GLI OCCHI.

ODA.

ALL'ILLVSTRISSIMA, & ECCELLENTISSIMA, SIGNORA CONTESSA Lucia Bedforde.

Con altri vari componimenti Heroici Regij.

Di FRANCESCO PERETTO, Gentilhomo Dottore Italiàno.

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IN LONDRA, Presso Georgio Purslow. M.D.C.XVI.

Con licentia de Superiori.

ILLVSTRISSIMA,& ECCELLENTISSIMA SIGNORA.

COme la presente Oda non hebbe mai altro suggetto, o motiuo, che gli occhi di V.E. altra penna, e scritto­re che le honoratissi­mę sue qualità, e vir­tù, nè altra stampa, che il suo fauore, e pro­tettione, meno deuo­ua ella altrui, che à lei medessima come cosa sua esser consecrata: Non già ch'io pensi in essa, non che agguagliare, nè pur attig­nere i meriti suoi, l'obligo mio, mà come vna pic­ciol'arra, e pronta rimonstranza, del in finito, del [Page]mio desiderio: è tutta occhi, è tutta luce, sò che non odiarà la luce, nè celarassi al giorno; anzi è tutta fo­co, credendo che questo elemēto per esser il più alto, mi porterebbe alla sublimità de vostri meriti; ha­uendo appreso di più, che la virtù sua era si grande, che Gioue medesimo per guadagnar il core d'Egina fù astretto metamorphosarsi in lui, mà sè l'eccesso è nel merito: La quantità, de miei versi per hora non porterà merauiglia in V. E. non sò che farà la quali­tà; Tutto il mondo sà far versi, mà molti facen­dogli si disfanno; in ciò io mi consolo, che ella con la sua tocca sà discerner l'oro, dal piombo, et che con la sua balancia ella possiede non men di giusti­tia che di cognitione; sò bene, e sà ognuno, che ni­ente di abietto, e vile fù mai il mio suggetto, che an­zi la mia piuma auezza à più eminente, è sublime volo, isdegna ogni altra bassezza, e viltà; Mà

—pouera Musa,
Che del suo van sperar, se stessa accusa,
Come ricca d'amor, nuda d'Amanti.

è per dirlo in bon francesse, c'est Amant n'apoint d'ey­mant: là doue pur mi rìconforto, che come trà le pietre, solamente le pretiose si fondono, così trà gli huomini, quelli che vagliono il meglio veggiamo per il più assomati di disgratie: Noi dobbiamo sco­prir le nostre piaghe, à chi le può guarire; Signora, il far del bene a gli indegni è agir diuinamente; è qual maggior gloria ci può egli auenire, che di po­ter imitar le attioni di Dio? I mici versi han ben bisogno di fauore, e protettione, mà più l'auttore di quelli; E' per finire, come le Lampadophori cele­brando all'honor di Minerua vna festa, dauano il pregio à chi sino al fin dela corsa portasse la face ac­cessa; sentendomi io honorato del pregio dela sua [Page]gratia, e beneuoglienza, come non porterò tutto il corso dela mia vita acceso il torchio d'vna perpetua, e deuota osseruanza, e obligatione? Mentre mi stò apprestando in far ueder à gli occhi di tutto il mondo, ch'io sono, e viuo.

D. V. S. Illustrissima & Eccellentissima
Il più deuoto, & Affettionato Seruitore, FRANCESCO PERETTO.

Del Sig. Marchese Antonio Maino, All'Auttore.

BEn sembri al tuo cantar spirto Gentile,
Figlio d'Apollo uer, cui dier nutrici,
Le Muse il latte, è le sacre felici
Acque in Pindo nutrir' la penna, e l' stile;
E' par palustre Augel ogni altro, e vile
Corbo appo te, per cui di gloria altrici
Chiare risuonan l'itale pendici
Cigno Diuin, cui non hà, l' Ciel simile:
Canta, è al desio, ch'haue un d'udir giocondo,
Rispondi, è rendi di te stesso eguale
La fama al nome in giust a lance, è pondo,
Di gloria, è Honor più che d'Allor fecondo,
Ricco d'Allor, piú di qual'altro, tale
Sarai Febo nel Ciel, Orfeo nel Mondo.

Consecrattione del'Auttore.

QVesta, che in Pindo apprese,
Con stile Heroico ardita,
Mal grado Morte, altrui dar nome, è vita;
A' voi consacro, à voi,
Il vanto, è i pregi suoi,
Voi Mecenate in tanto l'accogliete,
E' Marona l'haurete.

GLI OCCHI.
ODA.
All'a Signora Contessa Lvcia Bedforde.

HOR' l'ingegno, è le rime,
A' voi riuolgo ò luci,
Occhi d'alma sublime,
Fide mie scorte, è Duci,
D'Amor, d'Honor viuaci Orse, è Pollcui.
Di Celeste beltate
Specchi animata fonte,
Il bello, il ben monstrate
Del Ciel, mentre in uoi gionte,
Ornate il ciel dela serena fronte.
Animati Cristalli,
Spirifoti zaffari,
Vari, mischi coralli,
Se fie che in voi m'aggiri,
Ahi riso, ahi gioia, ahi lagrime, ahi sospiri.
Vag heggiatori, è vaghi,
Spettator di voistessi,
Più veri Prothei, è Maghi,
Ʋeloci, arditimessi,
Amorosi Corrier, sigilli espressi.
S'al sole vnque volgete,
Insidiosi i sguardi,
Nouo Prometheo sete,
[Page] Ch'hor' veraci, hor buggiardi,
Ciò n'inuolate, onde vn si struga, & ardi.
Saettatori Arcieri,
Voi sentinelle, è spie,
Piloti, Temonieri,
Sol rimonstrate pic,
Oue sicuro altri s'indrizzi, è nuie.
Voi la Pace, è la Guerra,
Voi il Fato, è la sorte
Portate, in voi si serra
Bene, e mal, vita, è morte,
Finestre del Destin, sentieri, è Porte.
Dispensiere de rai,
Chiare viue facelle,
Ne v'estinguete mai,
La notte, & il di belle,
Dela notte, è del Dì perpetue stelle.
Lampe, lampe, che l' foco
Ʋital, nutrisce, è pasce,
Giudici al bel del gioco,
Culla, ferettro, e fasce,
S'un cresce, ò more, o pargoletto nascè;
Sè chiusi in sonno, ò aperti,
ò veghiate, ò dormite,
Sempre serbate esperti,
Le specie al senso vnite,
Di quanto in voi si chiudè, à quanto aprite.
Hor Pittura, hor Pittori,
Hor fabri ingeniosi,
Hor scoltura, hor scoltori,
[Page] Mille hauete nascosi,
Ombre, lumi, colori, occhi amorosi.
Qualhor pietosi al pianto
Vi soluete, à vederle
Son le lagrime in tanto,
Onde il viso s'imperle,
Liquefatti Cristai, liquide Perle.
Sè lieti vnque è sereni,
Frà le tempeste il riso
Sciogliete, Aurei baleni,
Subito al bel sorriso
Serenatele, aprite il Paradiso.
Pegno di fè bramato,
Care pupille in pace,
Vi vegga, oggetto amato,
Seggi, oue Amor si piace,
Lingua amorosa, che promette, è tace.
Iridi ruggiadose,
Di perle formatrici,
Belle Conche amorose,
Folgori d'ire vltrici,
Care d'Amor ministre, beatrici.
S'Amor foss'egli morto,
La gioia incenerita,
E'sepolto il Conforto,
La Dolcezza smarrita,
Porreste à vn sguardo sol tornargli in vita.
Che voi stessi d'Amore
Arco, faretra, è strali,
Sete, d'onde à tutt'hore,
[Page] Ministrate à mortali,
Ditel mortali voi, colpi fatali.
Voi vniche di Dio
Ʋere imagini, é degne,
Propitie al desir mio,
Hoggi il mio cor vi segne,
Ed in voi sole fortunato eiregne.
Occhi, lu [...]i, non sono
A' voi (pace vi sia)
Le ledi, ch'io vi dono,
Sè non quanto in LVCIA,
Voi sete il sol, la tramontana mia.
Tal mai n'adombri, ò oscuri
Infausta nube, tale
Ʋi serba eterno puri
Il Ciel, é d'immortale
Lume é volo, v'allumi, è npenna l'ale.
Canzon sè debil forse,
Temi la luce, a leitenton t'inuia,
Luce haue, luce dona, ella è LVCIA.

