi tutte, intorno al gastigar i delin quēti de gli errori loro, ancor che grandi è non si fussero stati. Ma ben bisognerebbe, che al giudice di cosi fatto eccesso fusse data grande autorità, & il braccio gagliardo, poi che questi cosi fatti non pur ingrati, ma perfidi ancora da ogni bussola hora ma si lasciano riconoscer largamente quasi, che il far cosi hoggi sia per riuscir al parer loro vna certa lode delle loro insidiose maniere di procedere.
XXXVIII.
Quando per vn medesimo peccato vn delinquente, ò per gratia, ò per ricchezza, ò per potenza [Page 20] sia da molti difeso, & vn' altro di cio macchiato non sia pur guardato, ma lasciato priuo d'ogni fauore nell'arbitrio della legge, all'hora dite, che la giustitia non sia retta. Et à questo si aggiugne diceua Cicerone, che si deue auuertire, che la pena non superi la colpa.
XXXIX.
Noi nou possiamo se non molto marauigliarci di hauer veduto in alcuna città perseguitarsi grandemente i vagabondi; di quelli intendiamo, che vanno accattando per viuere per la pouerta ancor che sani, & che non faccino il medesimo di quei, che vanno à torno consumando il loro, che se cio facessero piu accuratamente, si prouue drebbe al secondo disordine; il quale è tanto piu degno di scusa quanto egli è dalla necessita causato, là doue l'altro non ha scusa, che vaglia dependendo dal vitio solo de gli huomini scioperati, & al tutto inutili.
XL.
Gli otiosi huomini douerrebbero essere scacciati di qualunque luogo ciuile; & in Italia sono alcune nobili città, doue nōsono sopportati quei, che non si danno à gli studij, ò à qualche arte, secondo la loro conditione, perche da quelli tali, & cosi fatti nascono la maggior parte de gli scandoli, [Page 21] hauendo vsato di dir Catone, che gli huomini mentre, che non fanno nulla, imparano à far male. Da questo si puo bene & chiaramente conoscer quanto sien degni di biasimo coloro che nelle corti, & appresso à i grandi huomini s' auuezzano à non saper far altro, che contemplar quasi fuori di se stessi lo splendor del fasto Reale, ò de gli altri apparenti, senza imparar punto quelche piu loro ancora in esso sia da esser considerato; concio sia che sopra il creder humano sono essi Principi, & i loro dipendenti bene spesso piu occupati coi pensieri proprij, che huomo imaginar si potrebbe, ancor che di giudicio esquisito ei si fusse douendo però i padri dei loro popoli soprauueder non solamente le cose passate, & le presenti, male future ancora.
XLI.
Noi non intendiamo nessuno essercitio in vn' huomo esser lodeuole se' non sia da lodeuoli costumi accompagnato: per cio che altrimentie' riuscirebbe vn' arte da corromper gli animi de gli huomini, Et per questo in ogni paese doue cōcorrono forestieri si douerrebbe hauer vna diligente cura della natura de i Forestieri, che vi vanno, non meno di quello studio, che vsar sogliono in considerar le mercantie, che vi son portate perche' non ne sia frodato il datio, ò la gabella.
XLII.
L' Vfficio d'vn huomo nato in vna Republica, & che in quella viua è, di persuader, & di difender, sempre' la libertà. Et l'vfficio d'vno nato sotto vn principe è di desiderar, & di mantener sempre la salute sua. Ma son bene de gli accidenti, che fanno variar pensiero, ma se' si nota bene, questi accidenti il piu delle volte non son durabili, però in quel caso la patienza è vna sicura guida de gli huomini temperati, & prudentemente costanti.
XLIII.
Chi vuole, che la sua famiglia si esserciti vtilmente proponga i premij della diligenza à i suoi familiari, perche nessuna cosa risueglia piu gli animi nostri alla virtù, che l'honore, & il premio, i quali essendo apparecchiati à chi opera bene, si può anche vsar la pena per chi erra. Il medesimo serue per vno stato ò di Republica, ò di principato; Perche se la Republica, ò il principe saranno larghi rimuneratori delle cose ben fatte, i popoli riuscir anno contentissimi, & molto stimati in ogni virtù, ò nobile arte'.
XLIIII.
E'si vsa in diuersi luoghi, che per la colpa de i padri son puniti ancora i figliuoli, & cio è stato introdotto per fargli stare in ceruello, nientedi meno Ennio secondo l'vso de i suoi tempi giudicò, [Page 23] che' fusse meglio, & piu tollerabile il perdonar' al delinquente, che punire' il figliuolo, che non hauesse errato. Mal'esperienza ci ha dimostro, che le'leggi son da esser cambiate, ò alterate secondo l'occasione' de i tempi, & che' non è cosistretta regola posta per frenare i vitij de gli huomini, che non riesca in effetto piu larga del bisogno.
XLV.
Felice si può dir colui, il quale essendo stato nella Republica, ò nel principato carico di honori, & di magistrati, & che haurà potuto correr senza pericolo, & con degnità il corso di negotij importantissimi, & si sia poi potuto ridurre senza danno quietamente à viuere vn' otio tranquillo, & pacifico; & sopra tutto ci par mirabile l'essempiò di Silla, il quale doppo, ch' egli hebbe amministrato la Republica come gli piacque, & con ingiuria di molti, diposè la Dittatura, ritornandosene alla vita priuata, il che anche da altri è stato fatto, ma forsè hoggi nō si farebbe, tanto è grande in noi il sospetto della vendetta delle cose tortamente operate.
XLVI.
Fra tutti gli vtili, che la legge diuina, & humana loda, & accetta quelli dell'agricoltura sono i migliori & piu honesti, come quelli, che senza danno del prossimo si acquistano con gran commodo [Page 24] della Republica, & de i priuati, da i quali chi s' allontana diuenta mercennario, ò piu presto lupo, & non pastore.
XLVII.
L'vsure sono i frutti di quelle persone, che per se stesse non sapendo far nulla di buono, tengono per anima loro i denari, onde per cio meritamē te sono esse giudicate nemiche della generatione humana, & in degno chi l'vsa della conuersation delle persone ciuili: Niente di meno hoggi le leggi hora mai non solamente l'accettano, ma ancora le nutriscono, & smo all'estremo dell'aguagliarle (chiudendo gli occhi) al capitale nel tempo poco piu lungo della portata d'vna humana creatura le compatiscono, accio che la vergogna dell'vna parte non sia minor del danno di chi sotto ci rimane, & dell'empia sete di chi in talmodo tra i mortali va l'oro ricercando.
XLVIII.
L'habitar nelle ville senza dubbio Fa, che gli huomini riescono piu forti di complessione, & manco dissoluti ne i vitij, che se gli habitassero nelle città, ò nelle corti. Ma perche e' bisogna, che la natura nostra habbia il suo debito corso e bene, è cosa lodeuole, che la città, & la corte si enouisitate per certi tempi dell'ann o, per cio che [Page 25] il far cio serue grandemente allo acquisto, & mantenimento dell'amicitia, della buona creanza, & al decoro dello stato, & alla conoscenza, & allo accrescimēto dell'a [...]ti. Et però i Romani vsauano le ville, ma ogni noue giorni ne spendeuano vno nella città à profitto della Republica.
XLVIIII.
In quelle città doue sono stimati i quochi, i tauernieri, & simili altri essercitij piu de i contadini & agricoltori delle terre si puo sperar poca bontà, & manco valore nel generale, essendo cosa certissima, che quei tali artigiani sono la corruttion de i popoli, come l'agricoltura è la conseruation de gli stati, oltra che nessuna sorte de huomini riesce piu forte alla militia, & piu vtile, che quella, che si sceglie ne i contadi, & nessuna piu inetta alle fatiche del campo, ne piu propria per le seditioni, che quella, che si toglie da i vili, & da i golosi mestieri delle città, poi che piu vitij, che vittù nelle città si ritrouano.
L.
l Ginosofisti huomini prudenti appresso de gli Indiani, gouernando la giouentù voleuano, che i fanciulli giorno per giorno hauessero il lor mangiare à proportion dell'opera loro, accio [Page 26] che' si auuezzassero à fuggir l'otio, il quale era punito da loro piu, che nessuno altro delitto, sapendo, che egli è la radice della libidine, & della Inuidia, & della maleuolenza, mali contagiosi, & pestiferi affatto alla vita de gli huomini. Ma non sanno gia tanto quei, i quali molti serui hanno d'intorno, del numero de i quali ben pochi sono occupati ne i loro necessarij negotij, ò casalinghi ò vrbani, che'si sieno. Et tutti gli altri otiosi rimanendosi, de i soprascritti mali nutrendosi, ne infettano anche, & ne corrompono insino all'vltima vergogna i nomi, & le cafe dei loro signori, i quali cosihanno voluto.
LI.
Chi impara à casa sua à far alcuna cosa vtile per suo piacere, può fuori della patrià seruirsene per necessità, & però poco obligo ha quel figliuolo al padre, il quale non gli habbia in tempo proccurata qualche scienza, ò instruttion di lrē, ò di arte conueniente al suo stato, & proportionata, & propria alsuo ingegno. Et non basta dire, oh io son ricco, oh io son grande, perche non solamente i ricchi bene spesso, ò per colpa propria, ò d'altrui diuentano mendichi, ma i principi ancora tal'hora dalla loro altezza rouinano in graui calamità. Et noi non senza ragione possiamo ben par lar di tal cosa, poi che siamo sfotzati di preualerci hora [Page 27] per necessità in paese forestiero di quelle cose, che l'impararle nella prima giouentù ci fu di piacer gentile.
LII.
Chi's' affatica bene può far qualche bene, & restando il bene, la fatica si parte, ma chi opera male con piacere, partendosi doppo il fatto il piacere resta il male, Però si conosce nessuna cosa esser migliore, che vna certa honesta essercitation di noi medesimi.
LIII.
Sono i mercanti, & molte sorti di artigiani vtili molto, & lodeuoli in vna città, pur che da essi non eschino vsure, & altre à quelle simili corruttioni, ma che' si guadagnino le facultà con honeste, & reali fatiche, & con propria cio è, & honorata industria; per che cosi facendo terranno essi la loro patria abondante di tutte quelle cose, che le saranno necessarie per sostentamento del commertio ciuile.
LIIII.
Quei mercanti i quali non cessano gia mai di trafficare non solamēte mossi da cupidigia di guadagno, ma ancora da vna certa di gia inuecchiata vsauza, non sono saui, percioche e' douerrebbero sapere, che la fortuna, alla quale e' sono raccomandati tutti i loro negotij è donna, & però [Page 28] ell'è mutabile, & in loro può far nascere spesse volte mutamenti, & con molto dishonore, & con dāno; & però son tenuti prudenti, & accorti quelli, i quali sileuano à tempo da i negotij per godersi temperatamente quel, che nella giouentu loro s' hanno acquistato con honesti sudori.
LV.
Coloro, i quali in vna città liberamente comprano per riuender poi le cose necessarie per il viuere, ò è bisogna dire, che non sappino far altro, ò che sien di natura maligna, & però degni di biasimo, per cio che da loro nasce sempre ogni carestia ne i publichi mercati, come si conosce alla giorna [...]a in qualche città con detrimēto dell'vniuersale, ma perche anche per qualche occasione talsorte di gente può far qualche seruitio al popolo s' vsa in qualche luogo bene ordinato, che essi comprino solamente sopra i mercati doppo, che i particulari tutti hanno hauuto tempo di prouedersi à lor vantaggio, & cio pare, che' sia fatto con piu dritta consideratione.
LVI.
