In principio era il Verbo appresso a Dio, ed era Iddio il Verbo e 'l Verbo Lui; questo era nel principio, al parer mio, e nulla si puo\ far sanza Costui. Pero\, giusto Signor benigno e pio, mandami solo un degli angel tui, che m' accompagni e rechimi a memoria una famosa antica e degna storia. E tu Vergine, figlia e madre e sposa di quel Signor che ti de/tte la chiave del Cielo e dell' abisso e d' ogni cosa quel di\ che Gabriel tuo ti disse #_ {it} Ave {/it} $_; perche/ tu se' de' tuo' servi pietosa, con dolce rime e stil grato e soave aiuta i versi miei benignamente e 'nsino al fine allumina la mente. Era nel tempo quando Filomena con la sorella si lamenta e plora che/ si ricorda di sua antica pena e pe' boschetti le ninfe innamora; e Febo il carro temperato mena, che/ 'l suo Fetonte l' ammaestra ancora, ed appariva appunto all' orizonte, tal che Titon si graffiava la fronte; quand' io varai la mia barchetta, prima, per {t} ubbidir {/t R; obedir A} chi sempre {t} ubbidir {/t R; obedir A} debbe la mente e faticarsi in prosa e in rima, e del mio Carlo imperador m' increbbe; che/ so, quanti la penna ha posto in cima che tutti la sua gloria prevarrebbe: e\ stata questa istoria, a quel ch' i' veggio, di Carlo, male intesa e scritta peggio. Diceva Leonardo gia\ Aretino, che s' egli avessi avuto scrittor degno, com' egli ebbe un Ormanno e 'l suo Turpino, ch' avessi diligenzia avuto e ingegno, sarebbe Carlo Magno un uom divino, pero\ ch' egli ebbe gran vittorie e regno, e fece per la Chiesa e per la Fede certo assai piu\ che non si dice o crede. Guardisi ancora a San Liberatore, quella badia la\ presso a Menappello, giu\ nell' Abruzzi, fatta per suo onore, dove fu la battaglia e 'l gran flagello d' un re pagan, che Carlo imperadore uccise e tanto del suo popul fello, e vedesi tante ossa, e tanti il sanno, che tante in Giusaffa\ non ne verranno. Ma il mondo cieco e ignorante non prezza le sue virtu\ com' io vorrei vedere: e tu, Fiorenzia, della sua grandezza possiedi e sempre potrai possedere: ogni costume ed ogni gentilezza che si potessi acquistare o avere col senno, col tesoro o colla lancia, dal nobil sangue e\ venuto di Francia. Dodici paladini aveva in corte Carlo, e 'l piu\ savio e famoso era Orlando; Gan traditor lo condusse alla morte in Roncisvalle, un trattato ordinando, la\ dove il corno sono\ tanto forte #_ dopo la dolorosa rotta quando ... $_: nella sua {it} Comedi\a {/it} Dante qui dice, e mettelo con Carlo in Ciel felice. Era per pasqua, quella di Natale; Carlo la corte avea tutta in Parigi; Orlando, com' io dico, il principale, e\vvi, il Danese, Astolfo ed Ansuigi; fannosi feste e cose tri%unfale, e molto celebravan san Dionigi; Angiolin di Baiona ed Ulivieri v' era venuto, e 'l gentil Berlinghieri; eravi Avolio ed Avino ed Ottone, di Normandia Riccardo paladino, e 'l savio Namo e 'l vecchio Salamone, Gualtieri da Mulione e Baldovino, ch' era figliuol del tristo Ganellone. Troppo lieto era il figliuol di Pipino, tanto che spesso d' allegrezza geme veggendo tutti i paladini insieme. Ma la Fortuna attenta sta nascosa per guastar sempre ciascun nostro effetto. Mentre che Carlo cosi\ si riposa, Orlando governava in fatto e in detto la corte e Carlo Magno ed ogni cosa; Gan per invidia scoppia, il maladetto, e cominciava un di\ con Carlo a dire: #_ Abbia\n noi sempre Orlando a {t} ubbidire {/t R; obedire A}? Io ho creduto mille volte dirti: Orlando ha in se/ troppa presunzi%one; noi sia\n qui conti, re, duchi a servirti, e Namo, Ottone, Uggieri e Salamone, per onorarti ognun, per obbedirti; che costui abbi ogni reputazione, nol sofferrem, ma sian diliberati da un fanciullo non esser governati. Tu cominciasti insino in Aspramonte a dargli a intender che fussi gagliardo, e facessi gran cose a quella fonte; ma se non fussi stato il buon Gherardo, io so che la vittoria era d' Almonte; ma egli ebbe sempre l' occhio allo stendardo, che si voleva quel di\ coronarlo: questo e\ colui c' ha meritato Carlo. Se ti ricorda, gia\, sendo in Guascogna, quando e' vi venne la gente di Spagna, il popol de' cristiani avea vergogna, s' e' non mostrava la sua forza magna. Il ver convien pur dir, quando e' bisogna: sappi ch' ognuno, imperador, si lagna. Quant' io per me, ripassero\ que' monti ch' io passai in qua con sessantaduo conti. La tua grandezza dispensar si vuole e far che ciascuno abbi la suo parte. La corte tutta quanta se ne duole: tu credi che costui sia forse Marte? $_. Orlando un giorno udi\ queste parole, che si sedeva soletto in disparte: dispiacquegli di Gan quel che diceva, ma molto piu\ che Carlo gli credeva. E volle colla spada uccider Gano, ma Ulivieri in quel mezzo si mise e Durlindana gli trasse di mano, e cosi\ il me' che seppe gli divise. Orlando si sdegno\ con Carlo Mano, e poco men che quivi non l' uccise; e dipartissi di Parigi solo, e scoppia e 'mpazza di sdegno e di duolo. A Ermellina, moglie del Danese, tolse Cortana e poi tolse Rondello, e 'nverso Brava il suo camin poi prese. Alda la bella, come vide quello, per abbracciarlo le braccia distese. Orlando, che ismarrito avea il cervello, com' ella disse: #_ Ben venga il mio Orlando $_. gli volle in sulla testa dar col brando. Come colui che la furia consiglia, e' gli pareva a Gan dar veramente. Alda la bella si {t} fe' {/t A; fe/ R} maraviglia. Orlando si ravvide prestamente e la sua sposa pigliava la briglia; e scese del caval subitamente, ed ogni cosa diceva a costei, e riposossi alcun giorno con lei. Poi si parti\ portato dal furore, e termino\ passare in Pagania; e mentre che cavalca, il traditore di Gan sempre ricorda per la via; e cavalcando d' uno in altro errore, in un deserto truova una badia, in luoghi scuri e paesi lontani, ch' era a' confin tra' Cristiani e' Pagani. L' abate si chiamava Chiaramonte: era del sangue disceso d' Angrante. Di sopra alla badia v' era un gran monte, dove abitava alcun fiero gigante, de' quali uno avea nome Passamonte, l' altro Alabastro, e 'l terzo era Morgante: con certe frombe gittavan da alto, ed ogni di\ facevon qualche assalto. I monachetti non potieno uscire del monistero o per legne o per acque. Orlando picchia, e non volieno aprire, fin ch' a l' abate alla fine pur piacque. Entrato drento, cominciava a dire come Colui che di Maria gia\ {t} nacque, {/t A; nacque R} adora ed era cristian {t} battezzato, {/t A; battezzato R} e come egli era alla badia arrivato. Disse l' abate: #_ Il ben venuto sia. Di quel ch' io ho volentier ti daremo, poi che tu credi al Figliuol di Maria; e la cagion, cavalier, ti diremo, accio\ che non la impu\ti villania, perche/ all' entrar resistenzia facemo, e non ti volle aprir quel monachetto: cosi\ intervien, chi vive con sospetto. Quand' io ci venni al principio abitare, queste montagne, ben che sieno oscure come tu vedi, pur si potea stare sanza sospetto, che/ l' eron sicure; sol dalle fiere t' avevi a guardare: fernoci spesso di strane paure. Or ci bisogna, se vogliamo starci, dalle bestie dimestiche guardarci. Queste ci fan piu\ tosto stare a segno. Sonci appariti tre fieri giganti, non so di qual paese o di qual regno, ma molto son feroci tutti quanti. La forza e 'l mal voler giunta allo 'ngegno sai che puo\ il tutto, e noi non sia\n bastanti; questi perturban si\ l' orazion nostra, ch' io non so piu\ che far, s' altri nol mostra. Gli antichi padri nostri nel deserto, se le loro opre sante erano e giuste, del ben servir da Dio n' avean buon merto, ne/ creder sol vivessin di locuste: piovea dal ciel la manna, questo e\ certo; ma qui convien che spesso assaggi e guste sassi, che piovon di sopra quel monte, che gettano Alabastro e Passamonte. Il {t} terzo, {/t A; terzo R} che e\ Morgante, assai piu\ fiero, isveglie e' pini, e' faggi, e' cerri e gli oppi, e gettagli insin qui, questo e\ pur vero: non posso far che d' ira non iscoppi $_. Mentre che parlan cosi\ in cimitero, un sasso par che Rondel quasi sgro\ppi, che da' giganti giu\ venne da alto, tanto che e' prese sotto il tetto un salto. #_ Ti\rati drento, cavalier, per Dio $_, disse l' abate, #_ che/ la manna casca $_. Rispose Orlando: #_ Caro abate mio, costui non vuol che 'l mio caval piu\ pasca; veggo che lo guarrebbe del restio; quel sasso par che di buon braccio nasca $_. Rispose il santo padre: #_ Io non t' inganno: credo che 'l monte un giorno gitteranno $_. Orlando governar fece Rondello ed ordinar per se/ da collezione; poi disse: #_ Abate, io voglio andare a quello che de/tte al mio caval con quel cantone $_. Disse l' abate: #_ Come car fratello consiglierotti sanza passi%one: io ti sconforto, baron, di tal gita, ch' io so che tu vi lascerai la vita. Quel Passamonte porta in man tre dardi; chi frombe, chi baston, chi mazzafrusti: sai che' giganti piu\ di noi gagliardi son, per ragion che sono anco piu\ giusti; e pur se vuoi andar, fa che ti guardi, che/ questi son villan molto e robusti $_. Rispose Orlando: #_ Io lo vedro\ per certo $_; ed avviossi a pie\ su pel deserto. L' abate il croci%on gli fece in fronte: #_ Va, che da Dio e me sia benedetto $_. Orlando, poi che salito ebbe il monte, si dirizzo\, come l' abate detto gli aveva, dove sta quel Passamonte; il quale, Orlando veggendo soletto, molto lo squadra di drieto e davante; poi domando\ se star volea per fante; e prometteva di farlo godere. Orlando disse: #_ Pazzo saracino, io vengo a te, come e\ di Dio volere, per darti morte e non per ragazzino. A' monaci suoi fatto hai dispiacere: non puo\ piu\ comportarti, can meschino $_. Questo gigante armarsi corse a furia, quando senti\ ch' e' gli diceva ingiuria. E ritornato ove aspettava Orlando, il qual non s' era partito da bomba, {add} subito {/add; su\bito R A} venne la corda girando e lascia un sasso andar {t} fuor {/t A; fuori R} della fromba, che in sulla testa giugnea rotolando al conte Orlando, e l' elmetto rimbomba: e cadde per la pena tramortito, ma piu\ che morto par, tanto e\ stordito. Passamonte penso\ che fussi morto, e disse: #_ Io voglio andarmi a disarmare; questo poltron, per chi m' aveva scorto? $_. Ma Cristo i suoi non suole abandonare, massime Orlando, ch' Egli arebbe il torto. Mentre il gigante l' arme va a spogliare, Orlando in questo tempo si risente e rivocava e la forza e la mente. E grido\ forte: #_ Gigante, ove vai? Ben ti pensasti d' avermi ammazzato? Volgiti addrieto, che/, se alie non hai, non puoi da me fuggir, can rinnegato: a tradimento ingiuri%ato m' hai $_. Donde il gigante allor, maravigliato, si volse addrieto e riteneva il passo; poi si chino\ per {add} to^r {/add; to\r R A} di terra un sasso. Orlando avea Cortana ignuda in mano; trasse alla testa, e Cortana tagliava; per mezzo il teschio parti\ del pagano, e Passamonte morto rovinava; e nel cadere il superbo e villano divotamente Macon bestemmiava; ma mentre che bestemmia il crudo e acerbo Orlando ringraziava il Padre e 'l Verbo, dicendo: #_ Quanta grazia oggi m' hai data! Sempre ti sono, o Signor mio, tenuto; per te conosco la vita salvata, pero\ che dal gigante ero abbattuto; ogni cosa a ragion fai misurata; non val nostro poter sanza il tuo aiuto. Priegoti sopra me tenghi la mano, tanto ch' ancor ritorni a Carlo Mano $_. Poi ch' ebbe questo detto, se n' ando\e tanto che truova Alabastro piu\ basso, che si sforzava, quando e' lo trovo\e, di sve\glier d' una ripa fuori un masso. Orlando, come e' giunse a quel, grido\e: #_ Che pensi tu, ghiotton, gittar quel sasso? $_. Quando Alabastro questo grido intende, subitamente la sua fromba prende, e trasse d' una pietra molto grossa, tanto ch' Orlando bisogno\ schermisse, che/ se l' avessi giunto la percossa, non bisognava il medico venisse. Orlando adopero\ poi la sua possa; nel pettignon tutta la spada misse, e morto cadde questo badalone, e non dimentico\ pero\ Macone. Morgante aveva al suo modo un palagio fatto di frasche e di schegge e di terra; quivi, secondo lui, si posa ad agio, quivi la notte si rinchiude e serra. Orlando picchia, e daragli disagio, per che 'l gigante dal sonno si sferra; vennegli aprir come una cosa matta, ch' un' aspra visi%one aveva fatta. E' gli parea ch' un feroce serpente l' avea assalito, e chiamar Macometto; ma Macometto non valea ni%ente, onde e' chiamava Gesu\ benedetto, e liberato l' avea finalmente. Venne alla porta ed ebbe cosi\ detto: #_ Chi bussa qua? $_, pur sempre borbottando. #_ Tu 'l saprai tosto $_ gli rispose Orlando. #_ Vengo per farti come a' tuo' fratelli; son de' peccati tuoi la penitenzia, da' monaci mandato cattivelli, come stato e\ divina providenzia. Pel mal ch' avete fatto a torto a quelli e\ data in Ciel cosi\ questa sentenzia: sappi che freddo gia\ piu\ ch' un pilastro lasciato ho Passamonte e 'l tuo Alabastro $_. Disse Morgante: #_ O gentil cavaliere, per lo tuo Iddio non mi dir villania. Di grazia, il nome tuo vorrei sapere; se se' cristian, deh, dillo in cortesia $_. Rispose Orlando: #_ Di cotal mestiere contenterotti, per la fede mia: adoro Cristo, ch' e\ Signor verace, e puoi tu adorarlo, se ti piace $_. Rispose il saracin con umil voce: #_ Io ho fatta una strana visi%one, che m' assaliva un serpente feroce; non mi valeva, per chiamar, Macone; onde al tuo Iddio che fu confitto in croce rivolsi presto la mia divozione; e' mi soccorse, e fui libero e sano, e son disposto al tutto esser cristiano $_. Rispose Orlando: #_ Baron giusto e pio, se questo buon voler terrai nel core, l' anima tua ara\ quel vero Iddio che ci puo\ sol gradir d' etterno onore; e s' tu vorrai, sarai compagno mio, ed amerotti con perfetto amore. Gl' idoli vostri son bugiardi e vani, e 'l vero Iddio e\ lo Iddio de' cristiani. Venne questo Signor sanza peccato nella sua madre virgine pulzella. Se conoscessi quel Signor beato, sanza qual non risplende sole o stella, aresti gia\ Macon tuo rinnegato e la sua fede iniqua, ingiusta e {add} fella. {/add; fe\lla. R A} Batte/zzati al mio Iddio di buon talento $_. Morgante gli rispose: #_ Io son contento $_, e corse Orlando {add} subito {/add; su\bito R A} abbracciare. Orlando gran carezze gli facea, e disse: #_ Alla badia ti vo' menare $_. Morgante #_ Andianvi presto $_, rispondea #_ co' monaci la pace si vuol fare $_; della qual cosa Orlando in se/ godea, dicendo: #_ Fratel mio divoto e buono, io vo' che chiegga all' abate perdono. Da poi che Iddio ralluminato t' ha ed accettato per la sua umiltade, vuolsi tu usi anco tu umilita\ $_. Disse Morgante: #_ Per la tua bontade, poi che 'l tuo Iddio mio sempre omai sara\, dimmi del nome tuo la veritade, poi che di me dispor puoi al tuo comando $_; onde e' gli disse com' egli era Orlando. Disse il gigante: #_ Gesu\ benedetto per mille volte ringraziato sia! Sentito t' ho nomar, baron perfetto, per tutti i tempi della vita mia; e com' io dissi, sempre mai suggetto esser ti vo' per la tua gagliardia $_. Insieme molte cose ragionaro e 'nverso la badia poi s' {t} invi%aro, {/t A; inviaro. R} {t} e {/t A; E R} fe^r la via da quei giganti morti: Orlando con Morgante si\ ragiona: #_ Della lor morte vo' che ti conforti, e poi che piace a Cristo, a me perdona. A' monaci avean fatti mille torti, e la nostra Scrittura aperto suona: #" il ben remunerato e 'l mal punito $", e mai non ha questo Signor fallito; pero\ ch' Egli ama la giustizia tanto, che vuol che sempre il suo giudicio morda ognun ch' abbi peccato tanto o quanto; e cosi\ il ben ristorar si ricorda, e non saria sanza giustizia santo. Adunque al suo voler presto t' accorda. che/ debbe ognun voler quel che vuol Questo, ed accordarsi volentieri e presto. E sonsi i nostri dottori accordati, pigliando tutti una conclusi%one, che que' che son nel Ciel glorificati, s' avessin nel pensier compassi%one de' miseri parenti che dannati son nello inferno in gran confusi%one, la lor felicita\ nulla sarebbe; e vedi che qui ingiusto Iddio parrebbe. Ma egli hanno posto in {t} Iesu\ {/t A; Gesu\ R} ferma spene, e tanto pare a lor quanto a Lui pare; afferman, cio\ che E' fa, che facci bene, e che E' non possi in nessun modo errare. Se padre o madre e\ nell' etterne pene, di questo non si posson conturbare, che/ quel che piace a Dio, sol piace a loro: questo s' osserva {t} nell' etterno {/t R; nello eterno A} coro $_. #_ Al savio suol bastar poche parole $_, disse Morgante. #_ Tu il potrai vedere, de' miei fratelli, Orlando, se mi duole, e s' io m' accordero\ di Dio al volere come tu di' che in Ciel servar si suole. Morti co' morti; or pensian di godere. Io vo' tagliar le mani a tutti quanti e porterolle a que' monaci santi, accio\ ch' ognun sia piu\ sicuro e certo come e' son morti e non abbin paura andar soletti per questo deserto; e perche/ vegga la mia mente pura a quel Signor che m' ha il suo regno aperto e tratto fuor di tenebra si\ oscura $_. E poi taglio\ le mani a' due frategli, e la\sciagli alle fiere ed agli uccegli. Alla badia insieme se ne vanno, ove l' abate assai dubbioso aspetta. E' monaci, che 'l fatto ancor non sanno, correvono all' abate tutti in fretta, dicendo {t} pau%rosi {/t A; paurosi R} e pien d' affanno: #_ Volete voi costui drento si metta? $_. Quando l' abate vedeva il gigante, si turbo\ tutto nel primo sembiante. Orlando, che turbato cosi\ il vede, gli disse presto: #_ Abate, datti pace: questo e\ cristiano e in Cristo nostro crede, e rinnegato ha il suo Macon fallace $_. Morgante i moncherin mostro\ per fede come i giganti ciascun morto giace; donde l' abate ringraziava Iddio, dicendo: #_ Or m' hai contento, Signor mio $_. E riguardava e squadrava Morgante, la sua grandezza, ed una volta e due; e poi gli disse: #_ O famoso gigante, sappi ch' io non mi maraviglio piu\e che tu svegliessi e gittassi le piante, quand' io riguardo or le fattezze tue. Tu sarai or perfetto e vero amico a Cristo, quanto tu gli eri inimico. Un nostro apostol, {t} Sau%l {/t A; Saul R} gia\ chiamato, persegui\ molto la fede di Cristo; un giorno poi, dallo spirto infiammato, {t} #" Perche/ {/t A; #_ Perche/ R} pur mi persegui? {t} $" disse {/t A; $_ disse R} Cristo; e' si ravvide allor del suo peccato; ando\ poi predicando sempre Cristo, e fatto e\ or della fede una tromba, la qual per tutto risuona e rimbomba. Cosi\ farai tu ancor, Morgante mio; e chi s' emenda, e\ scritto nel Vangelo che maggior festa fa d' un solo, Iddio, che di novantanove altri, su in Cielo. Io ti conforto ch' ogni tuo desio rivolga a quel Signor con giusto zelo, che/ tu sarai felice in sempiterno, ch' eri perduto e dannato allo inferno $_. E grande onore a Morgante faceva l' abate, e molti di\ si son posati. Un giorno, come a Orlando piaceva, a spasso in qua e in la\ si sono andati. L' abate in una camera sua aveva molte armadure e certi archi appiccati: Morgante gliene piacque un che ne vede, onde e' sel cinse, benche/ oprar nol crede. Avea quel luogo d' acqua carestia. Orlando disse: #_ Come buon fratello, Morgante, vo' che di piacer ti sia andar per l' acqua $_. Onde e' rispose a quello: #_ Comanda cio\ che vuoi, che/ fatto fia $_; e posesi in ispalla un gran tinello ed avviossi la\ verso una fonte, dove solea ber sempre appie\ del monte. Giunto alla fonte, sente un gran fracasso di {add} subito {/add; su\bito R A} venir per la foresta. Una saetta cavo\ del turcasso, posela all' arco ed alzava la testa. Ecco apparire una gran gregge, al passo, di porci, e vanno con molta tempesta, ed arrivorno alla fontana appunto, donde il gigante e\ da lor sopraggiunto. Morgante alla ventura a un saetta: appunto nell' orecchio lo 'ncartava; dall' altro lato passo\ la verretta, onde 'l cinghial giu\ morto gambettava. Un altro, quasi per farne vendetta, addosso al gran gigante irato andava; e perche/ e' giunse troppo tosto al varco, non fu Morgante a tempo a trar coll' arco. Vedendosi venuto il porco addosso, gli de/tte in sulla testa un gran punzone, per modo che gl' infranse insino all' osso, e morto allato a quell' altro lo pone. Gli altri porci, veggendo quel percosso, si misson tutti in fuga pel vallone. Morgante si levo\ il tinello in collo, ch' era pien d' acqua, e non si muove un crollo. Dall' una spalla il tinello avea posto, dall' altra i porci, e spacciava il terreno: e torna alla badia, ch' e\ pur discosto, ch' una gocciola d' acqua non va in seno. Orlando, che 'l vedea tornar si\ tosto co' porci morti e con quel vaso pieno, maravigliossi che sia tanto forte; cosi\ l' abate; e spalancan le porte. I monaci veggendo l' acqua fresca si rallegrorno, ma piu\ de' cinghiali, ch' ogni animal si rallegra dell' esca, e posono a dormire i brevi%ali. Ognun s' affanna, e non par che gl' incresca, accio\ che questa carne non s' insali, e che poi secca sapessi di vieto; e le digiune si restorno addrieto. E ferno a scoppia corpo per un tratto, e scuffian che parien dell' acqua usciti, tanto che 'l can se ne doleva e 'l gatto che gli ossi rimanean troppo puliti. L' abate, poi che molto onore ha fatto a tutti, un di\, dopo questi conviti, de/tte a Morgante un destrier molto bello, che lungo tempo tenuto avea quello. Morgante in su 'n un prato il caval mena e vuol che corra e che facci ogni pruova, e pensa che di ferro abbi la schiena, o forse non credeva schiacciar l' uova. Questo caval s' accoscia per la pena, e scoppia e 'n sulla terra si ritruova. Dicea Morgante: #_ Lieva {add} su, {/add; su\, R A} rozzone $_, e va pur punzecchiando collo sprone. Ma finalmente convien ch' egli smonte; e disse: #_ Io son pur leggier come penna, ed e\ scoppiato; che ne di' tu, conte? $_. Rispose Orlando: #_ Un albero d' antenna mi par' piu\ tosto, e la gaggia la fronte. Lascialo andar, che/ la fortuna accenna che meco a piede ne venga, Morgante $_. #_ Ed io cosi\ verro\ $_ disse il gigante. #_ Quando sara\ mestier, tu mi vedrai com' io mi proverro\ nella battaglia $_. Orlando disse: #_ Io credo tu farai come buon cavalier, se Dio mi vaglia, ed anco me dormir non mirerai. Di questo tuo caval non te ne caglia: vorrebbesi portarlo in qualche bosco, ma il modo ne/ la via non ci conosco $_. Disse il gigante: #_ Io il portero\ ben io, da poi che portar me non ha voluto, per render ben per mal, come fa Iddio; ma vo' ch' a porlo addosso mi dia aiuto $_. Orlando gli dicea: #_ Morgante mio, s' al mio consiglio ti sarai attenuto, questo caval tu non vel porteresti, che/ ti fara\ come tu a lui facesti. Guarda che non facessi la vendetta, come fece gia\ Nesso, cosi\ morto: non so se la sua istoria hai intesa o letta; e' ti fara\ scoppiar, datti conforto $_. Disse Morgante: #_ Aiuta ch' io mel metta addosso, e poi vedrai s' io ve lo porto: io portero\, Orlando mio gentile, con le campane la\ quel campanile $_. Disse l' abate: #_ Il campanil v' e\ bene, ma le campane voi l' avete rotte $_. Dicea Morgante: #_ E' ne porton le pene color che morti son la\ in quelle grotte $_. E levossi il cavallo in sulle schiene, e disse: #_ Guarda s' io sento di gotte, Orlando, nelle gambe, o s' io lo posso $_; e {t} fe' {/t A; fe/ R} due salti col cavallo addosso. Era Morgante come una montagna: se facea questo, non e\ maraviglia. Ma pure Orlando con seco si lagna, perche/ pure era omai di sua famiglia: temenza avea non pigliassi magagna; un' altra volta costui riconsiglia: #_ Posalo, ancor, nol portare al deserto $_. Disse il gigante: #_ Io il portero\ per certo $_. E portollo e gittollo in luogo strano e torna alla badia subitamente. Diceva Orlando: #_ Or che piu\ dimoriano? Morgante, qui non faccia\n noi ni%ente $_. E prese un giorno l' abate per mano e disse a quel molto discretamente che vuol partir dalla sua riverenzia, e domandava e perdono e licenzia. E degli onor ricevuti da questo, qualche volta, potendo, ara\ buon merito; e dice: #_ Io intendo ristorare, e presto, i persi giorni del tempo preterito; e son piu\ di che licenzia arei chiesto, benigno padre, se non ch' io mi perito: non so mostrarvi quel che drento sento, tanto vi veggo del mio star contento. Io me ne porto per sempre nel core l' abate, la badia, questo deserto, tanto v' ho posto in picciol tempo amore: rendavi {add} su {/add; su\ R A} nel Ciel per me buon merto quel vero Iddio, quello etterno Signore, che vi serba il suo regno al fine aperto. Noi aspettiam vostra benedizione; raccomandianci alle vostre orazione $_. Quando l' abate il conte Orlando intese, rinteneri\ nel cor per la dolcezza, tanto fervor nel petto se gli accese; e disse: #_ Cavalier, s' a tua prodezza non sono stato benigno e cortese come conviensi alla gran gentilezza, che/ so che cio\ ch' i' ho fatto e\ stato poco, incolpa l' ignoranzia nostra e il loco. Noi ti potremo di messe onorare, di prediche, di laude e paternostri, piu\ tosto che da cena o desinare o d' altri convenevol che da