SONETTO PARALELLO.
Per la Medesima.

LVCE, che luce hai nome, è sei Lucia,
Lucia, che Lucia hai nome, è sei la luce,
In mè qual più di voi risplende, è luce,
O' tu che luce, ò tù che sei Lucia:
Mà se luce non è, che oue è Lucia,
S'hà Lucia sol, vera, è perfetta luce,
ò cara à gl'occhi miei lucida luce,
ò bella à gli occhi tuoi luce ò Lucia.
Felice tè mio cor, s'à tanta luce,
Fiè che chiara ti scorga vnque Lucia,
Io non inuidio o Sole in te la luce;
Che transformato, à cantar di Lucia
Ʋedrammi il mondo, di nouella luce,
Tutto luce apparir, tutto Lucia.

Per la Medesima.

LVcia, la fama, che del nome vostro
Chiara risuona, vniuersal si spande,
Ben vi rimonstra ouunque il grido mande,
Gloria, Decoro, Honor, del secol nostro;
Di sauer, di virtù sola ogni inchiostro
Vincete, in cui viè più sublime, è grande,
Prisco, è nouo valor si desta, è ngrande,
Sola degna regnar, sol degna d'ostro.
Taccino hor le Camille, ò sè più degna
Altranè fù, cui desse il Ciel in sorte,
Far se stessa immortale, altri illustrare;
Che al suo non pur, al'altrui mondo appare
Luce, luce à se stessa, è oue ella regna
Sol basta à dir, ch'ella è LVCIA BEDFORTE.

Per la Medesima.

NAcque ella in terra, ò pur dal Ciel discese
Là tua luce ò Lucia, onde si chiara
A' noi riluci? è si gradita, è cera,
Ci scaldi, è nsiammi, è doue dì s'accese?
Forse dal sol lassù, d'onde ella apprest [...]
Col Sole à par raggivibrar à gara?
O' dal'Angel primier d'ond'ella impara
Luce apportar Lucifera cortese?
Dal foco forse? ò quella onde Natura
Dale tenebre appar distinta, è bella?
O' da lui, che d'ogni altra-luce è luce?
Questo cred'io; chesì perfetta, è pura,
Luc [...]r non può, luce quaggiù nouella,
Se Diuina non è tanto non luce.

Varietà di lingue possedute da la detta SIGNORA.

DEla Tosca fauella, è dela Franca
Pregio, fregio, ornamento, è dela vostra
Sola Luce, è splendor, in cui s'inostra,
Lucia à lodarui ogni altra lingua manca;
Che se la vostra sola, è mai si stanca
Forte al bel dir, al vario dir si monstra,
Tace, amutisce, [...]d'hà raggion la nostra,
Non hà à la destra pari oprar la manca.
Pur ammirar mi lice, è dir tacendo
O' lingua in cui, sol senza cangiar loco
E' mille lingue, è mille voci intendo;
Protheo certo sè tù, ch'a poco, à poco,
Ti varij, è muti, ò se bene io comprendo,
Quella, che già dal Ciel discese in foco.

Essalta la liberalità dela detta SIGNORA.

TAgo gentil, che di più lucid'ore
Biondeggia eterno le pretiose arene';
Indico monte, che le ricche vene
Apra perpetuo, alturi d'aureo Teforo:
Gioue nouel, che dal Celeste Choro,
Fà nela pioggia, altrui l'aure serene;
Pietoso Enea, cui di piet à ripiene
Le mani, à corre ì ricchirami foro:
Tale, è più larga, prodiga Reale,
La Mecenate man, cortese intende,
Pioue, versa, diffonde, oue altri goda:
Ahi perche pari à quel d'Arcadia, ò tale
Virtù non hà? che degna d'altra loda
Al'altrui prò, sol fie ch'ella si stende.

Per la Medesima.

VOi, che l' Tamige Musici canori,
Anzi Pindo illustrate al vostro canto,
E' tù' che l' Mincio, gran Cigno di Manto,
Meco cantate i più gloriosi Honori;
l'alto splendor, la Maestà, gli Amori,
Dela Beltà, che l' Ciel fregiolle il manto,
Gli occhi, il seno, la chioma, il viso santo,
La man, la lingua onde impriggiona i cori;
Tutte forme mortal, che nel esterno
Oranno il bel del suo Diuin sembiante,
Hor qual fie l'immortal, qual fie l'interno;
Ʋalor, Senno, Honest à virtudi tante
Che in se stessa possiede ammiro, è scerno,
Ch'ìo per mè di Pittor, son fàtto Amante.

Per la Medesima.

CHi disse sesso imbelle,
Fragila la Donna, debole, impotente,
O' Honor, ò Amor non sente;
Miri in voi sola, è chiaro,
Del Donesco valor compendio raro,
Che sè i più forti soggiogate, è vinti
Tenete i cori auuinti;
Chi non v'ammira è scopre,
BENFORTE al Nome è bella, e Forte all'opre.

A' GIACOMO Primo Rè, dela Gran. Brettagna.

GRan Rè, sol Rè di lei, che in giro, in tondo,
Grande, è sola s'ammira, e in Ciel s'honora;
Rè, il cui scettro, il cui Regno in forse ancora,
Fra la penna, è la spada, indubbia il mondo;
Successe al Padre, all'honorato pondo,
Più che guerrier, pacifico, (talhora
Preuale al forte il sauio, è lo valora)
Lui, che pari non hebbe indi, ò secondo.
Hor se forte in te stesso, al par di quelli
Saggio ti ci diè il Ciel, celeste dono,
Sè giusto, è solo, è Pacifico regni;
Se beati i Pacifici à te sono,
S'opri insegnando, ed'operando insegni,
Salomon pria, poi Giacomo vn t'appelli.

Al MEDESIMO.
In Persona propria.

MOssa dà illustre è generosa brama,
Ʋenne da i sabei lidi alta Regina,
Sol per veder, sol per vdir vicina,
Del gran Rè Salomon l'altera fama;
Io, cui non minor grido hoggi richiama
Curioso a tè, di te l'alta, è Diuina
Maestade, è sauer, che l' mondo in china,
Veggio, odo, ammiro, è l' cor ne gode, ed'ama;
Et ecco più che Salomone è questo;
Cesse egli al vero, al giusto culto è santo,
Idolatra infedel, dubio in salute;
Questi dal dritto mai vien che si mute,
Ʋero, fedel Adorator, per tanto,
Sicuro in Ciel ei fie translato, è inesto.

Sopra la Reale Diuisa, & ARMA. ‘Dieu & mon droit.’
Al medesimo.

DIo, e l' mio Dritto, il Dritto mio, e Dio,
Nè soura se, nè pari in terra ò eguale,
Virtù conosce, ò Potestà mortale,
Independente altronde il scettro mio;
Quale ei dal Ciel, d'onde per gratia vscio,
Libero, e sciolto in Maestà Reale,
Libero, e sciolto ei regna, e regna tale
Che in vane altri sù lui moue l' desio:
Folle inuentar sù la Diuina lege
D'vsurpatrice ambition humana;
Sottrar al corpo il spirto in Ciel legati;
Come l'vn senza l'altro ei guida, e rege,
Come fussero à parte ambo formati,
Come sià l' Rè di Dio sol ombravana.

La Rosa Coronata.
Al Medesimo.

COronata de siori, alta Regina,
Rosa riso d'Amor, Pompa di Flora,
Porpora de giardin, fregio d'Aurora,
Fior de fior, don del Giel, fiorita spina;
Gemma d'Aprile, stella mattutina,
Figlia del sol, cui il sol inostra, è ndora,
Pregio di Dama, oue di te s' infiora
Bionda il crin, bianca il sen, la bocca fina.
Real Diuisa, è parto di Natura,
Dele Gratie, è d'Amor ghirlanda, è fregi,
Dele Ninfe, è Pastor delitia è cura;
O' come ben del tuo signor i fregi,
In te stessa somigli, è imiti pura;
Tù Regina de fiori, ei Rè de Regi.