E' non è di piccola importanza, che in vna prouincia si consideri quali mestieri vi siano introdotti da i forestieri, perche cosi come la ciuilità & il popolo minore deueno essere ammaestrati nell'occupationi honoreuoli, & vtili al publico, cosi [Page 29] anche si deue guardar, che non ve nesiano portate di quelle, che al tutto son contrarie al temperato, & honesto viuere, alla qual cosa sopra tutto ha d'hauer l'occhio chi gouerna, ò principale, ò ministro, che' sisia, & spetialmente intorno à quelle mercantie, che offendono i sensitutti circa il proposito del retto viuere, come sono libri, pitture, & cose simili da altre parti del mondo stimate pernitiose, dalle quali (chiudendosi gli occhi da chi aperti hauer gli douerrebbe sempre, i popoli interi si ritrouano sedotti sino all'estremo d'ogni loro rouina, & vituperio.
LVII.
In alcune città s' vsa, che non solamente gli Ambasciadori, che ritornano da altri principi sono obligati à dar conto d'ogni cosa veduta & trouata degna di conditione in quel Regno, ò stato doue' furon madati, ma ancora i rettori, che per il loro dominiosono scelti à gouernar le cose della giustitia sono obligati à fare il medesimo de i luoghi da essi gouernati, i quali ordini furon perfettamente, considerati, accioche si hauesse vna diligente informitione delle cose del mondo. Et però à noi pare, che chi si aggiugnesse vna terza diligēza corroberebbe grandemente la virtu della Republica, & la difenderebbe da ogni contagion di maluagi costumi. Et ciò è che i suoi peregrini retornati da [Page 30] i loro viaggi, essaminati, & osseruati, se' sussero ritrouati di costumi buoni, & sinceri e' fussero ben ritornati, ma se il contrario, della patria, quasi peste publica e'fussero del tutto discacciati.
LVIII.
Quando voi conoscerete, che alcun Consigliero, e'giudice sia cosi tenacemente preso dalle prime impressioni vdite, che' non voglia as coltar quietamente le ragioni della seconda parte: giudicate, che quel tale è di gia corrotto, ò per natura, ò per accidente, & che i simili à lui non sien punto vtili al gouerno publico, ne alla conseruation dell'amicitià priuata, ne si deue, alcuno gia considar nel loro patrocinio, perche ei largamente si trouerrà in gannato della sua fede, conciosia, che poco di cosa basti à peruertire in lui ogni miglior giuditio. Et hauendo l'inuidia delle persone maligne sempre la via patente per commetter male à danno degli innocenti, ancora tiene ella vn familiar seggio ne gli animi di quegli huomini cosi fatti.
LIX.
L'eccellenza dell'arti honorate in qualunque persona la si fusse fu sempre molto stimata da gli huomini grandi. Onde Demetrio cognominato l'espugnatore, conseruò la città di Rhodi, ch' egli assediaua dal sacco, & dalla distruttion sua, sol [Page 31] perche' non andasse male vna pittura fatta da Protogene pittore illustre de i suoi tempi. Però si deue considerar, che egli è vfficcio di buon Principe di mantener, & di fauorir quelli huomini, i quali in qualche eccellente professione si mostran piu industriosi, & solerti, non guardando anche, che sien forestieri, perche e' vengono ad esser vna semenza di virtù, & d'industria à i suoi popoli medesimi, i quali son per cio prouocati anch' essi ad impararne, & massimamente quando vi concorre la dilettattione, & la liberalita del principe.
LX.
Gli Stoici hebbero oppinione, che la virtu, & la scienza delle cose sole per se stesse ci bastassero al ben viuere; & cio sarebbe vero se tutti gli huomini fussero di tale oppinione, ma perche' non sono, nè si può sperar, che debbino essere, bisogna, che ciascun s' accommodi alla maniora introdotta dal tempo, & da gli accidenti, & alla natura de gli altri, altrimenti ciascuno si rimarrebbe abbandonato da i piu auuedendosi tardi, che à viuer non basta esser semplicemente buono: ma che egli è necessario esser, & parer, come piu ò meno ci sfòrzano i casi, che ci auuengonodi giorno in giorno, perche cosi anche son constretti di fare i principi per la lor conseruatione.
LXI.
E' sono alcuni essercitij tanto molli, & effemminanti, & alcuni tanto ridiculi, che non meritano d'hauer nome, nè meno meritano d'esser sostentati: Pur si veggono ogni di sonatori da tauerne, giucolatori, danzatori di orsi, di bertuccie, & d'altri animali assai: il premio de i quali per non dir pena douerrebbe esser simile à quello, che dette Alessandro magno ad vn, che industriosamente infilzaua ceci con vno ago da lontano, al quale egli fece donare con prudente magnanimità vn moggio di ceci, accio che egli hauesse da far pur' assai. Cosi quando à costoro si desse vn perpetuo alloggiamento & compagnia con le loro bestie, non sifarebbe ingiuria alla natura loro, pergastigo di quello error, che' commettono, facendo parere altre tante bestie quei, che vi pongono tanta cura.
LXII.
Fra tutte l'arti necessarie al viuer politico & Iconomico l'Architettura è illustre, & à tutti i tempi in pace, & in guerra, perche la pace la ricerca per cō modità, & per ornamento, & la guerra per difesa propria, & per offesa del nemico. L'Architettura in somma è di tal qualita, che non basta per metterla ad effetto la sola esperienza, come di alcune altre arti sifa, ma ricerca vn singulare ingegno, vna scelta dottrina, & la cognition buona di piu discipline, [Page 33] onde si sta in dubbio si la si deue numerar fra l'arti, ò fra le scienze piu tosto, poi che senza vna lunga meditatione non si può venir all'atto dell'operare: la qual meditatione senza le lettere latine, & greche, ò quelle nelle nostre lingue tradotte fedelmente, noi non crediamo, che'si possa condurre à fine, onde ricercando essa vna solerte, & esquisita theorica, & vna singular pratica, può ancora piu facilmente restar senza questa del tutto, ò essere stimata nulla, che mācar di quella in parte alcuna & questa è l'oppinion di vittruuio.
LXIII.
Tre sono le spetie della dottrina secondo Platone, vna consiste nell'attione, l'altra nello effetto dell'opera, cio è in quello, che dell'opera ci vien fatto, la terza, & vltima e quella', che attende alla speculatione. Le quali tre parti si ritrouano veramente nella Architettura, nella scoltura, & nella pittura, il che nō auuiene dell'altre arti, ò discipline
XLIIII.
Se i principi, & le Republiche desiderano di ornar le patrie loro per seruitio dell'vniuersale, & per compiacer all'occhio, intrattenghino gli architettori huomini bene vtili, & necessarij, & faccino de' vantaggi à chi edifica nobilmente. Et nella guerra, & nelle fortificationi delle loro terre si seruino di quelli de i quali per vna chiara & [Page 34] prudenza s'hauera cognition del valor loro, perche vn' error, che sia fatto in tal caso per cagion de gli huomini ignoranti può rouinar vna impresa del tutto.
LXV.
L'esperienza di questa arte dell'architettura si è distesa tanto oltra ancor ne gli ingegni di quei, ch' hanno seguitata la guerra, che ell'è riuscita veramente nell'oppinion de gli huomini dote naturale di quei, che l'hanno maneggiata, non hauendo hauuto luogo in cio fare nessuna theorica (diro cosi) dottrinale, ne nessuna pratica artificiale ancora, ma vn proprio instinto di natura, che ha operato (ma in ben pochi) che vn soldato pratico (altrimenti nulla far non haurebbe potuto) vedulo vno essercito non bene alloggiato, ò troppo vicinoal nemico, l'habbia subito senza muouerlo di luogo fortificato cōtra ogni caso tentatogli sopra dal nemico con grand'honor di sestesso, & con la salute del principe à chi ha seruito. Cosa vcramente degna della memoria proccurata dalla penna, & da esser considerata in tanto, che la non si deue punto sperare in quelli huomini, i quali professori chiamandosi di tale arte, attendono ne gli studij loro à mostrane à gli altri i modelli de i loro capricci, senza punto essercitar l'armi, senza le quali à questa perfettion gia mai non si puo dar vanto l'huomo di poter peruenire.
LXVI.
La pittura è tale tra l'arti manuali, & libere, che perla contemplation, che la ricerca, riempie l'huomo di concetti angelici, (noi non intendiamo qui delle chimere de i pittori vētosi, & che nulla altro, che baie agli occhi nostri non sanno rappresentare) & però da molti nobili principi è ella stata fauorita, come vno de i piu nobili ornamenti delle città, & contentation singulare dell'animo di chi la considera. Et non si debbe gia nessun marauigliare, che alcuni pittori gia col pennello ingannassero gli animali: Perche Michel'angelo Buon arroti ha ne i nostri di con la sua arte illustrata Fiorenza sua patria, & ingannati gli huomini di tal sorte d'inganno illustre; concio sia che accostatisi alle sue figure son rimasti in dubbio si le fussero, ò viue, ò pur dipinte, àstratti nella consideration di tanta excellenza. Però se lo sprone della liberalità inciterà le persone inclinate à simile arte, ciascuno Regno potrebbe esserne ornato non meno, che I' Italia ripiena se ne sia.
LXVII.
La pittura ancora è necessaria all'Architetto, & à molte altri arti, & i nobili gia l'imparauano, non à pompa, ma per loro proprio honore, generando ella sottigliezza d'ingegno à chi l'essercita. Percio che i Romani ne'i loro migliori, & piu sinceri [Page 36] tempi, conoscendola arte illustre, non volsero, che altri che i nobili huomini vi dessero opera, Et pur hoggi habbiam noi conosciuti huomini chiari per sangue, & per virtù in Venetia darui opera con chiara lode de i loro ingegni accompagnandola ancora con l'Architettura.
LXVIII.
La scoltura poi fu nel medesimo pregio ma per la sua perpetuità pare, che la si vantaggiasse di fauor sopra la pittura; percioche gli antichi si faceuan fare statue in memoria de i loro satti, & per dar animo à i loro discendenti alla lor propria imitatione, come ancora per cio si cominciò per quel modo à conseruar la memoria de gli Dei col far loro delle statue. Ma la ditermination della precedenza di queste due arti resterà nella penna, poi che Michelangelo bonarroti di sopra' ricordato di ambe due si honoro, & dell'vna, & dell'altra riusci supremo & vnico maestro, niente di meno questo tanto ci aggiugneremo noi, che questa, & quella traggono il lor principio dal disegno, il quale, ò con la penna, ò con altro che si sia fatto si riconosce sempre quasi parte della pittura.
LXIX.
Lo abuso del farsi dipignere, & di farsi scolpire come hoggi si vsa in diuersi modi è cresciuto tanto, che hormai i galant' huomini si douerrebbero [Page 37] rimetter di farlo poi, che ogni plebeo lo fa, ma ritenendosene dire come disse Catone censorino, il quale per cagion di gloria desideraua, che gli fusse fatta vna statua dal publico, come ad altri suoi pari ell'era stata conceduta, & non l'hauendo ottenuta, gne ne fu dimandata la cagione, alche egli alquanto sdegnato rispose. Io voglio piu tosto, che i buoni si marrauiglino perche cio non l'habbia ottenuta, che essi habbino à cercar perche la mi fusse stata fatta, ò perche io l'hauessi impetrata. Et Agesilao vietò nella sua morte à i suoi il far la sua imagine dicendo. Se io ho operato bene, l'opere mie rimarranno scritte per testimonio di quello, ch'io sono stato, & se male, non solamente io vorrei odiar le mie imagini, ma anche chi di me volesse con la penna lasciar memoria alcuna.
LXX.
Se l'huomo volesse ben considerar quel che s' aspetta alla sua degnità, & eccellenza, per se medesimo facilmente senza che nessuno gliè lo mostrasse, lo potrebbe cōprendere, ma l'infingardaggine, che ci auuilisce ne gli otij, ci fa piu presto annighittire dietro alle lusinghe de gli huomini corrotti, i quali noi vogliamo hauer intorno di noi, che' ce la lasci pūto solleuar alla consideration di quelle cose, che ci son naturali, cio è alle celesti o al meno alle morali.