chiostri. Tu m' hai di te si\ fatto innamorare per mille alte eccellenzie che tu mostri, ch' io me ne vengo, ove tu andrai, con teco, e d' altra parte tu resti qui meco: tanto ch' a questo par contraddizione; ma so che tu se' savio e 'ntendi e gusti, e intendi il mio parlar per discrezione. De' {t} benifi\ci {/t R; benefi\ci A} tuoi pietosi e giusti renda il Signore a te munerazione, da cui mandato in queste selve fusti, per le virtu\ del qual liberi siamo; e grazia a Lui ed a te ne rendiamo. Tu ci hai salvato l' anima e la vita: tanta perturbazion gia\ que' giganti ci de/tton, che la strada era smarrita di ritrovar Gesu\ cogli altri santi. Pero\ troppo ci duol la {t} tuo {/t R; tua A} partita, e sconsolati restian tutti quanti; ne/ ritener possianti i mesi e gli anni, che/ tu non se' da vestir questi panni, ma da portar la lancia e l' armadura; e puossi meritar con essa come con questa cappa, e leggi la Scrittura: questo gigante al Ciel drizzo\ le some per tua virtu\. Va in pace a tua ventura, chi tu ti sia, ch' io non ricerco il nome; ma diro\ sempre, s' io son domandato, ch' un angiol qui da Dio fussi mandato. Se c' e\ armadura o cosa che tu voglia, vattene in zambra e pigliane tu stessi, e cuopri a questo gigante la scoglia $_. Rispose Orlando: #_ S' armadura avessi, prima che noi uscissin della soglia, che questo mio compagno difendessi, questo accetto io, e {t} sara\mi {/t R; sara\mi in A} piacere $_. Disse l' abate: #_ Venite a vedere $_; e in certa cameretta entrati sono, che d' armadure vecchie era copiosa. Dicea l' abate: #_ Tutte ve le dono $_. Morgante va rovistando ogni cosa, ma solo un certo sbergo gli fu buono, ch' avea tutta la maglia rugginosa: maravigliossi che lo cuopra appunto, che/ mai piu\ niun forse glien' era aggiunto. Questo fu d' un gigante smisurato, ch' a la badia fu morto per antico dal gran Millon d' Angrante, che arrivato v' era, se appunto questa storia dico; ed era nelle mura istori%ato come e' fu morto questo gran nimico. che fece alla badia gia\ lunga guerra; e Millon v' e\, come e' l' abbatte in terra. Veggendo questa istoria, il conte Orlando fra suo cor disse: #_ O {t} Iddio, {/t R; Dio, A} che sai sol tutto, come venne Millon qui capitando, che ha questo gigante qua distrutto? $_. E lesse certe letter lacrimando, che/ non pote/ tener piu\ il viso asciutto, com' io diro\ nella seguente istoria. Di mal vi guardi il Re dell' alta gloria. O giusto, o santo, o etterno Monarca, o sommo Giove per noi crucifisso, che chiudesti la porta ove si varca per ire al fondo dello {t} scuro {/t R; oscuro A} abisso; tu ch' al principio movesti {t} mie {/t R; mia A} barca, tu sia il nocchiere intento sempre e fisso alla tua stella e la tua calamita, che/ questa {t} storia {/t R; istoria A} sia per te finita. L' abate, quando vide lacrimare Orlando e diventar le ciglia rosse e per pieta\ le luce imbambolare, e' domandava perche/ questo fosse; e poi che vide Orlando pur chetare, ancor piu\ oltre le parole mosse: #_ Non so s' ammirazion forse t' ha vinto di quel che in questa camera e\ dipinto. Io fui della gran gesta naturale: credo ch' io sia nipote o consobrino di quel Rinaldo, uom tanto principale, che fu nel mondo si\ gran paladino, benche/ 'l mio padre non fu madornale, perche/ e' non piacque all' alto Iddio divino: Ansuigi chiamossi in piano e in monte, e 'l nome mio diritto e\ Chiaramonte. Cosi\ ci fussi il figliuol di {t} Mellone {/t R; Millone A}, che fu fratel del mio padre perfetto! Deh, dimmi il nome tuo, gentil barone, se cosi\ piace a Gesu\ benedetto $_. Orlando s' accendea d' affezi%one, bagnando tutto di lacrime il petto; poi disse: #_ Abate, mio caro parente, sappi ch' Orlando tuo t' e\ qui presente $_. Per tenerezza corsono abbracciarsi; ognun piangeva di soperchio amore, che/ non poteva a un tratto sfogarsi, e per dolcezza trabocca nel core. L' abate non potea tanto saziarsi d' abbracciar questo, quanto e\ il suo fervore. Diceva Orlando: #_ Qual grazia o ventura fa ch' io vi truovi in questa parte {t} scura? {/t R; oscura? A} Ditemi un poco, caro padre mio, per che cagion voi vi facesti frate e non prendesti la lancia come io e tante gente che di noi son nate? $_. #_ Perche/ e' fu volonta\ cosi\ di Dio $_, rispose presto a Orlando l' abate #_ che ci dimostra per diverse strade dond' e' si vadi nella sua cittade; chi colla spada, chi col pasturale, poi la natura fa diversi ingegni; e pero\ son diverse queste scale: basta che in porto salvo si pervegni, e tanto il primo, quanto il sezzo, vale; tutti sia\n peregrin per molti regni, a Roma tutti andar vogliamo, Orlando, ma per molti sentier n' andian cercando. Cosi\ sempre s' affanna il corpo e l' ombra, per quel peccato dell' antico pome: io sto col libro in man qui il giorno e l' ombra, tu colla spada tua tra l' elsa e 'l pome cavalchi, e spesso sudi al sole e all' ombra; ma di tornare a bomba e\ il fin del pome. Dico ch' ognun qui s' affatica e spera di ritornarsi alla sua antica spera $_. Morgante avea con loro insieme pianto sentendo queste cose ragionare; e pur cercava d' armadure, e intanto un gran cappel d' acciaio usa trovare, che rugginoso si dormia in un canto. Orlando, quando gliel vide provare, disse: #_ Morgante, tu pari un bel fungo; ma il gambo a quel cappello e\ troppo lungo $_. Una spadaccia ancor Morgante truova; cinsela, e poi se n' andava soletto la\ dove rotta una campana cova, ch' era caduta e stava sotto un tetto, e spiccane un battaglio a tutta pruova, ed a Orlando il mostrava in effetto: #_ Di questo che di' tu, signor d' Angrante? $_ #_ Dico che e\ tal qual conviensi a Morgante $_. Disse il gigante: #_ Con questo battaglio, che vedi come e\ grave e lungo e grosso, non credi tu ch' io schiacciassi un sonaglio? Io vo' schiacciar il ferro e tritar l' osso: parmi mill' anni or d' esser al berzaglio $_. Orlando a Chiaramonte ha cosi\ mosso: #_ Or vi vorrei pregar, mio santo abate, che di trovar ventura c' insegniate. Qualche battaglia, qualche torniamento trovar vorremo, se piacessi a Dio $_. Disse l' abate: #_ {t} I' {/t R; Io A} ne son ben contento, e credo satisfare al tuo desio. Sappi che qua verso Levante sento che in una gran citta\, parente mio, un re pagan vi fa drento dimoro, il qual si fa chiamar re Caradoro. Ed ha una sua figlia molto bella, onesta, savia, nobile e gentile; e non e\ uom che la muova di sella, e ciascun cavalier reputa vile: s' ella non fussi saracina quella, non fu mai donna tanto signorile. Dintorno alla citta\ sopra a' confini sono accampati molti saracini; ed e\vvi un re di molta gagliardia, Manfredonio appellato dalla gente: costui si muor per la dama giuli\a, e fa gran cose, come amor consente, ed ha con seco tutta Pagania per acquistar questa donna piacente: dicon che v' e\ di paesi lontani cento quaranta migliaia di pagani. E quel re Carador n' ha forse ottanta di gente saracina ardita e forte; e Manfredonio ogni giorno si vanta d' aver questa donzella o d' aver morte; ed or trabocchi ed or bombarde pianta, ogni di\ corre insino in sulle porte $_. Il conte Orlando, quando questo intese, non domandar quanto desio l' accese. E dopo molte cose ragionate, di nuovo la licenza ridomanda, dicendo nuovamente al santo abate ch' alle sue orazi%on si raccomanda, che/ vuol trovarsi fra le gente armate in quel paese la\ dove e' lo manda; che gli lasciassi andar colla sua pace. Disse l' abate: #_ Sia come a voi piace: contento son, se tanto v' e\ in piacere. Voi avete apparata la magione: saro\ sempre fidato e buono ostiere: cio\ che c' e\, e\ del figliuol di {t} Mellone {/t R; Millone A}; ma non bisogna tra noi profferere. A tutti {t} do {/t A; do\ R} la mia benedizione $_. Cosi\ da Chiaramonte lacrimando si dipartirno Morgante ed Orlando. Per lo deserto vanno alla ventura: l' uno era a piede e l' altro era a cavallo; cavalcon per la selva e per pianura, sanza trovare ricetto o intervallo. Cominciava a venir la notte oscura. Morgante parea lieto sanza fallo, e con Orlando ridendo {add} dici\a {/add; dicia R A}: #_ E' par ch' io vegga appresso una osteria $_. E 'n questo, ragionando, hanno veduto un bel palagio in mezzo del deserto. Orlando, poi ch' a questo fu venuto, dismonta perche/ l' uscio vide aperto. Quivi non e\ chi risponda al saluto. Vannone in sala, per esser piu\ certo: le mense riccamente son parate e tutte le vivande accomodate. Le camere eran tutte ornate e belle, istori%ate con sottil lavoro, e letti molto ricchi eran in quelle, coperti tutti quanti a drappi d' oro; e' palchi erano azurri, pien di stelle, ornati si\ che {t} vali\eno {/t R; valieno A} un tesoro; le porte eran di bronzo e qual d' argento, e molto vario e lieto e\ il pavimento. Dicea Morgante: #_ Non e\ qui persona a guardar questo si\ ricco palagio? Orlando, questa stanza mi par buona: noi ci staremo un giorno con grande agio $_. Orlando nella mente sua ragiona: #_ O qualche saracin molto malvagio vorra\ che qualche trappola ci scocchi per pigliarci al boccon come i ranocchi, o veramente c' e\ sotto altro inganno: questo non par che sia conveni%ente $_. Disse Morgante: #_ Questo e\ poco danno $_; e cominciava a ragionar col dente, dicendo: #_ All' oste rimarra\ il malanno; mangia\n pur molto ben per al presente; quel che ci resta, faren poi fardello, ch' io porterei, quand' io rubo, un castello $_. Rispose Orlando: #_ Questa medicina forse potrebbe il palagio purgare $_. Hanno cercato insino alla cucina; ne/ cuoco, ne/ vassallo usan trovare: adunque ognuno alla mensa cammina; comincian le mascella adoperare, ch' un giorno avevon mangiato gia\ in sogno, tal che di vettovaglia avean bisogno. Quivi vivande e\ di molte ragioni: pavoni e starne e leprette e fagiani, cervi e conigli e di grassi capponi, e vino ed acqua, per bere e per mani. Morgante sbadigliava a' gran bocconi, e furno al bere infermi, al mangiar sani; e poi che sono stati a lor diletto, si riposorno intro 'n un ricco letto. Come e' fu l' alba ciascun si levava, e credonsene andar come ermellini, ne/ per far conto l' oste si chiamava, che/ lo volean pagar di bagattini. Morgante in qua e in la\ per casa andava, e non ritruova dell' uscio i confini. Diceva Orlando: #_ Saremo noi me/zzi di vin, che l' uscio non si raccapezzi? Questa e\ s' io non m' inganno, pur la sala, ma le vivande e le mense sparite veggo che son: quivi era pur la scala: qui son gente stanotte comparite, che, come noi, aranno fatto gala: le cose ch' avanzorno, ove son ite? $_. E 'n questo errore un gran pezzo soggiornano: dovunque e' vanno, in sulla sala tornano. Non riconoscono uscio ne/ finestra. Dicea Morgante: #_ Ove sia\n noi entrati? Noi smaltiremo, Orlando, la minestra, che/ noi ci siam rinchiusi e 'nviluppati come fa il bruco su per la ginestra $_. Rispose Orlando: #_ Anzi ci sia\n murati $_. Disse Morgante: #_ A volere il ver dirti, questa mi pare una stanza da spirti. Questo palagio, Orlando, fia incantato, come far si soleva anticamente $_. Orlando mille volte s' e\ segnato, e non poteva a se/ ritrar la mente, fra se/ dicendo: #_ {t} Are/mol {/t R; Aremol A} noi sognato? $_. Morgante dello scotto non si pente, e disse: #_ Io so ch' al mangiare ero desto; or non mi curo s' egli e\ sogno il resto. Basta che le vivande non sognai; e s' elle fussin ben di Satanasso, {t} arre\chimene {/t R; arrechimene A} pure innanzi assai $_. Tre giorni in questo error s' andorno a spasso sanza trovare ond' egli uscissin mai; e 'l terzo giorno, scesi giu\ da basso, in una loggia arrivon per ventura, donde un suono esce d' una sepultura. E dice: #_ Cavalieri, errati siete: voi non potresti di qui mai partire se meco prima non v' azzufferete. Venite questa lapida a scoprire, se non che qui in eterno vi starete $_. Per che Morgante comincio\ a dire: #_ Non senti tu, Orlando, in quella tomba quelle parole che colui rimbomba? Io voglio andare a scoprir quello avello, la\ dove e' par che quella voce s' oda; ed {t} e\scane {/t R; escane A} Cagnazzo e Farferello o Libicocco col suo Malacoda $_. E finalmente s' accostava a quello, pero\ che Orlando questa impresa loda, e disse: #_ Scuopri, se vi fussi dentro quanti ne piovvon mai dal ciel nel centro $_. Allor Morgante la pietra {add} su {/add; su\ R A} alza. Ecco un di%avol piu\ ch' un carbon nero, che della tomba fuor {add} subito {/add; su\bito R A} balza in un carcame di morto assai fiero, ch' avea la carne secca, ignuda e scalza. Diceva Orlando: #_ E' fia pur daddovero? Questo e\ il di%avol, ch' io il conosco in faccia $_; e finalmente addosso se gli caccia. Questo di%avol con lui s' abbraccio\e: ognuno scuote; e Morgante diceva: #_ Aspetta, Orlando, ch' io t' aiutero\e $_. Orlando aiuto da lui non voleva; pure il di%avol tanto lo sforzo\e, ch' Orlando ginocchion quasi cadeva; poi si {t} ri%ebbe {/t A; riebbe R} e con lui si rappicca: allor Morgante piu\ oltre si ficca. E' gli parea mill' anni d' appiccare la zuffa, e come Orlando cosi\ vide, comincia il gran battaglio a scaricare, e disse: #_ A questo modo si divide $_. Ma quel demon lo facea disperare, pero\ che i denti digrignava e ride. Morgante il prese alle gavigne istretto e missel nella tomba a suo dispetto. Come e' fu drento, grido\: #_ Non serrare, che/ se tu serri, mai non uscirai $_. Disse Orlando: #_ In che modo {t} abbiam {/t R; abbiamo A} a fare? $_. E' gli rispose: #_ Tu lo sentirai. Convienti quel gigante {t} battezzare, {/t R; battezare, A} poi a {t} tuo {/t R; tua A} posta andar te ne potrai: fallo cristiano, e come e' sara\ fatto, al tuo cammin ne va sicuro e ratto. Se tu mi lasci questa tomba aperta, non vi faro\ piu\ noia o increscimento: cio\ ch' io ti dico, abbi per cosa certa $_. Orlando disse: #_ Di cio\ son contento, benche/ tua villania questo non merta; ma per partirmi di qui, ci consento $_. Poi tolse l' acqua e battezzo\ il gigante, ed usci\ fuor con Rondello e Morgante. E come e' fu fuor del palagio uscito, senti\ drento alle mura un gran romore; onde e' si volse, e 'l palagio e\ sparito. Allor conobbe piu\ certo l' errore: non si rivede ne/ mura, ne/ il sito. Dicea Morgante: #_ E' mi darebbe il cuore che noi potremo or nell' inferno andare, e far tutti i di%avoli sbucare. Se si potessi entrar di qualche loco, che/ nel mondo e\ certe bocche, si dice, donde e' si va, che di fuor gettan fuoco, e non so chi v' ando\ per Euridice, io stimerei tutti i di%avol poco. Noi ne trarremo l' anime infelice; e taglierei la coda a quel Minosse, se come questo ogni di%avol fosse; e pelero\ la barba a quel Caron, e levero\ della sedia Plutone; un sorso mi vo' far di Flegeton, e inghiottir quel Fregia\s con un boccone; Tesifo, Aletto, Megera e Ericon e Cerbero ammazzar con un punzone; e Belzebu\ faro\ fuggir piu\ via ch' un dromedario non andre' in Soria. Non si potrebbe trovar qualche buca? Tu vi vedresti il piu\ bello spulezzo; pur che questo battaglio vi conduca, e mettimi a' di%avoli poi in mezzo $_. Rispose Orlando: #_ E' non vi si manuca, Morgante mio; noi vi faremo lezzo, e nell' entrar ci potremo anco cuocere: dunque l' andata starebbe per nuocere. Quando tu puoi, Morgante, ir per la piana, non cercar mai ne/ l' erta ne/ la scesa, o di cacciare il capo in buca o in tana: andian pur per la via nostra distesa $_. E cosi\ ragionando, una fontana trovoron, dove due fan gran contesa: eron corrier con lettere mandati, e come micci si son bastonati. Orlando, come e' giunse, gli domanda: #_ Ditemi un poco, perche/ v' azzuffate? Voi mi parete corrier: chi vi manda, o che imbasciate o lettere portate? Venite voi di Francia, o di qual banda? Lasciate un poco star le bastonate: ditemi ancor se voi siete cristiani, se Dio vi salvi e' bastoni e le mani $_. Rispose l' un di loro: #_ {t} I' {/t R; Io A} son cristiano, e poco tempo e\ ch' io venni abitare a un castello chiamato Monte Albano. Rinaldo, il mio signor, mi fa cercare d' un suo cugino; e 'l traditor di Gano lo se/guita, per far male arrivare: manda costui, che tu vedi, cercando di questo suo cugin, c' ha nome Orlando. A questa fonte a caso ci trovamo, e come egli e\ de' nostri pari usanza di domandar l' un l' altro, domandamo: #" Che lettera o imbasciata hai d' importanza? $", e come stracchi un poco ci posamo. Costui mi dice che Gan di Maganza per far morire Orlando lo mandava, e che per Pagania di lui cercava. E perch' io presi la parte d' Orlando, alzo\ la mazza sanza dir ni%ente: cosi\ si venne la zuffa appiccando $_. Orlando, quando le parole sente, diceva: #_ O Dio, a te mi raccomando da questo traditore e frodolente! Io pur non truovo, ovunque i' mi dilegui, luogo che 'l traditor non mi persegui $_. Quando Morgante vede il suo signore che si doleva e contro a Gano sbuffa, tanto gli venne sdegno e pieta\ al core, che per la gola il corrier tosto ciuffa, cioe\ quel che mandava il traditore, e nella fonte sott' acqua lo tuffa, calpesta e pigia e per ira si sfoga, tanto che tutto lo 'nfranse ed affoga. Orlando disse a quell' altro corriere: #_ Io son colui per chi tu se' mandato. Di' a Rinaldo che in questo sentiere come tu vedi il cugino hai trovato: io son Orlando, e poi ch' egli e\ in piacere di Carlo, vo pel mondo disperato $_. Quando il corrier senti\ ch' Orlando e\ questo, maravigliossi e inginocchiossi presto. #_ Dimmi a Carlo $_ diceva ancora Orlando #_ che si consigli col suo Gano antico, ed io pel mondo vo peregrinando come s' io fussi qualche suo nimico; digli dove trovato e come e quando tu m' hai qui solo e povero e mendico; e quel ch' io ho fatto, corrier, per costui, credo che 'l sappi ognun, salvo che lui, che non sa quel che {t} benificio {/t R; beneficio A} sia, non si ricorda ch' io sia suo nipote, o ch' i' in sua corte in Francia stessi o stia; basta che Gan, cio\ che vuol, con lui puote tanto ch' io me ne vo in Pagania, pur come voglion le volubil rote; e di' ch' io ho sol con meco un gigante, ch' e\ battezzato, appellato Morgante, e 'l caval che tu vedi e questa spada; altro non ho se non questa armadura; e ch' io non so io stesso ove io mi vada, o dove ancor mi guidi la ventura, ma inverso Barberia tengo la strada; andro\ dove mi porta mia sciagura, poi che e' consente, a cercar la mia morte; e che mai piu\ non tornero\ in sua corte. Dimmi a Rinaldo mio, figliuol d' Amone, che la mia compagnia, che io lasciai, gli raccomando con affezi%one; ch' io penso in Pagania morire omai. Saluta Astolfo, Namo e Salamone e Berlinghier, che sempre molto amai; a Ulivier di' che la {t} suo {/t R; sua A} sorella gli raccomando, e mia sposa, Alda bella. Dimmi al Danese, caro imbasciatore, che in Francia a questi tempi non m' aspetti; e di' ch' io ho Cortana e 'l corridore, accio\ che forse di cio\ ignun sospetti; della mia sopravvesta il suo colore, vedi come e\, dipinta a Macometti; che si ricordi del suo caro Orlando, che va pel mondo sperso or tapinando. Dimmi il tuo nome or se t' e\ in piacimento $_. Onde e' rispose: #_ Questo e\ ben dovere, o signor mio: chiamar mi fo Chimento. Cristo ti muti di si\ stran pensiere, che/ tua risposta mi da\ gran tormento: questo non e\ quel che 'l signor mio chiere. Io voglio, Orlando, voi mi perdoniate, e ch' alquante parole m' ascoltiate. Quand' io da Montalban feci partita, io fui a Parigi, dond' io vengo adesso: la corte pare una cosa smarrita, lo 'mperador non pareva piu\ desso, vedovo il regno e la gente stordita. Gli orecchi debbon cornarvi qua spesso, ch' ognun ragiona della vostra fama, e 'l popol tutto a un grido vi chiama. Il mio signor con gran disio v' aspetta; Parigi e Francia, ogni cosa si duole. Or vi vo' dire una mia novelletta, che/ spesso la ragion l' essemplo vuole. Un tratto a spasso anco la formichetta ando\ pel mondo, come far si suole, e trovo\ infine un teschio di cavallo e semplicetta comincio\ a cercallo. Quand' ella giunse ove 'l cervello stava, questa gli parve una stanza si\ bella, che nel suo cor tutta si rallegrava e dicea seco questa meschinella: #" Qualche signor per certo ci abitava $". Ma finalmente, cercando ogni cella, non vi trovava da mangiar ni%ente, e di sua impresa alla fine si pente, e ritornossi nel suo bucolino. Perdonimi, s' io fallo, chi m' ascolta, e 'ntenda il mio vulgar col suo latino: io vo' che a me crediate questa volta e ritorniate al vostro car cugino, se non ch' ogni speranza gli fia tolta: disse che mai a lui non ritornassi, se meco in Francia non vi rimenassi. Il grande amor mi sforza a quel ch' i' dico: riconoscete e gli amici e' parenti; l' andar cosi\ pel mondo e\ pure osti\co $_. Orlando, udendo i suoi ragionamenti, disse: #_ Chimento, tu se' buono amico $_; e gitto\ fuor molti sospir dolenti; e da costui alfin s' accomiatava sanz' altro dir, che/ piangendo n' andava. Orlando, poi che parti\ da Chimento, tutto quel giorno seco ha sospirato. Cosi\ il messaggio ne va mal contento; non sa come a Rinaldo sia tornato. Morgante ne va a pie\ di buon talento, con quel battaglio ch' e\ duro e granato: e in su 'n un poggio le pagane schiere di Manfredon comincion a vedere, padiglioni e trabacche e pennoncelli; e sentono stormenti oltra misura, nacchere e corni e trombe e tamburelli; e cavalier coperti d' armadura vedean, cogli elmi rilucenti e belli. Orlando guata inverso la pianura, e vede tanti pagani attendati, come l' abate gli avea numerati. Di questo molto se ne rallegro\e; cosi\ Morgante; e poi che 'l poggio scese, dinanzi a Manfredon s' appresento\e, ch' era gentil, magnanimo e cortese; e di Morgante si maraviglio\e, e 'l conte Orlando per la briglia prese, e disse: #_ Benvenuto sia, barone. Dismonta, e poi verrai nel padiglione $_. Orlando lascia a Morgante Rondello e va nel padiglion col re pagano; e Manfredon cosi\ diceva a quello: #_ Chi tu ti sia, saracino o cristiano, ti trattero\ come gentil fratello; e perche/ 'l tuo venir non sia qui invano, soldo darotti, se t' e\ in piacimento, tanto che tu sarai, baron, contento $_. Rispose alle parole grate Orlando: #_ Preso m' avete col vostro parlare; soldo ni%ente da voi non domando, se non vedete l' arme adoperare $_. E cosi\ molte cose ragionando, disse il pagano: #_ Io vi vo' ragguagliare di quel che forse per voi non sapete, che/ cavalier discreti mi parete. Io vi diro\ la mia disavventura, s' alcun rimedio sapessi trovarmi: io ardo tutto, per la mia sciagura, d' una fanciulla, e non so piu\ che farmi; due volte abbiam provato l' armadura; ogni volta ha potuto superarmi; si\ che da lei vituperato sono, e messo ho la speranza in abbandono. Egli e\ ben vero ch' i' ho qui tanta gente, che mi darebbe il cuor di superarla; ma non sarebbe onor certanamente, che/ colla lancia intendo d' acquistarla. S' alcun di voi sara\ tanto possente ch' a corpo a corpo credessi atterrarla, ricomperrollo cio\ ch' i' ho nel mondo, che/ basta a me sol lei, poi son giocondo $_. Orlando disse: #_ Noi ci proverremo: ognun ci adoperra\ tutta suo possa; e credo pure alfin noi vinceremo, se {t} femmina {/t R; femina A} sara\ di carne e d' ossa $_. Disse il pagano: #_ Ogni cosa diremo. Prima che la fanciulla facci mossa, manda in sul campo sempre un suo fratello molto gagliardo e gentil damigello; e per nome si chiama {t} Li%onetto, {/t A; Lionetto, R} ed e\ figliuol del gran re Caradoro, e non adora alcun piu\ Macometto che sia si\ forte, per piu\ mio martoro. E la sorella ch' io v' ho prima detto, per cui solo ardo, mi distruggo e moro, gentile, onesta, anzi cruda e villana, sappi che chiamata e\ {t} Meredi%ana. {/t R; Meridi%ana. A} E veramente e\ come ella si chiama, perche/ di mezzodi\ par proprio un sole. Io innamorai di questa gentil dama non per vista, per atti o per parole, ma per le sue virtu\ ch' udi' per fama, ovver che 'l mio destin pur cosi\ vuole; e da quel giorno in qua ch' amor m' accese, per lei son fatto e gentile e cortese. Or vo' pregarvi famosi baroni, che 'l nome mi diciate in cortesia $_. Orlando disse con grati sermoni: #_ Io vel diro\, perche/ in piacer vi sia, benche/ far vi vorremo maggior doni; pur negar questo sare' villania. Piu\ tempo ho fatto in Levante dimoro, e son chiamato da ciascun Brunoro. E questo mio compagno che e\ gigante, veder potrete quanto e\ valoroso; fassi chiamare il feroce Morgante, ed e\ piu\ che non mostra poderoso. In Macometto crede e {t} Trivigante {/t R; Trevigante A} $_. Il re, sentendol, molto grazi%oso rispose: #_ Per mia fe/, che voi sarete da me trattati come voi vorrete $_. E quanto puo\ Manfredon gli onorava, e nel suo padiglion sempre gli tenne, e molte cose con lor ragionava. Ma finalmente un di\ per caso avvenne che {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} quel campo assaltava, e 'nverso il padiglion, come e' suol, vienne, e