Per L'ordine dela legaccia. ‘Ony soit, qui mal y pense.’
Al medesimo.

ARmi altri il collo, il braccio, armi altri il petto
Fregio Reale, di Real Diuisa,
Serua suo stile ognun, s' armi à sua guisa,
Arm'io la gamba, e tal'e mio diletto;
E' sia chi mal vi pensa maledetto,
Fie d'Amor. sie d'Honor questa indiuisa,
Sourana impresa al mondo, in Ciel arrisa,
Di Real Gloria, è Honor ampio ricetto.
La causò Amor, in ballo ei la produsse,
Regia man la formò, Honor la strense,
Trino legame, indissolubil nodo;
Fortuna à caso, à studio la condusse,
Di lei m'orno, mi lego, in lei mi godo,
Giusto pure Ony soit qui mal y pense.

Per l'Impresa del medesimo Regem Ioua protegit.
Alludendo à le congiure, tramate, e scoperte contro la sua persona Reale.

L'Empio Re'd'Israel, poiche hebbe à voto,
Fatto à perder il buon figliuol d'Isai,
Nè i propri agguati, onde altrui morte, è guai
Cercaua, ei cesse, è cadde vinto immoto;
Che in darno s'arma incontro à chi Deuoto
Protege il Ciel, human poter, è lai
Procura in vano altrui, se i diuin rai
Il scorgon lieto, è gli dan vita, è moto.
A' che più con tant'arti, è frodi o empi
Mortali, incontro al vostro Rè migliore,
Sè lo protege IOVA è n' mano il tiene;
Ʋagliaui, vaglia homai di tanti scempi;
Spesso con maggior forza il giocatore
Palla percossa, à ripercoter viene.

Mina sotterranea, Interpresa è congiura di poluere contro la Persona Reale, & altri del Regno.
Al Medesimo.

NE più cruda, ò più fiera, ardita vltrice,
Fù d'Ilio a i danni, à ncenerir intenta
Fiamma Guerriera, per cui cadde spenta
La friggia tutta vedoua infelice;
Quanto questa, cui perfida nutrice
Barbara infernal furia il corso allenta,
(Sacrilega congiura, empia) che tenta
Troncar lo stame al miglior Rè felice.
Mà come ei fù d'oglio fatale inonto,
Cui fatal cede ogni ria fiamma, è foco,
Non prese, estinse, è risopita giacque;
Sì torre al foco la virtù sipiacque
Il Ciel, à prò dè tre fanciulli; à ponto
Oue arde altrui, la Salamandra hà gioco.

La mia Grandezza dal'Eccelso.
‘De Excelso erudiuit me.’ SAP. 3.
A' la Maestà dela serenissima Regina Anna dela gran Brettagna.
ODA.

NON perche Eccelsanata, Eccelsa io viua,
Non perche Eccelsa, è degna,
Eccelso il Nome, il cor, la Mente io regna,
Non perche Grande, è Diua,
Grande, od Eccelsa io sono,
La mia Grandezza hò dal Eccelso in Dono,
Eccelso ei solo, dal Eccelso Grande
Ordinata, erudita,
Miformò, mi produsse, è diede in vita,
Vita, che in lui si spande,
Quale in sè il Sol si forma,
Che ferendo se stesso, vn Sole informa.
Librata ancor ne pesi suoi non era
La Terra, nè hauea il Cielo
Steso il gemmato suo cerule o velo,
Non era il di, la sera,
Che Grande in lui viuea,
Vita ù se stesso, altri in se stesso eibea,
Tale hebbi eterno è lucido soggiorno,
Eccelsa pria che nata,
Grande anzi ch'esser, anzi che formata,
E' fùl mio Eccelso adorno,
E' fù la mia Grandezza
Qnanto d'Eccelso, è Grande in lui si prezza.
Quando à la voce Creatrice, appose
La formatrice mano,
Disse è fù fatto, è fù ripieno il vano,
Più il Ciel non si nascose,
La Terra apparue al senso,
O' d'Eccelso sauer, Poter immenso.
Inuisibile altrui, alhor si vede,
Nascosto alhor si scopre,
Qual Grande, Eccelso è in sè nele sue opre;
Sconosciuto ei si crede,
Che son di lui veraci,
La Terra, il Mar, il Ciel lingue loquaci.
Indi qual fui, qual son Grande, ed Eccelsa,
Di lui fuor mi produce,
Raggio di raggio pur, Luce di luce,
E' all'opre sue preecelsa,
Di lui viuace imago,
Lui solo imito, ed in lui sol' m'appago.
E' come in Ciel se la cornuta fronte
Cinthia argenta, ò s' indora
Stella, ò s'inostra, e si dipigne Aurora,
Qual sono al lucer pronte,
L'ostro. l'argento, è l'oro,
Tutto è del sol, che lo produce in loro.
Tale inarcarsi, è colorirsi appare
Iride ruggiadosa,
Bianchir il Giglio, rosseggiar la Rosa;
E' del bel, che ne pare,
Ei solo esser nè suole,
Color, pennello, è Miniator il sole.
Ciel, che in suo moto regolato errando,
Hor per dritto, hor per torto,
L'orto, è l'occaso, ed'hor l'occaso, è l'orto,
Scorre, girauolando,
Nè pur questa è sua cura,
Mà d'Assistente Intelligenza pura.
Scorrono i Riui, i fiumi à cento à mille,
Ricchi, fecondi, è pieni,
E' fonti, è laghipiù tranquilli, ameni,
E' di lor onde, è stille,
Dolci, serene, è fine,
E' solo il Mar fonte, Frincipio, è fine.
E' sè à vicenda con alterno mote,
Hor s'inoltra, hor s'arretra,
Ridona al Mar, ciò che dal Mar impetra
Tamige, ò scorra, ò immoto,
O' bonaccia, ò fortuna,
Guida, Duce, Mottrice hà in Ciel la Luna.
Qual per l'immenso, del ondoso Regno
Solcando, altera Naue,
Hor leggera, è veloce, hor tarda, è graue,
Al dolcissimo segno
Peruien lieta, è beata,
Lieta la spinse Aura seconda, è grata.
Chiarissimo Erithreo, carissima onda,
Che ricca in grembo accogliè,
Conche, Perle, Coralli, altere spoglie,
E' quanto più feconda
Ʋersa, feconde, è belle,
Versano in lei dal Ciel prima le stelle.
Terra, che si rinuerde, è si rinfiora,
E' frutti apporta, è fiori,
Mille odor, color mille e mille Amori;
Anno, che varia ognora,
Hor caldo, hor misto, hor gelo,
Tutto col Sol girante infonde il Cielo.
Corpo, che in sua beltà perfetto splende,
Sè l'occhio vede, e mira,
Sè mano opra, ò piè corre, ò cor respira;
S'ode, discorre, intende,
D'onde hà egli moto, è vita?
Sè non d'vn Almà informatrice vnita.
Chè s' egli auien, ch'al dipartir s'appreste,
Metamorfosi amara,
Vita, vita non se, non sè più cara,
Sensi, e membra funeste,
Gratia, è bellezze spente,
Insensibil Cadauere fetente.
In vn; quanto hai Mortal, quanto possiedi,
Sia di Natura, ò d'Arte,
Non l'hai tù altronde, nol' possiedi àparte?
Onde ti vanti? eh' vedi,
Che è tal, quante hà fecondo
Forme il Ciel, Pompe il Mare, è Palme il Mondo.
Io, perche al mio Signor humil riporgo,
Ogni suo don, Felice,
Grande, Eccelsa, sublime ognun mi dice;
Quanto m'abasso, io sorgo,
Acqua d'Aureo Canale,
Quanto descende più, tanto più sale.
Sì fui dal dì natal (chiaro oriente)
Dè Regniformatrice,
Dè Rè suor, figlia, sposa, è Genitrice,
In mè d'vna sol gente,
Vedrassi il Mondo fato,
D'vn Dio, d'un Re, sotto vna fe beato.
Nè quiui hà fin la mia Grandezza, altroue
(Tale mi serba il Giglio,
Gionto al Leone il Ciel, al sposo il figlio)
Ʋie più s'ingrande, è moue,
E' oue più Grande sia.
Perche venne dal ciel, al Ciel s'inuia.
Tramonta il Sol, è n'Oriente poi,
A' riportarne il giorno
Fà dàgli Occasi suoi tosto ritorno,
Gira, e nè giri suoi,
Pur torna al natio loco
Il Ciel, l'Aria, la Terra, è l'A'cqua, è l' foco.
Nono Meandro, che nel proprio corsò,
Dà se parte, e partito,
Sè stesso incontra, & asè riede vnito;
Serpe, il cui proprio mor so
In giro espresso, a ponto,
Il Capo al fine, il fine al Capo hà gionte.
Di Dio, dell'opre sue, tal' ricca, è sola,
Compendio numeroso,
In lui, fuor di lui Grande, Glorioso
A' lui qualhor mi vola;
Giusto pur io m'appono,
La mia Grandezza hò dal Eccelso in Dono,
Canzon humil tù sei,
Nè però temer dei Regia Grandezza
Accor gli humili ella si vanta è prezza.