LXXI.
E' fu oppinione di alcuni per altro stati stimati prudentissimi, che' non fusse necessario, nè bene il fare imparar le buone lingue à i nostri figliuoli nella loro tenera età, parendo loro, che per quello essercitio se ne debilitasse l'ingegno, & si deuiasse' la memoria; allegando che quelli, che scriuono le cose, quasi, che sien sicuri di non le poter perdere non ci penson piu. La qual cosa e' falsissima, perche nessuna cosa si ritien piu stabile nella memoria dell'huomo, che quella, che si scriue di sua mano. aggiugnesià questo, che il conferir gli studij con vno amico veggiamo, che ce gli fa piu fissi nella memoria, il che fare habbiamo noi per l'esperienza veduto da Daniel Barbaro nobil Venetiano, & nobilissimo per la candidezza de i suoi costumi, & per la esquisita cognition delle scienze tutte, & delle lingue migliori. Oltra di questo l'usanza di gli studij de i fanciulli si conuerte in natura; onde egli auuenne al tempo de i nostri padri, che il Pico della Mirandola superò con la nobiltà dei profondissimi studij suoi (per i quali ei fu cognominato fenice) la molta nobilità del sangue suo, quantunque ei morisse molto giouane, & le cause di cio furono, l'inclination dell'animo, l'education sua perfetta, & la ricchezza da poter sopportar la spesa senza la quale molti ingegni restano [Page 39] no sotterati nell'obliuione, & nella stracurataggine, i quali potrebbero riuscir excellēti al mondo, se hauessero da potresi far far lume tra gli altri huomini studiosi.
LXXII.
I magnanimi fatti, & l'egregie opere de gli huomini sarebbero del tutto oscure à noi, se non fussero state le lettere. Però tutti i saui principi, & altri ancor di minor grado si son sempre sforzati di vincer l'ingiurie della morte col sopra vuiuer col buon nome, & con honorata fama nell'orecchie delle genti à venire, & cio hanno essi fatto col tratenere huomini lodati con la penna, da i quali tanto frutto si può cauar quanto sarà in noi il buon voler di conoscer le virtu loro.
LXXIII.
La pecchia, ò ape, è vn animaletto, dal quale gli huomini possono imparar largamente ad amar la Republica loro se non vorranno esser vinti in amore, & in diligenza da vn cosi piccolo animale, & oltra di cio in lei si riconosce come i frutti del principe deueno esser dolci per il méle, & stabili per la cera, & salubri al comune per la natura, che si ritroua nell'vna, & nell'altra cosa. Et di piu l'amarezza della puntura sua à chi gli fa dispiacere ci dimostra la seuerità, che deue vsare il principe contra di quelli, che vsano male quei fruiti i quali [Page 40] prodotti sono alla salute comune di tutti gli huomini.
LXXIIII.
Nessuna cosa è per la quale si possino raccozzare insieme due cose lontanissime in vn subito, cio è la memoria delle cose passatc, & la cognition della presenti, che le lettere, mediante le quali ci si aggiugne vn terzo dono; che noi possiamo conietturar, & giudicar dell'auuenire assai largamente, essendo l'operationi nostre vn riscontro l'vne dell'altre secondo l'occasioni, & qualità de i tempi, allequali cose, chi sa meglio accommodarsi, & cauarne frutto, quello è stimato piu prudente, & non senza ragione.
LXXV.
Gli huomini senza alcuna cognition di lettere son come gli alberi che non fanno frutto alcuno, onde i buoni padri incambio di seruidori vani, & forse anche scelerati, & di buffoni deueno prouuedere à i loro figliuoli maestri honesti, & dotti: essendo l'education la massima di tutte l'attioni, ò buone, ò cattiue della vita nostra però guardar si deue quai principij elle deue hauer ne i figliuoli da noi ingenerati: Et ricordar ci douiamo, che Filippo Re di Macedonia de piccol signore riuscito Re grande, vso di scriuere ad Aristotile di gia Filosofo famoso che' non si rallegraua tanto di hauer [Page 41] hauuto il suo figliuolo Alessandro, quanto d'hauerlo hauuto nel suo tempo, accio che ei fusse da lui ammaestrato, & disciplinato in quelle cose, per le quali il figliuolo hauesse à riuscir degno del padre, & della propria patria.
LXXVI.
In vna città bene ordinata son tenute le squole delle lettere, & delle scienze publicamente, & liberalmente, accioche i poueri possino nutrirsi in quelle secondo la loro inclinatione à profitto della Republica essendo cio vno de i piu importanti doni, che si può aspettar dal principe, & alla qual cura egli è obligato di esser diligente, & affettionato. Ma si dice bene, che tal cosa ricerca vna singular diligenza, acciòche non solamente l'educatione scolastica habbia buon fondamento, ma che i costumi sieno sopra tutto essemplari.
LXXVII.
Il sapere i generali di alcune cose piu necessarie è non solamente d'ornamento ad vn huomo ciuile, ma di profitto grandissimo, perche, qual maggior goffezza si può ritrouar in vno huomo, che quando ritrouandosi in vna compagnia di piu, che tra di loro ragionano di alcuna cosa, & egli non sappia ne proporre, nè ancora responder ad alcuna cosa? Et però è egli da esser biasimato, che riceuendo alla sua tauola alcun forestiero, poi [Page 42] quasi dispregiandolo non si degna de ragionar seco di cosa alcuna, quasi che vifusse stato riceuuto per l'amor di Dio, ò accioche' paresse, ch'vn legno hauesse sopra d'un' altro leguo da sedere.
LXXVIII.
Egli è stato qualcuno, che s' è molto marauigliato come è sia auuenuto, che di due fratelli nati ad vn parto, vno di loro habbia hauuta buona fortuna, & l'altro cattiua. La qual cosa e auuenuta loro per la differenza delle loro stelle, sotto le quali ciascuno di loro nacque; non essendo vero, che quello spatio (ancor, che breuissimo) che s' interpone dall'vescir del primo del materno aluo al secondo si a regolato da vna medesima stella, per il velocissimo corso de i Cieli, & cio fu da Publio Nigidio Figulo prouato in questo modo, che accostandosi ad vna ruota di quei, che fanno i vasi di terra, & dandogli vna grandissima volta, si, che la girò con quel solo moto lungamente, & con gran vehemenza; nel qual tempo egli prestamente vi lasciò cader due gocciole d'inchiostro insieme quanto ei potette. Le quali furon poiferma la ruota, ritrouate non poco distante l'vna dall'altra, onde fatta la consideration di quella material ruotà, & però piu tarda al natural giramento de i cieli volocissimo, fu conosciuta la cagion di cosi fatta differenza; la quale ancora hoggi è consciuta [Page 43] bene assai da chi ha qualche poco di natural conoscenza delle cose superiori.
LXXIX.
La Musica fu stimata necessaria da gli antichi per la contemplation delle cose piu alte, & per la ricreation dell'animo, & per tal cagione la seguitò Socrate, Licurgo, & altri, & tra i Greci si cominciò ad vsare nelle guerre per incitar gli animi de i soldati al bene operare; & noi poi pare, che l'habbiamo vsata piu per incitamento de i piaceri bassi, che per sprone de gli heroici fatti, onde egli è auuenuto, che piu son comuni i Musici per la copia, che n' è soprabbondata, se tali però si debbon dir molti di quelli, che ci viuono hoggi, da i quali piu frutti di terrena lasciuia si colgono, che della celeste contemplation pur vn minimo segno vedere in loro possiamo. Benche i tamburi, i timpani di rame, & le trombe son pur anch' essi strumenti di Musica campestre introdotti, & molto proprij per conseguirne l'effetto desiderato nella militia, aggiunto, che sino in questi nostri tempi ancor dura nella militia Irlandese lo studio del suono dell'arpi, & delle cornamuse bene, & arditamente vsandolo & forse antico costume della loro antica natione.
LXXX.
E non si disdice, che tal hora il principe, & [Page 44] l'huomo libero cessi dalle fatiche del corpo, & dell'animo se pero ei s'impiegherà in tale essercitio, ò di Musica, ò d'altro, che' satisfaccia non solo all'animo suo, ma anche ne possa acquistar vna certa honesta lode appresso de i sudditi, & de gli amici, essendo cosifatta consideratione non solamente accettata da Cicerone, ma ancor largamenté lodata.
LXXXI.
Le situationi de i paesi danno à gli huomini la buona complessione, & la medicina (ben considerata però) àgli infermi rende la sanità, ma il sapersi mantener sano non solamente è piusicuro, ma piu honoreuole dimostrandosi per cio vna propria temperanza: conciosia, che l'arte de i Medici, ò dalla ignoranza di molti, ò dalla malitia di alcuni di loro è cosi corrotta, che pochi riescon sani per leloro dottrine, ò che se pur se ne aiutano, non è senza certa pena d'hauere à ritornar loro alle mani, & presto.
LXXXII.
Essendo stata la medicina da gli antichi diuisa in tre parti, cio è vna s intendeua la regola del viuere, con la quale si deuessero aiutar gli infermi. La seconda intesero per la pratica delle medicine da vsarsi secondo l'occasioni. Et la terza per tutto quello, che intorno alle malattie si opera con le [Page 45] mani. Hauēdo per questa terza parte Alchincone Crotoniate ritrouata la Notomia; Ma per il tempo d'hoggi, e'pare, che la prima parte sia da esser piu stimata, come quella, che può per la sua temperanza esser ne gli infermi lodeuole, & per la si curtà ne i sani piu stabile.
LXXXIII.
In quella città doue i Medici non stimorno piu l'honor dell'opere loro, & il timor della riuscita di esse, che il guadagno, non visi conoscera gia mai gran virtu dell'arte loro. Et quando in essi non corrispondera la bontà de i costumi all'eccellenza dell'arte, che se ne aspetta, non si fidera alcuno (se sia sauio) d'entrar sotto il consiglio di cosi fatti huomini. Percioche essendo la vita nostra vna delle tre cose principali, che noi posse diamo in questo mondo, egli è ben ragione, che di essa noi tegnamo tanta cura, che sani possiamo seruir moglio alle cose priuate, & alle publiche.
LXXXIIII.
Se le infirmità del corpo nostro ci impediscono le nostre necessarie operationi, & per torcele da dosso vsiamo ogni opera possibile, tanto maggiormente douerremo noi sforzarci di leuar via le turbationi, & i difetti dell'animo, come l'ira, l'auaritia, la viltà, & infiniti altri vitij, de i quali le uere medicine, & i proprij, & salutiferi rimedij [Page 46] rimedij sono la temperanza, la liberalità, la costanza, & altre simile.
LXXXV.
L' eloquenza fu stimata da gli antichi padrona di tutte le cose, conciosia che la persuade quel, che la uuole ò bene ò male, & però i Romani non vdiron volentieri Cinea oratóre eloquentissimo di Pirro Re di Epiro, non sapendo di qual bontà ei fusse per se stosso. Et piu douerrebbero i principi (sia lecito alla penna di scriuer liberamente) guardar alla vita di questi tali, che à molte altre cose, che forse paiono di maggior cōsideratione. Conciosia che vn' huomo tristo, & eloquente otterrà bene spesso da loro ancora cose ingiuste, delche di poi essi ne riportano poca lode. Debbesi adunque stimar l'Eloquenza, ò bene, ò male comela corrispondenza de i costumi l'accompagna, & non altrimenti.
LXXXVI.