Manfredon chiamava con un corno alla battaglia, per piu\ beffe e scorno. E comincio\ per modo a muover guerra, che molta gente faceva fuggire: parea quando alle pecore si serra il lupo, onde 'l pastor si fa sentire; e qual ferisce e qual trabocca in terra, e molti il di\ ne faceva morire, e chi fuggir non puo\, ne va prigione; onde e' fuggivan tutti al padiglione. Il conte Orlando udi\ che {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} aveva il campo in tal modo assalito, ch' ognun fuggi\a dinanzi al giovinetto. {add} Subito {/add; Su\bito R A} sopra Rondel fu salito, e disse: #_ Vienne Morgante, i' t' aspetto: di {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} non hai tu sentito? Tu vedrai or di Macon la possanza, e del tuo Cristo, ove tu hai speranza $_. Dicea Morgante: #_ Io non ho mai veduto provare Orlando; io lo vedro\ {t} pur {/t R; pure A} ora: ringrazio Iddio, ch' io mi saro\ abbattuto $_. Orlando sprona il suo cavallo allora, e spari\ via com' uno stral pennuto; per che Morgante s' {t} avvi%ava {/t A; avviava R} ancora, e col battaglio si viene assettando, e guarda pur quel che faceva Orlando. Orlando nella pressa si mettea, e pur Morgante guarda dove e' vada, e sempre drieto a Rondel gli tenea, dove e' vedea che pigliava la strada. E {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} in quel tempo giugnea, ch' aveva in man sanguinosa la spada. Orlando il vide e la lancia abbassava; ma {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} un' altra ne pigliava. Volse il cavallo, e 'nverso Orlando abbassa e vannosi a ferir con gran furore, e l' una e l' altra lancia si fracassa; ma {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} usci\ del corridore, e Rondel via, come il suo nome, passa. Morgante guata drieto al suo signore, e dice: #_ Orlando e\ pur baron perfetto; e Cristo e\ vero, e falso Macometto $_. Ma {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} pur si rilevo\e e sopra il suo cavallo e\ rimontato, e Macometto a gran {t} boce {/t R; voce A} chiamo\e, dicendo: #_ Traditor, ch' i' ho adorato a torto sempre, io ti rinneghero\e, {t} po' {/t R; poi A} ch' a tal punto tu m' hai abandonato; l' anima mia piu\ non ti raccomando, che/ non are' quel colpo fatto Orlando $_. Poi si rivolse a Orlando, dicendo: #_ Nota che e' fu del mio destriere il fallo $_. Orlando gli rispose sorridendo: #_ E' si vorre' co' buffetti ammazzallo $_. Disse Morgante: #_ Cosi\ non la intendo: or che tu se' rimontato a cavallo, mi par che sia tuo debito, pagano, di riprovarvi colle spade in mano $_. Rispose {t} Li%onetto: {/t A; Lionetto: R} #_ A ogni modo vo che col brando terminian la zuffa $_. Disse Morgante: #_ Per Dio, ch' io la lodo, che/ tu vedrai che 'l caval non {t} fe' {/t A; fe/ R} truffa $_. Or tu, Signor, a cui servir sol godo, per cui la terra e l' aria si rabbuffa, guardaci e salva e 'nsino al fine insegna, tanto ch' io canti questa storia degna. O Padre, o giusto, incomprensibil Dio, illumina il mio cor perfettamente, si\ che e' si mondi del peccato rio; e pur s' io sono stato negligente, tu se' pur finalmente il Signor mio, tu se' salute della umana gente; tu se' colui che 'l mio legno movesti e 'nsino al porto aiutarmi dicesti. Orlando gli rispose: #_ Egli e\ dovere $_; e colle spade si son disfidati. E {t} Li%onetto, {/t A; Lionetto, R} ch' avea gran potere, molti pensieri aveva essaminati per fare al conte Orlando dispiacere; e perche/ tutti non venghin fallati, alzava con due man la spada forte, per dare al suo caval, se puo\, la morte. Orlando vide il pagano adirato: penso\ volere il colpo riparare, ma non pote/, che/ 'l brando e\ giu\ calato in sulla groppa, e Rondel {t} fe' {/t A; fe/ R} cascare, tanto ch' Orlando si trovo\ in sul prato, e disse: #_ Iddio non si pote/ guardare da' traditor; pero\ chi puo\ guardarsi? Ma la vergogna qua non debbe usarsi $_. Poi fra se/ disse: #_ Ove se', Vegliantino? $_; ma non disse si\ pian, che 'l suo nimico non intendessi ben questo latino, {t} e {/t R; e' A} si penso\ di dirlo al padre antico. Orlando s' accorgea del saracino, e disse: #_ Se piu\ oltre a costui dico, in dubbio son, se mi conosce scorto: il me' sara\ ch' e' resti al campo morto $_. La gente fu dintorno al conte Orlando con lance e spade, con dardi e spuntoni, e lui soletto s' aiuta col brando; a quale il braccio tagliava e' faldoni, a chi tagliava sbergo, a chi potando veni\a le mani, e cascono i monconi; a chi cacciava di capo la mosca, accio\ ch' ognun la {t} suo {/t R; sua A} virtu\ conosca. Morgante vide in si\ fatto travaglio il conte Orlando, e in la\ n' andava tosto, e comincio\ a sciorinare il battaglio e fa veder piu\ lucciole ch' agosto; e' saracin di lui fanno un berzaglio di dardi e lance, ma gettan discosto, tanto che quando dove e\ il conte venne, un istrice coperto par di penne. Era a cavallo Orlando risalito, e gia\ di {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} ricercava; ma {t} Li%onetto, {/t A; Lionetto, R} come e' l' ha scolpito, inverso la citta\ si ritornava, e per paura l' aveva fuggito. Orlando forte Rondello spronava, e tanto e tanto in su' fianchi lo punse, che {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} alla porta raggiunse. #_ Volgiti indrieto; onde e\ tanta paura $_, grido\ #_ pagano? $_. E colui pur fuggiva, perche/ e' temeva della suo sciagura. Orlando colla spada l' assaliva, e non pote/ fuggir drento alle mura il giovinetto, ch' Orlando il feriva irato con tal furia e con tempesta, che gli spicco\ dallo imbusto la testa. Nel campo si torno\ poi che l' ha morto; trovo\ Morgante che nella pressa era: ebbe di {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} assai conforto, e ritorna^rsi inverso la bandiera. Il caso presto alla dama fu porto, che luce piu\ ch' ogni celeste spera: graffiossi il volto e straccia i capei d' oro, si\ che {t} fe' {/t A; fe/ R} pianger tutto il concestoro. E 'l vecchio padre dicea: #_ Figliuol mio, chi mi t' ha morto? $_ e gran pianto facea. #_ O Macometto, tu se' falso iddio; non te ne {t} 'ncresce {/t R; incresce A} di sua morte rea? Che pensi tu? ch' onor piu\ ti faccia io, o ch' io t' adori nella {t} tuo {/t R; tua A} moschea? $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} in cosi\ fatto pianto fece trovar tutte sue arme intanto. Vennono arnesi perfetti e gambiere {add} subito {/add; su\bito R A} innanzi a questa damigella; di tutta botta lo sbergo e lamiere, e la corazza provata era anch' ella, elmetto e guanti e bracciali e gorgiere (mai non si vide armadura si\ bella), e spada che gia\ mai non fece fallo; e cosi\ armata salto\ in sul cavallo. Gente non volle che l' accompagnasse: uno scudiere a pie\ sol colla lancia. E cosi\ par che in sul campo n' andasse, se l' au%tor della istoria non ciancia, e come giunse, un bel corno sonasse ch' avea d' avorio, come era la guancia. Orlando disse a Manfredonio: #_ Io torno alla battaglia, perch' io odo il corno $_. Morgante presto assettava Rondello; Orlando verso la dama ne gi\a, che vendicar voleva il suo fratello; Morgante sempre alla staffa seguia. Meridi%ana, come vide quello, presto s' accorse che Brunoro sia. Orlando giunse e die\gli un bel saluto; disse la dama: #_ Tu sia il mal venuto. Se se' colui c' hai morto {t} Li%onetto, {/t A; Lionetto, R} ch' era la gloria e l' onor di Levante, per mille volte lo iddio Macometto ti sconfonda, Apollino e Trivigante! Sappi ch' a quel famoso giovinetto non fu mai al mondo, o sara\, simigliante $_. Orlando disse con parlare accorto: #_ Io son colui che {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} ho morto $_. Disse la dama: #_ Non far piu\ parole: prendi del campo; io ne faro\ vendetta. O Macometto crudel, non ti duole che spento sia il valor della tuo setta? Che/ mai tal cavalier vedra\ piu\ il sole, ne/ rifara\ cosi\ natura in fretta $_. E rivolto\ il destrier suo lacrimando; cosi\ dall' altra parte fece Orlando. Poi colle lance insieme si scontrorno: il colpo della dama fu possente, quando al principio l' aste s' appiccorno, tanto ch' Orlando del colpo si sente. Le lance al vento in piu\ pezzi volorno, e Rondel passa furi%osamente col suo signor, che tutto si scontorse pel grave colpo che colei gli porse. Orlando feri\ lei di furia pieno: giunse al cimier che 'n {t} sull' {/t R; su l' A} elmetto avea, e cadde col pennacchio in sul terreno: l' elmo gli usci\, la treccia si vedea che raggia come stelle per sereno, anzi pareva di Venere iddea, anzi di quella che e\ fatta un alloro, anzi parea d' argento, anzi pur d' oro. Orlando rise, e guardava Morgante, e disse: #_ Andianne omai per la piu\ piana. Io credea pur qualche baron prestante pugnassi qui per la dama sovrana: per vagheggiar non venimo in Levante $_. Ebbe vergogna assai Meridi%ana: sanz' altro dir, colla suo chioma sciolta, collo scudiere alla terra die\ volta. Manfredon disse, come e' vide Orlando: #_ Dimmi, baron, come ando\ la battaglia? $_. Orlando gli ripose sogghignando: #_ Venne una donna coperta di maglia, e perche/ l' elmo gli venni cavando, su per le spalle la treccia sparpaglia. Com' io conobbi che l' era la dama, partito son per salvar la {t} suo {/t R; sua A} fama $_. Lasciamo Orlando star col saracino, e ritorniamo in Francia a Carlo Mano. Carlo si stava pur molto tapino, cosi\ il Danese, e lieto era sol Gano, poi che non v' e\ piu\ Orlando paladino; ma sopra tutti il sir da Montalbano, Astolfo, Avino, Avolio ed Ulivieri piangevan questo, e cosi\ Berlinghieri. Chimento un giorno, {t} el {/t R; il A} messaggio, e\ tornato, e inginocchiossi innanzi alla Corona, dicendo: #_ Carlo, tu sia il ben trovato, di cui tanto il gran nome e 'l pregio suona $_. Rinaldo, che lo vide addolorato, disse: #_ Novella non debbi aver buona $_; donde il messaggio disse lacrimando: #_ Io ho trovato il tuo cugino Orlando $_. E mentre che piu\ oltre volea dire, si\ fatta tenerezza gli abbondava, che e' non pote/ le parole finire, quando i baroni intorno riguardava, ch' Orlando ricordo\ nel suo partire, e tramortito in terra si posava; per che ciascuno allor giudica scorto che 'l conte Orlando dovessi esser morto. Dicea Rinaldo: #_ Caro cugin mio, poi che tu se' di questa vita uscito, sanza te, lasso, che farei piu\ io? $_; ed Ulivier piangea tutto smarrito. Carlo pregava umilemente Iddio pel suo nipote, tutto sbigottito, e maladia quel di\ che di sua corte e' si parti, ch' a Gan non die\ la morte. Piangeva il savio Namo di Baviera, e Salamon ne facea gran lamento. Basto\ quel pianto per insino a sera, ch' ognun pareva fuor del sentimento; e Gan fingea con simulata cera. Ma risentito alla fine Chimento levossi e conforto\ costor, pregando che non piangessin come morto Orlando, dicendo: #_ Orlando sta di buona voglia $_; e tutti per sua parte saluto\e. #_ Io il trovai nel deserto di Girfoglia, ch' a una fonte per caso arrivo\e, dove un altro corrier mi die\ gran doglia (ma nella fonte annegato resto\e), che lo mandava qui Gan traditore, per far morire il roman {t} sanatore {/t R; senatore A} $_. Grido\ Rinaldo: #_ Questo rinnegato distrugge pure il sangue di Chiarmonte, come tu vuoi, o Carlo mio impazzato $_. Gan gli rispose con ardita fronte, e disse: #_Io son miglior in ogni lato di te, Rinaldo, e del cugin tuo conte $_. Rinaldo disse: #_ Per la gola menti, che/ mai non pensi se non tradimenti $_; e volle colla spada dare a Gano. Gan si fuggi\, ch' appunto il conosceva. Bernardo da Pontier, suo capitano, irato verso Rinaldo diceva: #_ Rinaldo, tu se' uom troppo villano $_. Allor Rinaldo addosso gli correva e 'l capo dalle spalle gli spiccava e tutti i Maganzesi minacciava. I Maganzesi, veggendo il furore, di {add} subito {/add; su\bito R A} la sala isgomberorno. Carlo gridava: #_ Questo e\ troppo errore! Rinaldo mette sozzopra ogni giorno la corte nostra e fammi poco onore $_. I paladini in questo mezzo entrorno, e tutti quanti conforta^r Rinaldo ch' avessi pazi%enza e stessi saldo. Rinaldo dicea pur: #_ Questo fellone non vo' che facci mai piu\ tradimento. O Carlo, Carlo, questo Ganellone vedrai ch' un di\ ti fara\ mal contento $_. Carlo rispose: #_ Rinaldo d' Amone, tempo e\ da operar si\ fatto unguento: a qualche fine ogni cosa comporto $_. Disse Rinaldo: #_ Ch' Orlando sia morto: a questo fine il comporti tu, Carlo, e che distrugga te, la corte e 'l regno; io voglio, il mio cugino, ire a trovarlo $_. Ed Ulivier dicea: #_ Teco ne vegno $_. Dodon prego\ ch' e' dovessi menarlo, dicendo: #_ Fammi di tal grazia degno $_, Disse Rinaldo: #_ Tu credi ch' io andassi, che 'l mio Dodon con meco non menassi? $_. Chiamo\ Guicciardo, Alardo e Ricciardetto: #_ Fate che Montalban sia ben guardato, tanto ch' io truovi il cugin mio perfetto: ognun sia presto la\ rappresentato, ch' io ho de' traditor sempre sospetto, e Gan fu traditor prima che nato; non vi fidate se non di voi stesso, e Malagigi getti l' arte spesso $_. Rinaldo e 'l suo Dodone ed Ulivieri da Carlo imperador s' accomiatorno; e nel partirsi questi cavalieri tre sopravveste verde s' acconciorno, che in una lista rossa due cervieri v' era, e con esse pel cammino entrorno: era questa arme d' un gran saracino disceso della schiatta di Mambrino. Cosi\ vanno costoro alla ventura. Usciron della Francia incontanente, passoron della Spagna ogni pianura; tra mezzodi\ ne vanno e tra ponente. Lascia\ngli andar, che Cristo sia lor cura, e tratterem d' un saracin possente, che inverso Barberia facea dimoro: era gigante e chiamato Brunoro, ovver cugin carnale, ovver fratello del gran Morgante, ch' avea seco Orlando, e Passamonte ed Alabastro, quello ch' Orlando nel deserto uccise, quando {t} el {/t R; il A} santo abate riconobbe, e fe/llo contento il parentado ritrovando. Brunor, per far de' suo' fratei vendetta, di Barberia s' e\ mosso con gran fretta con forse trentamila ben armati e tutti quanti usati a guerreggiare. Alla badia ne vengon difilati per far l' abate e' monaci sbucare; e tanto sono a stracca cavalcati, che cominciorno le mura a guardare; e giunti alla badia, drento v' entraro, che/ contro a lor non vi fu alcun riparo, e 'l domine messer lo nostro abate la prima cosa missono in prigione. Disse Brunoro: #_ Colle scorreggiate uccider si {t} vorra\ {/t R; vorria A} questo ghiottone, ma pur per ora in prigion lo cacciate; riserberello a maggior punizione: cagione e\ stato principale e mastro che Passamonte e\ morto ed Alabastro $_. Rinaldo in questo tempo alla badia con Ulivieri e Dodone arrivava; vide de' saracin la compagnia, e del signor, chi fusse domandava. Brunor rispose con gran cortesia: #_ Io son desso io, e se cio\ non vi grava, ditemi ancor chi voi, cavalier, siete $_. Disse Rinaldo: #_ Voi lo 'ntenderete. Noi sia\n la\ de' paesi del Soldano pur cavalieri erranti e di ventura; per la ragion come {t} Ercol {/t R; Ercul A} combattia\no. Abbiamo avuto assai disavventura: questo ci avvenne perche/ il torto ava\no, e la ragion pur ebbe {t} suo {/t R; sua A} misura; nostri compagni, alcun n' e\ stato morto, che, nol sappiendo, difendeano il torto $_. Disse Brunoro: #_ Io mi fo maraviglia che voi campassi, e per Dio mi vergogno a dirvi quel che la mente bisbiglia: voi siete armati in visi%one o in sogno. Se voi volete colla mia famiglia mangiar, che/ forse n' avete bisogno, dismonterete, ed onor vi fie fatto, e fate buono scotto per un tratto $_. Disse Rinaldo: #_ Da mangiare e bere accetto $_. Il re chiamava un saracino; disse: #_ Costor son gente da godere; e vanno combattendo il pane e 'l vino e carne, quando e' ne possono avere; non debbe bisognar dar loro uncino o por la scala, ove aggiungon con mano; dice che son cavalier del Soldano. Se la ragione aspetta che costoro l' aiutino, in prigion se n' andra\ tosto, s' avessi piu\ avvocati, argento o oro, o carte o testimon, che fichi agosto $_. Dicea fra se/ sorridendo Brunoro: #_ A Ercol s' agguaglio\ quel ciuffalmosto, o cavalier di gatta, o qualche araldo $_. Ed ogni cosa intendeva Rinaldo. #_ Truova cosa che faccin collezione, se v' e\ reliquia, arcame o catri%osso rimaso, o piedi o capi di cappone, e da\ pur broda e macco a l' uom ch' e\ grosso: vedrai come egli scuffia, quel ghiottone, che debbe come {t} el {/t R; il A} can rodere ogn' osso. {t} Asse\ttagli {/t R; Assettagli A} a mangiare in qualche luogo, e lascia i porci poi pescar nel truogo $_. Rinaldo facea vista non udire e non gustar quel che diceva quello: non si voleva al pagano scoprire per nessun modo, e fa del buffoncello. Ecco di molta broda comparire in un paiuol come si fa al porcello, ed ossa dove i cani impazzerebbono, e in Giusaffa\ non si ritroverrebbono. Rinaldo cominciava a piluccare, e trassesi di testa allor l' elmetto; ma Ulivier non sel volle cavare, cosi\ Dodon, che/ stavon con sospetto; per che Brunor, veggendogli imbeccare per la visiera, guardava a diletto; e comandava a un di sua famiglia ch' a' lor destrier si traessi la briglia, e fece dar lor biada e roba assai, dicendo: #_ Questi pagheran lo scotto, o l' arme lasceran con molti guai: non mangeranno cosi\ a bertolotto $_. Dicea Rinaldo: #_ Alla barba l' arai $_; e comincio\ a mangiar com' un arlotto. Ma quel sergente a chi fu comandato, avea il caval di Dodon governato. Poi governo\ dopo quel, Vegliantino, ch' avea con seco menato il marchese; poi se ne va a Baiardo il saracino; e come il braccio alla greppia distese, Baiardo lo ciuffo\e com' un maschino e 'n sulla spalla all' omero lo prese, che lo schiaccio\ come e' fussi una canna, tal che con bocca ne spicca una spanna. {add} Subito {/add; Su\bito R A} cadde quel famiglio in terra e poi per grande spasimo mori\o. Disse Rinaldo: #_ Appiccata e\ la guerra: lo scotto {t} paghera' {/t R; pagherai A} tu, mi credo io: vedi che spesso il disegno altrui erra $_. Quando Brunor questo caso senti\o, disse: #_ Mai vidi il piu\ fiero cavallo. Io vo' che tu mel doni sanza fallo $_. Rinaldo fece #_ Albanese, messere $_; disse: #_ Questo orzo mi par del verace $_. Brunor diceva con un suo scudiere: #_ Questo caval si vorra\, che/ mi piace $_. Rinaldo torna e riponsi a sedere, e rimangio\ {t} com' {/t R; come A} un lupo rapace. Un saracin, che ancor lui fame avea, allato a lui a mangiar si ponea. Rinaldo l' ebbe alla fine in dispetto, pero\ che diluviava a maraviglia e cadegli la broda giu\ pel petto; guardo\ piu\ volte, e torceva le ciglia; poi disse: #_ Saracin, per Macometto, che tu se' porco o bestia che 'l somiglia! Io ti prometto, s' tu non te ne vai, faro\ tal giuoco che tu {t} piagnerai {/t R; piangerai A} $_. Disse il pagan: #_ Tu debb' essere un matto, poi che di casa mia mi vuoi cacciare $_. Disse Rinaldo: #_ Tu vedrai bell' atto $_. Il saracin non se ne vuole andare e nel paiuol si tuffava {t} all' imbratto. {/t R; allo 'mbratto. A} Rinaldo non pote/ piu\ comportare, e 'l guanto si mettea nella man destra, tal che gli fece smaltir la minestra; che/ gli appicco\ in sul capo una sorba, che come e' fussi una noce lo schiaccia: non bisogno\ che con man vi si forba, e morto nel paiuol quasi lo caccia, tanto che tutta la broda s' intorba. Dodon gridava al marchese: #_ {add} Su, {/add; Su\, R A} spaccia, lieva {add} su {/add; su\ R A} presto, la zuffa s' appicca $_; donde Ulivieri abandono\ la micca. Allora una brigata di que' cani {add} subito {/add; su\bito R A} addosso corsono a Dodone, e cominciossi a menarvi le mani. Rinaldo vide appiccar la quistione e in mezzo si scaglio\ di que' pagani (cosi\ faceva Ulivier borgognone); trasse dallato la spada sua bella, ma presto brutta e sanguinosa fe/lla. Al primo che trovo\ la zucca taglia: Dodone uccise un pagan molto ardito. Brunor, veggendo {t} avvi%ar {/t A; avviar R} la battaglia, {add} subito {/add; su\bito R A} verso Rinaldo fu ito, e disse: #_ Cavalier, se Iddio ti vaglia, per che cagion se' tu stato assalito? $_; e grido\ forte che ciascun s' arresti, tanto che il caso a lui si manifesti. {add} Subito {/add; Su\bito R A} la battaglia s' arrestava. Saper voleva ogni cosa Brunoro; verso Rinaldo di nuovo parlava: #_ Dimmi, baron, perche/ tu da\i martoro alla mia gente, che troppo mi grava? $_. Disse Rinaldo: #_ Come san costoro, non vo' mai noia quand' io sono a desco, e sto, come 'l caval, sempre in cagnesco. Venne a mangiar qua uno; io lo pregai che se n' andassi, e non curo\ il mio dire: mangiato non parea ch' avessi mai ed ogni cosa faceva sparire. Le frutte dopo al mangiar gli donai, perche/ il convito s' avessi a fornire $_. E mentre che e' dicea questo al pagano, Frusberta sanguinosa tenea in mano. Disse Brunor: #_ Poi che cosi\ mi conti, di questo fatto se ne vuol far pace. Non siate cosi\ tosto al ferir pronti. Io t' ho fatto piacer: se non ti spiace, i peccati commessi sieno sconti; rimettete le spade, se vi piace $_. Rimisson tutti allora il brando drento; Brunor seguiva il suo ragionamento: #_ Detto m' avete, s' io ho inteso bene, che combattete sol per la ragione: pero\ d' un altro caso vi conviene dirne con meco vostra oppini%one. Dirovvi prima quel che s' appartiene, e voi poi solverete la quistione; se non, tu lascerai qui il tuo cavallo, che ristoro\ dell' orzo il mio vassallo $_. Disse Rinaldo: #_ Apparecchiato sono $_. Brunoro allor gli raccontava il fatto: #_ Questa badia s' e\ messa in abbandono perche/ due miei frategli furno a un tratto fatti morir sanza trovar perdono; ond' io, sentendo si\ tristo misfatto, venuto sono a vendicargli, e preso l' abate ho qui, da cui mi tengo offeso. Se la ragion tu di' che suol' difendere, tu doverresti aiutar me per certo, ed a me par che tu mi voglia offendere: onor t' ho fatto, aspettando buon merto $_. Disse Rinaldo: #_ Falso e\ il tuo contendere; io ti diro\ quel ch' io ne 'ntendo, aperto: con un sol bue io non son buon bifolco; ma s' io n' ho due andra\ diritto il solco. Se due campane, l' una odi sonare e l' altra no, chi puo\ giudicar questo, qual sia migliore? Io odo il tuo parlare; vorrei da quello abate udire il resto $_. Disse Brunoro: #_ E questo anco a me pare $_. Venne l' abate appiccato al capresto, e liberato fu della prigione perche/ e' potessi dir la {t} suo {/t R; sua A} ragione. Disse Brunoro: #_ Io ho detto a costui l' oltraggio che da te ho ricevuto: contato gli ho come diserto fui, pe' tuoi consigli, da chi t' ha creduto. Or tu le ragion tue puoi dire a lui, che mi pare uom assai giusto e saputo $_. Disse l' abate: #_ Or l' altra parte udite, a voler ben giudicar nostra lite. Io mi posavo in queste selve strane, e' suoi frategli ogni di\ mi facevano a torto mille ingiurie assai villane, e spesso i faggi e le pietre sveglievano; hanno piu\ volte rotte le campane, e de' miei frati con esse uccidevano. Convennemi alcun tempo comportarli, che/ forze non avea da contastarli. Ma come piacque a quel Signor divino ch' aiuta sempre ognun c' ha la ragione, ci capito\ un mio fratel cugino il qual si chiama Orlando di Millone; e come quel che e\ giusto paladino, ebbe di me giusta compassi%one, e in su quel monte ando\ a trovar costoro e con sua mano uccise due di loro; e 'l terzo per suo amor si converti\e, e con quel conte Orlando se n' ando\e verso Levante; e da me si parti\e, tanto che sempre ne sospirero\e $_. Quando Rinaldo le parole udi\e, molto d' Orlando si maraviglio\e, e non sapea rassettar nella mente come l' abate fussi suo parente. E comincio\ cosi\ al pagano a dire: #_ Or ti parra\ che il solco va diritto, or due campane si possono udire. Tu mi parlavi simulato e fitto; pero\, s' a questo non sai contraddire, la mia sentenzia e\ data gia\ in iscritto: se vero e\ quel che l' abate m' ha porto, egli ha ragione e tu, pagano, hai il torto. E intendo di provar quel ch' io ti dico a corpo a corpo, a piede o a cavallo, perch' io son troppo alla ragione amico $_. Disse il pagano: #_ E' si vorria impiccallo con teco. Or gua^rti come mio nimico. Tu debbi essere un ghiotto sanza fallo $_. Disse Rinaldo: #_ Com' io saro\ ghiotto, tu mel saprai dir meglio al primo botto $_. Disse Brunoro: #_ Noi faremo un patto: che s' io ti vinco io vo' questo destriere; ch' al primo so ti daro\ scaccomatto con la pedona in mezzo lo scacchiere $_. Disse Rinaldo: #_ Come vuoi sia fatto: se tu m' abbatti, questo e\ ben dovere; ed anco a scacchi ti potria dir reo, ch' io fo i {t} tua {/t R; tuo' A} par ballar come {t} 'l {/t R; il A} paleo. Ma voglio un altro patto, se ti piace: che s' io ti vincero\ nella battaglia, l' abate liber sia lasciato in pace dalla tua gente sanz' altra puntaglia. Cosi\, se 'l mio pensier fussi fallace, questo caval ch' io ho, coperto a maglia, vo' che sia tuo; ma s' tu m' abbatterai, a ogni modo