L'Anno dela serenissima, Regina ANNA.
Alla Medesima.

ANNA che ben dal' ANNO il nome alterno,
E' ben dal ANNO ogni costume hai tolto,
Mentre à noi rendi, in te serbir accolto,
Estate, Autonno, Primauera, è verno;
Chè s'hai perpetuo in vn (prodigio eterno)
Foco al cor, Giaccio al sen, fior, frutti al volto,
Bella in virtù, Casta in Amor, accolto
April, Luglio, Genat, Settembre i scerno.
Mà s'a noiforma al suo girar il Cielo
L' ANNO, è l' distingue al suo variar il sole,
Certo vn bel Ciel t'ammiro vn sol t'adoro;
Ʋn Ciel di Gratia, vn sol di Gloria è in loro,
Al Nome tuo, che l' mondo osserua, è cole,
Ʋn bel ANNO Real consacro, è incielo.

Giuditio di PARIDE.

SCiogli Pastore il Done,
Ecco in ANNA le trè vinte hoggi sono;
Ʋener, Pdlla, è Giunone,
Cedon perdenti lor pregie Corone,
Chè più di loro è quella,
Casta, virtuosa, e Bella.

IL ZEVSI.

ZEVSI, se vago sei,
Formar d'Helena il bel, pingi costei,
Pingi vn Alma Reale,
Ʋn cor di foco, vn Diuin Spirto, è tale,
Non hebbe Croto, il sai
Talvitù, tal Beltà, tal Pregi, mai
Pingi vn Dio parte, à parte,
Pingi Natura, ed'Arte,
Ch'a formarla virtuosa, e Bella, e Pura,
Tutto il bel, tutto il bene hebbero in cura.

La Serenissima Regina ANNA.
Alla medesima.

GRan Donna, anzi gran Dono, anzi gran Diua,
D'Augusti, e Semidei sol gloriosa,
Augusta Figlia, Suor, e Madre, e Sposa,
Degna ch'Omero sol ti canti, e scriua;
Più non fia che si vante e tal s'ascriua,
Penelope Reale, e Maestosa,
Che n' tè l' Padre non sol', (stirpe pomposa)
Rè, il Figlio, il Sposo, ed'il Fratel' s'auiua.
Tal di te stessa, in te medesma intorno,
Nè pur il Mondo, il Ciel stupisce, e intuona,
O' Donna senza par, Sole, ò Fenice.
E' tù, sè tanto pur mia Musa lice,
Stupisci, e canta, e fà che sol risuona,
Che è sola ANNA al'andar ANNA al ritorno.

PREGI PARALELLI.
Alla Medesima.

HAi d'Ori ANNA i pregi,
Hai d'Ari ANNA i fregi,
D'ambe termine, fin, perfettione,
Diadema, Corone,
Che s' à l'vna gli Am Ori,
Furo, al'altra gl'Alt ari,
Scorte, e Duci del pari;
Non men sè tù sour' ANNA
Sù gli Altari ANNA, & à gli Amori ANNA.

Al Prencipe CARLO dela Gran. Brettagna.

DI gran Padre, gran Figlio, e Successore,
Herede degno, Imitator più degno,
Del Mondo, e Regno tuo speme, e sostegno,
Simulacro di Gloria, Arco d'Honore;
Già trema al Nome tuo, al tuo valore,
Babel' superba, à Dio rebelle, e n' segno
Di vinta, offre le Chiaui vnico pegno,
Già assale il Drago, e l'Aquila, l'horrore.
Ʋiui, t'auanzi, e l'honorato, e giusto
Grido nutrisci, oue ti scorge il Cielo,
Oue t'affida l' cor, t'ambisce il mondo;
Carco di Palme, di Trofei fecondo,
Emulo al Gran Macedone, al lui zelo,
Fie vn Polo, e l'altro à tè termine angusto.

‘ICH. DIEN.’ Impresa, e Diuisa del sudetto Prencipe.
A' lui Medesimo.

IO seruo, e l' mio seruir è Signoria,
Dolce seruaggio, oue chi serue rege,
Oue è l' seruitio elettion, non lege,
Libero il seruo, e libertate cria;
Tal è l'Impresa, e la Diuisa mia,
Gran' Prence, Figlio di Gran Padre, e Rege;
E' quelle Penne, ond'è ch'io tal mi prege,
Monstran' qual nel seruir Gloria mi fia.
Regio Cimiere, alto pennuto arnese,
Che humile al'Aura, cede, e serue, e nchina,
Spesso poi vincitor trionfà, eregna;
Tal mi deta vna Palma, tal m'apprese,
Che inclinata risorge; tal Diuina
Lege, che chi s'humilia essalta, e degna.

Prosopopea del Prencipe HENRICO.
Al FRATELLO.

PRencipe CARLO, tal milice, e gioua,
Teco hor parlar, affissa pur l'imago,
Del Heredità tua Nontio presago,
HENRICO io son, odi, è l' mio dir ti moua;
Ʋè questo cor, vè queste mani à proua
Del ardir, del valor, vè l' Capo Mago
A' la virtù, al sauer, s'vnque fù pago,
Tentar, prouar, Impresa vecchia, è noua.
Freschi vestigi ancor nè sèrba il Mare
Armato, armato il Mondo, il Ciel la fama;
Dè quali io m'apprestai trionfo, e palma;
Quando à la tema d'esser vinta, l'alma
Morte mi tolse; Hor tù vendetta brama;
Sì disse il Prence, indi sù in Ciel dispare.

Al Signor Arciuescouo di Cantuaria, Primate dela Gran. BRETTAGNA.

SErenissima Luce, alma del Mondo,
Sale à condir ogni sciapita terra,
Città sù l' monte, Chiaue, ch'apre, e serra,
Lampa d'Amor, Lance di giusto pondo;
Tuono del verbo, Tromba, Angel giocondo
Del testamento, Scorta che mai erra,
Spada, e Lancia, che l'Hoste abbate, è atterra,
Scala del Ciel, Fulmine del profondo.
Fonte di senno, e d'eloquentia Fiume,
Ʋoce gridante nel deserto, viua
Ʋera Imago di Dio, celeste lume;
Gallo, che di suegliarne hai per costume,
Fiamma, che l' morto cor riscalda, e auiua,
Sei tù sacro Pastor, mio vero Nume.

Al Signor Gran Cancelliere dela Gran BRETTAGNA.

TV che sceso dal Ciel nouella Astrea,
Dai legial Mondo, en' giusta lance appeso
Sciogli, e leghi, e qual dianzi esser solea,
Pur d'oro il secol nostro hoggi n'haireso;
Innocentia, Pietà, Giustitia, acceso
Zelo, fe Pace, Religion, che bea,
Son le Ministre tue, nè quali inteso
Gode l'homo mortal, qual già godea.
E' bene hà il Ciel di che inuidiare, e bene
Di che gloriarsi il mondo, (Ecco vicenda)
Priuo quelli di tè, possessor questi;
Fermi Fortuna pur, è l' corso aresti
Alla rota volante, e l' giro fenda;
(O' nostro bel desir, ò nostra speme.)

Per le Dame d'Inghilterra. Alla Signora Contessa d'Arby 'EGERTONA.