Catone stimò, de solo colui fusse degno del nome di oratore, che fusse di ottimi costumi ornato, accioche l'eloquenza sua hauesse ad arrecar al publico la conoscenza dell'honesto, & dell'vtile, & non il contrario. Et per consequenza non si marauigli alcuno se ne gli huomini, che delle Chiefe deueno hauer cura, si desidera piu tosto la bontà de i costumi, che la eloquente dottrina; [Page 47] perche sempre, che haueranno fama non buona, sarà dispregiata ogni loro apparente eloquenza.
LXXXVII.
Nessuna cosa è piu pernitiosa in vna città, che la prolūgation delle cause ciuili, & delle liti, essendo di cio la principal cagione le cautele, & le tergiuersationi de i legisti, i quali col prolungar quelle procacciano ad altri spesa, & dispersione delle loro proprie facultà, & annullano quanto e' possono cosi operando l'amore, & la beneuolenza ciuile: & essendo questo vn guadagno tanto vtile, non è marauiglia, che ogni seruitor si faccia sollecitator, & proccurator di cause, ò scriuano di oblighi, & bene spesso enormi.
LXXXVIII.
La prudenza dell'huomo è veramente cosa morta, se la non sia accompagnata dalla e loquenza, cio è dall'ornamento delle parole, la quale eloquenza si diuide secondo noi in due parti. Vna è quella, che si fa conoscere parlando, l'altra apparisce scriuendo, & al tempo de i nostri padri fu Coluccio Saluiati cittadino & segretario della Republica Fiorentina di tanta eloquenza, che Filippo Maria Duca di Milano, & perpetuo nemico di quella, vsaua di dire, ch'ei temeua piu delle sue lettere, che di 1000, caualli, che s' hauessero ne i campi i Fiorentini da vantaggio. Doueua costui [Page 48] adunque essere attissimo à persuader quel che gli piaceua.
LXXXIX.
E sono stati molti huomini prudenti, & eloquenti, & qualch' uno di essi di grande affare, & hanno non di meno orando inciampato nel proposito loro, ò quasi sono riusciti al tutto smariti dal lor primo vigor dell'animo, i quali poi scriuendo hanno ottenuto la loro intentione per gratia, della lor penna, essendo i doni della natura diuersi; oltra che la penna par, che per se la sia sempre piu libera, che non è la lingua; & massimamente quando si comparisce innanzi ad vn numeroso popolo tutto ciuile, ò alla presenza d'vna Real Maestà di gran nome, ò d'vn venerādo senato col suo capo quasi di Reale, e' di Imperiale ornamento ricoperto.
XC.
Come i Poeti anticamente celebrarono ne i loro scritti i Principi amici, & di valore illustre sino à che gli fecero credere a i popoli essere stati deificati, & connumerati tra le stelle del Cielo. Cosi douerrebbero i Principi d'hoggi tenersi amici i poeti buoni, & gli altri scrittori di qualche stima; per il che fare non bastando la potenza deueno vsar la liberalità, percioche operino pur bene essi [Page 49] se'possono, ò sanno, & che dalle penne altrui e' ma sieno registrati nel libro dell'eternità, non hauranno eglino fatto nulla; ma che diremo noi adunque di quei, che indegnamente operando dispregino ancora gli honorati ingegni? Certo non altro se non che mancando l'autorità col corpo, & con la vita loro, non resterà altro, che vno oscuro biasimo d'ogni loro attione.
XCI.
I poeti di qualche giudicio, & di honorata inclinatione debbono essere stimati, & honorati, perche nessuna sorte di huomini si troua in ciascuna eta piu rara che vn buon poeta, si per la grandezza delloro ingegno, & diuina natura, come perche essendo, che tutte l'arti, & scienze s' imparano per via di regole, & di precetti humani, la poesia sola, ha per natura è dall'huomo essercitata, è come commossa, & eccitata da vnfuro? diuino.
XCII.
Fra tutte le sorti de gli huomini disutili odiati da i Romani furono del tutto dispregiati gli histrioni; percioche hauendo essi la principal colpa della corrunttion de i buoni costumi, non volsero, che potessero interuenire, nè concorrere nel numero delle tribu à rendere i fuffragi quasi, che gli [Page 50] stimassero non parte del popol Romano, ma del tutto simili à i serui; & vna delle maggiori vergogne, che si rinfacciassero à gli Atheniesi fu questa, Che la loro città per vsa [...]za spendeua piu nelle comedie, & nelle tragedie, che nelle cose Politiche, & necessarie alla Republica.
XCIII.
Vno de i piu importanti punti all'huomo per voler essere tenuto sauio è, che' sappia conoscer se stesso; il che consiste in saper adoprar la virtu dell'animo suo, & non si lasciar vincer dal timore, nè superar dall'allegrezza, ne infiammar dalla cupidità, nè stringer dall'auaritia, nè finalmente lasciarsi vincer dalla libidine; & oltra di cio in cognoscer per ogni caso, che gli auuenga doue si troui, se nella patria, ò tra genti forestiere, & di qual natura.
XCIIII.
Pero [...]o e' fu oppinione de i Filosofistoici, che solo colui fusse da esser stimato beato, nel quale si ritrouasse la sapienza, & che' bastasse la virtù sola al viuer bene. Egli è da dubitare se questi stoici hauessero à parlar hora si fussero di tale oppinione ò nò conciosia che huomini stimati prudentissimi vanno lontani molto da quei due oggetti, & pur felicemente, & con grande honor viuono sopra gli altri, i quali confidatisi nella nuda virtù, & [Page 51] ingenuità de i buoni loro costumi son rimasti adietro.
XCV.
La virtu dell'animo ci fa superar tutte le difficultà, che si attrauersano alle nostre operationi honorate, & piu si conosce questo esser vero nelle guerre, & ne i maneggi politici, che in nessuna altra occasione, che dal caso ci si rappresenti inanzi.
XCVI.
La giustitia senza vn buon giudicio naturale non potrebbe gia mai esser ben compartita si, che si potesse à ciascun satisfar senza ingiuria del prossimo, non essendo possibile, che senza queste due cose si possa gouernar bene vna città, ne ancora vna casa priuata, nè tenere vnito & vbbidiente vno essercito, & spetialmente di nationi diuerse composto, & messo insieme, come noi n'habbiamo l'essempio di Annibale capitano in questa parte superior à tutti gli altri.
XCVII.
Filippo di Macedonia diede ad Alessandro suo figliuolo all'hora nato Aristotile per maestro, & per gouernatore, accioche il fanciullo potesse peruenire col mezo della dottrina sua à quel grado di eccellenza al quale ei sali, Ma ne i nostri tempi in diuerse parti di Christianità molti sono quelli, i quali poco ci pongon cura, lasciando [Page 52] scorrere la prima età de i loro figliuoli sciolta da ogni sorte di morale auuertimento, bastando à i loro padri insensati esserne trattenuti con i loro puerili, & sempre ridiculi giochi senza pensar ad altro, i quali poi crèsciuti, & tra le compagnie à se stessi simili conuersando, & sempre circondati dal numero di serui sfrenati, assodandosi in quella licenza riescono di tal qualità, che spesi, ò piu tosto scialacquati i loro beni con poco honore de i loro maggiori, ò e' sono nella pace seditiosi, ò nella guerra come poco vtili per la republica son prouati da i loro superiori.
XCVIII.
Per il mezo della prudenza, & della temperanza impariamo noi à sopportar l'ingiurie della nemica nostra fortuna, cosi come à raffrenarci nel tempo della sua adulatione, non essendo per noi la piu chiara lode, che quella, che ci nasce dal saper trapassare i nostri giorni con ogni vento col fauor (si dice, di essa prudenza, & non per vna certa ottusion d'ingegno, come auuiene à molti, i quali poco differenti riescon per ciò da gli animali bruti.
XCVIIII.
Nessuna cosa è piu propria ad vn' huomo grande per farsi amare, che il proccurar, che nessuno habbia ad hauer paura di lui, ma che sia tale, che i [Page 53] costumi suoi rimostrino con la loro ingenuità il candore dell'animo proprio con ogni sorte di persone, osseruata però vna discreta proportion di proceder secondo i meriti, ò la qualità di ciascuno, accio nessuno si creda esser dispregiato, ò gli paia d'essere vccellato.
C.
Vn buon cittadino, & vn huomo nato nobile sopra tutte le cose deue ornar l'animo suo di bella disciplina, accioche ei sia gagliardo, & forte à resistere ad ogni perturbatione, essendo noi fatti piu pronti à sopportar tutte le fatiche dalla prestanza, & dal valor dell'animo, che dalle forze del corpo.
CI.
Gli essercitij del corpo son necessarij per fortificar la nostra complessione, & specialmente quelli, che s' accompagnano à quelle cose tutte, che riguardano il profitto publico; la qual cosa era da i Romani bene osseruata. Hor noi cosi facendo ce n'acquisteremo lode, & nel bisogno la republica di noi si potra seruir ritrouandoci huomini, & non molli come le femine sono.
CII.
L'otio è figliuolo della ir fingardaggine, & del sonno, al quale coloro che si da ranno per vsanza, faccin conto, che col corpo loro muoia anche [Page 54] ogni nome dell'esser essi stati; Et stimi quella città, che non lo corregge ne i suoi cittadini di douerne patir chi la gouerna la pena maggiore.
CIII.
Voleua Giulio Cesare, il maggior soldato, & il maggior Capitano, che sia gia mai stato, che i soldati nuoui fussero dati ad essere ammaestrati nell'armi ad huomini nobili & à i caualieri; costume molto differente dal nostro, percioche hoggi le tauerne, & le bettole sono i ricetti, & le squole di cosi fatti commilitoni, non so dico gia in tutti i paesi, perche' non si deue tassar non solamente le nationi, ma nè anche i particulari douendosi sol parlar al documento altrui.
CIIII.
Perche eglie difficil cosa il poter attender in vn tempo al corpo, & all'animo; bisogna, che noi compartiamo in modo le nostre attioni, che noi possiamo corrisponder al desiderio nostro, & alla speranza di coloro per i quali ci affatichiamo.
CV.
Le forze del corpo si debbon sempre vsar con vna temperata prudenza in ogni occasione, accioche le fieno reseruate per il profitto, & honor della patria, & non per ogni leggiero accidente esposte alla vergogna, & al danno di chi le possiede.
CVI.
Quattro son le cose nelle quali gli huomini volendo poter ciuilmente viuere si debbono occupare. La prima è l'attendere alle virtu. La seconda proccurar la sanità, & mantenersela, la terza contentarsi de gli honesti piaceri. La quarta vsar le proprie ricchezze con decoro proprio, & con honorata lode, & applauso de gli huomini buoni, senza le quali quattro parti vnitamente insieme congiunte difficilmente si potrebbe operar bene gia mai cosa alcuna.
CVII.
In vano si affatica colui, che vuol trouar per altra via i commodi, & le cose necessarie alla vita sua, non volendo deuiar dal modo d'vn dritto procedere, se in lui manchino totalmente i veri termini della virtù dell'animo; col mezo della quale si disprezzano i difetti, & l'auuersità del corpo, & ogni contrarietà dell'Inuidia, & dell'Ingratitudine altrui si stima per nulla, mentre, che' non ci manchi vna viril constanza d'animo vgualmente persistente.
CVIII.
Possibil non è, che colui, che del corpo si troua infermo possa dall'aimo hauer alcuni di quei cō modi, i quali son cagion della nostra contentezza senza vna singulare interna virtù, percioche essendo [Page 56] la malattia del corpo vn certo impedimento, per il quale l'operationi dell'animo, quanto, che della sostanza del corpo le son partecipi, restano senza dubbio impedite, non può l'huomo caduto in tale stato, & mancandogli quella viril costanza, che si gli desidera, se non dolersi della sua miseria, quantunque per altro egli fusse dalla fortuna, ò dalle stelle posto in alto luogo.