che dich' io l' arai $_. Poi che l' accordo cosi\ si fermava, ognun quanto volea del campo tolse: come Brunoro il suo destrier girava, cosi\ Rinaldo Baiardo rivolse. Il saracin la sua lancia abbassava, sopra lo scudo di Rinaldo colse, passollo tutto e pel colpo si spezza. Rinaldo feri\ lui con gran fierezza e passagli lo scudo e l' armadura, per mezzo al petto la lancia passava, due braccia o piu\ d' una buona misura dall' altra parte sanguinosa andava; e cadde rovesciato alla verzura, l' anima nello inferno s' {t} avvi%ava {/t A; avviava R}. Gli altri pagani, veggendol morire, Ulivier presto corsono assalire. Rinaldo non avea rotta la lancia, e 'l primo ch' egli scontra de' pagani, gli passo\ la corazza e poi la pancia; poi con Frusberta sgranchiava le mani. Ed Ulivier, che e\ pur di que' di Francia, que' saracini affetta come pani, e sopra Vegliantino era salito, e del diciotto teneva ogn' invito. Allor Dodone all' abate correa, il quale era legato molto stretto; taglio\ il capresto e le mani sciogliea. L' abate presto si misse in assetto: uno stangon dalla porta togliea, ch' a un pagan levo\ il capo di netto; poi nella calca in modo arrandellollo, ch' a piu\ di sei levo\ il capo dal collo. I frati, ognun la cappa si cavava: chi piglia sassi e chi stanga e chi mazza; ognuno addosso a costor si cacciava, molti uccidean di quella turba pazza. Rinaldo tanti quel di n' affettava, che in ogni luogo pel sangue si guazza: a chi balzava il capo, a chi il cervello, come si fa delle bestie al macello. Ed Ulivier ch' aveva Durlindana, tu {t} de' {/t R; de/i A} pensar quel che facea di loro: e' fece in terra di sangue una chiana. Dodon pareva piu\ bravo ch' un toro. Missesi in fuga la gente pagana, che/ non potean piu\ regger al martoro. L' abate all' uscio per piu\ loro angoscia s' era arrecato, e nell' uscir fuor, croscia. {add} Subito {/add; Su\bito R A} la badia isgomberorno: molti ne fecion saltar le finestre; fino al deserto gli perseguitorno, poi gli lasciorno alle fiere silvestre. E' monaci la porta riserrorno, e rassetta^rsi all' antiche minestre. Poi, riposato, all' abate n' andava Rinaldo presto e cosi\ gli parlava: #_ Voi dite, abate, che siete cugino, se bene ho inteso tal ragionamento, d' Orlando nostro, degno paladino; pero\ di questo mi fate contento: donde disceso siete, e in qual confino, e che cagion vi condusse al convento? $_. Disse l' abate: #_ Se saper t' e\ caro quel che tu di', tu sarai tosto chiaro. Io fui figliuol d' un figliuol di Bernardo, che si chiamo\ dalla gente Ansuigi, fratel d' Amone (e fu tanto gagliardo ch' ancor la fama risuona in Parigi), d' Ottone e Buovo, s' i' non son bugiardo. E la cagion ch' io vesto or panni bigi, fu dal Ciel prima giusta spirazione, poi per conforto di papa {t} Li%one {/t A; Lione R} $_. Rinaldo, udendo contar la novella, con molta festa lo corse abbracciare, e ringraziava del cielo ogni stella; e disse: #_ Abate, io non vi vo' celare, poi che scacciata abbiam la gente {t} fella, {/t A; fe\lla, R} il nome mio, ch' io nollo {t} potre' {/t R; potrei A} fare, tanta dolcezza supera la mente: son come Orlando anch' io vostro parente. Io son Rinaldo, e fui figliuol d' Amone; e come a lui, a me cugino ancora siete $_; e piangeva per affezi%one; per che l' abate lo strigneva allora, e mai non ebbe tal consolazione. #_ O giusto Iddio, ch' ogni cristiano adora, dopo tante altre grazie e lunga etate, veggo Rinaldo mio $_, dicea l' abate, #_ ed ho veduto il mio famoso Orlando, benche/ del suo partir sia sconsolato; {it} nunc dimitte servum tuum {/it}, quando omai ti piace, Signor mio beato $_. Rinaldo allor soggiunse lacrimando: #_ E questo e\ Ulivier, che e\ suo cognato; questo e\ Dodone, il figliuol del Danese $_. L' abate abbraccia e Dodone e 'l marchese. I monaci {t} facevon {/t R; facevan A} molta festa, perche/ partito e\ il popol saracino e che per grazia Iddio lor manifesta che Rinaldo e\ dell' abate cugino. Ma perch' io sento la terza richiesta di ringraziar Chi ci scorge il cammino, faro\ sempre al cantar quel ch' e\ dovuto. Cristo vi scampi e sia sempre in aiuto. {it} Gloria in excelsis Deo {/it} e in terra pace: Padre e Figliuolo ed Ispirito santo, {it} benedicimus te {/it}, Signor verace, {it} laudamus te {/it}, Signor, con umil canto, poi che per tua benignita\ ti piace l' abate nostro qui consolar tanto, e le mie rime accompagnar per tutto, tanto che il fior produca alfin buon frutto. Era nel tempo ch' ognun s' innamora e ch' a scherzar comincian le farfalle; e 'l sol, ch' avea passata l' ultima ora, verso Murrocco chinava le spalle; la luna appena corneggiava ancora, de' monti l' ombra copriva ogni valle, quando Rinaldo all' abate ritocca che 'l nome suo non tenessi piu\ in bocca. Rispose: #_ Chiaramonte e\ il nome mio $_ benignamente a Rinaldo l' abate. Dopo alcun giorno, acceso dal desio, disse Rinaldo: #_ Io vo' che voi ci diate omai licenzia col nome di Dio: io ho a Parigi mie gente lasciate, perch' io non credo che 'l di\ mai veggiamo di ritrovar colui che noi cerchiamo $_. L' abate, ch' era prudente e saputo, disse: #_ Rinaldo, benche/ duol mi fia, che/ mai qui mi saresti rincresciuto, credo che questo buon concetto sia. Io son contento, poi ch' io t' ho veduto: so che questa sara\ la parte mia, di rivedervi piu\, ch' egli e\ ragione; pero\ vi {t} do {/t A; do\ R} la mia benedizione. Se di vedere Orlando e\ il tuo pensiero, vattene in pace, caro mio fratello; Dio t' accompagni per ogni sentiero, o come fece Tobia, Rafaello $_. Disse Rinaldo: #_ Cosi\ priego e spero. Rivedrenci nel Ciel {add} su {/add; su\ R A} presso a Quello che de' suoi servi ara\ giusta merzede, che combatton qua giu\ per la {t} suo {/t R; sua A} fede $_. Rinaldo si parti\ da Chiaramonte, ed Ulivieri e Dodon, sospirando. Va cavalcando per piano e per monte per la gran voglia di vedere Orlando: #_ Quando sara\ quel di\, famoso conte $_, dicea fra se/ #_ ch' io ti rivegga? quando? Non mi dorra\ per certo poi la morte, s' io ti ritruovo e riconduco in corte $_. Era dinanzi Rinaldo a cavallo, ed Ulivier lo seguiva e Dodone, per uno oscuro bosco, sanza fallo, dove si scuopre un feroce dragone coperto di stran cuoio verde e giallo, che combatteva con un gran {t} li%one. {/t A; lione. R} Rinaldo al lume della luna il vede, ma che quel fussi drago ancor non crede. Ed Ulivier piu\ volte aveva detto, si\ come avvien chi cavalca di notte: #_ Io veggo un fuoco appie\ di quel poggetto: gente debbe abitar per queste grotte $_. Egli era quel serpente maladetto che getta fiamme per bocca ta' dotte, ch' una fornace pareva in calore e tutto il bosco copria di splendore. E il {t} li%on {/t A; lion R} par che con lui s' accapigli e colle branche e co' denti lo roda, ed or pel collo or nel petto lo pigli; e 'l drago avvolta gli aveva la coda e presol colla bocca e cogli artigli per modo tal che da lui non si snoda; e non pareva al {t} li%one {/t A; lione R} anco giuoco, quando per bocca e' vomitava fuoco. Baiardo comincio\ forte annitrire, come e' conobbe il serpente da presso; Vegliantin d' Ulivier volea fuggire, quel di Dodon si volge addrieto spesso, che/ 'l fiato del dragon si fa sentire. Ma pur Rinaldo innanzi si fu messo, e increbbegli di quel {t} li%on, {/t A; lion, R} che perde a poco a poco e rimaneva al verde; e termino\ di dargli alfin soccorso, e che non fussi dal serpente morto. Baiardo sprona e tempera col morso, tanto che presso a quel drago l' ha porto, che si studiava co' graffi e col morso tal che condotto ha il {t} li%one {/t A; lione R} a mal porto; ma invoco\ prima l' aiuto di sopra, che cominciassi si\ terribil opra. Ed adorando sentiva una {t} boce {/t R; voce A} che gli dicea: #_ Non temer, baron dotto, del gran serpente rigido e feroce: tosto sara\ per tua mano al disotto $_. Disse Rinaldo: #_ O Signor mio, che in croce moristi, io ti ringrazio di tal motto $_; e trasse con Frusberta a quel dragone, e manco\ poco e' non de/tte al {t} li%one. {/t A; lione. R} Parve il {t} li%on {/t A; lion R} di cio\ fusse indovino, e quanto puo\ dal serpente si spicca, veggendosi in aiuto il paladino. Frusberta addosso al dragon non s' appicca, perche/ il dosso era piu\ che d' acciaio fino; trasse di punta, e 'l brando non si ficca, che solea pur forar corazze e maglie, si\ dure aveva il serpente le scaglie. Disse Rinaldo: #_ E' fia di Satanasso il cuoio che 'l serpente porta addosso, poi che di punta col brando nol passo e che col taglio levar non ne posso $_; e lascia pur la spada andare in basso, credendo a questo tagliare alfin l' osso. Frusberta balza e faceva faville; cosi\ de' colpi gli die\ forse mille. E quel {t} li%on {/t A; lion R} lo teneva pur fermo, quasi dicessi: #_ S' io lo tengo saldo, non ara\ sempre a ogni colpo schermo $_. Ma poi che molto ha bussato Rinaldo e conoscea che questo crudel vermo l' offendea troppo col fiato e col caldo, se gli accostava e prese un tratto il collo, e spicco\ il capo che parve d' un pollo. Fuggito s' era Ulivieri e Dodone, che i lor destrier non poteron tenere. Come e' fu morto quel fiero dragone, balzato il capo e caduto a giacere, verso Rinaldo ne venne il {t} li%one {/t A; lione R} e cominciava a leccare il destriere: parea che render gli volessi grazia; di far festa a Rinaldo non si sazia; ed avviossi con esso alla briglia. Rinaldo disse: #_ Virgin grazi%osa, poi che mostrata m' hai tal maraviglia, ancor ti priego, {t} Reina {/t R; Regina A} pietosa, che mi dimostri onde la via si piglia, per questa selva cosi\ {t} pau%rosa, {/t A; paurosa, R} di ritrovare Ulivieri e Dodone, o tu mi fa fare scorta al {t} li%one {/t A; lione R} $_. Parve che questo il {t} li%one {/t A; lione R} intendessi e cominciava innanzi a caminare, come se #_ Drieto mi verrai $_ dicessi. Rinaldo si lasciava a lui guidare, che/ i boschi v' eran si\ folti e si\ spessi che fatica era il sentiero osservare; ma quel {t} li%one {/t A; lione R} appunto sa i sentieri, e ritrovo\ Dodone ed Ulivieri. Era Ulivier tutto malinconoso, e del cavallo in terra dismontato; cosi\ Dodone, e piangea doloroso, e {t} 'ndrieto {/t R; indietro A} inverso Rinaldo e\ tornato per dar soccorso al paladin famoso; ed Ulivieri aveva ragionato: #_ Penso che morto Rinaldo vedremo da quel serpente, e tardi giugneremo $_. E non sapean ritrovare il cammino; erano entrati in certe strette valli. Ecco Rinaldo e 'l {t} li%on {/t A; lion R} gia\ vicino: maravigliossi, e comincio\ a guardalli; vide Ulivier non avea Vegliantino; disse: #_ Costoro ove aranno i cavalli? A qualche {t} fiera {/t R; fera A} si sono abbattuti, dove egli aranno e' lor destrier perduti $_. Ulivier quando Rinaldo vedeva, non si puo\ dir se pareva contento, e disse: #_ Veramente io mi credeva ch' omai tu fussi della vita spento $_; e poi ch' allato il {t} li%one {/t A; lione R} scorgeva al lume della luna, ebbe spavento. Disse Rinaldo: #_ Ulivier, non temere che quel {t} li%on {/t A; lion R} ti facci dispiacere. Sappi che morto e\ quel dragon crudele, e liberato ho questo mio compagno, che meco or vien come amico fedele, ed aren fatto di lui buon guadagno: prima che forse la luna si cele, tratti ci ara\ questo {t} li%on {/t A; lion R} grifagno del bosco e guideracci a buon cammino. Ma dimmi, hai tu perduto Vegliantino? $_. Ulivier si scuso\ con gran vergogna: #_ Come tu fusti alle man col dragone, i destrier ci hanno grattata la rogna tra mille sterpi e per ogni burrone; ognun voleva far quel che bisogna per aiutarti, come era ragione, ma ritener non gli potemo mai, tanto che forse di noi ti dorrai. Noi gli lasciamo presso a una fonte, perche/ pur quivi si fermorno a bere: quivi legati appie\ gli abbia\n del monte, ed or di te venavamo a sapere, se rotta avevi al serpente la fronte o da lui morto restavi a giacere $_. Disse Rinaldo: #_ Pe' cavalli andiamo, e tra noi scusa, Ulivier, non facciamo $_. Ritrovorno ciascuno il corridore. Dicea Rinaldo: #_ Or da toccar col dente non credo che si truovi insin che fore usciam del bosco o troviamo altra gente. Cosi\ stessi tu, Carlo imperadore, che vuoi ch' io vada pel mondo dolente! Cosi\ stessi tu, Gan, com' io sto ora! Ma forse peggio star ti faro\ ancora $_. E cosi\ cavalcando con sospetto, Rinaldo si dolea del suo destino; e quel {t} li%one {/t A; lione R} innanzi va soletto, sempre mostrando a costoro il cammino; e poi ch' egli hanno salito un poggetto, ebbon veduto un lume assai vicino; che/ in una grotta abitava un gigante, ed un gran fuoco s' avea fatto avante. Una capanna di frasche avea fatto, ed appiccato a una sua caviglia un cervio e della pelle l' avea tratto. Sente i cavagli al pestare e la briglia: {add} subito {/add; su\bito R A} prese la caviglia il matto, come colui che poco si consiglia: a Ulivieri, furioso piu\ {t} ch' {/t R; che A} orso, addosso presto la bestia fu corso. Ulivier vide quella mazza grossa e del gigante la mente superba; volle fuggirlo: intanto una percossa giunse nel petto si\ forte e si\ acerba, che, bench' avessi il baron molta possa, di Vegliantin si trovava in sull' erba. Rinaldo, quando Ulivier vide in terra, non domandar quanto dolor l' afferra; e disse: #_ Ribaldon, ghiotton da forche, che mille volte so l' hai meritate! Prima che sotto la luna si corche, io ti meritero\ di tal derrate $_. Questo bestion con sue parole porche disse: #_ A te non daro\ se non gotate; che se' tu tratto del cervio {t} all' {/t R; a l' A} odore? Tu debbi essere un ghiotto o furatore $_. Rinaldo, ch' avea poca pazi%enza, de/tte in sul viso al gigante col guanto, e fu quel pugno di tanta potenza che tutto quanto il mostaccio gli ha infranto, dicendo: #_ Iddio non ci are' sofferenza $_. Pure il gigante, {t} ri%avuto {/t A; riavuto R} alquanto, arrandello\ la caviglia a Rinaldo, che/ d' altro che di sol gli vuol dar caldo. Rinaldo il colpo schifo\ molto destro e {t} fe' {/t A; fe/ R} Baiardo saltar come un gatto: combatter co' giganti, era maestro; sapeva appunto ogni lor colpo ed atto. Parve il randello uscissi d' un balestro. Rinaldo meno\ il pugno un altro tratto, e fu si\ grande questo mostaccione che morto cadde il gigante boccone. E poco men che non {t} fe' {/t A; fe/ R} come e' suole il drago quando uccide {t} il leofante {/t R; l' elefante, A} che non s' avvede, tanto e\ sciocco e fole, che nel cader quello animal pesante l' uccide, che/ gli e\ sotto, onde e' si duole: cosi\ Rinaldo a questo fu ignorante, che/, quando e' cadde, il gigante gagliardo ischiaccio\ quasi Rinaldo e Baiardo. E con fatica gli usci\ poi di sotto, e bisogno\ che Dodon l' aiutassi. Disse Rinaldo: #_ I' non pensai di botto cosi\ il gigante in terra rovinassi; ond' io n' ho quasi pagato lo scotto. E' disse ch' a l' odor d' un cervio trassi: alla sua capannetta andiamo un poco, dove si vede colassu\ quel fuoco $_. Allor tutti smontaron dell' arcione, alla capanna furono {t} avvi%ati; {/t A; avviati; R} vidono il cervio; diceva Dodone: #_ Forse che mal non saren capitati $_. Fece d' un certo ramo uno schidone. Rinaldo intanto tre pani ha trovati e pien di strana cervogia un barlotto, e disse: #_ Il cervio mi sa di biscotto $_. Erano i pan come un fondo di tino, tanto ch' a dirlo pur, mi raccapriccio. Disse Rinaldo: #_ Se ci e\ il pane e il vino, ch' aspettian noi, Dodon? Qua sa d' arsiccio $_. Dicea Dodone: #_ Aspetta un tal pochino, tanto che lievi la crosta {add} su {/add; su\ R A} il riccio $_. Disse Rinaldo: #_ Piu\ non l' arrostia\no, che/ 'l cervio molto cotto e\ poco sano $_. Disse Dodone: #_ I' t' ho inteso, Rinaldo: il gorgozzul ti debbe pizzicare: se non e\ cotto, e' basta che sie caldo $_; e cominciorno del cervio a spiccare. Rinaldo sel mangiava intero e saldo, se non che la vergogna il fa restare; e de' tre pan fece paura a uno, che/ col barlotto non beve a digiuno. Poi che fu l' alba in levante apparita, si dipartiron da quella capanna. Dicea Dodon: #_ Questa fu buona gita, poi che da ciel sopravvenne la manna e quel gigante ha perduta la vita. Vedi che pure ingannato e\ chi inganna: quel bacalare, Ulivier, ti percosse a tradimento; or si sta per le fosse $_. Disceson di quel monte alla pianura e il lor {t} li%one {/t A; lione R} innanzi {t} pure {/t R; pur A} andava. Dicea Rinaldo: #_ Questa e\ gran ventura! $_ ed Ulivier con lui se n' accordava; tanto ch' usciron d' una valle oscura ove poi nel dimestico s' entrava; cominciono a veder casali e ville, e sopra a' campanil gridar le squille. E poco tennon piu\ oltre il cammino, che cominciorno a trovar de' pastori presso a un fiume ch' era lor vicino, e poi sentiron gran grida e romori: Baiardo aombra, e cosi\ Vegliantino; ed ecco uscir d' una valletta fuori una gran turba che s' era fuggita, ed a veder parea gente smarrita. Rinaldo allora a Dio si raccomanda; e intanto appresso s' accosta un pagano. Allor Dodon di {add} subito {/add; su\bito R A} domanda: #_ Che caso e\ questo, in questo luogo, strano, che par che tanto romor qua si spanda? Per cortesia, non voglia esser villano $_. Rispose il saracin presto a Dodone: #_ Io tel diro\; non e\ sanza cagione. Del mio dir so che ti verra\ pietade: per una figlia nobile e serena quasi e\ disabitata una cittade, perch' una vipra crudel ci avvelena. Il re Corbante, per la {t} suo {/t R; sua A} bontade, la sua figliuola detta Forisena a divorar vuol dare a questa {t} fiera: {/t R; fera: A} la sorte tocca a lei, vuol che lei pe\ra. E di noi altri ha gia\ mangiati assai: ogni di\ ne vuol due, sera e {add} mattina $_. {/add; mattina. R} #_ Dimmi $_, rispose Rinaldo #_ s' tu sai, questa citta\ come ella ci e\ vicina? $_. Rispose il saracin: #_ Tu la vedrai tosto, la terra misera e meschina; ma guarda che tal gita non sia amara: ella e\ qui presso e chiamasi Carrara. Io ve n' avviso per compassi%one ch' io ho di voi, per Macometto iddio, che voi non vi lasciate le persone, poi che d' andarvi mostrate desio. La citta\ troverrete in perdizione e molto mal contento il signor mio per questa cruda fera e maladetta che debbe divorar la giovinetta. Come egli e\ di\, se ne viene alle porte; se da mangiar non gli e\ portato tosto, col tristo fiato ci conduce a morte: convien ch' un uom gli pogna\n la\ discosto. Questa fanciulla gli e\ tocca la sorte, e 'l padre suo di mandarla ha disposto; il popol grida, e quella fiera rugge, tanto ch' ognun per paura si fugge. Credo che sia sol pe' nostri peccati, perche/ Corbante uccise un suo fratello che fu tra noi de' cavalier nomati il piu\ savio, il piu\ giusto, forte e bello; noi consentimo a tutti questi agguati; pero\ che il regno apparteneasi a quello, la vipera e\ venuta a purgar certo questo peccato e rendeci tal merto. Ed e\ tra noi chi abbia oppini%one che lo spirito suo drento vi sia, in questa {t} fiera, {/t R; fera, A} di questo garzone $_. Disse Rinaldo: #_ Di tua cortesia io ti ringrazio. Aiutivi Macone da questa {t} fiera, {/t R; fera, A} s' ella e\ tanto ria. Ma dimmi, saracin, questa donzella, come ella e\ giovinetta e s' ella e\ bella $_. Disse il pagan: #_ Non domandar di questo, che/ non si vide mai cosa si\ degna: un atto dolce, angelico e modesto; di virtu\ porta e di bilta\ la {t} insegna; {/t R; 'nsegna; A} ne' quindici anni entrata; e va' pel resto. E 'l popol pur di camparla s' ingegna. Se tu credessi quella bestia uccidere, tu puoi far conto il reame dividere $_. Disse Rinaldo: #_ Io non cerco reame: io n' ho lasciati sette in mio paese. Io mi diletto un poco delle dame: se cosi\ bella e\ la figlia cortese, a quella {t} fiera {/t R; fera A} tagliero\ le squame $_. E poi si volse al famoso marchese, e disse: #_ Andianne, che/ la dama e\ nostra, alla citta\ che 'l saracin ci mostra $_. Come e' furno in Carrara i paladini, ognun volgeva a guarda\gli le ciglia: preson conforto tutti i saracini, e del {t} li%on {/t A; lion R} ne prendean maraviglia. Rinaldo giunse al palagio a' confini, e saluto\ Corbante e poi la figlia. Corbante disse: #_ Tu sia il ben venuto, se per la {t} fiera {/t R; fera A} a dar mi vieni aiuto $_. Allor Rinaldo rispose: #_ O Corbante, il nome mio e\ il guerrier del {t} li%one, {/t A; lione, R} e credo in Apollino e in Trivigante; e non vorrei, pel nostro iddio Macone, avere a capitar certo in Levante, poi ch' io senti' della tua passi%one $_. Quel disse forte, e quest' altro bisbiglia: #_ Anzi, poi ch' io senti' della tua figlia $_. Ulivier gli occhi alla donzella gira mentre Rinaldo in questo modo parla; {add} subito {/add; su\bito R A} pose al berzaglio la mira e comincio\ cogli occhi a saettarla, e tuttavolta con seco sospira: #_ Questa non e\ $_ dicea #_ carne da darla a divorare alla fera crudele, ma a qualche amante gentile e fedele $_. Corbante aveva intanto cosi\ detto: #_ Sia chi tu vuoi, o famoso guerriere, basta sol che tu credi in Macometto. Se tu credessi, gentil cavaliere, uccider questa {t} fiera, {/t R; fera, A} io ti prometto di darti mezzo il reame e l' avere; e se tu il vuoi ancor tutto, i' son contento, pur che mi tragga fuor d' esto tormento. Come tu vedi, la terra e\ condotta, d' un bel giardino, {t} spilonca {/t R; spelonca A} o deserto. La mia figliuola, s' appressa gia\ l' otta che morir de/e sanza peccato o merto $_. Ma Ulivier nella mente borbotta: #_ Non mangera\ si\ bianco pan per certo questo animal, ch' egli e\ pasto d' amanti, se noi dovessim morir tutti quanti $_. #_ Dimmi pur tosto qual sia il tuo pensiero $_, diceva il re #_ ch' ella e\ presso alle mura, ch' io sento il fiato incomportabil, {t} fiero, {/t R; fero, A} e voi il dovete sentir per ventura $_. Disse Rinaldo: #_ Io non vo' regno o impero: per gentilezza caccio e per natura; e per amor della tua figlia bella la vipera uccidren crudele e fella $_. Ulivieri era un gentil damigello, e tuttavia la fanciulla vagheggia. Rinaldo l' occhio teneva al pennello; con Ulivieri in francioso motteggia; disse: #_ Il falcone ha cavato il cappello; non so se starna ha veduta o acceggia; ma parmi questo chiaro assai vedere, che noi sarem due impronti a un tagliere $_. Ulivier nulla rispose a Rinaldo; abbasso\ gli occhi, che tenea si\ fissi. Corbante un bando mando\ molto caldo, che nessun piu\ della terra partissi, tanto che 'l popol comincia a star saldo. Rinaldo volle cosi\ si seguissi; e fece fare un guanto, s' io non erro, coperto tutto di punte di ferro: e prese poi da Corbante licenzia, che gli {t} fe' {/t A; fe/ R} compagnia fino alla porta con molta gente e con gran reverenzia; poi gli diceva: #_ Io non son buona scorta. Io ti ricordo tu abbi avvertenzia alla tua vita $_, (e cosi\ lo conforta) #_ e in ogni modo te salvar mi piace; poi sia che vuol della {t} fiera {/t R; fera A} rapace $_. Queste parole furon grate tanto, che se l' affisse Rinaldo nel core; e disse: #_ Il capo arrecarti mi vanto in ogni modo, cortese signore: la tua benedizion mi da\ col guanto; conforta il popol tuo per nostro amore $_. Corbante il benedi\ pietosamente priega Iddio per lui divotamente. Ed Ulivieri ancor fece orazione, raccomandossi al Salvator divino. Dinanzi andava il feroce {t} li%one: {/t A; lione, R} verso la {t} fiera {/t R; fera A} teneva il cammino; drieto seguiva Rinaldo e Dodone. Era a vedere il popol saracino, chi in sulle mura e chi presso alle porte, desiderando all' animal la morte. E la fanciulla nobile e serena era salita in sur una bertesca. Disse Rinaldo: #_ Vedi Forisena, o Ulivier, che di te par gl' incresca: amore e\ quel ch' a vederti lei mena $_. Ulivier disse: #_ La danza rinfresca! Tu hai disposto di darmi oggi noia: {t} attendiam {/t R; Attendia\n A} pur che questa {t} fiera {/t R; fera A} muoia $_. Dicea Rinaldo: #_ Sarai tu si\ crudo che tu non guardi questa damigella? Tu non saresti d' accettar per drudo. Che crederres' tu far, se la donzella avessi in braccio per tua targia o scudo? Atterreresti tu la fiera, o quella? $_. Disse Ulivier: #_ Tu se' pur per le ciance, e qua sa d' altro gia\ che melarance $_. E come e' disse questo, il {t} li%on {/t A; lion R} mostra il serpente che fuoco vomitava. Disse Ulivier: #_ Questa e\ la dama nostra, e di vederla, Rinaldo, mi grava $_. Disse Rinaldo: #_ O Ulivier, qui giostra Venere e Marte $_; e di nuovo cianciava. La vipera crudel tosto si rizza e fuoco e to\sco per bocca gli schizza. Parea che l' aria e la terra s' accenda. Rinaldo aveva spugna con aceto, e tutti, perche/ il fiato non gli offenda. E disse: #_ O animal poco discreto, che pensi tu che noi sia\n tua merenda, poi che tu vieni in qua contra divieto? $_. E detto questo, del cavallo scese, e cosi\ fece Dodone e 'l marchese. Non fu prima smontato di Baiardo, ch' a Dodon giunse l' animal addosso: de/ttegli un morso si\ fiero