CIeli cortest e fortunati aspetti
D'astri benigni, e pieni di dolcezza,
Leggiadri influssi di Gratia, e vaghezza,
Padri d'Amor, e d'amorosi affetti;
Dà qual di voi sì cari, e larghi effetti,
Piouer si veggon quiui, v' di bellezza
Donne non son, oue vn l'adora, e prezza,
Angele, e Dee, e son Diuini oggetti?
Mà s'han nel portamento il Mobil primo,
L'Empireo nel'amar, il Sol nel crine,
Nel viso il Cristallin, venere in bocca;
Nelli occhi il Firmamento, onde Amor scocca,
La Luna in fronte, Alba le guancie fine,
Tutti à gara influite, il sommo, e l'imo.

Al Signor Duca di LENOX.

DEl'antico valor, e del moderno,
Simulacro Diuin, Tipo verace
Del Honor, dela Gloria, in Guerra, in Pace,
Chiaro, e famoso ognor di Pregio eterno;
E' sol, frà quanti mai al Ciel superno
D'immortal lode degni, il Nome audace
Spiegaro, il vostro odo pregiar, qual Face,
Qual Sol, che in Ciel riluce estate, e verno.
Indi, digioia, e di stupor commosso,
Mentre v'ammiro, ahiperche non hò l' Vanto.
Di Marone, ò d'Orpheo la lira, e l' pletro;
Mà sè m'è scarso il Ciel, e non impetro
Quanto chiede il desir, quanto più posso,
LODOVI COL pensier, sè non col canto.

Al Signor Conte di Suffolke Gran Tesoriere.

DE Tesori del Ciel, che l' Ciel'auaro,
Sì rado altrui comparte, e scarso dona,
Tesorier fortunato, ahi qual Corona
Nè porti tù, le stelle tè n'ornaro;
Gloria, Virtute, Honor, ò sè più raro
Pregio nutrisce Apollo in Helicona,
O' sia pregio di Palla, ò di Bellona,
Stimi Tesori, en'hai la palma al paro.
Non quel, che del'auara gente, e folle,
Idol risplende, sacra fame antica,
Che l' cor mai satia, e mai porta salute;
Nouo Mida, altro cibo ti nutrica;
Qualhor auien, che la man stenda, e estolle,
Quanto opri, e tocchi, in tè tutto è virtute.

Al Signor Conte di Pembroke Gran Cameriere.

TƲ che co Chiaue d'oro il più pregiato,
Il piu ricco Tesor chiudi, e disserri,
Tesor, cui pariò Ciel non chiudi, o serri,
Tesor, cui pari al mondo vnque fù nato;
E' il Tesoro il tuo Rè sacro, e beato,
Padre, e Dattor d'alti Tesor, nè erri,
Sè chiuder pensi in què dorati ferri,
Danae nouella vn Gioue transsormato:
O' pur col' buon Troian [...] col' Drago moro
Gli Horti incantati, i rami aurei fatali
Custodi, e vegli; ah no con maggior lode,
Altra gioia, altro bene, altro Tesoro
Serbi, hoggi fatto, (ò tuoi pregi immortali)
Del terren Paradiso Angel custode.

Alla Signora Contessa di PEMBROKE.

LAlta beltà, quella beltà celeste,
Di cui prodigo il Ciel Donna vi cinse,
Quella è, che quando hor quelle forme, hor queste
Scegliendo, in vn poscia raccolse, e strinse;
Dico del Mar, che come in Mar restrinse
Del'Acque l'infinito, e hor tarde, hor preste
Moto le diè, simil in voi dipinse,
D'ogni ben, d'ogni don Marina veste:
Mare el chiamò Congregattione d'acque,
MARIA chiamò congregation di Gratie,
Di Beltà, di virtù, di Gloria, e Honore,
Tale trà voi conformit à si piacque
Donarui Amor, oue eisi goda, e spatie,
O' bello, ò degno paralello Amore.

Al Signor Grande Ammirag­lio, dela Gran Brettagna.

O Del gran Mar d'Honor, più che non sei
Di quest ampio Ocean, Grande Ammiraglio,
Sole di vera Gloria, in cui m'abbaglio,
Pur nauigar, e pur mirar vorrei;
Tù scorgi il legno mio, i desir miei
Seconda, e guida, oue per mè non vaglio,
Qual sei d'ogni virtù scopo, e berzaglio,
Men' loco à la piet à denegar dei.
Chi sa se scorto dà si nobil guida
Felice Nuotator solcar sicuro,
Sicuro il Porto entrar fie ch'io m'affida?
Sò ben, che sè mi sei Orsa, ed Arturo,
Nel Mar dele tue lodi, oue m'arrida
L'Aura, sarò io Thisi, e Palinuro.

Alli Signori Conte, è Contessa d'Arondel' nol loro viaggio di Spagna.

AMor, quando fù mai, che di te stesso
Emulo fatto, al'vltima d'Amore
Transformatrice proua, vn Alma, e vn Core,
Di due Alme, e duo Cor facessi eccesso?
Eccone vero, e viuo Tipo espresso,
Qual d'Aretusa, e Alfeo, cui pari ardore
Ʋnisce, e strigne, e pari Gloria, e Honore,
Slega, e disgiugne, e riunisce appresso:
L'vn saggio, e forte, e l'altra Casta, e Bella.
Amante l'uno, Amante l'altra, alpari
Di fama, e di virtù sposi zelanti;
Tal gli vide il German, l'Italo, e rari
L'lbero, e l' Franco in vn gli ammira, e appella,
Beati vicendeuoli, e beanti.

Al Signor Conte di MONGOMERY.

SI potess'io col mio negletto stile,
Del tuo Monte poggiando al giogo altero,
Stampar nel glorioso, almo sentiero,
Orma, che à l'orme tue fosse simile;
Come chiaro d'Honor, splendi gentile
Signor, trà i più famosi vnico, e vero,
Di valor, di virtute Astro primero,
Cui cede ogni altro tenebroso, e vile.
Vedrassi al nome tuo, all'opre, à i tuoi
Parti, e pregi illustrato il Mondo, e chiaro,
Di spoglie Ricco, e auenturosi Heroi;
Simile al Padre dico, amato, e caro,
Splenderà il Figlio, all Indo, à i lidi Eoi,
Ricco d'immortal fama, Herede raro.

Alla Signora Contessa MONGOMERY.

LA Bella Hebrea, ch'à i duo canuti amanti
Esca fù gia d'Amor, focil di doglia,
Montre casta, e pietosa en humil voglia,
Sciolse supplice al Ciel le voci, e i pianti;
E' forte à i preghi lor, sorda à gli incanti,
Poiche stretta al martir offre la spoglia,
(Giusto voler di Dio) vien che la scioglia
Angel dal Ciel, e lega i vecchi erranti;
SVSANA di lei Bella non meno,
Casta non men, non men pietosa, quali
Ahi quanti ardon per tè la mente, e l' seno;
Mà sacro ardor, di colpi, e armi fatali
Armato Angel d'Honor, di zel ripieno,
Ti guarda ognor, ti copre ognor con l'ali.

Nel Parto Maschio di detta SIGNORA.
Alla medesima.
ODA.