CIX.
Noi non dobbiamo in modo alcun biasimar coloro con giuditio diffinito, i quali (come, che' sieno di bello ingegno) tralasciano gli honesti essercitij per colpa della pouertà, quando ciò si conosce esser colpa della fortuna, ò piu tosto dell'altrui malignità, se gia non fusse ancor vitio de i signori auari verso di loro, mentre, che son prodighi bene spesso verso di quelli, i quali ancor molto vegliando, non conoscon la luce del sole, che' veggono.
CX.
Gli huomini abbondanti di ricchezze spesso s' hanno creduto col valor di quelle di potere vsurpar si i primi luoghi d'honore nella Republica, & l'hanno fatto sempre, che' non s'ha hauuto à far paragone della virtù. Ma come s' è venuto à quel punto, le loro ricchezze non hauendo altro appoggio han dato à terra, percioche la virtù sempre [Page 57] nelle cose difficili è per necessità ritrouata, & ben riconosciuta, & necessariamente, al tempo ch'el la grandemente, si desidera.
CXI.
Quello veramente sarà stimato huomo d'vn honorata ciuilità ornato, il quale sapra ordinar à se medesimo vn tal modo di vita che' possa viuer senza paura, senza timore, & senza fare, ò riceuere violenza alcuna, ma cio si deue intender in vna Republica non corrotta del tutto, ò in vnprincipato non apertamente partiale, altrimenti ogni sua bontà riuscirebbe vana, percioche doue la malitia humana ha preso piede non basta, che alcuni sien conosciuti quieti, perche se'lasceranno stare gli altri, non saranno lasciati star loro; portando cosi la perfidia de gli huomini maluagi.
CXII.
In ogni città pare, che sieno di due sorti di huomini ti attabili lasciando à parte la terza sordida affatto. La prima è per natura propria, & per cagion di ciuile educatione vtile al magistrato. L'altra per vn continouo vso auuezza ad vbbidire, & l'vna senza l'altra non può reggersi, però faccia in modo colui, che è in magistrato, ò degno di quello, che il popolare habbia caro d'ubbidirlo, ò di riuerirlo, il che seguirà sempre, s' egli à suo potere, manterra la ginstitia, & vna ciuil temperanza di [Page 58] qualche proportion honoreuole delle cose publiche senza alterare il primo oggetto, alla quale il popolo solamente riguarda, & cosi ambe due, abbracciandosi anche la terza, quale ella si sia, necessaria non dimeno per quel, che l'è buona, si generavna vgualcontentezza, hauendone vn chiaro essempio hoggi nella Republica Venetiana.
CXIII.
Chi vuol far se stesso protettor della Giustitia, bisogna, che' si cominci prima à scordar le passioni sue proprie, & a mettersi dinanzi à gli occhi la legge della patria, & la condition de i suoi tempi, per che egli auuiene alcuna volta, che alcune leggi antiche non conuengono à i tempi moderni, ma si bene son solameme commode alla turba de i legisti, però ò bisogna, che la legge sia cambiata dalla Republica ò dal principe, ò vero, che dal giudicio di chi è in magistrato sia considerata secondo l'occasione, che gl'ha alle mani, & cio far non potendo, la Giustitia riesce impedita.
CXIIII.
Gli huomini, i quali essercitano gli vffitij, & i magistrati loro come se' non habbin gia mai à renderconto, durerāno gran fatica à far credere all'vniuersale di non si lasciar guidar bene spesso da gli affetti proprij, però l'vfficio de i censori furitrouato in Roma, accioche non solamente essi correggessero [Page 61] le cose presenti, ma punissero i disordini passati.
CXV.
Cosi come il magistrato comanda giustamente al popolo cosi debbe la legge ancor comandar al magistrato. Et Cicerone dice, Che il magistrato è vna legge, che parla, & la legge è vn mutolo magistrato, il quale non di meno è, ò deue esser sempre operatiuo.
CXVI.
La Giustitia è il fondamento della congregatione, & del commertio de gli huomini, abbracciando in se stessa la pietà, & la vera scienza di honorare, & di amare il grande Iddio, d'onde dipende la prosperità delle cose nostre.
CXVII.
Doue l'opere buone son secondo la Giustitia lodate, & premiate, cosi deueno le male esser biasimate, & punite ancora sino al sangue, se bisogna. Et quando sotto spetie d'importuna, & forse d'auara misericordia queste son perdonate, poca speranza si deue hauer, che quelle sieno considerate; essendo questi segni d'una gran corruttione ne gli animi di chi giudica.
CXVIII.
L' osseruanza della fede fu sempre lodeuole à tutti quei, che l'osseruarono, & fra i priuati ell'è [Page 58] [...] [Page 61] [...] [Page 62] ancora necessaria, ma tra i principi si sta in dubbio se la fusse sempre vtile, essendone diuerse l'oppinioni, ma noi crediamo, che la dimostration delle cose possa molto ne gli animi nostri, gouernandosi gli huomini grandi secondo l'occasioni, & i popoli secondo le fantasie loro.
CXIX.
La modestia, & la temperanza in ciascuna persona è vna parte necessaria à chi vuol ciuilmente viuere; ma vi si aggiugne la costāza fidissima guardia delle cose segrete, che trattate si sono, ò che s'hanno segretamente da esseguire, dalle quali virtù nasce l'habito della segretezza parte necessarijssima à ciascuno, che ha spetialmente il gouerno publico, & gli affari del suo signor nelle mani, & che stima l'honor proprio quelch' ei debbe.
CXX.
L'ingratitudine è cosi gran vitio, che ancor da gli scelerati, & macchiati d'ogni altra sorte di peccato sarà ella biasimata, & odiata, onde i Persiani vsauano di gastigarla via piu seuerameete di nessuno altro errore, ma hoggi se n' è fatto tanto l'vso, che chi non sene serue, nò riesce stimato accorto, & tale è la virtu nella quale s'adoprano gli ingegni de i moderni.
CXXI.
Cambise Re dei Persi padre di Ciro maggior [Page 63] soleua dir, che le leggi della patria consisteuano in questo principalmente, che i principi sapessero comandare, & i priuati vbbidire; & che coloro che à i comandamenti vbbidiscono, pensino, che l'ubbidir dia lor gloria, & honore, & che quei, ch' hanno fatto contra l'Imperio sieno ripresi, & gastigati. Et Tiberio imperatore per altri rispetti non troppo vtile, nè lodeuole auuertiva i suoi luoghi tenenti delle prouincie dell'Imperio, che' si contentassero d'esser pastori; nè volessero esser barbieri de i popoli raccommandati loro.
CXXII.
Sono Alcune Republiche, le quali per il gouerno della Giustitia loro vogliono hauere i magistrati forestieri, accioche la passione de i giudici non offenda la legge, & l'honesto, ma queste Republiche facendo ciò danno segno di esser male ordinate, perche quando le leggi sono osseruate, noi non sappiamo scerre i migliori custodi, & i piu fedeli protettori di quelle, che i cittadini medesimi, per i quali le furono ritrouate, ma se poco conto ancor da i proprij cittadini sene facesse, all'hora bisognerebbe di nuouo ricorregger il tutto, come auuien d'un' edificio, che da ogni parte minaciando ruina, di nuouo interamente l'architetto prudente lo riedifica: ma non senza sospetto di cambiamento di qualità, per cio che pochisono [Page 64] stati ritrouati quei, che habbino voluto affaticarsi cosi senza il proprio vtile, onde n' è riuscito il Principato, euento delle Republiche simili.
CXXIII.
I Patritij da i Senatori in quelle città; doue questi nomi si possono vsare non son differenti ne i loro affari, per cio che quelli son cosi detti quasi padri i quali sono obligati à tener conto de i loro popoli, come il padre haurà cura de i suoi figliuoli, & questi detti senatori per l'età, & per la grauità del cō siglio, ma pare, che nelle vere Republiche questo propriamente possa intendersi, dipendendo ne i principati i Consiglieri sempre dal Principe; ancor che in alcuni magistrati quasi lo stile delle Republiche pare, che vadino osseruando, si nel riceuergli, come nel deporgli, & finalmente nel sotto giacere al sindacato, cio e' render conto delle sue attioni, il qual modo di pro cedere è veramente antico, salubre, & honorato per il publico, & per il priuato.
CXXIIII.
L'ufficio di colui che è promosso al gouerno publico sopra de gli altri è cosi fatto, che disprezzato ogni commodo priuato; posto giu ogni affetto di amicitia, scordatosi d'ogni inimicitia, dell'odio, della maleuolenza, & sopra tutto dell'auaritia, debbe solamēte consigliar quelle cose, le quali sono [Page 65] ad vtilità della Republica.
CXXV.
Egli è stato parer di molti, che il gouerno d'vna ben composta Republica, non consista nella libertà del dire d'ogni huomo lasua oppinione, perche spesso da questo può nascer la confusione, & però in alcune Republiche al parer nostro bene ordinate cotal licenza è temperata in modo, che non tutti hanno libertà di parlar, per fuggir, l'importuna confusione, ne anche è tolta del tutto à ciascuno, accio non nasca corruttione ne i dimandati, ma soli quelli, i quali hanno di gia conseguiti alcuni honori posson liberamente parlar come piu lor piace, de i quali non si può per la lor conosciuta prudenza dubitar di errare, ne per il numero si deue temer di corruttione. Gli taciti rimanendosi godono dell'honor proprio d'esserui ammessi, & imparano ad vdire i modi diuersi de gli huomini esporti, come di poi quando temponesia s'habbino da gouernar loro nel medesino luogo.
CXXVI.
E gli è stato qualch'vno, che si è marauigliato come i Romani, i quali non haueuano cognition della religion Christiana, & pur cō ogni industria, tal quale si fusse la soro, voleuano, che la si osseruasse tanto à punto, che senza il principio prender da quella non ardiron gia mai di cominciar nè [Page 66] guerra nè nessuna altra cosa d'importanza, onde però ne conseguirono essi tante prosperità, che ne riuscirono signori d'vna gran parte del mondo. Si risponde che Dio guardò al lor buono animo, alla loro giustitia, & alla loro charita, le quali parti seruirono assai per quei tempi per farli riuscire à tanta grandezza. Percioche si conobbe poi, che la malitia hauendo cominciato à dominar gli animi loro con l'ambitione, con la superbia, con l'auaritia, & con la crudeltà, & hauendosi gittati e' rispetti della Giustitia diettro alle spalle, perduta la mano diuina loro adiutirce la Republica loro andò in ruina.
CXXVII.
Due tempi si considerano in tutto il gouerno politico, cio, è quello della pace, & quello della guerra, i quali debbono in vn medesimó tempo esser sempre dinanzi à gli occhi di chi gouerna, in modo, che guerreggiando si pensi alla pace, & standosi in pace non si abbandonino le prouisioni della guerra. Altrimenti facendo, la pace poco puo durare, & la guerra si tira dietro piu inconuenienti nella sua lunghezza adanno di chi guerreggia, che non sarebbe il disauantaggio d'vna magra pace.
CXXVIII.
Vno de i piu necessarij vffitij, ò magistrati, che ricerano i nostri tempi è quello de i Censori hauendo noi bisogno di molta emenda, & di seuera [Page 67] correttione. Di questo vffitio s'e ancor parlato di sopra, niente di meno essendo riusciti i vitij de gli huomini tali, quali hora il mondo gli sostiene, l'abbondanza de gli errori circa i mali costumi supera ogni rispetto, ò consideratione dell'abusata religione; essendo assaichiaro, che dalla corruttion de i costumi dipendonogli errori verso di Dio.
CXXIX.
E gli è cosa da prudente il prouedersi innanzi al tempo (hauendone il potere) di quelle cose, che posson qualche volta esser necessarie, perche chi se n'ha di poi à prouedere in fretta non vi potrà gia mai nè con diligenza, con suo vantaggio far giusta prouifione.