e gagliardo, che l' arme gli schiaccio\, la carne e l' osso. Dodon gridava: #_ Ome\ lasso, ch' i' ardo! Aiutami, Ulivier, che/ piu\ non posso! $_; e cadde tramortito e stramazzato {add} subito {/add; su\bito R A} in terra pel morso e pel fiato. Ulivier tardi aiutarlo si mosse, e a Dodon non pote/ dar soccorso. Adunque il primo ch' assaggia si cosse; ed anco ci e\ per un compagno un morso, perche/ il serpente un tratto il capo scosse, e poi pigliava Ulivier {t} com' {/t R; come A} un torso, e per ventura alla gamba s' appicca e i denti tutti nell' arme gli ficca. E' si senti\ l' arnese sgretolare, che non isgretolo\ mai osso cane; e poi pel braccio lo volle ciuffare. Ma Ulivieri adopera le mane, ch' avea quel guanto Rinaldo {t} fe' {/t A; fe/ R} fare, e non e\ tempo a questo a dar del pane o dir che san Donnin gli alleghi i denti, che converra\ pur che facci altrimenti. Missegli il guanto e la man nella strozza, pero\ che molto lo sgrida Rinaldo, tanto che tutto il serpente lo 'ngozza, e strinse; ed Ulivier lo tenne saldo, e colla spada la testa gli mozza. Ma nel morir, pel fetor e pel caldo Ulivier cadde tramortito in terra: ma il capo del serpente non si sferra, che/ nel finir la bocca in modo strinse, ch' Ulivier trar non ne pote/ la mano. Rinaldo tutto nel viso si tinse, e sferrar lo credette a mano a mano; ma non potea, tanto il dolor lo vinse del tristo caso d' Ulivieri e strano. Pur tante volte la spada v' accocca, che gliel cavo\ con fatica di bocca. Ma quel {t} li%on {/t A; lion R} ch' egli avevan menato, si stette sempre di mezzo a vedere, perche/, se fussi d' alcun domandato di questo fatto, il voleva sapere. Era Dodon gia\ di terra levato, ma Ulivier pur si stava a giacere. I saracin corrien fuor della porta, faccendo festa che la {t} fiera {/t R; fera A} e\ morta. Venne Corbante con molta brigata a veder come questo fatto era ito; vede la bestia in terra rovesciata; vede Dodon sanguinoso ferito; vede Ulivier colla mano affocata, che morto gli parea, non tramortito; vede la terra, per la {t} fiera, {/t R; fera, A} arsiccia, della qual cosa assai si raccapriccia; vede la testa del fiero dragone, che gli parve a veder mirabil cosa; vede Rinaldo turbato e Dodone, perch' Ulivieri in terra si riposa. Ebbe di questo gran compassi%one; vedevagli la gamba sanguinosa, e non sapea con che parole o gesti si condolessi o ringraziassi questi. Abbraccio\ infin Rinaldo lacrimando, e poi Dodon, dicendo: #_ Baron degni, come potro\ mai ristorarvi, o quando? Da Macon credo che tal grazia vegni, che in queste parte vi venne mandando. Ecco, la vita e tutti i nostri regni e la corona con lo scettro nostro, disposto sono ogni cosa sia vostro. Ma sempre piangero\ se questo e\ morto, che par si\ degno e gentil cavalieri $_. Disse Rinaldo: #_ Re, datti conforto, che/ pianger di costui non fa mestieri. Il tuo parlare assai ci mostra scorto che tu sia grato e giusti i tuo pensieri. La tua corona e 'l regno l' accettiamo, e come nostro a te lo ridoniamo $_. Non aveva Rinaldo appena detto, ch' Ulivier cominciossi a risentire; e risentito, e 'l re veggendo appetto, e tanta gente, comincio\ a stupire come chi nuove cose per oggetto vede in un punto e non sa che si dire; ma a poco a poco rivoco\ la vita, ed ogni ammirazion fu disparita. {t} E 'l {/t R; Il A} popolo era orrore e maraviglia veggendo quel c' han fatto i paladini. Era venuta per veder, la figlia del re Corbante con que' saracini, che 'l sol quando e\ piu\ lucente simiglia, e tutti gli atti suoi paion divini; ed Ulivier questa donzella guarda, che non s' accorge ancor che 'l suo cor arda. Il re Corbante al popol comandava ch' a la citta\ portato sia il serpente; e poi Rinaldo per la man pigliava e torna alla citta\ colla {t} suo {/t R; sua A} gente; e come e' giunse alla terra, ordinava di lasciar parte d' un tanto accidente al secol nuovo; e quella {t} fiera {/t R; fera A} morta col capo {t} fe' {/t A; fe/ R} appiccar sopra la porta; e lettere scolpite in marmo, d' oro, #_ Nel tal tempo $_ dicea #_ qui capitorno tre paladini $_ (e scrisse i nomi loro, perche/ in secreto gliel manifestorno) #_ che liberaro il popol da martoro per questa {t} fiera {/t R; fera A} a cui morte donorno $_, ch' era apparita la\ mirabilmente e divorava tutta la {t} suo {/t R; sua A} gente; e come il giorno alla fanciulla bella toccava di dover morir per sorte, che i tre baron vi capitorno in sella, che liberata l' avean dalla morte. Per lunghi tempi si potea vedella, la storia, e l' animal, sopra le porte, che cosi\ morto faceva paura a chi voleva entrar dentro alle mura. E nel palagio Rinaldo meno\e e grande onor gli fece e lietamente; e medici trovava e comando\e che medicassin diligentemente Ulivieri e Dodon, che/ bisogno\e, ch' ognun piu\ giorni del suo mal si sente. E Forisena intanto, come astuta, dell' amor d' Ulivier s' era avveduta. E perche/ Amor mal volentier perdona che e' non sia alfin sempre amato chi ama, e non saria sua legge giusta o buona di non trovar merze/ chi pur la chiama, ne/ giusto sire il buon servo abandona; poi che s' accorse questa gentil dama come per lei si moriva il marchese, {add} subito {/add; su\bito R A} tutta del suo amor s' accese; e comincio\ cogli occhi a rimandare indrieto a Ulivier gli ardenti dardi ch' Amor sovente gli facea gittare accio\ che solo un foco due cori ardi. Venne a vederlo un giorno medicare e saluto\l con amorosi sguardi, che/ le parole fur ghiacciate e molle, ma gli occhi pronti assai, come Amor volle. Quando Ulivier senti\ che Forisena lo saluto\ cosi\ timidamente, fu la sua prima incomportabil pena fuggita, ch' altra doglia al suo cor sente, l' alma di dubbio e di speranza piena; ma confirmato assai pur nella mente d' essere amato dalla damigella, perche/ chi ama assai, poco favella. Videgli ancor, poi che piu\ a lui s' accosta, il viso tutto diventar vermiglio, e brieve e rotta e fredda la proposta nel condolersi del crudele artiglio dell' animal che per lei car gli costa, e vergognosa rabbassare il ciglio: questo gli de/tte massima speranza, che/ cosi\ degli amanti e\ sempre usanza. Ella avea detto: #_ Il mio crudo destino, i fati e 'l Cielo e la spietata sorte, o qual si fussi altro voler divino, m' avean condotta a si\ misera morte. Tu venisti in Levante, paladino, mandato certo della {t} etterna {/t R; eterna A} corte, a liberarmi, e per te sono in vita: dunque io mi dolgo della tua ferita $_. Queste parole avean passato il core a Ulivieri, e pien si\ di dolcezza, che mille volte ne ringrazia Amore, perche/ conobbe la gran gentilezza. Are' voluto innanzi al suo signore morir, che/ poco la vita piu\ prezza, e poco men che non disse ni%ente; pur gli rispose vergognosamente: #_ Io non fe' cosa mai sotto la luna, che d' aver fatto io ne sia piu\ contento: s' io t' ho campata da si\ rea fortuna, tanta dolcezza nel mio cor ne sento, che mai piu\ simil ne senti' alcuna. So che t' incresce d' ogni mio tormento: altro duol ci e\, che chiama altro conforto. Cosi\ m' avessi quella {t} fiera {/t R; fera A} morto! $_. Intese bene allor quelle parole la gentil dama e drento al cor le scrisse, si\ presto insegna Amor nelle suo scole; e fra se stessa sospirando disse: #_ E di questo anco altro tuo duol mi duole: forse non era il me' che tu morisse. Non saro\ ingrata a si\ fedele amante, ch' io non son di {t} di%aspro {/t A; diaspro R} o d' adamante $_. Partissi Forisena sospirando, ed Ulivier rimase tutto afflitto, della ferita sua piu\ non curando, che/ da piu\ crudo artiglio era trafitto. Guardo\ Rinaldo, e quasi lacrimando non pote/ a lui tener l' occhio diritto, e disse: #_ Vero e\ pur che l' uom non possa celar per certo l' amore e la tossa. Come tu vedi, caro fratel mio, amor pur preso alfin m' ha co' suo' artigli; non posso piu\ celar questo desio, non so che farmi o che partito pigli. Cosi\ sia maladetto il giorno ch' io vidi costei. Che fo? Che mi consigli? $_. Disse Rinaldo: #_ Se mi crederrai, di questo loco ti dipartirai. Lascia la dama, marchese Ulivieri: non fu di vagheggiar nostra intenzione, ma di trovare il signor del quartieri $_; e 'l simigliante diceva Dodone: #_ Tanto si cerchi per tutti i sentieri, che noi troviamo il figliuol di Millone $_. Ulivier consentia contra sua voglia, che/ lasciar Forisena avea gran doglia. E poi che fu dopo alcun di\ guarito, cosi\ Dodone, insieme s' accordaro lasciar Corbante per miglior partito, e che si facci de' lor nomi chiaro, si\ che e' possi saper chi l' ha servito; ed oltre a questo ancor diliberaro tentar se il re volessi battezzarsi col popol suo e tutti cristian farsi. Avea Corbante fatti torniamenti e giostre e balli e feste alla moresca per onorar costor colle sue genti; ed ogni di\ nuove cose rinfresca, perche/ partir da lui possin contenti. Ma Ulivier, pur par che 'l suo amor cresca. Finalmente Rinaldo un di\ chiamava il re Corbante e in tal modo parlava: #_ Serenissimo re $_, fu il suo latino #_ perche/ da te ci tegnamo onorati $_, (questo gli disse in parlar saracino) #_ sempre di te ci sarem ricordati. E poi ch' egli e\ cosi\ voler divino che i nomi nostri ti sien palesati, io son Rinaldo, e fui figliuol d' Amone, bench' io m' appelli il guerrier del {t} li%one; {/t A; lione; A} e questo e\ Ulivier, ch' ha tanta fama, e cognato e\ del nostro conte Orlando; costui Dodon, figliuol d' Uggier, si chiama, che venne Macometto gia\ adorando. Or, per seguir piu\ oltre nostra trama, cosi\ pel mondo ci {add} andian {/add; andia\n R A} tapinando perche/ di corte Orlando s' e\ partito, ne/ ritrovar possiam dove e' sia gito. Detto ci fu che qua verso Levante era venuto, da un nostro abate, e ch' egli aveva con seco un gigante: cercando {add} andian {/add; andia\n R A} drieto alle sue pedate. Or ti diro\ piu\ oltre, o re Corbante: perche/ pur Macometto qua adorate, siete perduti, e il vero Iddio e\ il nostro, che del vostro peccar gran segno ha mostro. Non appari\ questo animal crudele sanza permissi%on del nostro Iddio a divorare il popolo infedele. Ma perch' Egli e\ pietoso e giusto e pio, t' ha liberato da si\ amaro fele perche/ tu lasci Macon falso e rio. Fa che conosca questo {t} benificio, {/t R; beneficio, A} sanza aspettar da lui maggior giudicio; lascia Apollino e gli altri vani iddei, e torna al nostro padre benedetto, e Belfagorre e mille farisei; battezza il popol tuo che e\ maladetto. Di cio\ molte ragion t' assegnerei, ma tu se' savio e intendi con effetto: so che conosci ben che quel dragone non appari\ qua a te sanza cagione. Ogni cosa ti avvien pe' tuo' peccati. Tu se' il pastor che gli altri de/i guardare, e molto piu\ di te sono scusati. Non t' ha voluto Cristo abbandonare: vedi ch' a tempo qua fumo mandati, che/ la tua figlia ha voluta salvare. Dunque ritorna alla sua santa fede di quello Iddio ch' ebbe di te merzede $_. Parve che Iddio ispirassi il pagano, e rispose piangendo, e cosi\ disse: #_ Dunque tu se' il signor di Montalbano, al qual simil gia\ mai nel mondo visse! E questo e\ Ulivier, ch' udito abbia\no nomar gia\ tanto! Il vostro Iddio permisse che voi venissi certo, e non Macone $_; ed abbraccio\gli, e cosi\ ancor Dodone. E pianse i suo' peccati amaramente, e disse: #_ Io veggo in quanto lungo errore istato son con tutta la mia gente; e cosi\ il nostro etterno Salvatore per molte vie allumina la mente e desta in qualche modo il peccatore; e spesso d' un gran mal nasce un gran bene, ch' ogni giudicio pel peccato viene $_. Corbante fece venir Forisena e disse ancora a lei chi son costoro che l' avean liberata d' ogni pena; e poi mando\ per tutto il concestoro, tanto che presto la sala fu piena, parata tutta di be' drappi ad oro; poi sali\ in sedia e {t} fe' {/t A; fe/ R} tale orazione, che tutto il popol volse a sua intenzione. E fece battezzar piccoli e grandi; per tutto il regno suo fu ordinato ch' ognun seguissi i suo' precetti e bandi. E poi ch' ognun cosi\ fu battezzato, la fama par che per tutto si spandi de' tre baron che vi son capitato; ma i nomi lor, quanto Rinaldo volle, celo\ Corbante a tutto il popol folle. E riposa^rsi alquanto a lor diporto, e tutta la citta\ facea gran festa, tanto del vero Iddio preson conforto, della sua grazia e della {t} suo {/t R; sua A} {add} pote\sta; {/add; potesta; R A} come nell' altro dir vi sara\ porto, dove la storia sara\ manifesta. E priego il Re della gloria infinita che vi dia pace e gaudio e requie e vita. Pura colomba piena d' umiltade, in cui discese il nostro immenso Iddio a prender carne con umanitade, giusto, santo, verace, {t} etterno {/t R; eterno A} e pio, donami grazia, per la {t} tuo {/t R; tua A} bontade, ch' io possi seguitar il cantar mio, pel tuo Iosef e Giovacchino ed Anna e per Colui che nacque alla capanna. Rinaldo e 'l suo Dodone e 'l gran marchese gran festa fanno co' nuovi cristiani, e battezzato e\ gia\ tutto il paese del re Corbante e' suo' primi pagani; ed Ulivier per la dama cortese ogni di\ fa mille pensieri strani, ed ora in torniamenti ed ora in giostra per piacere a costei gran forza mostra. E benche/ assai lo pregassi Rinaldo, non si sapeva accomiatare ancora, che/ la donzella lo teneva saldo, come a\ncora la nave tien per prora. Quanto e\ piu\ offeso, il foco e\ poi piu\ caldo: cosi\ piu\ sempre Ulivier s' innamora quanto Rinaldo il partir piu\ sollecita, ed ogni scusa gli pareva lecita. Quando fingea non esser ben guarito, quando fingea qualche altra malattia (e dicea il ver, ch' egli e\ nel cor ferito), quando pregava, quando promettia: #_ Doman ci partirem, preso ho partito $_. Lascia\n costor, nel nome di Maria, ed Ulivier cosi\ morire amando, e ritorniamo ove io lasciai Orlando. Meridi%ana, la dama gentile, manda a saper se volea la battaglia a corpo a corpo, con almo virile. Orlando dice: #_ Io non vesto di maglia per contastare una femmina vile ch' i' prezzo men ch' un bisante o medaglia $_; si\ che per questo e pel suo {t} Li%onetto {/t A; Lionetto R} troppo si duol costei di Macometto, dicendo: #_ Almen facessimi morire, poiche/ sprezzata son da quel villano, che mai piu\ ebbe cavaliere ardire combatter meco colla lancia in mano $_. Ma in questo tempo si facea sentire la fama del signor di Montalbano, come Corbante avea seco un barone che si chiamava il guerrier del {t} li%one; {/t A; lione; R} e ch' egli era uom ch' avea molto potere, e come morto ha il serpente feroce. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} a un suo messaggiere impose e disse ch' andassi veloce al re Corbante e faccigli assapere come per tutto e\ vulgata la boce di questo cavalier che e\ tanto forte, il qual con seco teneva in sua corte; e come Manfredonio alla {t} suo {/t R; sua A} terra ha posto il campo con crudele assedio e tuttavia con suo gente la serra, e non ha ignun, per tenerla piu\ a tedio, ch' a corpo a corpo con lei voglia guerra: che gli dovessi mandar per rimedio questo guerrier ch' avea tanta possanza, pel parentado antico ed amistanza; pero\ che gia\ per tutto l' Ori%ente la fama di costui molto sonava. Il messaggier n' ando\ subitamente: al re Corbante si rappresentava, e spose la 'mbasciata saviamente. Per che Corbante a Rinaldo parlava, come il re Carador quel messo manda e la sua figlia a lui si raccomanda. #_ Se tu credessi da questo martoro liberar la donzella, io ti conforto $_ dicea Corbante #_ andare a Caradoro; pero\ ch' io so che Manfredonio ha il torto, ed ha menato tutto il concestoro. Forse, se fia da te punito e morto, re Caradoro si battezzera\e come ho fatto io e Cristo adorera\e $_. Rinaldo dall' abate prima intese che in quel paese avea mandato Orlando. Rispose: #_ A Manfredon $_ molto cortese #_ la testa levero\ con questo brando, o re Corbante, ch' a si\ giuste imprese saro\ sempre disposto a tuo comando $_. Dicea Corbante: #_ Caradoro e\ antico parente nostro e discreto all' amico $_. Disse Rinaldo: #_ Or rispondi al valletto che per amor di te ne son contento; ed ho speranza, e cosi\ gli prometto, di salvar la sua gente fuori e drento; e Manfredonio il campo a suo dispetto levera\ presto, e le bandiere al vento $_. Corbante il ringrazio\ benignamente delle parole che si\ grate sente; e poi si volse al messo saracino: #_ Dirai che volentier la impresa piglia, a Caradoro, questo paladino; e del suo ardir si fara\ maraviglia sia chi si vuol del popol d' Apollino, ch' a nessun questo volgera\ la briglia; se fussi Orlando, quel c' ha tanta fama, nol temerebbe: cosi\ di' alla dama. Vedi il {t} li%on {/t A; lion R} che tuttavia l' aspetta; non e\ baron di cui nel mondo {t} do/tti. {/t R; dotti. A} Vedi que' due che son la\ di sua setta: questi fanno assai fatti e pochi motti $_. Il messaggier si dipartiva in fretta (Corbante disse che e' voli e non trotti), tanto che presto torno\ a Caradoro e referi\ come e' vengon costoro, e che parea quel guerrier del {t} li%one {/t A; lione R} un uom molto famoso in vista e forte, e d' Ulivier diceva e di Dodone: #_ Non e\ baron, Caradoro, in tua corte da metterlo con questi al paragone. Corbante dice che tu ti conforte, perche/ colui che si chiama il guerriere non temerebbe Orlando in sul destriere $_. Rinaldo da Corbante accommiatossi, e molte offerte fece al re pagano, che sempre sare' suo, dovunque e' fossi; ne/ anco il re Corbante fu villano alla risposta; e cosi\ si son mossi e benedetti e baciati la mano; ed Ulivieri avea potuto appena #_ Addio $_, piangendo, dire a Forisena. La qual veggendo partire Ulivieri, avea piu\ volte con seco disposto di seguitarlo e fatti stran pensieri; ne/ pote/ piu\ il suo amor tener nascosto; e la condusse quel bendato arcieri, per veder quanto Ulivier puo\ discosto, a un balcone, e l' arco poi disserra, tanto che questa si gittava a terra. {t} El {/t R; E 'l A} padre suo, che la novella sente, corse a vederla e giunse ch' era morta. Alla sua vita non fu si\ dolente; e intese ben quel che 'l suo caso importa, e come Amore e\ quel che lo consente; e se non fusse alcun che lo conforta, e chi la man e chi il braccio gli piglia, uccider si volea sopra la figlia; e dicea: #_ Lasso, quanto fui contento quel di\ che morta l' aspra fera vidi, ed or tanto dolor nel mio cor sento! E cosi\ vuogli, Amor, cosi\ mi guidi: ogni dolcezza volta m' hai in tormento. O mondo, tu non vuoi che in te mi fidi! Lasciato m' hai, o misera Fortuna, afflitto vecchio e sanza speme alcuna $_. Fece il sepulcro a modo de' cristiani e missevi la bella Forisena, e lettere intaglio\ colle {t} suo {/t R; sue A} mani: come fu liberata d' ogni pena da tre baron di paesi lontani, e come a morte il suo distin la mena pur finalmente come piacque Amore, nel dipartirsi il suo caro amadore. Non si puo\ {add} to^r {/add; to\r R A} quel che 'l Ciel pur distina, e 'l mondo col suo dolce ha sempre amaro. Questa fanciulla cosi\ peregrina, il troppo amare alfin gli costa caro. Ed Ulivier pe' boschetti cammina, e non sa quel che gli sare' discaro, e chiama Forisena notte e giorno; e 'n questo modo piu\ di\ cavalcorno. Un giorno in un crocicchio d' un burrone hanno trovato un vecchio molto strano, tutto smarrito, pien d' afflizi%one: non parea bestia e non pareva umano. Rinaldo gli veni\a compassi%one: #_ Chi fia costui? $_ fra se/ diceva piano; vedea la barba arruffata e canuta: raccapricciossi, e dappresso il saluta. E' gli rispose faccendo gran pianto, per modo ch' a Rinaldo ne 'ncrescea: #_ Per la bonta\ dello Spirito santo, abbi pieta\ della mia vita rea: uscir di questo bosco non mi vanto se non m' aiuti $_; (e del tristo facea) #_ lasciami un poco in sul cavallo andare, per quello Iddio che ti puo\ ristorare $_. Rinaldo disse: #_ Molto volentieri, che/ tu mi par', vecchierel, mezzo morto $_; e {add} subito {/add; su\bito R A} si getta del destrieri perche/ e' vi monti e pigliassi conforto. Intanto vien Dodone ed Ulivieri; Rinaldo dice questo fatto scorto. Disse Dodon: #_ Tu se' molto cortese $_; e del caval, per aiutarlo, scese. Rinaldo tien Baiardo per la briglia e Dodon piglia questo vecchio antico. Baiardo allor mostro\ gran maraviglia e 'l vecchio schifa come suo nimico. Rinaldo strette le redine piglia e Dodon pure aiuta come amico. Baiardo allor piu\ le redine scuote ed or col capo or co' calci percuote. Ma poi che pur si lascio\ cavalcare, quel vecchierel come e' fussi una foglia {t} teneal a {/t R; tenea la A} briglia e faceval tremare, poi correr lo facea contra {t} suo {/t R; sua A} voglia. Disse Rinaldo a Dodon: #_ Che ti pare? Io dubito che mal non ce ne coglia. Il vecchio corre e non mi pare or lasso, che non parea da dovere ir di passo. Dismonta, o Ulivier, di Vegliantino $_. Ulivieri scendeva da cavallo; Rinaldo drieto pigliava il cammino a questo vecchio e comincia a sgridallo: #_ Aspetta! Tu ti fuggi, can meschino, si\ che tu credi in tal modo ruballo $_. Ma nulla par che con quel vecchio avanzi, che sempre piu\ gli spariva dinanzi; e Vegliantin sudava per l' affanno e va pel bosco che pare uno strale. Disse Rinaldo: #_ Vedrai bello inganno, che/ questo vecchio par che metta l' ale; io fui pur matto ed aro\mene il danno $_; e chiama e grida, ma poco gli vale: colui correva come un leopardo, anzi piu\ forte, s' egli avea Baiardo. Ma po' ch' egli ebbe a suo modo beffato Rinaldo, alfin se gli para davante e in su 'n un passo del bosco ha aspettato. Vegliantin tanto mostrava le piante che lo giugneva, e Rinaldo e\ infocato. Disse Malgigi: #_ Che farai, brigante? $_. Quando Rinaldo sentiva dir questo, lo riconobbe alla favella presto; e disse: #_ Tu fai pur l' usanza antica: tu m' hai fatto pensar di strane cose e dato a Vegliantin molta fatica $_. Allor Malgigi in tal modo rispose: #_ Tu non sai ancora, innanzi ch' io tel dica, di questo testo, Rinaldo, le chiose $_. Dodone in questo e 'l marchese giugnevano e Malagigi lor riconoscevano. Gran festa fecion tutti a Malagigi d' averlo in luogo trovato si\ strano. Disse Malgigi: #_ Io parti' da Parigi e feci l' arte un giorno a Montalbano. Volli saper tutti i vostri vestigi: vidi savate in paese lontano e che portato avate assai periglio e bisognava ed aiuto e consiglio. Per questa selva ove condotti siete non troverresti da mangiar ne/ bere e sanza me campati non sarete. Di questa barba vi conviene avere, che vi torra\ e la fame e la sete; vuolsene in bocca alle volte tenere $_; e de/tte loro un' erba e disse: #_ Questa usate insino al fin della foresta $_. Mangiaron tutti quanti volentieri dell' erba che Malgigi aveva detto e missonne poi in bocca anco a' destrieri, ch' era ciascun dalla sete costretto. Disse Malgigi: #_ Per questi sentieri serbatene, vi dico, per rispetto; e' destrier sempre troverran dell' erba, ma questa per la sete si riserba. Non vi bisogna d' altro dubitare. Con Manfredonio e\ il roman sanatore, Orlando, e presto il potrete trovare $_. E dette molte cose, un corridore {add} subito {/add; su\bito R A} fece per arte formare, tanto ch' ognun gli veniva terrore; che/, mentre ragionare altro volie/no, appari\ quivi bianco un palafreno. Disse Malgigi: #_ Caro mio fratello, {t} to' ti {/t R; to\ 'ti A} Baiardo tuo, ch' io son fornito $_. Rinaldo guarda quel caval si\ bello, e dicea: #_ Questo fatto come e\ ito? $_. Malgigi presto monto\ sopra quello e fu da lor come strale sparito; a tutti prima toccava la mano, e ritorno\ in tre giorni a Montalbano. Dumila miglia, al nostro modo, o piu\e, era da Montalban, si truova scritto, dal luogo dove accomiatato fue. Rinaldo el suo fratel lasciava afflitto, e molte volte ha chiamato Gesu\e che lo conduca per sentier diritto. E gia\ sei giorni cavalcato avia drieto al {t} li%on {/t A; lion R} che mostra lor la via. Il sesto di\ questo baron gagliardo in uno oscuro bosco e\ capitato. Sente in un punto fermarsi Baiardo, vede il {t} li%on {/t A; lion R} che 'l pelo avea arricciato e che faceva molto fero sguardo, e Vegliantin parea tutto aombrato, e 'l caval di Dodon volea fuggire, e raspa e soffia e comincia annitrire. Disse Rinaldo: #_ O Iddio, che sara\ questo? Questi cavalli han veduta qualche ombra $_. Intanto un gran romor si sente presto, che le lor mente di paura ingombra: ecco apparire un uom molto foresto; correndo, {t} el {/t R; e 'l A} bosco attraversava e sgombra; e fece a tutti una vecchia paura, che/ mai si vide piu\ sozza figura. Egli avea il capo che parea d' un orso, piloso e fiero; e' denti come zanne, da spiccar netto d' ogni pietra un morso; la lingua tutta scagliosa e le canne; un occhio avea nel petto a mezzo il torso, ch' era di fuoco e largo ben duo spanne; la barba tutta arricciata e' capegli; gli orecchi parean d' asino a vedegli; le braccia lunghe, setolute e strane, e 'l petto e 'l