PVr dopo longhi, e spessi
Giri, è rigiri, ò Cielo,
Fermo nè giri stessi
Il gran Cursor di Delo,
A' la Donna Real, ch'egliama, e cole,
Sgraua hoggi il sen di generosa Prole.
E' qual sè stanco, e lasso,
A' pro del Duce Hebreo,
Fermò il piè, frenò il passo,
E' vittoriso il feo,
Immoto ammira, mà però giocondò,
Che nascer vede vn altro Sole al mondo.
Sol Germano di Luce,
Luce siglia del Alba,
Alba al Dì noncia, e Duce,
Che l' Dì n'adduce, e inalba,
Cara, d'Amor, più bella merauiglia,
Ʋè la Madre, ecco il Figlio, ecco la Figlia.
Hor s' apprestino in tanto
Regie, è degne Nutrici,
[Page] E' preste à i balli, al canto,
Le Ninfe, e Muse altrici,
Tessan, sparghin fiorite, & amorose,
Fasce d'or, Cuna d'or, viole, e Rose.
Amoretti cortesi,
E' tù del Dì nascente
Ʋezzosà Aurora, accesi
Lumi, stagion ridente,
Rendete al nato infante il dritto honore,
Non nasce di Ciprigna altrich'Amore.
Bellicosi Guerrieri
Numi Martiali, à gara
L'Armi, i scettri, gli Imperi,
Gli apprestate. onde impara
Vincer, regnar eccol nato frà mille,
Qual di Theti, e Peleo già nacque Achile.
E' ben vedr à di corto
La pargoletta Mano
Chiara, l'occaso, e l'orto,
(Ardir, valor sourano)
Trattar l'hasta, e la spada vn nouo Alcide,
Che gli Hosti atterra, ed'i Nemici aucide.
Nè fie l' valor, l'ardine,
Senza spron, senza lege,
Nè sie l'entrar, l'vscire
Senza fren, senza Rege,
Mà le dar à Minerua al caro figlio,
Sauer maturo, e prouido consiglio,
Così vittoriso,
Dala Penna, à la spada,
[Page] Saprira glorioso,
Ampio sentiero, e strada
A' le Corone, ò sian d'Alloro, o'd'oro,
Di virtù, del valor premio, e Tesoro
Egià di veder parmi,
Che di rigido acciaro
Cinto, e coperto s'armi
E' de Cesarial paro,
Ʋincitor Trionfante, in Campidoglio
Drizzi il Carro, erga il scettro, è pianti il soglio.
Soglio, v' chiaro non meno,
Che in guerra, in Pace assiso,
D'alto sauer ripieno
Dal valor indiuiso,
Nouo Goffredo, altro Licurgo intenti,
Dar leggi al Mondo, ammaestrar le Genti.
Secol, secol felice,
Non piu secol di ferro,
Ma secol d'or mi lice
Chiamarti hoggi, e non erro,
Ecco nouello Augusto, al cui natale,
Fie d'oro il ferro, il Mondo, al Ciel eguale.
Voi fortunati, Ʋoi
Dital parto fecondi
Padre, e Madre, nè suoi
I vostri pregi infondi
Certese i Ciel, & in voi tale ei viue
Nestor Felice, oue al Ciel poggia, e arriue.
Cresci pur, Cresciò bello,
Pargolettto gentile,
[Page] Heroe, Campion nouello
Già dal nascente Aprile,
De, tuoi grandi Aui imitator ben degno,
Del tuo sangue, e Patria speme è sostegno.
Canzon se impetrar vuoi
A' lui nè và, mentre è fasciato Infante,
Tosto armato il vedrai farsi Gigante.

Nel solenne Battesimo di detto INFANTE.

DAl Ciel nascesti al mondo,
Dal mondo al Cielrinasci,
E' l' Mondo, l' Ciel nè tuoi Natali pasci;
Pasci il Mondo di gioia,
Nato Real, di Real Padre, e Degno,
Pasci il Cielo di gloria,
Rinato Rè, di Padre Rè fecondo;
Fortunato Fanciullo vnico pegno
Di qual più chiara, e degna alta vittoria;
Sè tal ti monstri Insante,
Hor che farai Gigante.

Al Signor Conte di SOVTHAMPTON.

QVando vago d'Honor, pel mondo errante
Peregrino Corrier, te, di te stesso
Porto il desio, scorse la fama spesso
Cupido spettator, curioso Amante;
Fermo al'altere merauiglie, e tante,
Stupisce ognuno, e frà duo mondi messo
Arresta il pregio, e qual preuaglia, in esso,
Non sà, l'immoto, ò l' tuo viuo, e spirante:
Ʋn Mondo sei, del mondo anima, e vita,
Moto al immoto, al insensato senso,
Luce, espirito in vn al Cieco, e morto;
Hor qual ei fie, s'è di tè prino, e corto?
Quale al tuo lume egli risplende accenso,
Cadauere dà lui sè fai partita.

Al Signor Conte di SALISBVRIE, nel suo viaggio à Venetia.

TƲche l' Tamige, oue alternante l'onda
Lunata bagna, la più nobil Reggia,
Pianta produsse, indi translata egreggia,
Crescer tivide d'Adria la sponda;
E' sempre verde, e fresca, e ognor feconda
Di fiori, e frutti, onde, altra in van garreggia,
Oue i tuoi pregi, e vanti ella pareggia,
Oue sol l'ombra tua segua, ò seconda:
Lò saue Italia, e Franciae, e ben lo saue
Europa tutta, emulatrice esperta,
Mà spiegò in darno vela altera Naue.
Che à seguirti, à imitarti è solo aperta
A' te la strada, à te solo è soaue
Emular te medesmo, altrui troppo erta.

Alla Signora Contessa di Salisburiè.

BElla siamma d'Amor, raggio lucente
Di Celeste Beltàte, vnico e puro
Sole d'Honor, che l' secol nostro oscuro
Illvstrï, en' fiammi, luminoso, ardente;
Ecco à tuoi lampi, onde arde, onde cocente
Sinnamora quaggiù quale più duro
Rigido Cor, mio stil gelato Arturo,
Pur s'accende, e s'infiora April ridente:
E' qual suo Nume in terra, Idolo eletto,
Mentre deuoto vien ti canti, e adore,
Forma suo canto vn Ciel, vn tempio il petto;
Quincitacito in sè nel sol splendore
De le tue lodi ingombro, il tien ristretto,
Riuerentia, stupor, Maestà Honore.

Alli Signori Conte Darsey e suo FRATELLO.

GEmelli in Terra, indi fratelli in Cielo,
D'vn bel fraterno Amor vnico essempio,
Splendono vniti nel stellato Tempio,
Castor, Pulluce, e fanno inuidia à Delo;
Ne men famosi, ò di men chiaro zelo
Questi, che l' mondo ammira altero seempio
Ala pallida Inuidia, ond'io riempio
Le Carte al Nome, à i pregi di lor stelo,
Quelli del armi honor, d'Heroi gran pregio,
Questi vanto di Marte, honor de Regi,
O' di gemina gloria eguale fregio;
Quelli di luce il Ciel, e de lor pregi
Ornaro, ornano questi il mondo, i vegio
Gemino Sole al Mondo, illustri, egregi.

Alla Signora Contessa de HVNTINGTON.

HEbber di pregio, e vanto alta contesa
E mule già frà lor le belle Dee,
Spettatrici nè fur le piagge Idee,
Giudice lui, per cui fù Troia accesa;
Vero è che siui à proua vnque discesa
Foste voi Donna, à le Celesti Idee,
D'Honor, senno, beltà, che l' Ciel vi diee,
Lite non fosse, ò vinta ognuna, e resa;
Tanto i lor pregi, il vostro pregio eccede,
Quanto con maggior lode, e gloria in voi
Sola, son quelle trè d'accordo vnite;
Spettacol caro al Mondo, al Ciel, à noi;
Foss'io Paride al par, (degna mercede)
Foran le liti loro in voi finite.

Al Signor BARONE BORLEY.

DE Vostri Honori ond'è men chiaro il Sole,
De pregi vostri ond'è mèn ricco il Mare,
Tento arrichir Signor cerco illustrare
Quel stil, che solo altrui eternar puole!
Mà come Aquila pur ch'affissar suole,
Del Sole i rai, mentre a voi penso alzare
Col' volo ilsguardo a le più ardenti e chiare
Fiamme, spennatae, cieca egra si duole.
Che ben mal può di non mortali Honori.
Occhio, Penna mortal Augelpalustre,
Reger il lume sostener gliardori;
Sien le vostre opre donque, il Nome illustre,
I vostri vantie sol vi cantie adori,
Nel Silentio e stupor, il cor industre.

Al Signor BARONE KNOLLES.

SPINTO, dal bel desir mirabil'esca,
Onde l'alletta e trahe Regia Ʋirtude,
Sentendo quel, che l'uostro Petto chiud e
Mou'io lo Penna, Amor l'impenna eadesca:
E gionto la doue men uien che cresca
Ʋostro merto, evalor di pregio ignude
Mie parti esser mifan perche m'esclude,
E del vostro fauor degno io non esca.
Mà come soura ogni altro a voi concesse
La Palma il ciel, e soura ogni altro cbiara
Vostra Fama risuona e illustre appare;
Chi giugner tenta, o a voi suo stil eresse,
Tutto ch'Apollo il scorga, e lo rischiara,
Ben ammirar vi può, non agguagliare.