CXXX.
Egliè molto piu difficile il sapersi temperar nella felicità, che nella auuersita, & cio nasce perche essendo tu felice non ti pare d'hauer bisogno d'alcuno, & cosi nel tuo consiglio proprio rouini, ma cadendo in miseria dimandi aiuto, & consiglio, & con vna mediocre prudēza puoi conoscere il meglio, & riparare à i pericoli, che ti aggrauano.
CXXXI.
Coloro che fanno fondamento sopra la bontà de i soldati senza vn valente capitano s'ingannano, per che comunemente vno essercito mal comādato, ben che valoroso sia capiterà sempre male, & però eleggasi il Capitano illustre per l'esperienza [Page 68] militare in ogni sorte di caso, perche' farà bene essoi soldati buoni, & con poca fatica, nè cosa è che piu forza accresca al'animo de i soldati, che vna diterminata volontà di bene operare fondata sopra la speranza del valor del capitano, & sopra la necessità che s'habbia di combattere.
CXXXII.
Essendo vero, che tutte le lodi d'vno essercito cominciano dal capo di esso, & cosi tutti i biasimi si fermono in lui, egliè necessario di prouuederlo cosi buono à chi ha da far guerra, che si possa persuader da lui douer nascere ogni vittoria, hanendo in cosi fatte cose gran parte la buona speranza, che nasce dalla cognition delle cose nobilmente fatte da chi è chiamato à cosi fatto grado.
CXXXIII.
Nessuna cosa si richiede piu netta, piu pura, piu chiara, & senza macula alcuna nel magistrato, che'l giudicio; percioche non solamente può essere egli corrotto col denaro, l'auidità del quale accende, & abbrucia il desiderio humano, ò dalla lingua delli auocati gli può esser perturbata la parte migliore della ragione, dalla quale esso giudicio la sua di pendenza hauer deue.
CXXXIIII.
Maggior pena merita colui, il quale con le false persuasioni da adintender quello, che non è, che [Page 69] colui il quale con denari volta il giudice quasi calamita il ferro, à quella sentenza, che gli pare; percioche non si può cosi facilmēte con denari, come con la elo quenza la prudenza corrompere.
CXXXV.
Hanno considerato i diligenti osseruatori delle cose, che fra la consuetudine, & il costume sia cosi fatta differenza, cio è, Che consuetudine sia propria quella, la quale sempre, ò lungo tempo sia stata introdotta à poco, à poco ò dal principio, ò à caso presa dal popolo, & costume sia lo introdotto, ò nuouamente, ò per qualche tempo.
CXXXVI.
I costumi adunque deueno esser ben considerati, da chi ha cura della Republica se siano vtili, ò no: & quei, che segreti sono scoprirgli per conoscer di che odore e' sappino innanzi, che piglino piede, & radice ne gli animi nostri, accio non s'auuezzino gli huomini ad vn cattiuo habito di viuere per negligenza di quei, che gouernano; la qual cosa è stata auuertita hauer fatto danno notabile diuersamente, & in diuersiluoghi, alla qual cosa i Romani volsero sopra tutte le cose hauer cura nella citta loro.
CXXXVII.
Molti sono gli errori, i quali si posson tal volta gastigare, ma non sempre con la sola riprensione [Page 70] fatta non dimeno di bocca del principe non in tutti gia, ma ne i nobili, & in quei solamente, i quali per natura hanno gli animi loro bene edificati, & possono questi esser conosciuti bene assai quando gli habbino errato ex lapsu naturae, la qual riprensione intal modo fatta quasi con affetto paterno serue in simili à piu pena, che non fanno i tormenti corporali nelle genti basse, & roze, & si viene ad acquistar vna certa general gratia appresso de i popoli proprij, cosi procedēdo, che bisognera ben credere vedendo vno vna volta ripreso, & perdonato, cader di nuouo, che sia il caso suo disperato affatto, & che hauendo la commiseration fatto il suo primo vfficio, lo debba far di poi la giustitia.
CXXXVIII.
Vsaua di dire Giulio Cesare, che il ricordarsi nella vecchiaia di essere stato crudele è vna miseria grauissima. Di qui si caua vn precetto, che chi ha dominio sopra de gli altri ha sempre da preporsi la pietà dinanzi à gli occhi accompagnata non dimeno con la giustitia, & secondo alcuni con proportionata bilancia (come di sopra si dice, la qual cosa è da molti male interpretata, non conoscendo come tal proportione s'abbia da distinguere; percioche molte volte perdonando ad vno che in effetto è maluagio, si da cagione di farne de gli [Page 71] altri, ò se'sia vn homicida, si mette in pericolo altri huomini. Onde egli è vero, & bisogna all'hora seruirsi di quel prouerbio, che si dice, che chi ne gastiga vno ne minaccia cento. Et però la coscienza, & il giudicio sincero del magistrato in questi casi sono le vere guide delle migliori, & piu sicure risolutioni.
CXXXIX.
Olimpiade madre d'Alessandro magno volendosi vendicar per vna certa ingiuria d'vn certo huomo, ò pur ch'ella gli portasse per altro odio, ella lo fece reo appresso del figliuolo. Il quale considerato bene il caso, & non lotrouando colpeuole in modo alcuno, lo lascio andare consingular dispiacer di lei, che voleua pur farlo morire, pregando, & instando al figliuolo con tutti i preghi possibili farsi da vna madre, che egli era bene, che' fusse esseguito come la desideraua; dal quale con vna sola risposta e' si difese dal fastidio della sua importuna volontà, dicendo, che' non basta amore, nè rispetto d'alcuna sorte, che si sia al mondo à ricomprar la vita d'vn'huomo fatto morire à torto, nè l'honor di chi ciò fatto fare habbia. Ma nel vero conosceua Alessandro l'humor della Donna per altri propositi pur troppo.
CXL.
Sabaco Re de gli egittij di natione Ethiopo [Page 72] fu di natura tanto pietoso, & clemente, & in modo abhorriua lo spargere il sangue humano, che per niente ei non voleua, che coloro, i quali meritauano la morte fussero giustitiati. Ma gli faceua incatenar, accioche viuendo, è doueslero seruire in tutte quelle cose, le quali facessero di bisogno alla Republica. D' onde forse è nato il costume, ò l'uso di farsi de gli schiaui forzati. Il qual proceder non solamente è piu benigno, ma ancora vtile assai piu, che il fargli morire, & spetialmente quando i misfatti de i rei non trapassano all'odiosa sceleratezza del peccato.
CXLI.
In sette modi gastigauano i Romani i delinquenti condennandogli, cio è, ò con lunga prigione, ò con tormenti, ò con taglie di denari, ò con la publication d'infamia di quel vitio per il quale egliera il reo stato condennato, ó con bando, ó vero essilio, ó con la seruitù quasi di schiaui, & finalmente con la morte, per la qual cosa si conosce come essi procedeuano colpiè del piombo accio, & bene adagio in priuar vn huomo della vita, ma bene ne gli errori per cagion d'impudicitia circa le vergini vestali furono essi subitani essecutori dell'ordine della legge sino al sangue, parendo loro, che cio si conuenisse al rispetto della religione [Page 73] accio la si conseruasse à tutto lor potere in ogni caso sincerissima.
CXLII.
Quel principe il quale non misura le spese sue con l'entrate in modo, che si faccia habile à conseruarne vna parte, & accrescerne cosi ogni anno il capitale, intende male la variation de i tempi, percioche venendo l'occasione, colui solo ha maggior vantaggio hoggi, il quale coldenaro si può preualere in ogni auuersità, mentre, che dell'altre cose necessarie e' sia prouueduto à proportion dello stato suo, & sopra tutto d'armi proprie. Et aggiunto à questo, che chi si spotesta dello stabile per cercar d'vn maggior mobile, mette in dubbio la propria speranza, & la prudenza, che di lui prima s' habbino creduta le genti.
CXLIII.
Nussuua cosa rende piu sicura dalle insidie la guardia di vna città, fortezza, ò rocca, che lo stimar chi la gouerna non esser gia mai per tempo alcuno essa sicura a bastanza da gli iugāni del nemico, & pero douersi star sempre vigilante per guardarsi con oppinion, che' faccia cosianche il nemico per seruir al suo disegno.
CXLIIII.
Il maggior nemico, che habbino gli huomini di guerra nelle loro attioni è il sonno, dal quale però [Page 74] bisogna, che essi si guardino, ma ciò ancora ha da esser considerato da tutti quelli, i quali per diuerse sorti di studio, & diligenza cercano di peruenire à qualche grado honorato, conciosia che il sonno al tutto, & l'otio sieno nemici mortali d'ogni viuace in gegno.
CXLV.
Coloro, i quali si credono, che ogni sorte d'huomini sien buoni per far le guardie, & le sentinelle, s' ingannano; perche s' hanno da elegger sempre i migliori, & questi s' intendono prima per qualità militare, & per qualita di sangue, & per le facultà loro. Con cio sia, che i piu pratichi nell'armi hauranno piu sapere in quella cosa, che tanto importa, i piu nobili piu ingegno; & i piu ricchi piu curiosita per il lor proprio interesse. Macio pare à noi, che sia vna certa norma piu tosto da osseruarsi in vna città, che alla campagna, doue ogni soldato bisogna che faccia vgualmente l'vfficio suo, presupponendoci, che i capitani & gli vffitiali suplischino alla debolezza di chi mancasse, ma nel vero nella città l'ordine è necessario nel modo come di sopra, per non ci hauere a fidar della bassa plebe, dalla quale non si può sperar altro, che riuolte, & cagion di scandolo.
CXLVI.
La maggior di tutte le considerationi, che si [Page 75] hanno d'hauere nell'edificare vna citta è il considerar d'onde l'habbia da prouuedersi delle vetto vaglie per il suo viuere, perche male si sarà procacciato alla salute d'vn popolo con la fortezza del sito, & con la buon' aria, se non se le sia prouueduto il suo viuere, il che ne fu dimostro da Alessandro magno quando rifiutato il consiglio altrui d'edificar sopra il monte Atho vna bella città per la belleza del sito, & fortezza, senza hauer d'onde poter viuere, si rise delli studij vani di quel poco auertito architetto, & riuoltatosi ad vn' altro sito per ogni parte proprio per la sua intētione edificò Alessandria in Egitto, città stata sempre di poi nominatissima, & memoria stabile del di lui prudentismo giuditio.
CXLVII.
Marco Marcello colui, il quale riportò lespoglie opime d'vn Re dei Galli, & primo, che mostrò che Annibale non era piu, che huomo, & che si poteua vincere, edifico in Roma vn tempio all'honor, al quale non si poteua andar, se non passando per quello della virtù pur edificato da lui, volendo rimostrar per cio à i suoi Romani, che i magistrati si deueno desiderar principalmente per cagion d'honore, & che questo non si può conseguir, se non col mezo della virtù. Et però ancora i magistrati alla virtu de gli huomini in ogni luogo si deuerrebber [Page 76] concedere, & non al fauore, ne alla borsa loro, accio che non auuenga quello, che vsaua di dire Lodouico Chist. Redi Francia, cio è che chi compra vno vffitio bisogna, ch' ei lo venda, cio è che ei corrompa la Giustitia, & però non vols' egli gia mai soffrire, che si essercitasse nel suo Regno da alcuno nessun magistrato, che fusse stato compro.
CXLVIII.
La virtù non dimeno non basta sempre'à farci acquistar il desiderato honore senza la buona fortuna, della quale Giulio Cesare fece tanta stima, che la fece sempre partecipe delle sue attioni, non gli essendo gia stato disdiceuole il lodar se stesso, & senza biasimo. Però il saperla conoscer non è dato ad ogni huomo, ma solo al prudente è conceduto il conoscerla, & il saperla vsare, come seppe lui sare in tutte lesue attioni.