corpo piloso era tutto; avea gli unghion ne' piedi e nelle mane, che/ non portava i zoccol per l' asciutto, ma ignudo e scalzo abbaia com' un cane: mai non si vide un mostro cosi\ brutto; e in man portava un gran baston di sorbo tutto arsicciato, nero come un corbo. Questo una buca sotterra avea fatto e sopra quella forato un gran masso; quivi si stava e nascondeva, il matto; verso la strada avea forato il sasso e per un bucolin traea di piatto e molta gente saettava al passo: facea degli uomin micidial governo, e chiamato era il mostro da l' inferno. Rinaldo, quando apparir lo vedia, diceva a Ulivieri: #_ Hai tu veduto costui, che certo la versiera fia? $_ Disse Ulivieri: #_ Iddio ci sia in aiuto! Credo piu\ tosto sia la Befani\a, o Belzebu\ che ci sara\ venuto $_. Guardava il petto e la terribil faccia e 'l baston lungo piu\ di dieci braccia. Questo animal veni\a gridando forte e come l' orso adirato co' cani; ispezza i rami e' pruni e le ritorte con quel baston, co' piedi e colle mani. Disse Dodon: #_ Sare' questa la Morte, che ci assalissi in questi boschi strani? Se tu ragguardi, Rinaldo, i vestigi, de' compagnon mi par di Malagigi $_. Disse Rinaldo: #_ Non temer, Dodone: se fussi ben la Morte o 'l Trentamila, lascial venire a me questo ghiottone, ch' a peggior tela ho stracciate le fila $_. Intanto quella bestia alza il bastone e inverso di Rinaldo si difila. Rinaldo punse Baiardo in su' fianchi accio\ che 'l suo disegno a colui manchi. Dallato si scaglio\ come un cervietto; giunse la mazza e de/tte il colpo in fallo. Rinaldo intanto si misse in assetto: corsegli addosso presto col cavallo, de/ttegli un urto e colselo nel petto per modo che sozzopra {t} fe' {/t A; fe/ R} cascallo; e nel cader questo animale strano forte abbaiava come un cane alano. Dodon, che vide quel diavol cadere, diceva a Ulivier: #_ Corria\gli addosso accio\ che non si lievi da giacere $_. Disse Rinaldo: #_ Ignun non si sia mosso! Ti\rati addrieto e statevi a vedere, ch' io non sono uso mai d' esser riscosso $_. In questo l' uom salvatico si rizza col sorbo, pien di furore e di stizza; e scaricava un colpo in sulla testa per modo tal, che se giugnea Rinaldo, e' gli bastava solamente questa e non sentia mai piu\ freddo ne/ caldo. Rinaldo non aspetta la richiesta, che/ come argento vivo stava saldo: or qua or la\ facea saltar Baiardo, avendo sempre al protino riguardo. Pareva un {t} li%oncin {/t A; lioncin R} quand' egli scherza, che salta in qua e in la\ destro e leggieri; alcuna volta menava la ferza, poi risaltava che pare un levrieri. Era gia\ l' ora passata di terza, e pur Dodon dicea con Ulivieri: #_ Io temo sol Rinaldo non si stracchi, tanto ch' un tratto quel baston l' ammacchi $_. Colui non par che si curi un pistacchio perche/ Frusberta gli levi del pelo, e pure attende a scaricare il bacchio, e la spada del prenze torna al cielo. Misericordia! di questo batacchio aiuta, Iddio, chi crede nel Vangelo! Quel baston pare un albero di nave, arsiccio, duro e nocchieruto e grave. Avean gia\ combattuto insino a nona Rinaldo e quel di%avolo incantato. Rinaldo gli ha frappata la persona e molto sangue in terra avea gittato e tuttavia con Frusberta lo suona. Un tratto quel baston e\ giu\ calato; Rinaldo per disgrazia gli era sotto e non poteva fuggir questo botto. Attraverso\ la spada per coprire il capo, che/ del colpo ebbe riprezzo; giunse il bastone: or qui volle alcun dire gia\ che Rinaldo gliel taglio\ sol mezzo, ma poi si ruppe il resto nel colpire; chi dice che di netto il mando\ al rezzo; donde e' s' e\ fatta gran disputazione, come quel fatto andassi del bastone; ma questo a giudicar, vuol buon gramatico, s' egli taglio\ tutta o mezza la mazza. Quel maladetto e ruvido e salvatico ed aspro piu\ che 'l sorbo che {t} e' diguazza, {/t R; e\ di guazza, A} arrandello\ quel tronco come pratico: de/tte a Rinaldo una percossa pazza, tanto che cadde, e dipoi si fuggi\a: ma Ulivier lo segue tuttavia. Trasse la spada, che par che riluca piu\ che non fece mai raggio di stella, accio\ che 'l cuoio con essa gli sdruca. Questa fera bestial, crudele e fella, si fuggi\ come il tasso nella buca. Ulivier si rimase in su la sella e ritornossi dove era caduto Rinaldo, che gia\ s' era {t} ri%avuto {/t A; riavuto R}. Disse Rinaldo: #_ Vedes' tu mai tordo ch' avessi come ebb' io della ramata? Costui penso\ di guarirmi del sordo, se fussi {t} ri%uscito {/t A; riuscito R} la pensata $_. Disse Dodon: #_ Quand' io me ne ricordo, io triemo ancor di quella randellata. Che hai tu fatto di lui, Ulivieri? Tu gli corresti drieto col destrieri $_. Disse Ulivieri: #_ Egli e\ nato di granchi: egli entro\ in una buca sotto un masso mentre ch' io gli ero colla spada a' fianchi, o e' si torno\ in inferno a Satanasso $_. Intanto colui par ch' un arco branchi ed uno stral cavo\ d' un suo turcasso, avvelenato, e {t} fessi {/t R; fe/ssi A} al bucolino e trasse e de/tte in pie\ a Vegliantino: e se non fussi che giunse al calcagno quanto pote/ piu\ basso, all' unghia morta, non bisognava medico ne/ bagno. Disse Rinaldo: #_ In pace te lo porta: co' pazzi sempre fu poco guadagno. Il mio {t} li%on {/t A; lion R} non ci fa buona scorta $_. Poi, non veggendo ond' egli avessi tratto, ognun restava come stupefatto. Disse Rinaldo: #_ A quel sasso mi mena, Ulivier, dove tu il vedesti entrare. Veggiam se questa bestia da catena si potessi alla trappola pigliare; ch' io so ch' io gli daro\ le frutte a cena, s' io lo dovessi col fuoco sbucare $_. Sali\ sopra Baiardo e insieme andorno: e come al munimento funno intorno, colui ch' e\ drento assetta lo scoppietto e stava al bucolin quivi alla posta: trasse uno strale a Rinaldo nel petto, che si penso\ di passargli ogni costa; ma la corazza a ogni cosa ha retto. Rinaldo allor dalla buca si scosta, e disse: #_ Costi\ ancor non se' sicuro se 'l sasso piu\ che {t} po\rfir {/t R; porfir A} fussi duro. Poi che tu m' hai saettato, ribaldo, e randellato, che mai piu\ non fue gittato in terra in tal modo Rinaldo. io ti gastighero\, pel mio Gesu\e $_. E cosi\ tutto di tempesta caldo con ambo man Frusberta alzava su\e; rizzossi in sulle staffe e 'l brando striscia, che lo facea fischiar come un biscia, tanto che l' aria e la terra rimbomba: e' si sentiva a un suon fioco e 'nterrotto, come quando esce il sasso della fromba: are' quel colpo ogni adamante rotto; giunse in sul masso sopra della tomba e fe/ssel tutto come un cacio cotto; parti\ il cervello e 'l capo e 'nsino al piede al crudel mostro; e sciocco e\ chi nol crede. Le schegge di quel sasso a mille a mille balzorno in qua e in la\ come e\ usanza, e tutta l' aria s' empie/ di faville. Disse Dodone: #_ O Iddio, tanta possanza non ebbe Ettorre o quel famoso Achille, quanto ha costui ch' ogni lor forza avanza $_. La spada un braccio sotterra ficcossi e Baiardo pel colpo inginocchiossi. A gran fatica pote/ poi ritrarre Rinaldo, tanto fitta era, la spada, e disse: #_ Tu credevi che le sbarre non ti tenessin, mascalzon di strada? Chi si diletta di truffe e di giarre cosi\ convien che finalmente vada. De' {t} tuo' {/t R; tuoi A} peccati penitenzia hai fatta: cosi\ fo sempre a ogni bestia matta $_. Dodon guardava nella buca e vede tutto fesso per lato quel ghiottone dal capo insin giu\ per le gambe al piede e stupi\ tutto per ammirazione, dicendo: #_ Iddio, de' tuoi servi hai merzede! Questo stato non e\ sanza cagione: a qualche fine tal segno hai dimostro accio\ che a molti essemplo sia quel mostro $_. Poi colla punta della spada scrisse: #_ Nel tal tempo il signor di Montalbano ci arrivo\ a caso $_, ed ogni cosa disse, come in quel sasso stava un uomo strano e come tutto Rinaldo il partisse; ed e\vvi ancora, scritto di sua mano, le letter, colla punta della spada, e puossi ancor veder sopra la strada; e chiamasi la selva da l' inferno: chi vuole andare al monte Sinai\, vi passa, quando e' va che sia di verno, per non passare il fiume Balai\; e leggesi, quel diavol dello inferno, come Rinaldo quivi lo parti\; e vedesi ancor l' ossa drento al fesso e se/ntevisi urlar la notte spesso. Poi si partirno e il {t} li%on, {/t A; lion, R} {t} come {/t R; com e' A} suole, sempre la strada mostrava a costoro. Era di notte: Rinaldo non vuole che per le selve si facci dimoro, tal ch' Ulivieri e Dodon se ne duole, che/ cavalcare a stracca e\ lor martoro. Tutta la notte con sospetto andorno, insin che in ori%ente vidon giorno. Come e' fu fuor dell' occea\no Apollo, si ritrovoron sopra a un poggetto; questo passorno e poi piu\ la\ un collo d' un altro monte ch' era al dirimpetto; e poi ch' a questo dato ebbon il crollo, vidono un pian con un certo fiumetto, trabacche e padiglioni e loggiamenti e cavalieri armati e varie genti. Quivi era Manfredonio innamorato, che lo facea morir {t} Meredi%ana, {/t R; Meridi%ana, A} con tutto quanto il populo attendato. E la fanciulla al suo parer villana, al re Corbante avea significato ch' assediata e\ dalla gente pagana e come Manfredon si sforza e {t} 'ngegna {/t R; ingegna A} {add} to^rgli {/add; to\rgli R A} d' onor la sua famosa insegna; ed aspettava il guerrier del {t} li%one {/t A; lione R} che dovessi venirla a liberare; e stava giorno e notte in orazione e molti sacrifici facea fare, pregando umilemente il lor Macone che sua virginita\ debba servare; com' io seguitero\ nell' altro canto colla virtu\ dello Spirito santo. O Padre nostro che ne' cieli stai, non circunscritto, ma per piu\ amore ch' a' primi effetti di lassu\ tu hai, laudato sia il tuo nome e 'l tuo valore; e di tua grazia mi concederai tanto ch' io possi finir sanza errore la nostra istoria; e pero\, Padre degno, aiuta tu questo affannato ingegno. Era il sol, dico, al balcon d' ori%ente e l' Au%rora si facea vermiglia e da Titon suo antico un poco assente; di Giove piu\ non si vedea la figlia, quella amorosa stella refulgente che spesso troppo gli amanti scompiglia; quando Rinaldo giu\ calava il monte, dove era Orlando suo, famoso conte. Come egli ebbe veduta la cittade, disse a Dodone: #_ Or puoi veder la terra dove e\ la dama c' ha tanta biltade. Vedi che 'l re Corbante gia\ non erra, ch' io veggo di pagan gran quantitade: quivi e\ quel Manfredon che gli fa guerra $_. Mentre che dice questo, ed Ulivieri conobbe Orlando sopra il suo destrieri. Vide ch' a spasso con Morgante andava e che faceva le genti ordinare per la battaglia che s' apparecchiava e gia\ faceva stormenti sonare. Ma del gigante ammirazion pigliava e cominciollo a Rinaldo a mostrare: #_ Quello e\ Morgante, e 'l conte Orlando e\ quello ch' e\ presso a lui: non vedi tu Rondello? $_. Rinaldo, quando vide il suo cugino, per gran dolcezza il cor si senti\ aprire e disse: #_ Poi ch' io veggo il paladino, contento sono ogni volta morire. Or oltre! seguiren nostro cammino: a Carador promesso abbiam di gire; tosto sarem con Orlando alle mani e con questi altri saracini o cani $_. Come entrati fur poi drento alle mura, domandoron del re subitamente, dicendo: #_ Cavalier sia\n di ventura, dal re Corbante mandati al presente $_. I terrazzan fuggivan per paura di quel {t} li%on, {/t A; lion, R} sanza dir lor ni%ente. Rinaldo tanto innanzi cavalco\e che in sulla piazza del re capito\e. E come e' furon veduti costoro, {add} subito {/add; su\bito R A} fu portata la novella drento al palazzo al gran re Caradoro. Rinaldo intanto smontava di sella, Ulivieri e Dodon non {t} fe' {/t A; fe/ R} dimoro. Ognun dintorno di questo favella: #_ Questo debbe esser $_ dicean #_ quel barone ch' e\ appellato il guerrier del {t} li%one {/t A; lione R} $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana, A} ch' era alla finestra, fece chiamar sue damigelle presto, che/ d' ogni gentile atto era maestra; fecesi incontra col viso modesto, con accoglienza si\ leggiadra e destra, che nessun piu\ non arebbe richiesto tra le ninfe di Palla o di Di%ana, che si facessi {t} allora Merediana. {/t R; allor Meridi%ana. A} Rinaldo, quando vide la donzella, tentato fu di farla alla franciosa; a Ulivieri in sua lingua favella: #_ Quant' io, non vidi mai piu\ degna cosa! $_. Disse Ulivieri: #_ E' non e\ in cielo stella {t} ch' {/t R; che A} appetto a lei non fussi tenebrosa $_. Rinaldo presto rispose: #_ Io t' ho inteso, che 'l vecchio foco e\ spento e 'l nuovo acceso. Non chiamerai piu\ forse, come prima, la notte sempre e 'l giorno Forisena, ch' a ogni passo ne cantavi in rima: non sente al capo duol chi ha maggior pena. Veggo che del tuo amor l' hai posta in cima e se' legato gia\ d' altra catena $_. Ulivier disse: #_ S' io vivessi sempre, convien sol Forisena il mio cor tempre $_. Eron saliti gia\ tutta la scala e grande onor da quella ricevuto che insino a mezzo gli scaglion giu\ cala, e rendutogli un grato e bel saluto. Intanto Caradoro in su la sala con tutti i suoi baroni era venuto. Rinaldo e gli altri baciaron la mano come e\ usanza a ogni re pagano. Fece ordinar di {add} subito {/add; su\bito R A} vivande e' lor destrier fornir di strame e biada. Per la citta\ la lor fama si spande e per {t} vede/gli {/t R; vedergli A} assai par che vi vada. Venne la cena, e fuvvi altro che ghiande. Ulivier pure alla donzella bada. Poi che cenato fu, re Caradoro in questo modo a dir comincio\ loro: #_ Io vi diro\, famosi cavalieri, quel che il mio cor da voi disia e brama. Per tutti i nostri paesi e sentieri dell' Ori%ente risuona la fama di vostra forza e de' vostri destrieri, e questa e\ la cagion che qua vi chiama. Come vedete, ogni campagna e\ piena di gente qua per darci affanno e pena; ed e\cci un re famoso, antico e degno, che innamorato s' e\ d' esta {t} mie {/t R; mia A} figlia e vuol per forza lei con tutto il regno e molti ha morti della mia famiglia; ogni di\ truova qualche stran disegno per oppressarci e 'l mio campo scompiglia; e per ventura un cavaliere errante v' e\ capitato con un gran gigante: con un battaglio in man d' una campana, sia che armadura vuol, che ne fa polvere; e molti gia\ di mia gente pagana ha sfracellati e dato lor che asciolvere; ovunque e' giugne, la percossa e\ strana: non c' e\ papasso che ne voglia assolvere; io il vidi un giorno a un dar col battaglio, e 'l capo gli schiaccio\ con un sonaglio. Se con quel cavalier vi desse il core a corpo a corpo, che/ cosi\ combatte, e col gigante d' acquistare onore, le genti mie non sarebbon disfatte. Ed io vi giuro pel mio Iddio e Signore, s' alcun di voi di questi ignuno abbatte, cio\ che saprete domandare, arete, se ben la figlia mia mi chiederete $_. Era presente a quel {t} Meredi%ana, {/t R; Meridi%ana, A} ed una ricca cotta aveva indosso d' un drappo ricco all' usanza pagana fiorito tutto quanto bianco e rosso, come era il viso di latte e di grana ch' arebbe un cor di marmo ad amar mosso; nel petto un ricco smalto e gemme ed oro, con un rubin che valeva un tesoro, ed un carbonchio ricco ancora in testa che d' ogni {t} scura {/t R; oscura A} notte facea giorno; avea la faccia angelica e modesta che riluceva come il sol dintorno. Ulivier, quanto guardava piu\ questa, tanto l' accende piu\ il suo viso adorno, e fra suo cor dicea: #_ Se tu farai quel che dicesti, re, tu vincerai $_. Rinaldo vide Ulivier preso al vischio un' altra volta e gia\ tutto impaniato, e dicea: #_ Questo ne vien tosto al fischio $_. Conobbe il viso gia\ tutto mutato, vedeva gli occhi far del bavalischio; disse in francioso un motto loro usato: #_ A ogni casa appiccheremo il maio, che/ come l' asin fai del pentolaio. Ma non vagheggi a questa volta come solevi in corte far del re Corbante; che/, se ti piace il bel viso e le chiome, piace la spada a costei del suo amante: queste son dame in altro modo dome. Non c' e\ piu\ bello amar che nel Levante! $_. Ulivier sospiro\ nel suo cor forte, quasi dicessi: #_ Sol non amai in corte $_; e ricordossi allor di Forisena che del suo cor tenea le chiavi ancora; ma non sapeva, ome\, della suo pena: #_ Prima consenta il Ciel $_ dicea #_ ch' i' mora, che sciolta sia dal cor quella catena che {add} scio^r {/add; scio\r R A} non puossi insin all' ultima ora; e se fra' morti poi vorran gli de\i che amar si possi, amero\ sempre lei. Non si diparte {t} amor {/t R; Amor A} si\ leggiermente, che per conformita\ nasce di stella. Dovunque andremo in Levante o in Ponente, amero\ sempre Forisena bella, pero\ che 'l primo amor troppo e\ possente; non son del petto fuor quelle quadrella, ch' io non credo che morte ancor trar possa prima che cener sia la carne e l' ossa $_. Lasciam costoro insieme un poco a mensa. Aveva alcuna spia re Manfredonio, come colui che' suoi pensier dispensa d' aver di cio\ che si fa testimonio; e poi, chi ama, giorno e notte pensa come e' si tragga l' amoroso conio: non si puo\ dir quel ch' un amante faccia per ritrovar della dama ogni traccia. Detto gli fu come e' son capitati tre cavalier famosi a Caradoro e paion molto arditi e bene armati, ma non sapeva alcun de' nomi loro, se non che tutti assai s' eron vantati alla sua gente dar molto martoro e ch' egli avevon sotto corridori che mai si vide i piu\ belli e maggiori. Orlando pose orecchio alle parole: #_ Sarebbe questo Rinaldo d' Amone? $_ ma poi diceva: #_ Rinaldo non suole, come color dicean, menar {t} li%one {/t A; lione R} $_. Poi disse: #_ Imbasciador mandar si vuole, per uscir fuori d' ogni suspizione, a Caradoro e dirgli, cosi\ parmi, ch' io vo' con questi cavalier provarmi $_. A Manfredonio piacque il suo parlare e {add} subito {/add; su\bito R A} mandorno imbasceria. Erano ancor coloro a ragionare; Caradoro a Rinaldo si volgi\a, dicendo: #_ Pro' baron, che vuoi tu fare? $_. Rinaldo sfavillava tuttavia: pargli mill' anni d' esser con Orlando, e disse: #_ Io sono in punto al tuo comando $_. Ed Ulivier soggiugneva di costa: #_ Del diciannove ognun terra\ lo 'nvito; e cosi\ fate per noi la risposta $_: (ah, Ulivieri, amor ti fa si\ ardito!) #_ dite che al campo ne venga a suo posta $_. Lo imbasciador torno\, ch' aveva udito, e disse a Manfredonio: #_ E' son contenti e prezzon poco te colle tuo genti: e' mi pareva, a guarda\gli nel volto, che tra lor fussi del combatter gaggio, ch' ognun pel primo volessi esser tolto, tanto fier si mostravan nel visaggio $_. Rispose Orlando: #_ E' non passera\ molto che parleranno d' un altro linguaggio $_. Disse Morgante: #_ Io vo' con un fuscello di tutti a tre costor fare un fardello; e {t} vo\megli {/t R; vomegli A} alla cintola appiccare: lascia pur ch' egli assaggino il metallo e ch' io cominci un poco a battagliare. Che penson di venir, costoro, al ballo? Or oltre, io vo' col battaglio sonare perche/ e' non faccin gli scambietti in fallo $_. Ma in questo tempo Rinaldo era armato e dal re Caradoro accomiatato; ed avea fatte cose in sulla piazza, che 'l popol n' avea avuta maraviglia: di terra collo scudo e la corazza saltato in sella e pigliata la briglia. Carador disse: #_ Questa e\ buona razza $_; e molto lieta si fece la figlia, ch' era venuta per diletto fore, a vedergli montare a corridore; ed avea prima aiutato Ulivieri armar, che molto di questo gli giova, e saltato di netto e\ in sul destrieri e fatto innanzi alla dama ogni pruova che far potessi nessun cavalieri; e Dodone anco nel montar non cova: ognun di terra a caval si gitto\e, e tutto il popol se ne rallegro\e. Aveva fatti tre salti Baiardo, ch' ognun fu misurato cento braccia, tanto fiero era, animoso e gagliardo; ed Ulivier, perche/ alla dama piaccia, di Vegliantin faceva un {add} li%opardo {/add; liopardo R; leopardo A}; Dodon al suo gli spron ne' fianchi caccia; e finalmente dal re Caradoro a lanci e salti si parti^r costoro. Poi che furono usciti della porta, fino alle sbarre del campo n' andorno. Rinaldo tanta allegrezza lo porta che comincio\ a sonar per festa un corno. Fu la novella a Manfredon {t} rapporta; {/t R; rappo^rta; A} Orlando presto e Morgante n' andorno dove aspettavan questi tre baroni e salutorno in saracin sermoni. Non ricognobbe Orlando il suo cugino, perche/ Baiardo e\ tutto covertato, e lui parlava al modo saracino; vide il {t} li%one {/t A; lione R} e molto ha biasimato: #_ Non e\ costume di buon paladino aver questo animal seco menato: non doverresti a gnun modo menarlo; per carita\ degli uomini ti parlo $_. Disse Rinaldo: #_ Buon predicatore saresti, poi c' hai tanta carita\. Non ti bisogna aver questo timore: nel tuo parlar si dimostra vilta\. Se tu sapessi, baron di valore, per quel ch' io il meno ed ogni sua bonta\, non parleresti in cotesto sermone: sappi che ignun non offende il {t} li%one, {/t A; lione, R} se non chi a torto quistion meco piglia, ovver chi fussi traditor perfetto $_. Il conte Orlando ha seco maraviglia; poi gli rispose: #_ Vegnamo all' effetto: se vuoi combatter sanz' altra famiglia a corpo a corpo, mettiti in assetto; che/ in altro modo combatter non voglio. Faro\ di te come degli altri soglio $_. Disse Dodon: #_ Tu sarai forse errato $_. Il gigante gli fece la risposta: #_ Tu non conosci il mio signor pregiato, pero\ facesti si\ strana proposta. Io non son come tu, barone, armato, e proverrommi con teco a tua posta $_. Dodone allora pazienzia non ebbe, e pure stato il miglior suo sarebbe. La lancia abbassa con molta superba e percosse Morgante in su la spalla: e' si penso\ traboccarlo in su l' erba. Morgante non lo stima una farfalla ed appicco\gli una nespola acerba, tanto che tutto pel colpo traballa; e come e' vide balenar Dodone, se gli accostava e trassel dell' arcione. Al padiglion ne lo porta il gigante; a Manfredonio Dodon presentava. Manfredon rise, veggendo Morgante, e per Macon d' impiccarlo giurava. Morgante indrieto volgeva le piante, torna a Orlando ch' al campo aspettava. Rinaldo irato a Orlando dici\a: #_ Io ti faro\, cavalier, villania. Aspettami, se vuoi, tanto ch' io vada a qualche cosa a legar quel {t} li%one {/t A; lione R}; poi proverremo e la lancia e la spada per quel c' ha fatto il gigante ghiottone $_. Rispose Orlando: #_ Fa come t' aggrada: o lancia o spada, a cavallo o pedone $_. Rinaldo smonta e la bestia legava, poi verso Orlando in tal modo parlava: #_ Non potrai nulla del {t} li%on {/t A; lion R} piu\ dire. Oltre, provianci colle lance in mano: vedren se, come mostri, hai tanto ardire, che/ 'l can che morde non abbaia invano $_. Volse il destrier per tornarlo a ferire. Orlando al suo Rondel gira la mano, del campo prese e con molta tempesta si volse indrieto colla lancia in resta. Non domandar quel che facea Baiardo, con quanta furia spacciava il cammino; e Rondello anco non pareva tardo, anzi pareva quel di\ Vegliantino. Rinaldo aveva al bisogno riguardo dove e' ponessi la lancia al cugino; ma conosceva ch' egli e\ tanto forte, che pericol non v' e\ di dargli morte. A mezzo il petto la lancia appicco\e; Orlando feri\ lui similemente e l' una e l' altra lancia in aria ando\e; non si conosce vantaggio ni%ente; e l' uno e l' altro destrier s' accoscio\e e cadde in terra pel colpo possente; tanto che fuor della sella saltorno i due baroni e le spade impugnorno. E comincioron si\ fiera battaglia, che far comparazion non si puo\ a quella; perche/ Frusberta e Cortana anco taglia, e 'l suo signor, che con essa impennella, disaminava e la piastra e la maglia. Rinaldo sempre all' elmetto martella, perche/ e' sapeva ch' egli e\ d' acciaio fino, che fu d' Almonte nobil saracino. Pur nondimen si voleva aiutare, pero\ che Orlando vedea riscaldato e conosceva quel che sapea fare il suo cugin quand' egli era adirato. Ma Cristo volle un miracol mostrare accio\ che ignun di lor non abbi errato e perche/ de' suoi amici si ricorda: il fer {t} li%one {/t A; lione R} ispezzava la corda, venne a Rinaldo; ed Orlando {add} dici\a {/add; dicia R A}: #_ Per Dio, baron, di te mi maraviglio: questa mi par da chiamar villania. Ma questa volta non hai buon consiglio, che/ a te e lui cavero\ la pazzia $_. Rinaldo indrieto volgea presto il ciglio: vide il {t} li%one {/t A; lione R} e funne mal contento, e comincio\ questo ragionamento: #_ Aspetta, cavalier, tanto ch' io possi questo {t} li%on {/t A; lion R} rimenar alla terra. La mia intenzion non fu, quand' io mi mossi, di venir qui col {t} li%one {/t A; lione R} a far guerra $_. Rispose Orlando: #_ Qual cagion si fossi non so, ma infine e\ l' errato chi erra: s' io ti volessi guastare il {t} li%one, {/t A; lione, R} guarda battaglio che ha quel compagnone $_. Disse Rinaldo: #_Noi farem ritorno, tu al tuo re ed io nella cittade; e domattina come scocca il giorno, ritornero\, per la mia lealtade, e chiamerotti, com' io fe', col corno, e proverremo chi ara\ piu\ bontade: questo di grazia, baron, ti domando $_; tanto che fu