Al Signor VISCONTE di L'ISLE.

LA Fatal Fiamma, il Fuoco onde altridisse
Inuisibile Amor visibilmente,
Altri ardendo infiammar onde souente
Glorioso immortale al mondo visse;
Tali ardor tali incendi ei mosse e fisse,
D'alte virtu nela tua nobil mente,
Che d'ignobil ardor fiamma non sente,
E ala Fama, e al Honor meta prescrisse.
Qvinci s'auien che pari ardor alletti
Altri in giungendo a tè suo corso affrena,
E l' passo e l' varco Amor glichiude e vieta;
Che l' Ciel amante, e colmo di diletti,
Colmado tè d'incomparabil lena,
Ʋi stampó Non plus vltra vltima meta.

Al Signor VISCONTE Georgio Villers.

TI vide ognuno al tuo primo Oriente,
Coronato dirai di fiamme adorno,
Nouello Sole giouinetto intorno,
Lvce al pari vibrar, splender lucente;
Hor che verso l' Zenith degno Ascendente
Ti porta, onde già a pien ne formi il giorno,
Hai Orizonte il Cielo, e con lor scorno,
Ogni luce abbarbagli, ardi ogni mente.
Già veggio il mondo tutto, il Ciel ne tuoi
Raggiallumarsi, Orientale e chiaro
L'Indo insieme apparir co i Lidi Eoi;
Tale ti rende il tuo ualor piú raro
Sole di gloria, Honor de sommi Heroi,
Che ognor riluci, e mai tramonti auaro.

Al Signor BARONE ROOS. Ambasciatore in Spagna.

ROSSI; del tuo rossor tinta, e vermiglia
Già appar la Spagna, al cui Nome, e valore,
L'Italia mia vien che s'inostri, e infiore,
La Francia mia, vien che si dori, engiglia;
Ʋidero à gara, e con par merauiglia,
La tua virtù, la gloria tua, l'Honore,
E' dela lingua lor pregio, e splendore,
Ciascuna tù, te ciascuna somiglia;
Quinci caro al tuo Rege, al Rege Ibero
Nè più verdi anni tuoi, chiaro, e facondo,
T'apri nouel Mercurio, ampio sentiero;
Sentiero, in cui dritto à più nobil pondo,
Degno di scettro, di Corona, e Impero,
T'inuia il Ciel, t'auguro io, ti scorge il mondo.

Al Signor BARONE d'AVBEGNY.

O Del Gallico in vno, e del Britanno
Sangue, e seme più chiaro, inclito figlio,
Del cui Nome, e valor il Leo, e' l' Giglio,
Doratial paro, ed'illustrati vanno;
Già più temer non dei d'empio Tiranno
Il velenoso dente, il fiero artiglio,
Che l'opre tue magnanime, e l' consiglio,
Fama immortal, immortal lode fanno;
Ʋè quali al suon de più sonori accenti,
Ne spira al'aurea tromba eterno il grido,
E'seco il Ciel, la terra, il Mare, i venti;
Questi, perche è d'Honor, di gloria fido
Amico, e di virtù, chiaro à le genti,
Ʋiur à immortal dal'Indo, al moro lido.

Al Signor BARONE d'HAY: Ambasciatorie in Francia.

FORTVNATO Orator Nontio felice,
Cui sol commise il Rè Brittanno e l' France
Stringer il fatal nodo, al verde il bianco
Vnir, coppiar vn Sole, e vna Fenice.
Ʋé quale al tuo ritorno apprehende e elice
Gioiae festa il tuo Regno, il mondo stanco,
Che dal grauido sen, dal Real fianco;
Giá vede vscir per cui gioir le lice;
Vede gli Arrighi, gli Edoardi, e vede
L'Elizabetti, e glorioso in loro
Carlo il Padre regnar, Prencipe Herede;
Ʋede Giacomo ed' Anna al verde Alloro
Del Celeste Himeneo por nodo, e fede;
O bennato Orator, ch'io ammiro, e honoro,

Al Signor BARONE WILABEY.

VALOROSO Signor vnico vanto,
Pregio souran d'ogni più scelta spada,
Al cui vibrar forza è che vinta cada
Confusa ogni altra, e ceda palma e guanto;
Non tal la vibrò mai lui, che sù l' Xanto
Sanguinosa s' aprì trionfal strada,
Non lui per cui superbo auien cbe vada
Ʋincitor tronfante il Tebro tanto.
Auenturosa Spada, eletta Mano,
Mano e spada ch'io ammiro e honore insieme,
Degna a vicenda vna del'altra e Forte;
Così serba il Ciel d'Honor sourano
Il sour an merto, e a la futura speme
Mano e Spada di Stelle inse vi porte.

Al Signor Colonello CECILIO.

DEL Tamtge frà quanti ù non hà pari,
Più degni Heroi onde al Ciel poggia e sale,
Inuitto Duce al mondo hoggi immortale,
Di Sangue e di valor Signor al pari;
Di Palla a parte e di bei studi e rari,
Quaggiù nasceste e n'vn nasceste eguale
Figlio di Marte, e di Bellona quale
Vi vide il Belga in gran successi e vari.
Hor se'l' bel nome vostro, i pregi, e l'armi,
Tento in carte spiegar felici inchiostri,
Soneran fatta Tromba i versi e i carmi;
Ela Spada, e l' Destrier, e l'Hasta, e i vostri
Altri bellici arnesi, i Bronzi, e i Marmi
Illustreran scolpiti i secol' nostri.

Al Signor Barone WALDING, nel suo Viaggio d'Italia.

VENNE ai Latini e trionfanti colli,
La Regina superba del Egitto,
Ʋenne, e i miracol ch'indi fer tragitto,
Sospira, ammira, e ancor n'hà gli occhi molli;
Tù che di loro al par t'inalzi e estolli,
Il cui nome e valor glorioso inuitto,
Quale più inuido cor tiene trasitto,
Pur vedi e dici, ò humane menti e folli;
Più folli e vani emolumenti, ò cure,
O studi in sani, ò fondamenti frali,
Mal fondate speranze, e mal sicure;
Stimi vn quel vero ben che di mortali
Nato dala virtute eterno dure,
E fà mal grado Morte anco immortali.

Al Signor TOMASO AWARD.

E SI chiara la Fama, illustre il grido,
Chiaro ed'illustre il nome tuo TOMASO,
Che pien di Gloria e Honor, l'Orto e l'Occaso,
Ne và illustrato al par col patrio lido;
Così m'arida il Ciel, e cosifido
Ase Pindo mi scorga, erga Parnaso,
Qual dele lodi tue l'immenso vaso,
Solcar non oso, misurar diffido.
Pur s'egli auien che mal esperto audace,
Struga Icaro nouello in te le piume,
Sarô del caso mio lieto e contento;
Che almen dirassi; è l' ver cadde egli spento
Questi, il strusse d'Honor la viua face,
I sommerse di Gloria vn viuo fiume.

Alla Signora GIOVANNA RAMONDI Rosbrooke.

DEL mio gran Sol precorridrice Aurora,
Del mio bel Ciel vnica Lampa e Sole,
Del ANNO mio real calendea Prole,
Simulacro Diuin che l' mondo honora;
Di Bellezza immortal Tempio, oue ognora
Chiara Face d'Honor risplender suole,
Mongibello d'Amor, altera mole,
In cui d'alte uirtù l'Idol s' adora.
Ahi perche non son io aoggetto tale,
Scalpel, piuma, pennel condegno a proua,
Mà di Dedalo ho l' cor, del Figlio lale;
Torna pur nouo Zeusi, e quì rinoua
L Arte in quest'vna, vnica immortale,
Oue appaghi il desio fie che ritroua.

AL SIGNOR VISCONTE d'HADINGTON.