CXLVIIII.
Fra tutte le piu belle parti, che nell'amicitia nostra si ricercano, & si conuengono, la Costanza dell'animo è forse la principale, la quale serue al mantenimento del nostro amor reciproco. Di qui auuiene, che si fà mentione da gli antichi honoratamente di quelle persone, le quali ci lasciarono vn chiaro essempio della loro amicheuol costanza, accioche potendole noi imitare, [Page 77] ò appressarci al meno all'orme loro, possiamo in tanto riderci di quei, ch'ogni di si veggono volere, & disuolere volubilmente, quasi frasche nell'autunno aluento, come quei, che posponendo l'honesto attendon solamente al lor proprio profitto qualunque e si sia, ò come e' si venga loro nelle mani, senza punto curarsi di quel che si parli lagente tutta de i fatti loro.
CL.
Se in ogni caso giudiciale il Principe si proporra, ò la Giustitia, ò l'equita, & non è dubbio, che nel generale e' ne sarà lodato, & di piu amato, percioche peril mezo di quei due fini, ò d'uno di essi al meno, egli mostrerrà la sua temperanza, Virtù veramente necessaria in lui, & tanto necessaria, che senza di quella non si pensi egli di poter conseguir gia mai nè lode, nè amor da i suoi suggetti, nè fama honorata da gli scrittori illustri. Della qual cosa tanto piu douerrebbero hauer sete i maggiori huomini, quanto, che per esser preposti al gouerno de i popoli, e' par che n'habbino ogn' hor maggior bisogno.
CLI.
In alcune Republiche, & in alcun Principato habbiamo noi veduto darsi dal publico i difensori à i rei, i quali per la lor pouertà, ò altra cagion giusta non ne possono hauere da per loro. Et noi [Page 78] stimiamo, che cio sia grandemente ben fatto per due rispetti. L'uno perthe si, dia al generale vna certa dimostration di desiderar solamente quelche è giusto, & non piu oltra. L'altro perche con quel mezo il popolo grandemente resta obligato à quei, che gouernano; & sapendo per cio, che' non possono esser tanto sopraffatti dallo Imperio de i potenti, che non sieno altro tanto dissesi da quella publica, & veramente christiana charità, si quietano piu facilmente, che non farebbero sene seguisse il contrario.
CLII.
Quelli, i quali si mostrano ingrati à chi ha loro insegnato alcuna cosa vtile, & honoreuole meritano ogni gastigo, & ogni riprensione, percioche come lo insegnar bene, è il maggior beneficio, che si faccia al prossimo, cosi bisogna, che la ricompensa sia del tutto lontana da ogni sospetto d'ingratitudine.
CLIII.
Alessandro Magno hauendo imparato da Aristotil e tutto quello, che ad vn grand'huomo s'appartien di sapere, confessaua di esser piu obligato à lui, che à Filippo suo padre, percio che da Filippo egli haueua hauuto l'essere, & da Aristotile il bene essere. Niente di meno cio fu lode, & cagion di Filippo, il quale volse, ch'ei susse da Aristotile [Page 79] alleuato, & insegnato sino da i primi elementi delle lrē, ma hoggi cosi come noi veggiamo i seruitori in luogode i valenti huomini alleuar i figliuoli altrui nobili, cosise auuien, che vn huomo di qualità honorata à far il medesimosia chiamato, subito pare che da gli ignoranti à vile è sia tenuto, mentre che vilissimo si rimane chi cio biasima.
CLIIII.
Platone hebbe oppinione, & è cosi il vero, che per l'vdire, vedere, & odorare si sueglia la memoria, & il giudicio nostro, dalle quali cose di poi ne riesce la cognitione delle scienze, & dell'arti tanto all'vniuersale cambieuolmente buone & profitteuoli.
CLV.
Nasce il rossore nell'altrui faccia da questo. Che quādo si ha fatto qual cosa degna di biasimo, ò che s' ode alcuna cosa, che vdir non si vorrebbe; subito la vergogna si parte dalle parti piu alte, & correndo à basso si tuffa nel sangue, & tutto lo cō muoue, del qual commouimento di rosso color la faccia si tinge, & liberamente dimostra il dispiacer, che si sente del biasmo vdito, & delle parole passate.
CLVI.
La pallidezza nasce percio, che essendo la natura dal timor percossa, ò da nuoua alteration d'animo sdegnata, subito ricorre alcuore, & tirando [Page 80] seco tutto il sangue dell'altre parti del corpo quiui si fortisica; onde il corpo essendo dal sangar abbandonato si fredda, & ne nasce vn certo tremito con quella pallidezza, & nō senza sospetto d'ostinata natura.
CLVII.
Egli è iniquo quel padre, che ha inuidia alla virtù del figliuolo, percioche nessuna cosa è, che maggior lode gli arrechi, che questa, cio è, che'si conosca la creatura sua superarlo in virtù, in valore, & in prudenza, essendone per la maggior parte attribuito l'honore à lui, che gli habbia proccurata tal riuscita, & tal lode con i buoni maestri, con la accurata diligenza, & con la gratia del cielo, che piu tosto à lui, che ad vn'altro habbia voluto con cedere vn virtuoso figliuolo.
CLVIII.
Lo attendere à diuersi studij in vn medesimo tempo nō nuoce, pur che l'hore sien distinte si, che ad ogni cosa si dia il tempo in proportion di quel, che la vale, & vn certo ordine, accioche la stracchezza, ò la nausea dell'vna cosa non impedisca l'ingegno, & lo renda men vigoroso nell'imparar l'altre.
CLIX.
Per nessuna altra cagione si dice l'arte della scienza, & delle lettere esser liberale, se non perche [Page 81] ella ci fa liberi, & atti à ritrouare con essa da per noi la via del bene essere, & però studino i padri, & le madri di famiglia, che i figliuoli non sieno ignoranti.
CLX.
La lettion dell'historie è vno sprone pungentissimo ad incitar vna persona alla virtù, nè cosa è che muoua l'animo gentile di alcuno al bene operare, piu ch' ogn'hora l'udire l'altrui nobili operationi. Et però si scriue, che Themistocle grandissimo di tutti capitani de i Greci haueua (giouane essendo) ogni suo pensiero con ogni sua cura riuoltato verso la gloria di Milciade anch' egli huomo grandissimo si, che ancor dormendo s'insognauadi lui.
CLXI.
Certa cosa è, che vna certa sorte di compagnia accordata tra huomini, & persone di mala mente si vede spesse volte, ma piu dirittamente si deue chiamar conspiratione, alla ruina della giustitia, & del douere, che alla conseruation dell'amicitia. Perche da cotal compagnia non vscirà gia mai nessuno amicheuol frutto di virtù à pro del prossimo, ma sempre inganni, simulationi, & frode, & però son questi degni d'essere sbanditi fra lefiere saluatiche nelle se lue, & ne i deserti.
CLXII.
Quando l'huomo ha da fare alcuna cosa per facile, che la si sia, se lui non osserua vn certo, & conueniente ordine nell'attion diessa, sempre gli riuscira difficile, & alcuna volta impossibile à condurla al desiderato fine.
CLXIII.
Chi ha da giudicar d'alcuna cosa, della quale si ha per certo, che in tutte le sue parti sia proportionata, haurà poca fatica, conoscendone vna parte bene.
CLXIIII.
Al prudente seruitor basta di saper qual sia la natura del suo patrone, & à che sorte di seruigio egli sene habbia da seruire, & all'hora riuscirà egli tale, che nè esso haurà da pentirsi dell'opere sue, nè il padrone d'essersene seruito. Percio che molte volte auuiene, che quelli, i quali comandano, & quelli, i quali seruono son cosi contrarij gli vni da gli altri d'humore, & d'amore, che impossibileè, che si riscontrino in vn medesimo oggetto, & di qui nasce, che tanti hor d'una parte, hor d'un' altra si dolgono senza saper trouar alcun rimedio al difétto del compagno, fuori, che il romper del tutto ogni patto tra di loro prima accordato.
CLXV.
Il decoro, che si richiede ad vn che gouerni stati [Page 83] douerrebbe impararsi dalla educatione, ma per che non tutti i simili vi nascon con quella speranza auuiene, che quando la fortuna ve gli traporta di peso, e' bisogna, ch' all'hora e' considerino questa parte importante assai. Si dice adunque, che' bisogna, che' sia di ottimi costumi, & che in tutte le sue attioni dimoshi vna prudente bontà, & vna magnanima liberalità; tenendo ancora per fermo, che non solamente bisogna, che' sia nemico de i cattiui costumi altrui, ma assiduo cultore di leggiadria, & di gentilezza in ogni sua attione, se non voglia riuscire odiato, ò al meno disprezzato dallo vniuersale.
CLXVI.
L'Astutia è parte necessaria alla politia, & al ciuil gouerno de gli huomini, & non biasimeuole (come molti scioccamēte si pensano) & col mezo di questa ci possiamo noi far piu sicuri in ogni accidente.
CLXVII.
La cittadinanza ben composta de gli huomini genera tra di loro vn vicendeuole amore, ma quali sieno degni del nome di certi cittadini sono diuerse l'oppinioni, benche i migliori si risoluino à stimar veri cittadini quei, che cosi per l'origine, & per l'opere buone si possin chiamare; nel numero entrano ancora tutti quei forestieri, ch'hauranno [Page 84] ben meritato della città, doue habitano. Ma ciò in qualche luogo non s'accetta, non si ricordando d'esserui stati forestieri essi stessi.
CLXVIII.
Il vero Cittadino ha sempre per oggetto di far di se stesso parte à gli amici, & alla patria, essendo humor tirannico il creder d'esser nato per far solamente quelle cose doue l'utilità propria consista; non essendo stata trouata per altro la congregation de gli huomini, & il viuer comune, che per goder maggior libertà, piu sicurezza, & vna vera honestà.
CLXVIIII.
La Concordia è la massima di tutte le virtu per la conseruation del viuer politico, il che ci mostrò bene assai vn certo Siluro, il quale venendo à Morte, & lasciando ottanta figliuoli maschi, se gli fece chiamar tutti dinanzi à se, & fattosi portar vn fascio di altre tante verghe, ò sottili bacchette, comandò à ciascun di loro, l'vn doppo l'altro, che si sforzasse cosi legate insieme di romperle, & non venendo lor fatto, ei volse, ch' ei prouassero à romperle ad vna ad vna, il che essendo lor facilmente successo, egli gli ammonì con queste parole. Figliuoli miei, se voi resterete vniti, nessuna forza de i nemici vostri vi potrà nuocere, ma se tra di voi discorderete, ogni piccol cenno di contraria fortuna [Page 85] vi fara trauagliare, & finalmente cadere.
CLXX.
Vna Republica non muore mai se non per le ferite, che la si fa da per se medesima, di cio ne fa fede Roma, & altre antiche, & moderne Republiche, & il medesimo auuiene delle case de i priuati, pero chi vuol viuer sicuro di goder sempre della concordia, ceda all'altro nelle cose honeste, nè si curi di contender per ogni piccola cosa.
CLXXI.
L'animo ha nel corpo nostro tre seggi, ò luoghi doue ei dimostra i suoi affetti. Il primo ê nel capo, doue alberga la ragione, come superiore in tutto le attioni, che la debbe essere. Il secondo è nel petto, doue alloggia l'ira ministra del valore, & della magnanimità. Il terzo nel cuore, done i nostri desiderij fanno residenza; ma egli auuieno, che il piu delle volte la ragione preualendo ci tira alle virtù, & al virtuosamente operate. Et questi altri due ci traportano nelle inquietudini, & ne i fastidij, in compagnia sempre de i sensi, & delle passioni.