BRAVO de Rè vindicator e schermo,
Reparator de Regni, vnica stragge
Di mostro horrendo, oue s'infuria, e arragge
Incontro al tuo Signor inerme ed'ermo,
Fù ben dal Ciel quel tuo valor si fermo,
Di cui zeloso il Ciel s'arma & irragge,
Contro chi ne suoi vnti insulta e oltragge,
Oue di Fiomba imbelle ei cada infermo.
Hor sian del sangue al par le sparse stille,
Lingue e voci di gioia, e festeggiante,
Celebri i tuoi Trionfi il mondo amante;
E dica; Hebbe di Dio la mano, ei scosse
Da noi l'obbrio, e l' Filisteo, percosse
Mille Saul, e Dauid dieci mille.

Alla Signora MARIA RAH

VEST Inera la notte, e porti il giorno
Negli occhi, il Sol nel crin, nel volto il Cielo,
E sotto a vedouil funesto velo,
Fulminirai, folgoriluce intorno;
Moui nel fosco, e nero manto a scorno
E le porpore, e gli ostri, e gli ori, a zelo
Amor, che acceso in quel notturno gelo,
Siede armato di strai, difiamme adorno.
Bella Ʋedoua mia, qual lampa o luce,
Cui chiuso vetro auien, che coprae asconde,
Suo color, suo splendor pur ne riluce;
Ʋostra Beltà tutto che la eirconde,
Atra nube di duol pur ne produce,
Gratie, Amori, Vaghezze, e gioia infonde.

Al Signor LEMON Maggiore de la Città.

NE pur di Nome sol, se tu Maggiore,
E' soura ogni altro, qual piu degno eletto,
Mà tal viè più ti fà Merto, e valore,
E' la vitù, ch'hà nel tuo cor ricetto;
Prudentia, Discrettion, senno, Intelletto,
Zelo, Preuision, publico Amore,
Sono onde chiaro à noi splendi perfetto.
Sono onde caro ognun ti pregia, e honore.
Quindi è ch'io pur con stil negletto, e frale,
Tento tue lodi accor, tuo nome alzare,
Mà tento in van, che non è a'quello eguale;
Tu sei solo à te stesso, à le tue rare
Eterne qualità fregio immortale,
Poiche di tè Maggior nullo hoggi appare.

Al Signor Raffael Winood Secretaro di Stato

SEcretaro fedel di Regie carte,
Anzi di Regio Cor, nela cui penna,
Geta l'Ancora il mondo, erge l'antenna,
Dà i cui cenni non fie che si diparte;
In pace, in guera sciogli, apri le sarte,
Quanto il sauer, quanto à te l' cor accenna,
Affidi, s'à affidar Giano l'impenna,
Disfidi, s'a'sfidar lo arma Marte.
Tale in te posa, e da te solo pende
Ne mouimenti suoi, nel suo riposo
Il mondo tuito, e sempre à te si rende;
Direi ch'Atlante sei, sè non che otioso,
E' stanco ei cesse al peso, in te s'apprende
Ʋirtù, valor più degno Hercol glorioso.

Al Signor Roberto Ricco.

QƲal sei di Gloria al par ti diede il Nome
Ricco Natura, e ad arrichirti accinta,
Scelse il miglior dele virtudi, e cinta
Corona offerse, al'honorate Chiome;
Impouerì, spogliò se stessa, come
Quel Ape suol, ch'ingeniosa è spinta,
Di fior in fior, di prato in prato, intinta
Nel più dolce, à formar melate some:
Quindi, è che quanto in altri appar disperso,
Quando diuiso à compartir fi venne,
Roberto in tè tutto s'vnisce, e aduna;
Fortunate Richezze, oue Fortuna
Nulla può, nulla val, e nulla otenne,
Ma Ricco il Cor n'e'eternamente asperso.

Al Signor Maierna Medico di sua Maiestà.

MAIERNA Apollo ver, che di Natura
Saggio Inuestigator ipiù reposti
Secreti n'apri, e noi Egri, indisposti,
Rendi salubri con industre cura;
Nè la presente pur, mà la futura
Sorte reueli, e al bene, e al mal disposti
Scopri i pensieri, ed'a la tomba esposti
Nouo Esculapio auiui alta ventura.
De [...] se i tuoi, pregi e la tua fama al paro
Viuano eterno, e contro al Tempo e Morte
Sia l' Nome tuo d'immortal gloria chiaro;
Mira lei, che languente in sù le porte,
Giace virtù di me schermo, e riparo,
Tù la rinfranca, e sana e rendi forte.

Al Signor Giouanni Florio.

FLORIO, s'ever, ch'vn bel natale, e chiaro:
Ch'vn bel'otrare, generoso, e degno,
Segua d'illustre nome, immortal pegno,
Che rende al Mondo amabile, al Ciel caro;
Par ben, che à gara in tè, ricche del paro,
Poser Natura, ed'Arte, e Meta, e segno,
Cui prodighe elargiro, e spirto, e ingegno,
E Nome Florio, ed'opre in vn ornaro:
Quindi caro à gran Rè, carco di merti
Sì ti seconda il Ciel, ti scorge il Fato,
A' maggior gradi vn di spero vederti;
Nè sappi ad altro esser frà noi qui nato,
(Nota il mio dir Poetico, e t'accerti)
Che à la Gloria, à gli honori, ò tè bennato.

Al Signor ROBERTO YOVNG venuto de Terra Santa.

CƲrioso Peregrin, Gerusaleme
Lieto vedesti, iui deuoto, e pio,
Del incarnato, ed'humanato Dio,
L'orme adorasti riuerente insieme;
Ʋedesti, oue à comprar l'humano seme
Mercier Diuin, nacque, visse, morio,
Bacciasti quel terren caro, e natio,
Il Monte, il sasso, il Tempio di mia speme?
Vedesti oue il Giordano il corso arresta,
Oue terra tremò, l'Hoste s'attera,
Oue s'oscurò il Ciel', s'ecclissò Delo;
Fortunato Cursor, hor che ti resta;
Sei viator Gerusaleme in Terra;
Fie Comprehensor Gerusaleme in Cielo.

Al Signor GIO MARIA Lugaro Musico Eccellente.

NE sì dolce cantar morente Cigno,
Nè sì dolce sonar Celeste lira
Ʋdì mortal, quanto e l' suon, ch'à noi spira
La tua man, la tua lingua Angel più digno;
Mosse altri il Selce, il rigido Macigno,
Altri le Piante, Altri le Fere attira,
Placar altri le Furie, altri vn ritira
Da i tormentosi lai dolce, e benigno:
Tù che non puoi cantando; ahi che diuisa
Soauemente inebriata l'Alma
Arde, languisce, estatica vien meno;
Beato ardor, dolce languir non meno
Sù l'Armonia del Ciel poiche hai la palma;
Languendo, ardendo pur s'imparadisa.

WESTMINSTER.

TOghe, Scettri, Corone, Altere Insegne,
Simulacri, Colossi, Archi, Colonne,
Statue d'Heroi, ò pur d'illustri Donne,
Eccelse Terme, Imperiali, e degne;
Honor, e Maestà par che in voi regne,
Tanto foste famose; alzar le gonne
Ʋi vidi al Ciel, hor il valor s'indonne,
E' messe al paragon giacete indegne:
Tacino pur, 'o s'altra più pomposa
Mole, Obelisco, o Mausoleo auante
Barbara gente eresse ambitiosa;
Che non pur Menfi, o Rodi, o Roma amante
Trionfa quì, mà viè più gloriosa,
Del Mondo tutto è Morte trionfante.

La Gran Brettagna.

MErauiglia del mondo, e di Natura
Stupor, d'Arte Miracolo, oue l'Arte
Ingeniosa appar à parte, à parte,
Oue il Ciel pose ogni suo studio, e cura;
Brettagna Grande, cui d'eccelse Mura
L'Ocean cinge, e son le patrie carte
L'Armi, Porte lafe, cui tutta, e n' parte,
Ʋn saggio, e forte Rè mantien sicura;
E' sè in tè sola, oltre ogni ben si serra
Gli Angeli hospitar sotto human velo,
Ʋn Mondo, vn Ciel tù sei Regno fatale;
Tale vn t'ammira, vn ti celebra, tale
Ti son propiti in vn, scena la Terra,
Teatro il Mare, e spettator il Cielo.
IL FINE.

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