CLXXII.
L'vfficio dell'animo adunque è di adoprar la ragione, la quale per l'vfficio [...]uo debbe hauere in mano sempre il timone del corpo; & dirizzare in modo gli appetiti nostri, che ad ogni suo cenno possino esser senza alcuna difficulta vbbidienti à [Page 86] lei, allontanandogli da ogni dishonestà.
CLXXII.
Come la briglia è al cauallo vna propria, & prescritta ragione; cosi le leggi sono ancora vna necessaria ragione à gli huomini, i quali son precipitosi à gli errori publichi, & à priuati.
CLXXIIII.
Come gli vccelli son nati per volare; i caualli per correre, & le fiere per esser crudeli, cosi con gli huomini nasce, & si fa grande il discorso della mente, & la prestrezza dell'ingegno, & per ciò non si dubita, che l'origine dell'anime nostre non sia celeste.
CLXXV.
L'Vfficio del vero cittadino è d'esser benigno, clemente, pietoso verso i suoi simili, forte di animo, & pronto à mettersi ad ogni pericolo per la patria, & per l'honor proprio, & della sua casa.
CLXXVI.
Della temperanza è proprio il dispregiare ogni dishonesto appetito, il non lasciare in superbir l'huomo nella buona via, nè disperarsi nella auuersità, & in somma la temperanza ci difende da ogni estremo, & da ogni violenza di pensieri de i sensi nostri.
CLXXVII.
La Prudenza ha per suo oggetto di far ogni cosa [Page 87] con misura, & con ragione, in modo, che l'huomo prudente non s'ha gia mai da pentir di quel ch' egli habbia fatto, ò voluto fare.
CLXXVIII.
Vn Principe giustò, & vna Republica simile non solamente cercherà di mantenere, & di restituire à ciascuno quel, ch'è suo; ma digastigare i rei, & di premiare, i buoni ancora, & di ricercargli con doni straordinarij, & oon diligenza.
CLXXIX.
La fortezza senza la prudenza non è altro che vna furiosa pazzia, & la prudenza senza la giustitia non è altro, che vna sottile astutia, & cattiuità, & la intēperanza è vna crudele, & terribil bestialità.
CLXXX.
La troppa rigida giustitia, senza mediocrità, & senza compassione alcuna nō è altro, che vna vendicatiua ingiuria, la quale spesso si è veduta, quando per diuerse vie si desidera il fin di coloro, da i quali per gli animi loro aspri non senza ragion si deue temere.
CLXXXI.
Nessuna cosa può far vn Principe glorioso meglio, che la sua magnanimità, & beneficenza verso i popoli, & sia verso qualche particulare seuero quanto si voglia, sempre che nel generale e'si mostri benefico, giusto, et pietoso, ei sarà con le lodi [Page 88] de gli huomini in alzato al Cielo. Cosi auuenne ad Hercole, ad Alessandro, à Cesare, ad Augusto, & ad altri diuersi de i moderni.
CLXXXII.
I Beneficij principali, che vn principe può conferire ad vn popolo sono intorno alle buoné leggi, & all'osseruatiō di esse. Et alle rimunerationi dell'opere buone, d'onde ne segue, ch' egli amerà gli huomini virtuosi. Lo edificar città, castella, & fortezze per ornamento, commodità, & sicurtà del suo stato. Procurar, che l'arti buone, & vtili sieno essercitate, Et che le maluage, & dannose sieno scacciate, & che il paese suo sia coltiuato; & stimar l'honor per ogni causa honesta de i suoi suggetti per suo proprio; & lasciare i loro beni nella libertà di essi senza esserne rapace, mastimar le loró richezze douere essere accresciute da essi per ornamento, & per sicurtà della patria.
CLXXXIII.
Chi potesse viuere in talmodo, che del tutto si potesse guardar di non ingannare altri, & di non esser egli ingannato, sarebbe veramente felice, ma perche ciò non può esser, che non auuenga qualche volta, ne nasce vn'altro proposito, Che tal volta egli è meglio (come vsaua di dir Socrate) il sopportar l'ingiuria, che l'ingiuriare, ma cio non sempre si debbe concedere, se non hauutane la consideratione [Page 89] da chi, & come, & done.
CLXXXIIII.
Sono alcuni huomini tanto doppi, che ogni errore da lor fatto neggheranno, & altri liberi assai confessan presto le colpe loro; & per altro son valorosi. Dei primi non par, ch' huomo si debba gia mai fidare, douendosi dubitar, che pin presto se operano bene non auuenga ciò per paura della pena. Ma de gli altri potendosi sperar ogni hor qualche segno di virtù, si puo anche creder ogni miglior riuscità.
CLXXXV.
L'huomo buono non solamente non opererà male, ma si guardera de non nedar sospetto alcuno: occupandosi piu tosto in quelli effercitij, de' quali honestamente ei possa nutrir la sua famiglia, che dar cattiuo odor delle sue attioni.
CLXXXVI.
I piaceri, & i fauori, & i seruitij, che si contribuiscono agli altri da qual ch'vno, deueno esser tali, che' non costino al riceuitor piu tempo, & piu pena di quel che' meritano, & deueno esser fatti senza danno del prossimo.
CLXXXVII.
Quanto vn' huomo è piu vtile alla Republica, ò al principato, tanto è egli degno di maggiori guidardoni, & honori, ma il giudicio di tal cosa [Page 90] non ha da nascere dal senso, ma dalla ragione, accioche' sia conosciuta la buona dalla cattiua arte loro lontana da ogni passione.
CLXXXVIII.
Fra tutte le attioni, che fanno riuscir gli huomini illustri, quelle son molto principali, quando e' si fanno inuentori di cose, che apportin profitto, & honore à i popoli, percioche per esse, ò e ne riescono principi delle loro genti, ò doppo morte deificati con le dimostrationi, & congli scritti chiari, & perpetui altrui, come illustri benefattori delle loro nationi.
CLXXXIX.
E' non è dato dalla natura la gratia à ciascuno di poter cosi bene operare, che' si possin meritare eterni premij, ma ben non è tolto à nessuno ancora d'astenersi d'offendere alcuno, essendo in nostro arbitrio il ricercarne la gratia dal moto superiore, & però non è ella dell'vltime virtù, tra la terribil corruttion de' costumi, che si trouano hora
CXC.
L'esser lodato, amato, & honorato è cosa, gloriosa, cosi come l'essere odiato è cosa detestabile, apparendone la cagione esser giusta, ricercandosi nella vita ciuile quelle parti prime per ornamento, & sicurtà propria, esser dalla beneuolenza, & dalla charità de i cittadini circondato à guisa d'vna [Page 91] forte rocca, piu tosto, che mūito dalle richezze, & dall'armi, le quali per qualche tempo rendon l'huomo mirabile, ma non gia lungamente sicuro.
CXCI.
Colui, il quale odiando il prossimo si rallegra di vederlo precipitar inconsideratamente in mortali errori, certo è degno di pena, percioche l'ufficio d'nn'huomo d'honore è di vincer col beneficio ogni mal disposto animo d'altrui verso di se medesimo.
CXCII.
Quelli son veramente virtuosi, i quali non solamēte per se stessi fuggono il vitio, ma odiano quei, che vitiosi sono, & che in modo alcuno non vogliono hauerda far cō essi, vedendosi, che fanno questo non per paura della pena, ma solamente per vero amor della virtu.
CXCIII.
Come non è huomo buono colui, che fa ben per paura, cosi non è punto di lode degno quell'altro, che si resta di far male per timor di pena, ò d'infamia. Con questi adunque non si deue trauagliar l'huomo sincero, & giusto, perche non potrà mai assicurarsi di ritrarre vn vero dell'attioni loro.
CXCIIII.
L'essere huomo da bene non par, che consista solo nel non fare il male, ma nel non hauer mala fama ancora dal giudicio però de gli homini buoni. [Page 92] Essendo proprio di chi sia tale l'affaticarsi senza offesa del compagno, & cotal fatica n'apporta dolce quiete quando il nostro sudore è quello, che ci aiuta nutrir la nostra famiglia senza ingiuria altrui.
CXCV.
Le ricchezze della Republica sono intese quelle da gli scrittori, che sono in mano dei particulari, niente di meno quel valsente, che si troua il publico, & sempre trouar se ne deue qualche somma, non ad altro si deue conseruar, se non per aiutarne i popoli poueri, & per difender lo stato, il quale nel vero è comune à i sudditi come al principe, dalle guerre de i nemici, che scoprir si potessero. Concio si [...] che tai denari sono vsci [...]i, & cro sciuti dal sudor de i popoli, & però in comun profitto spendere in tempo si de [...]eno.
CXCVI.
Egli è cosa marauigliosa il veder come' sieno infiniti coloro, i quali son desiderosi d'aricchirfi in qualunque modo e'possino, con tutto che sappino, che gia mai l'heredità male acquistata passo quietamente al terzo herede. Ma non penson costoro punto da vero à i conti del tempo auuenire.
CXCVII.
Il maggior guadagno, che possa far l'huomo ciuile, è d'imparar cose assai, & buone, percioche quanto piu vno è sauio, prudente, & esperto; tanto [Page 85] piu nella Republica, ò dal suo Principe sarà stimato, & se non sempre cio gli auuerrà, per suo maggior honore ne i tempi piu difficili, & quando il bisogno sia piu vrgente, pur sarà egli con diligenza ricercato.
CXCVIII.
L'arte assottiglia l'ingegno sopra ogni altra cosa, & però tra gli huomini ingegnosissimi furono nominati Ippia, Archimede, & Archita Tarentino. Il primo lauoraua ogni cosa, che gli bisognaua vestire, & portare addosso per necessita, & per ornamento. Il secondo fu il primo, che fece vna sfera à similitudine di quella del mondo; & il terzo fece vna Colomba, la quale perforza di contrappesi volaua, & vero è, che l'huomo è piu, ò meno vtile al publico quanto piu, ò meno arti egli essercita: però che chi non ne sa nessuna, non è anche degno di nessuno amore, ò di nessuna beneuolenza nel cerchio della terra.
CXCVIIII.
Quando vno, che è chiamato giudice in alcuna querela si fa protettore del reo, & lasciando la causa principale attende alle accidentali, nè lascia conoscere il vero dell'intention sua, si deue credere, che'fia di ma luagia natura, però guardinsigli huomini da lui, se vogliono poter quietamente godere il dritto della giustitia, & fugghino quanto [Page 90] [...] [Page 91] [...] [Page 92] [...] [Page 85] [...] [Page 86] e'possono d'hauer à prouar cotai cimenti.
CC.
Ogni cosa, che si legge da materia à gli ingegni nostri spesso di curiosa consideratione. Delle cose buone però debbiam noi far sempre vna certa scelta, per che la ci possa seruire al nostro profitto; quello adunque, che fu nel principio di questo trattato promesso ci pare, & non senza vna singular cura di hauerlo complito; & quale ci sia riuscita questa prima parte, cortesemente la si manifesta. Etse molte parti necessarie alla vita nostra ci si saranno riconosciute difficili: Pensisi chi l'haurà lette, che Hercole voltando le spalle alla voluttà volse seguitar la virtù per vie difficilissime piu tosto perfarsi immortale, che seguitar quell'altra nelle delitie per perdersinell'otio. Affaticarsi però debbe chiunque si sia, che peruenir voglia ad vna certa, & ben meritata lode. Et sapendosi, che agli huomini di honorata volonta non manca l'aiuto diuino, à quello si deue ricorrere da ciascuno, che non vuol parer d'esserci nato per ripieno: per cio che col suo merito s' haurà il modo di viuer chiaro al mondo seruendosi di questi precetti & di lasciar di poi vn chiaro lume di se'stesso, àquelli, che verranno appresso.