contento il conte Orlando. E torna con Morgante al padiglione, e per la via si doleva con quello e dice: #_ Maladetto sia il {t} li%one! {/t A; lione! R} S' avessi Vegliantin come ho Rondello, partito non saria questo barone; o segnato l' arei del mio suggello, s' avessi la mia spada Durlindana $_; e duolsi assai ch' egli aveva Cortana. Ulivieri e 'l signor di Montalbano si ritornoron verso la cittate. Or ritorniamo al traditor di Gano, ch' avea per molte parte spie mandate. Ed ecco un messaggiero a mano a mano a Carador con letter suggellate; e per ventura al marchese s' accosta, dicendo: #_ In cortesia, fammi risposta. Come si chiama la terra e 'l paese e 'l suo signor, se Dio ti dia conforto? Io ho paura indarno avere spese le mie giornate e di scambiare il porto $_. A lui rispose il famoso marchese: #_ Alla domanda tua non vo' far torto: non so il paese come sie chiamato, ma 'l suo signor ti sara\ ricordato. Sappi che 'l re si chiama Caradoro e la figliuola sua {t} Meredi%ana: {/t R; Meridi%ana: A} per lei tal guerra ci fanno coloro che tu vedi alloggiati alla fiumana $_. Disse la spia: #_ Macon ti dia ristoro e guardi sempre d' ogni morte strana $_; e finalmente al palazzo n' ando\e a Caradoro e da parte il chiamo\e. Disse: #_ Macon ti dia gioconda vita. Io son messaggio di Gan di Maganza, e quand' io feci da lui dipartita questo brieve mi die\, ch' e\ d' importanza: vedi la 'mpronta sua qui stabilita, perche/ tu abbi del fatto certanza $_. Carador riconobbe quel suggello del conte Gan, traditor crudo e fello. La lettera apre e 'l suo tenore intese. La lettera dicea: #_ Caro signore, sappi, re Carador, quel ch' e\ palese: che venuto e\ Rinaldo traditore nella tua terra e nel tuo bel paese (io te n' avviso, ch' io ti porto amore), e seco ha Ulivier che e\ uom di razza, col suo compagno Dodon della mazza. E nel campo e\ di Manfredonio Orlando e l' un dell' altro ben debbe sapere; e so che tutti a due vanno cercando, o Carador, di farti dispiacere: vengonvi insieme alla mazza guidando; quando fia tempo vel faran vedere. Non piace al nostro re qua tradimento, pero\ ch' io ti scrivessi fu contento. Ed ha con seco menato un gigante che se s' accosta un giorno alle tue mura, e' le farebbe tremar tutte quante. Abbi del regno e di tua gente cura; e' son cristiani e tu se' affricante; guarda che danno non abbi e paura, che/ so ch' alfin n' arai da molte bande. Or tu se' savio e intendi, e 'l mondo e\ grande $_. Era quel re pien d' alta gentilezza e ben conobbe cio\ che Gan dicea: fece pigliarlo con molta prestezza. In questo tempo Rinaldo giugnea, ed ogni cosa con lui raccapezza ed in suo man la lettera ponea e d' Ulivier, ch' e\ nella sua presenzia, per dimostrare ogni magnificenzia. Quando Rinaldo intese quel ch' e\ scritto, ringrazia il suo Gesu\ con sommo effetto; a Ulivier si volse tutto afflitto; disse: #_ Tu vedi quel che Gano ha detto $_. La damigella tenea l' occhio dritto: quando senti\ che 'l suo amante perfetto era Ulivier che tanta fama avia, non domandar quanto gaudio sentia. E poi mando\ nel campo un messaggiere al conte Orlando e in questo modo scrisse: #_ Poi ch' {t} abbiam {/t R; abbia\n A} fatto triegua, cavaliere, accio\ che grande inganno non seguisse contento sia di venirmi a vedere alla citta\ sicuramente $_, disse: #_ cose udirai che ne sarai poi lieto; ma sopra tutto sia presto e secreto $_. Il messaggiero Orlando ritrovava, che si chiamava nel campo Brunoro; segretamente la lettera dava. Orlando lesse e sanza piu\ dimoro a Manfredon la lettera mostrava. Manfredon disse: #_ Forse Caradoro potrebbe qualche inganno fabricare e quel baron tel vorra\ rivelare. Mentre ch' e\ triegua, va sicuramente. Chi sa chi sia quel guerrier del {t} li%one? {/t A; lione? R} Pel mondo attorno va di strane gente. Io ti conforto d' andarvi, barone $_. Morgante a ogni cosa era presente, e disse: #_ Forse ch' egli ha del fellone: egli ebbe voglia insino oggi di dirti qualche trattato e 'l suo segreto aprirti. Io vo' con teco alla terra venire, che non ci fussi qualche inganno doppio, e in ogni modo con teco morire; e insin del campo udirete lo scoppio, se col battaglio s' avessi a colpire: perche/, se bene ogni cosa raccoppio, di chieder triegua e tornarsi oggi drento, segno mi par di qualche tradimento $_. Alla citta\ n' andorno finalmente. Rinaldo immagino\ la lor venuta: fecesi incontro al suo cugin possente, e giunto appresso in francioso saluta. Orlando rispondea cortesemente quel che gli parve risposta dovuta; e pur parlava come saracino, che/ non conosce il suo caro cugino. Dicea Rinaldo: #_ A Caradoro andremo, se non ti fussi, cavalier, disagio $_. Orlando disse: #_ A tuo modo faremo, che/ di piacerti mi sara\ sempre agio $_. Disse Morgante: #_ Andate, noi verremo $_; e finalmente n' andorno al palagio. Rinaldo a Carador gli rappresenta, perche/ e' voleva ch' ogni cosa senta. Re Caradoro, quando Orlando vede, tosto della sua sedia s' e\ levato; Orlando gli volea baciare il piede, ma Carador l' ha per la man pigliato; disse: #_ Macone abbi di te merzede. Il tuo venir m' e\ troppo, baron, grato, per veder quel che non ha pari al mondo, come se' tu, Brunor, baron giocondo $_. {t} Meredi%ana, {/t R; Meridi%ana, A} quando fu in presenzia d' Orlando, sospiro\, la damigella. Orlando prese di questo temenzia; verso la dama in tal modo favella: #_ Are' ti io fatto oltraggio o vi%olenzia, che tu sospiri si\? Dimmel, donzella $_; e ricordossi ben di {t} Li%onetto, {/t A; Lionetto, R} tanto ch' egli ebbe al principio sospetto. Disse la dama: #_ Tu m' innamorasti quel di\ che insieme provamo la lancia e con quel colpo l' elmo mi cavasti, tanto ch' ancor n' arrossisco la guancia, e questa treccia tutta scompigliasti, come se fussi un paladin di Francia; poi mi dicesti: #" To/rnati alla terra, che/ con le dame non venni a far guerra $". Questo mi parve un atto si\ gentile, che bastere' che fussi stato Orlando. Tu disprezzasti una femmina vile; per questo venni cosi\ sospirando $_. Orlando e\ corbacchion di campanile e non si venne per questo mutando; e disse a Carador: #_ Se/guita avante quel che vuoi dir dopo mie lode tante $_. Carador disse: #_ Tu lo intenderai da questo cavalier che t' ha menato $_; e disse al prenze: #_ Tu comincerai a dir perche/ per lui fussi mandato $_. Ma tu, Signor, che i sempiterni rai governi e reggi {t} el {/t R; il A} bel cielo stellato, grazia mi dona che nel dir seguente segua la storia ch' io lascio al presente. Osanna, o Re del sempiterno regno, che mai non abandoni i servi tuoi e perdonasti a quel che gusto\ il legno che gli vietasti gia\, per gli error suoi; aiuta me, sovvien tanto il mio ingegno che basti al nostro dir, come tu puoi, si\ ch' io ritorni alla mia {t} storia {/t R; istoria A} bella cogli occhi volti a te come a mia stella. Rinaldo il conte Orlando rimirava; Orlando non sapea di tale effetto ed Ulivieri spesso sogghignava: non gli cognosce, ch' avevon l' elmetto. Allor Rinaldo a parlar cominciava: #_ A questi di\ trovamo in un boschetto tre cavalier cristian feroci e forti e tutti a tre gli abbiam lasciati morti. Per certo oltraggio che ci vollon fare a corpo a corpo insieme ci sfidamo e cominciamo le spade a menare; finalmente di forza gli avanzamo. Credo che' lupi gli possin trovare, che/ nel boschetto morti gli lasciamo. Ma cavalier parean da spada e lancia, ch' eron venuti del regno di Francia $_. Orlando, quando udi\ queste parole, rispose presto: #_ Ben avete fatto: tutti son rubator; non me ne duole; io n' ho gia\ {t} castigati {/t R; gastigati A} piu\ d' un tratto: cosi\ sempre a' nimici far si vuole. Ma dimmi, cavaliere, a ogni patto, i nomi lor, per veder s' io conosco di questi alcun, ch' uccidesti in quel bosco $_. Disse Rinaldo: #_ Egli ha nome Ulivieri l' un di costor, che dice era marchese; l' altro da Montalban quel buon guerrieri ch' aveva fama per ogni paese; credo che 'l terzo anco era cavalieri, Dodon chiamato, figliuol del Danese $_. Orlando udendol si maravigliava, ma del {t} li%on {/t A; lion R} con seco dubitava. Segui\ piu\ oltre il suo ragionamento Rinaldo: #_ Io intendo mostrarvi i cavagli $_ Orlando disse: #_ Io ne son ben contento, {t} che/' {/t R; che' A} nomi lor non posso ritrova\gli $_. Vanno a vedere. Orlando ebbe spavento {add} subito {/add; su\bito R A} come comincia a guarda\gli, perche/ e' conobbe presto Vegliantino; e disse: #_ Il ver pur dice il saracino $_. Alla sua vita mai fu piu\ doglioso e poco men che in terra non cadea. Ulivier, che 'l vedea si\ doloroso, drento all' elmetto con seco ridea. Tornano in sala. Il paladin famoso vendetta farne fra se/ disponea, e disse: #_ S' altro tu non vuoi parlarmi, a Manfredonio al campo vo' tornarmi $_. Disse Rinaldo: #_ Alquanto v' aspettate $_; e meno\ in una camera il barone; e poi che l' arme sue s' ebbe cavate, la sopravvesta e l' altre guernigione, mostrava le divise sue sbarrate; trassesi l' elmo, e cosi\ il borgognone. Orlando, quando Rinaldo suo vede, per gran letizia tramortir si crede. Abbraccia mille volte il suo cugino; Ulivieri abbracciava il suo cognato; diceva Orlando: #_ O giusto Iddio divino, che grazia e\ questa, ch' io t' ho qui trovato! $_. Poi domando\ dell' altro paladino: #_ Dodon dove e\, che tu m' hai nominato? $_. Disse Rinaldo: #_ Sappi che Dodone e\ quel che venne preso al padiglione $_. Morgante vide costoro abbracciare, e disse al conte: #_ Per tua gentilezza, chi son costor non mi voler celare, che tu gli abbracci con tal tenerezza $_. E poi che udi\ Rinaldo ricordare ed Ulivieri, avea grande allegrezza e {t} 'nginocchiossi {/t R; inginocchiossi, A} e per la man poi prese Rinaldo presto e 'l famoso marchese; e pianse allor Morgante di buon core. Re Caradoro in zambra era venuto. Dicea Rinaldo: #_ Cugin di valore, per mio consiglio, s' a te par dovuto, non tornerai nel campo: io ho timore che Manfredon non t' abbi conosciuto, o come a Carador Gan gli abbi scritto. Ma Dodon nostro ove riman si\ afflitto? $_. Disse Morgante: #_ Lascia a me il pensiero: io lo condussi al padiglion di peso, cosi\ l' arrechero\ qui come un cero $_. Orlando disse: #_ Morgante, io t' ho inteso, e del tuo aiuto ci fa qui mestiero $_. Morgante piu\ non istette sospeso; disse: #_ A me tocca appiccar tal sonaglio; ma ogni cosa faro\ col battaglio $_. A Manfredonio ando\ cau%tamente; e per ventura giugneva il gigante che Dodone era a Manfredon presente, che lo voleva impiccar far davante al padiglion; Dodone umilemente si raccomanda; in questo ecco Morgante. E disse a Manfredon: #_ Che vuoi tu fare? $_. Manfredon disse: #_ Costui fo impiccare $_. #_ Non lo impiccar $_: disse Morgante presto #_ dice Brunoro ch' io il meni alla terra, e {t} de' {/t R; de/' A} saper per quel che faccia questo: tu sai ch' egli e\ fidato e che e' non erra $_. Rispose Manfredon: #_ Venga il capresto; io vo' impiccarlo come s' usa in guerra: sia che si vuole o seguane alfin doglia, ch' io mi trarro\, Morgante, questa voglia $_. Dicea Morgante: #_ Il tuo peggio farai, che/ si potrebbe disdegnar Brunoro; e se tu perdi lui, tu perderai me e 'l tuo stato col tuo concestoro. Io il menero\, se tu mi crederrai. Credo che accordo tratti Caradoro e forse ti dara\ la sua figliuola, ch' io n' ho sentito anco io qualche parola $_. Manfredon disse: #_ Per lo iddio Macone e\ gia\ due di\ ch' io giurai d' impiccarlo, come tu vedi, innanzi al padiglione: non e\ Macone iddio da spergiurarlo $_. Allor chiamava il suo Cristo Dodone che non dovessi cosi\ abbandonarlo. Morgante, udendo far questa risposta, a Manfredon piu\ dappresso s' accosta, e 'l padiglione squadrava dintorno: vide ch' egli era un padiglion da sogni; prima penso\ d' appiccargli un susorno al capo e dir ch' a suo modo zampogni; poi disse: #_ Questo sare' poco scorno e credo ch' altro unguento qui bisogni $_; e finalmente il padiglion ciuffava di sopra e tutte le corde spezzava. De/tte una scossa si\ forte e villana, ch' arebbe fatto cadere un castello; o s' egli avessi scossa Pietrapana, arebbe fatto come e' fece a quello. Cosi\ in un tratto il padiglion giu\ spiana e d' ogni cosa ne fece un fardello e Manfredonio e Dodon vi ravvolse e fuggi\ via e 'l suo battaglio tolse. E in su la spalla {t} el {/t R; il A} fardel si gittava, dall' altra man col battaglio s' arrosta e 'l capo a questo e quell' altro spiccava di que' pagan che volevon far sosta; talvolta basso alle gambe menava, tanto che ignuno a costui non s' accosta; e teste e gambe e braccia in aria balzano; la furia e\ grande e le grida rinnalzano. {add} Subito {/add; Su\bito R A} il campo e\ tutto in iscompiglio e corron tutti come gente pazza. Morgante fece il battaglio vermiglio di sangue e intorno con esso si spazza ed a chi spezza la spalla, a chi il ciglio; e Manfredon quanto puo\ si diguazza e grida e scuote e chiamava soccorso; Dodon piu\ volte l' ha graffiato e morso. Morgante il passo quanto puo\ studiava ed a dispetto di tutti i pagani passato ha il fiume e 'l fardel ne portava, tanto menato ha il battaglio e le mani. Ma finalmente Dodone affogava; onde e' grido\: #_ Se scacciati hai que' cani, posami in terra, ch' io son mezzo morto, per Dio, Morgante, e donami conforto $_. Morgante in terra posava il fardello, che/ non aveva piu\ dintorno gente, e confortava Dodon cattivello: ma poi di Manfredon poneva mente, ch' era ravvolto come il fegatello; vide che morto parea veramente, e disse: #_ Te non portero\ alla terra: poi che se' morto, finita e\ la guerra $_. Disse Dodon: #_ Deh, gettalo nel fiume $_. Morgante vel gitto\ sanza piu\ dire. Ma presto ritorna^r gli spirti e il lume, pero\ che l' acqua lo {t} fe' {/t A; fe/ R} risentire, come egli e\ sua natura e suo costume, e Manfredon comincia a rinvenire; e corse la\ di pagani una tresca, tanto che infine costui si ripesca. Morgante con Dodon suo se n' andava, e rimenollo a Rinaldo ed Orlando e la novella a costor raccontava come il pagan venne al fiume gittando, e che sia morto con seco pensava, e come il padiglion venne spianando. Non domandar che risa fuor si caccia: e Dodon mille volte Orlando abbraccia; e intese tutto cio\ ch' era seguito e come Gan gli seguitava ancora. Re Manfredon, che s' era risentito, con gran sospiri in sul campo dimora, maravigliato del gigante ardito; e come uscito dell' acqua era {add} fora {/add; fo\ra R A}, e d' ogni cosa che gli era incontrato, gli pareva a lui stesso aver sognato. In questo giunse un messaggier di Gano che l' avvisava come Caradoro, e come e' v' e\ il signor di Montalbano ed Ulivieri e Dodon con costoro, e nel suo campo il sanator romano; e che cercavan sol del suo martoro; e come il tradimento doppio andava per pigliar due colombi a una fava. #_ Ah $_ disse Manfredonio #_ or la cagione so perche/ Orlando e\ ito alla cittade; e quel prigion doveva esser Dodone. Or si conosce la lor falsitade, or son tradito, or son giunto al boccone! E vassi pure a Roma per piu\ strade: ma traditor non credevo che il conte fussi ne/ ignun del sangue di Chiarmonte. Ora aremo acquistata qua la dama e Caradoro vinto con assedio! Questi son paladin di tanta fama, ch' io non conosco al mio stato rimedio. Questo gigante ha condotta la trama, perche/ piu\ in dubbio mi teneva e tedio che fussin tutti baroni affricanti, che/ tra' cristian non suole esser giganti $_. Ebbe re Manfredon tanta paura che si penso\ la notte di fare alto; poi disse: #_ Noi sia\n si\ sotto alle mura che non si puo\ spiccar qui netto il salto: e ci bisogna provar l' armadura ed aspettar de' nimici l' assalto. Non sara\ giorno, che Rinaldo e 'l conte ed Ulivieri scenderanno il monte e tutto il campo mio sara\ in travaglio e ne verra\ Dodon per far vendetta e quel di%avol con quel suo battaglio alla mia gente dara\ grande stretta. Pur ci convien stare fermi al berzaglio, e Macon priego che le man ci metta $_. E mentre che e' dicea queste parole, tutti i baron per suo consiglio vuole; ed accorda^rsi che si stessi saldo. Tutta la notte stetton con sospetto. Morgante, ch' era di potenzia caldo, la sera al conte Orlando aveva detto: #_ Poi ch' egli e\ morto Manfredon ribaldo, non sara\ prima di\ ch' io vi prometto ch' io voglio andar col mio battaglio solo tra que' pagani in mezzo dello stuolo ed arder le trabacche e' padiglioni. Con la granata gli voglio scacciare! Vedrete che bel fummo da' balconi, e tutto il campo a furia spulezzare. Io gli faro\ fuggir come ghiottoni: le pecchie soglion pel fuoco sbucare. Io portero\ {t} el {/t R; il A} battaglio e 'l fuoco meco; vedrete poi che mazzate di cieco. Mancato e\ il capo, male sta la coda; adunque male star de/e tutto il dosso. Per gli occhi a tutti schizzera\ la broda; io schiaccero\ la carne e' nervi e l' osso, quand' io daro\ qualche bacchiata soda. So ch' al principio n' aro\ molti addosso, ma tutti poi gli vedrete fuggire $_. Orlando per le risa e\ in sul morire; e disse: #_ Va, ch' io ne son ben contento $_. E poi si volse ove Caradoro era e si\ dicea: #_ Questo ragionamento so che saranno parole da sera che come fummo ne le porta il vento o distruggonsi al sol qual neve o cera. A me par, Caradoro, da vedere quel che fa il campo e le pagane schiere. Se per se stessi si dipartiranno, lascia\gli andar, che mi par piu\ sicuro, pero\ che sempre e\ nel combatter danno e solo Iddio sa il tutto del futuro. Vedren pur che partito piglieranno e starenci doman qui drento al muro. Non si partendo il di\, poi gli assaltiamo, che/ in ogni modo te salvar vogliamo. Poi ci darai la tua benedizione e cercheremo ancor meglio il Levante $_. E cosi\ disse Rinaldo e Dodone ed Ulivier; ma non v' era Morgante. Vannosi a letto con questa intenzione, ch' avevon tutti cenato davante; e Caradoro avea massimo onore a tutti fatto e con allegro core. Morgante avea mangiato quel che vuole, un gran castron che gli fu dato arrosto; andossi prima a letto che non suole, che/ come e' disse fare era disposto. Ne/ prima in ori%ente appari\ il sole l' altra mattina, che e' si lieva tosto; prese il battaglio e certo fuoco in mano ed {t} avvi%ossi {/t A; avviossi R} nel campo pagano. E' saracin trovo\ ch' erano armati; ma pure il fuoco in un lato appicco\e dove erano i destrier sotto i frascati, tanto che molti di quegli abbrucio\e. Ma furon presto scoperti gli agguati, e in mezzo a piu\ di mille si trovo\e e tutto il campo a furia sollevossi: ognuno addosso al gigante cacciossi. E' gli feciono intorno un rigoletto, che lo faranno cantare in tedesco: al ponte di Parisse era in effetto in mezzo a' saracini, e stava fresco! Chi getta lance e chi sassi nel petto; pure al battaglio stavano in cagnesco. Ma tanta gente alla fine v' e\ corso, che gli bisogna a Morgante soccorso. E tuttavia piu\ la turba s' affolta. Era si\ grande e si\ grosso il gigante, ch' ognun che getta facea sempre co\lta. Pur molti morti n' aveva davante, che/ chi toccava il battaglio una volta, lo sfracellava dal capo alle piante; e spesso tondo il battaglio girava e cento capi per l' aria balzava, tanto che 'l cerchio facea rallargare; alcuna volta menava frugoni, che si sentien le corazze sfondare, e pesta loro i fegati e' polmoni; quando si sente arnesi sgretolare, e d' ogni gamba farne due tronconi. E grida e mugghia il gigante feroce, tanto ch' assai ne stordisce la voce. E' pareva, ogni volta che mugghiava, quando Cristo #_ {it} Quem quaeritis {/it} $_ diceva, ch' ognuno a quella voce stramazzava. E tanti morti dintorno n' aveva, ch' ognun discosto alla fine lanciava, e chi con dardi e chi archi traeva; tal che Morgante di molte uova succia per le ferite e come orso si cruccia. Egli era come a dare in un pagliaio; e gia\ tutto forato come un vaglio, e' si volgeva come un arcolaio a' saracin che faceano a sonaglio; e mai non uccideva men d' un paio quando e' menava piu\ lento il battaglio; e piu\ di cinque mila n' avea morti, ma ricevuto da lor mille torti. Avea nel dosso migliaia di zampilli che gettan sangue gia\ per le punture ch' erano state d' altro che d' assilli. Chi da\ percosse di mazze e di scure, chi il petto par, chi le gambe gli spilli, chi da\ sassate che parevon dure: era un diluvio la gente ch' e\ intorno per ammazzare il gigante quel giorno. E gia\ pel campo il romore e\ si\ forte, ch' alla citta\ ne fu tosto sentore; le guardie ch' eran lasciate alle porte cominciorno a gridar con gran furore come Morgante era presso alla morte. Diceva Orlando: #_ Vedrai bello errore, che Manfredonio sara\ iscampato, e questo matto ha 'l suo campo assaltato. Tanto {t} andato {/t R; andata A} sara\ la capra zoppa che si sara\ ne' lupi riscontrata. Questa sua furia alcuna volta e\ troppa; e fece pure inver pazza pensata d' ardere un campo come un po' di stoppa e come a' topi far con la granata; ma 'l topo sara\ egli in questo caso, al cacio nella trappola rimaso $_. {add} Subito {/add; Su\bito R A} fece i suo' compagni armare e Caradoro le sue gente tutte, perche/ Morgante si possi aiutare da' saracin che gli davon le frutte: cosi\ avvien chi pel fango vuol trottare e puo\ di passo andar per le vie asciutte. E fece a Vegliantin la sella porre Orlando, che/ 'l destrier suo vuol pur {add} to^rre {/add; to\rre R A}; a Ulivier si {t} fe' {/t A; fe/ R} dar Durlindana, ed a lui de/tte Cortana e Rondello; e la bella e gentil {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} Ulivieri arma, ch' e\ 'l suo damigello. Corsono al campo alla turba pagana si\ presto ognun, che pareva un uccello. Morgante vide il soccorso venire e col battaglio riprese piu\ ardire; e cominciava a sgridar que' pagani e far balzar giu\ molti della sella e capi e braccia in tronco e spalle e mani: tocca e ritocca e risuona e martella; e' saracini uccide come cani; un mezzo braccio v' alza^r le cervella; e sopra i corpi morti si cacciava addosso a' vivi e la rosta menava ed ogni volta levava la mosca, ma ne portava con essa la gota; o dove e' par che bruttura conosca, sempre col pezzo ne lieva la nuota. L' aria pareva sanguinosa e fosca, si\ spesso par che 'l gigante percuota; balzano i pezzi di piastra e di maglia, come le schegge dintorno a chi taglia; e spesso avvenne ch' un capo spicco\e e poi quel capo a un altro percosse si\ forte che la testa gli spezzo\e e morto cadde che piu\ non si mosse. Oh quanti il giorno all' inferno mando\e! Quanti morti rimason per le fosse! E Manfredonio gia\ s' e\ messo in punto con molta gente e 'n quella parte e\ giunto. Dall' altra parte Orlando e\ comparito e 'l sir di Montalban, tanto gagliardo che accetta prima ch' uom facci lo 'nvito, e fece un salto pigliare a Baiardo in mezzo dove il gigante e\ ferito: sopra gli uomin salto\ sanza riguardo e ritrovossi al rigoletto in mezzo de' saracin ch' omai faranno lezzo. Quando Morgante vedeva quel salto, parve che 'l cuore in aria si levasse, che/ piu\ di dieci braccia ando\ in aria alto Baiardo prima che 'n terra calasse. Or qui comincia il terribil assalto. Rinaldo presto Frusberta sua trasse, quella che fe/sse il mostro da l' inferno, per far de' saracin crudo governo. Punte, rovesci, tondi, stramazzoni, mandiritti, traverse con fendenti, certi tramazzi, certi sergozzoni, in dieci colpi n' uccise ben venti; e chi partiva insin sotto agli arcioni, chi 'nsino al petto, e 'l manco insino a' denti, e le budella balzavan per terra: mai non si vide tanto crudel guerra. Orlando nostro sprona Vegliantino: giunse d' un urto tra quel popol fello, che piu\ di cento caccia a capo chino; poi cominciava a toccare a martello: non tocca il polso sopra il manichino; facea de' saracin come un macello; ed avea detto: #_ Non temer, Morgante: Cesare e\ teco, ove e\ il signor d' Angrante $_. Queste parole avean si\ sbigottiti i saracin, ch' assai del popol fugge, e buon per que' che son prima fuggiti, tanto i nostri baron gia\ ciascun rugge: e' ne facean gelatine e mortiti; a poco a poco la turba si strugge; ed Ulivieri e Dodon giunti sono con romor grande che pareva un tuono; e Manfredonio in sul campo scontrava; la lancia abbassa, che/ lo conoscea. Re Manfredonio il cavallo spronava ed Ulivieri allo scudo giugnea e 'nfino alla corazza lo passava, tanto che tutto d' arcion lo movea; e si\ gran colpo fu quel che gli diede, ch' Ulivier nostro si trovava a piede. Ed ogni cosa la donzella vide, ch' era venuta con {t} suo {/t R; sua A} gente al campo, e fra se stessa di tal colpo ride. Ulivier come un {t} li%on {/t A; lion R} mena vampo e per dolore il cor se gli divide, dicendo: #_ Appunto al bisogno qui inciampo: caduto son dirimpetto alla dama, donde ho perduto il suo amore e la {t} fama $_. {/t R; fama. A} Guarda {t} s' {/t R; se A} a tempo la trappola {t} scocca! {/t R; scocca! $_ A} Non si potea racconsolar per nulla. Sempre Fortuna alle gran cose imbrocca, e {t} 'nsin {/t R; insin A} sopra la soglia ci trastulla. Non domandar se questo il cor gli tocca. Per gentilezza allor quella fanciulla se gli accostava e diceva: #_ Ulivieri, rimonta, vuoi tu aiuto? in sul destrieri $_. Or questo fu ben del doppio lo scorno, e parve fuoco la faccia vermiglia: are' voluto morire in quel giorno. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} pigliava la briglia, dicendo: #_ Monta, cavaliere adorno $_. Or questo e\ quel ch' ogni cosa scompiglia, e per dolor dubito\ sanza fallo non poter risalir sopra il cavallo. Morgante aveva ogni cosa veduto, come Ulivier dal gran re Manfredonio del colpo della lancia era caduto, e la donzella vi fu testimonio; e disse: #_ Io proverro\, come e\ dovuto, s' io gli potessi appiccar questo conio: io intendo d' Ulivier far la vendetta $_; e {t} 'nverso {/t R; inverso A} Manfredon presto si getta. {t} Meredi%ana, {/t R; Meridi%ana, A} che 'l vide venire, gridava: #_ Indrieto ritorna, Morgante $_, e Manfredonio correva assalire per far vendetta del suo caro amante. Morgante pur lo veniva a ferire, e come e' giunse, gridava il gigante: #_ Tu se' qui, re di naibi o di scacchi! Col mio battaglio convien ch' io t' ammacchi $_. Disse la dama: #_ La battaglia e\ mia; e se ci fussi al presente qui Orlando, non mi faresti si\ gran villania: ti\rati addrieto, io ti daro\ col brando. Venuto e\ qua {t} colla {/t R; con la A} sua compagnia, la fama e 'l regno di {add} to^rmi {/add; to\rmi R A} cercando $_. Morgante indrieto alla fine pur torna per ubbidir questa fanciulla adorna. Trovo\ Dodone in luogo molto stretto, ch' era venuto tra cattive mane; pur s' aiutava questo giovinetto e cominciava a dar mazzate strane, a questo e quello spezzando l' elmetto, tanto che gli elmi faceva campane quando egli assaggion di quel suo picciuolo; ma da\ di sopra come allo ori%uolo. E rimaneva il segno ove e' percuote: quanti ne tocca il battaglio feroce, non si ponea piu\ le mani alle gote, che/ ne facea com' e' fusse una noce; alcuna volta facea certe ruote, ch' a piu\ di sette domava la boce; com' un {t} no\cciol {/t R; nocciol A} di pesca ogn' elmo stiaccia e fa balzar giu\ capi e spalle e braccia. E rimisse Dodon sopra il destrieri, Dodon gridava al popol sori%ano: #_ Io ne faro\ vendetta e d' oggi e di ieri, quando impiccar mi volea quel villano $_. In questo tempo il famoso Ulivieri era pel campo colla spada in mano, e dove Manfredon combatte, arriva, colla donzella florida e giuliva. Una ora o piu\ combattuto insieme hanno, e non si vede de' colpi vantaggio. Ulivier tutto arrossi\, come fanno gli amanti presso alla dama, il visaggio; e disse: #_ Dama, non ti dar piu\ affanno: lascia pur me vendicare il mio oltraggio. Io vorrei esser morto veramente quand' io cascai, che tu v' eri presente. Alla mia vita non caddi ancor mai, ma ogni cosa vuol cominciamento $_. Disse la dama: #_ Tu ricascherai, se tu combatti, cento volte e cento; e sempre avvenir questo troverrai a cavalier che sia di valimento: usanza e\ in guerra cascar del destriere; ma chi si fugge non suol mai cadere. Io vo' con Manfredon tu mi consenti che la battaglia mia sia in ogni modo, per vendicar non una ingiuria o venti, ma mille e mille e che paghi ogni frodo $_. Disse Ulivier: #_ Se cosi\ ti contenti, che poss' io dir, se non ch' io affermo e lodo? $_. Re Manfredon che le parole intese, in questo modo parlava al marchese: #_ Per Dio ti priego, baron d' alta fama, tu lasci me come amante fedele perdere insieme e la vita e la dama, che/ cosi\ vuol la Fortuna crudele. Cercato ho quel che cercar suol chi ama: trovato ho to\sco per zucchero e me\le; e poi che la mia morte ognun la vuole, per le sue man morir non me ne duole. So ch' io non tornero\ piu\ nel mio regno, so che mai piu\ non rivedro\ Soria; so ch' ogni fato m' avea prima a sdegno, so che fia morta la mia compagnia; so ch' io non ero di tal donna degno, so ch' aver non si puo\ cio\ ch' uom desia; so che per forza di volerla ho il torto, so che sempre ove io sia l' amero\ morto $_. Non pote/ far {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} allora che del suo amante pur non gl' increscessi, e disse: #_ Cosi\ va chi s' innamora! Se mille volte uccider lo potessi, per le mie man non piaccia a Dio ch' e' mora, quantunque a morte si danni egli stessi $_; e pianse, si\ di Manfredon gli dolse, che/ essere ingrata a tanto amor non volse. E ricordossi ben che combattendo l' aveva molte volte riguardata. Dicea fra se/: #_ Perche/ d' ira m' accendo contro a costui? Perche/ son si\ spietata? Cio\ che fatto ha, com' io pur veggo e intendo, e\ per avermi lungo tempo amata. Non fu lodata mai d' esser crudele alcuna donna al suo amante fedele; questo non vuol per certo il nostro Iddio $_. Non sa piu\ che si far {t} Meredi%ana, {/t R; Meridi%ana, A} e disse: #_ Manfredon, se 'l tuo desio e\ di morir, non voglio esser villana. Se tu facessi pel consiglio mio, per salvar te con {t} tuo {/t R; tua A} gente pagana, tu soneresti a raccolta col corno e in Ori%ente faresti ritorno. Poi che non piace al tuo fero distino ch' io sia pur tua come tu brami e vogli, perche/ pugnar pur contra al tuo Apollino? Io veggo il legno tuo fra mille scogli: to/rnati col tuo popol saracino e 'l nodo del tuo amor per forza sciogli $_. A questo Manfredon rispose forte: #_ Non lo sciorra\ per forza altro che morte $_. Allor segui\ la donzella piu\ avante: #_ O Manfredon, di te m' incresce assai $_; e die\gli un prezi%oso e bel diamante: #_ Per lo mio amor $_, dicea, #_ questo terrai per ricordanza del tuo amor costante, e pel consiglio mio ti partirai. E se tu scampi e salvi le {t} tuo {/t R; tue A} squadre, d' accordo ancor mi ti dara\ il mio padre. Ogni cosa si placa con dolcezza; e chi per forza vuol tirar pur l' arco, benche/ sia sori%an, sai che si spezza: ogni cosa conduce il tempo al varco. E priego te per la tua gentilezza che tu comporti ogni amoroso incarco e sia contento di qui far partita e in ogni modo conservar la vita. La dipartenza, perche/ e' non ci avanza tempo, ch' io veggo morir la tua gente, tra noi sia fatta, e questo sia abbastanza, poi che piu\ oltre il Ciel non ci consente. E quel gioiel terrai per ricordanza, ch' io t' ho donato, sempre in Ori%ente; e se Fortuna e 'l Ciel t' ha pure a sdegno, aspetta tempo e miglior fato e segno $_. Questa ultima parola al cor s' affisse a Manfredonio, udendo la donzella, che mai piu\ fermo in di%aspro si scrisse. Volea parlare, e manca la favella; ma finalmente pur piangendo disse: #_ #" Aspetta tempo e miglior fato e stella, poi ch' al Ciel piace, e to/rnati in Soria $": quanto son vinto da tal cortesia! Quando sara\ quel di\ quando fia questo? Or quel che non si puo\ voler non deggio. Io tornero\ per non t' esser molesto; rico\rdati di me, ch' altro non chieggio; col popol mio, con quel che c' e\ di resto, che/ molti morti pel campo ne veggio, ritornero\ sanza speranza alcuna nel regno mio, se cosi\ vuol Fortuna. E per tuo amor terro\ questo gioiello: questo sempre sara\ presso al mio core. S' io ho peccato, lasso meschinello, contra al tuo padre e contra al mio signore, incolpane colui ch' e\ stato quello che m' ha condotto dove e' vuole, Amore; e in ogni modo a te chieggio perdono, e viver per tuo amor contento sono $_. E poi si volse al marchese Ulivieri e chiese a lui perdon del cadimento; Ulivier gli perdona volentieri, che/ del suo dipartir troppo e\ contento, perche/ eran due gran ghiotti a un taglieri, ed era stato alle parole attento che dette avea {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} a quello, e confermato e postovi il suggello. E poi ch' egli ebbe lagrimato alquanto, re Manfredonio alfin s' accomiatava; e la donzella, con sospiri e pianto #_ Addio $_ dicendo, la man gli toccava; e de/i pensar se si cavorno il guanto. Ulivier presto Orlando ritrovava, e dicea cio\ ch' egli avea fermo e saldo; e molto piacque a Orlando e Rinaldo. Venne per caso quivi Caradoro e {t} 'ntese {/t Rl intese A} come l' accordo era fatto. Morgante, insieme veggendo costoro, inverso lor col battaglio era tratto e quel che fussi saper vuol da loro; ma col battaglio non dava di piatto. Orlando disse: #_ Non far piu\, Morgante $_. Allor piu\ forte combatte/ il gigante. #_ Re Manfredonio e la sua compagnia contento e\ di lasciar {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} $_ diceva Orlando #_ e tornarsi in Soria $_. Morgante allora il battaglio giu\ spiana, e disse: #_ Orlando, questa era tra via $_, e de/tte a uno una picchiata strana, un altro ammacca che parve di cera: ed anco questo ne' patti non era. Orlando disse: #_ Il battaglio giu\ posa: assai morti n' abbia\n per questo giorno $_. Re Manfredon sua gente dolorosa per tutto il campo raguna col corno. E cosi\ la battaglia sanguinosa a questo modo quel di\ terminorno, come nell' altro dir seguiro\ poi. Cristo vi guardi e sia sempre con voi. Virgine santa, madre di Gesu\e, madre di tutti i miseri mortali, per cui salvata nostra prole fue; perche/ tu ci ami tanto e tanto vali, donami grazia e tanto di virtu\e ch' io mi ritorni a' baron nostri, i quali nella citta\ tornar volevan drento, e Manfredon ne va poco contento; anzi chiamava morte a ogni passo, dicendo: #_ Ome\, quanto pensai felice esser per te, {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}; ahi lasso, ch' io t' ho lasciata, or misero e infelice! $_. Arebbe fatto lagrimare un sasso per le parole che talvolta dice; e tuttavia la gente rassettava e 'nverso il suo camin tristo n' andava. Or chi avessi il gran pianto veduto che nel suo dipartir fa la sua gente, certo che assai gliene saria incresciuto: chi morto il padre lascia e chi il parente, e cosi\ morto l' ha {t} riconosciuto, {/t R; ricognosciuto, A} onde e' piangea di lui miseramente; chi il suo fratello e chi l' amico abbraccia, chi si percuote il petto e chi la faccia. Eravi alcun che cavava l' elmetto al suo figliuolo, al suo cognato o padre, poi lo baciava con pietoso affetto, e dicea: #_ Lasso, fra le nostre squadre non tornerai in Soria piu\, poveretto. Che diren noi alla tua afflitta madre, e chi sara\ piu\ quel che la conforti? Tu ti riman cogli altri al campo morti $_. Altri dicea pel cammin cavalcando: #_ Non si dovea tanta gente pagana menar pero\ cosi\ qua tapinando: certo non era la dama sovrana di tanto prezzo quanto or vien costando. Ora hai tu, Manfredonio, {t} Merediana {/t R; Meridiana A}! Or se ne va la tua gente sbandita, e manco\ poco a lasciar qua la vita. Teco menasti tutta Pagania, come tu andassi per Elena a Troia: or hai tu sazia la tua voglia ria! e se' cagion che tanta gente muoia $_. E cosi\ Manfredon ne va in Soria afflito, sconsolato, in pianto e in noia: cosi\ chi segue ogni sfrenata voglia lasciando la ragion, sente alfin doglia. Orlando con Rinaldo ed Ulivieri si ritornorno, e Dodone e Morgante, con Caradoro e tutti i cavalieri, con le bandiere al vento tri%unfante. Gran festa e\ fatta a' cristian battaglieri da tutto quanto il popolo affricante; suonansi corni e trombette e tamburi, fannosi fuochi e balli sopra i muri. Essendo molti giorni riposati, la damigella un di\ chiama il marchese; in una cameretta sono andati; e poi che tutta nel viso s' accese, i suoi sospir tutti ha manifestati: priega ch' a lei sia cavalier cortese e che 'l suo amor negar non debbi a quella che nel suo cor sentia mille quadrella. Ulivier dice: #_ Io nol faro\ per certo, perche/ se' saracina, io son cristiano: dal nostro Iddio so ch' io sarei diserto; prima m' uccidi qui colla {t} tuo {/t R; tua A} mano $_. Ella rispose: #_ S' tu mi mostri aperto che 'l nostro Macometto iddio sia vano, io mi battezzero\ per lo tuo amore perche/ tu sia poi sempre il mio signore $_. Ulivier disse della Trinitate, come era una sustanzia e tre persone, di lor potenzia e di lor {t} dei%tate; {/t A; deitate; R} e poi gli fece una comparazione: #_ Se d' esser uno e tre pur dubitate, si mostra per essemplo e per ragione ch' una candela accesa mille accende e 'l lume suo pure all' usato rende $_. De' miracoli disse fatti al mondo, e come Lazzar gia\ {t} risucitassi, {/t R; resuscitassi; A} come E' fu crucifisso, e nel profondo del limbo a trar molte anime n' andassi. Disse la dama: #_ Piu\ non ti rispondo $_; e fu contenta che la battezzassi. E dopo a questo vennono alla cresima, tanto che infine e' ruppon la quaresima. Piu\ e piu\ volte questa danza mena Ulivier nostro pur celatamente: non si ricorda piu\ di Forisena, che la soleva aver sempre alla mente; e la fanciulla leggiadra e serena ingravidata e\ di lui finalmente; e nacquene un figliuol, dice la storia, che de/tte a Carlo Man poi gran vittoria. Uscendo un di\ d' una zambra la dama, Rinaldo s' accorgea di questo fatto ed Ulivier segretamente chiama: #_ Che fai tu? $_, disse. #_ Tu mi pari un matto $_. Ulivier gli conto\ tutta la trama, com' ella e\ battezzata e con che patto. Rinaldo disse: #_ Se cristiana e\ certa, fa che la cosa almen vadi coperta $_. Or lasciamo Ulivier fornir la danza e riposarsi alquanto, e gli altri ancora, e ritorniamo al signor di Maganza, Gan da Pontier, che non si posa un' ora. Avuto avea del suo messo certanza come impiccato fu sanza dimora da Caradoro; onde n' ha gran tormento e pensa pur qualche altro tradimento. E perche/ egli era maestro perfetto, si ricordo\ d' un gran re saracino, lo quale Ermini%on per nome e\ detto, nimico di Rinaldo paladino; perche/ Rinaldo gli {t} fe' {/t A; fe/ R} gia\ dispetto quando de/tte la morte al re Mambrino, perch' egli avea per moglie la sorella, detta dama Clemenzia, savia e bella. Avea piu\ tempo questa donna eletta, come fanno le moglie col marito, pregato che far debba la vendetta; Ermini%on non l' avea consentito, come colui che luogo e tempo aspetta, si\ come savio, a pigliar tal partito. Gan da Pontieri avea per alfabeto ogni trattato palese e segreto, e dove e' possa seminar discordia, nol ritenea pieta\ ne/ consci%enzia, che/ lo facea sanza misericordia. Sapea il pensier della dama Clemenzia; e scrisse un brieve, e dopo lunga essordia gli ricordo\ l' oltraggio e vi%olenzia del buon Rinaldo, e che non debba starsi, pero\ ch' egli era il tempo a vendicarsi: #_ A te Ermini%on di gran potere, il conte Gan mille salute manda, sempre parato a ogni tuo piacere, ed umilmente a te si raccomanda. Credo tu debbi ogni cosa sapere: dove Rinaldo si truovi e 'n qual banda, e come egli e\ sbandeggiato di corte, e de/tte al re Mambrin pur gia\ la morte. Pel mondo va come un ladron di strada; Orlando e\ seco, e Dodon, per ventura, ed Ulivier con lui credo ancor vada: non ti bisogna aver di lor paura. Lascia il tuo regno ed ogni tua contrada, a Montalban te ne vieni alle mura: Alardo e Ricciardetto v' e\ a guardarlo, e non potre' piu\ in odio avergli Carlo. Se tu vien presto col tuo assembramento. in poco tempo so che 'l piglierai: gente non v' e\, ne/ vettovaglia drento; e 'n questo modo ti vendicherai, pero\ che {t} fe' {/t A; fe/ R} pur troppo tradimento, ucciderlo nel modo che tu sai. Io te lo scrivo per antico amore, e so che vuole il nostro imperadore. E' si vorrebbe dinanzi levare tutti que' della casa di Chiarmonte, ma con suo onor non l' ha potuto fare; ora ha sbandito Rinaldo col conte per fargli sol, se puo\, mal capitare; e se tu vien colle {t} tuo {/t R; tue A} gente a fronte, Carlo sara\ giustificato in tutto che per tua man sia Montalban distrutto $_. La lettera suggella e manda il messo, che non debba posar notte ne/ giorno; e se fara\ il suo debito, ha promesso cento talenti Gan nel suo ritorno. Il messaggier vuol far quel ch' e\ interesso: {add} subito {/add; su\bito R A} tolse la taschetta e 'l corno, e dopo lungo e spiacevol cammino si rappresenta al gran re saracino. Ermini%on a questo pose orecchio e tutte le ragion gli son capace, benche/ {t} conosca {/t R; cognosca A} Gan traditor vecchio; dama Clemenzia, questo assai gli piace. E finalmente feciono apparrecchio di gente franca saracina audace: ben centomila sotto un gonfalone in poco tempo accozza Ermini%one. E poi che tutti furono assembrati, con trentamila giunse un amirante, e d' archi sori%ani erano armati, e per nome si chiama {t} Li%onfante; {/t A; Lionfante; R} avea per arme due {t} li%on {/t A; lion R} dorati nel campo azurro e ciascun par rampante; era venuto sanza aver richiesta, e molto Ermini%on ne fece festa; ed arrecossi in buono {t} agurio {/t R; augurio A} e segno la sua venuta e quella gente franca. L' arme d' Ermini%on famoso e degno, nel campo rosso era un' aquila bianca, salvo ch' aveva un altro contrassegno, una rosetta sopra l' alia manca. E Fieramonte, suo fratello adorno, appella Ermini%one e Salincorno; e disse a Salincorno: #_ Tu verrai in Francia bella; e tu, mio Fieramonte, la mia corona in testa serberai, tanto mi fido alle virtu\ tue pronte; ne/ mai del regno ti dipartirai fin che passare in qua mi vedrai il monte: a te confido tutto il mio reame, e la giustizia fa ch' osservi ed ame $_. Dama Clemenzia d' allegrezza ha pieno il core, e fece al messaggier di Gano nel suo partir donare un palafreno; cento bisanti poi gli pose in mano e d' un bel drappo splendido e sereno gli de/tte un ricco e gentil caffettano, e disse: #_ Questo per mio amor ne porta. Saluta Gan mille volte e conforta $_. Ermini%on gli fe' donare ancora molte cose leggiadre alla moresca; e 'l messaggier parti\ sanza dimora con la risposta e non par che gl' incresca. La qual risposta Ganellon rincora come il {t} no\cciolo {/t R; nocciolo A} ara\ tosto la pe\sca, e come centotrentamila avea di cavalieri e come e' si movea. In pochi di\ ritorno\ il messaggieri ed al suo Ganellon si rappresenta; Gan la risposta lesse volentieri, quando senti\ di centomila e trenta. Disse il messaggio: #_ O signor da Pontieri, di quel che m' hai promesso or mi contenta. Ermini%on non vuol di lui mi lagni $_; e mostro\ i don c' ha ricevuti magni. Gan gli dono\ quel che promesso avea, e tutto pien d' allegrezza era quello; a Montalbano a Guicciardo scrivea che ne veniva Orlando e 'l suo fratello e presto sara\ in Francia; e cio\ facea per certa astuzia, il maladetto e {t} fello: {/t A; fe\llo: R} perche/ e' tenessin la terra e le mura piu\ sprovvedute e stien sanza paura. Intanto Ermini%on si mette in punto: apparecchio\ navil, gran quantitate; e come e' vide il vento per lui giunto, {add} subito {/add; su\bito R A} furon le vele gonfiate, e giorno e notte non si posa punto. Le navi a salvamento son giostrate, e in pochi di\ questa brigata magna si ritrovava ne' porti di Spagna. Fu la novella {add} subito {/add; su\bito R A} a Marsilio come in Ispagna e\ venuta gran gente; maravigliossi di questo navilio e cominciava a temer fortemente; ebbe consiglio e tutto il suo concilio, e manda imbasceria subitamente che lo debba avvisare Ermini%one della venuta sua che sia cagione. Ermini%on rispose come saggio che inverso Francia con sua gente andava per vendicarsi d' un antico oltraggio e come il passo sol gli domandava, ch' a' suoi paesi non faria dannaggio. Marsilio della impresa il confortava. E presto fu avvisato Carlo Mano come e' passava gran popol pagano. Carlo sentendo si\ fatta novella, non ebbe alla sua vita un tal dolore; Turpino e Namo e Salamone appella e raccontava del fatto il tinore, dicendo: #_ Orlando non sara\ qui in sella, non c' e\ Rinaldo, onde e' mi triema il core, ne/ Ulivieri, il nostro paladino. Che faren noi, o Namo, o mio Turpino? Or si {t} conosce {/t R; cognosce A} il mio nipote caro, or si conosce Rinaldo e 'l marchese $_. Turpino e gli altri insieme s' accordaro che si dovessi stare a le difese, e 'n questo modo Carlo confortaro. Namo per tutti le parole prese, dicendo: #_ Le citta\ difenderemo, e intanto aiuto al papa chiederemo $_. Per tutta Francia fecion provedere le citta\, le fortezze e le castelle, ed ordinorno mandar messaggiere al papa a dir le cattive novelle. Intanto Ermini%on con sue bandiere presso a Parigi son sopra le selle e fan tremare {t} el {/t R; e 'l A} monte e la pianura, e tutto il regno sta con gran paura; e pel paese trascorrendo vanno, rubando, ardendo e pigliando prigioni, e mettono ogni cosa a saccomanno: dove e' s' abbatton questi mascalzoni, in ogni parte facevon gran danno. Ermini%on fra tutti i suo' baroni elesse {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R}, che ponessi a Montalbano il campo e intorno stessi: e lui si stette con {t} suo {/t R; sua A} gente al piano appresso a poche leghe di Parigi; e manda imbasciadore a Carlo Mano a dir che gli movea questi litigi per vendicar Mambrin degno pagano e Montalban disfare e San Dionigi; e Mattafolle fu suo imbasciadore, un re pagan che non gli triema il core. Giugnendo a Carlo Man quel Mattafolle, {t} fe' {/t A; fe/ R} come matto e folle veramente: che/ quand' {t} e' gli {/t A; egli R} ebbe detto quel che volle, e' comincio\ a minacciarlo aspramente. Carlo pur rispondea timido e molle: Astolfo a questo non fu pazi%ente: trasse la spada fuor con gran tempesta per dare a Mattafolle in su la testa. Ma non pote/ perche/ e' lo prese Namo, e disse: #_ L' onesta\ questo non vuole, che a 'mbasciador oltraggio noi facciamo. Lascialo far, che/ fa come far suole, si\ che al suo re non ne faccia richiamo $_. Mattafolle tagliava le parole, e disse: #_ Astolfo, in sul campo ti voglio, e forse abbassero\ questo tuo orgoglio $_; e dipartissi da Carlo adirato, benche/ il Dusnamo si scusassi assai. Al grande Ermini%on si fu tornato, e disse: #_ La 'mbasciata tua contai, e molto fui d' Astolfo ingiuri%ato; ond' io ti priego, s' a te piacqui mai, che domattina sia contento io m' armi, e vo' con tutti i paladin provarmi $_. Rispose Ermini%on: #_ Tu non sa' bene ancor chi sieno i paladin di Francia, e per questa cagion si\ spesso avviene che molti n' hanno forata la pancia. Sappi che Carlo Man questi non tiene, se non fussino ognun provata lancia. Tu ti potrai provar, se n' hai pur voglia; ma guarda ben che mal non te ne coglia. E se non v' e\ Rinaldo ed Ulivieri, e se non v' e\ Orlando tanto forte, e' v' e\ quel valoroso e franco Uggieri, ch' a tanti saracin dato ha la morte, e quel famoso e degno Berlinghieri, Ottone, e tanti altri baroni in corte. Per mio consiglio al campo ti starai; pur, se ti piace, a tuo modo farai $_. Astolfo in quella notte cavalco\e inverso Montalban tutto soletto: perche/ e' non v' e\ Rinaldo, dubito\e d' Alardo, di Guicciardo e Ricciardetto. Ma giunto ove era il campo, riscontro\e certi pagani e fu preso in effetto e fu menato preso all' amirante, ch' era chiamato il fiero {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R}. {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R} comincia a domandare di Carlo, di sua gente e sua possanza; e la cagion che vengon per guastare Montalban, come tosto avea speranza, dice che voglion Mambrin vendicare perche/ Rinaldo {t} fe' {/t A; fe/ R} troppa fallanza a tradimento uccider quel signore, e manco\ troppo, al suo parer, d' onore; e che per questo saria tanta guerra, per vendicar questo peccato antico. A lui rispose il signor d' Inghilterra: #_ Ascolta, {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R}, quel ch' io dico: pel mio Gesu\, che chi dice cio\ erra, perche/ e' l' uccise come suo nimico, a corpo a corpo e sanza tradimento e non vi fu difetto o mancamento $_. E racconto\ la cosa in tal maniera che {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R} resto\ pazi%ente, e disse: #_ Poi ch' io so la storia vera, per mia fe/, ora ch' io ne son dolente aver condotta qua la mia bandiera: esser vorrei in Soria con questa gente, che/, poi ch' a tradimento e' non fu morto, Ermini%on, per Macometto, ha il torto. Io conobbi Rinaldo gia\ in Ispagna, e per mia fe/, mi parve un uom gentile, da non dovere aver questa magagna di far con tradimento opera vile; anzi pareva una persona magna e franco e forte e giusto e signorile; e {t} 'ncrescemi {/t R; increscemi A} di lui che non ci sia; ma per me tanto oltraggiato non fia: e s' io potessi, Montalban, pigliarlo, io nol faro\, pel giusto iddio Apollino; e in qualche modo si vorria avvisarlo. che ritornassi in qua col suo cugino. Ma dimmi, prigionier col quale io parlo, se tu se' cavalier o paladino $_. Astolfo il nome suo gli disse allora, il perche/ {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R} assai l' onora, e fece accompagnarlo alla cittate. Era quel {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R} un uom discreto; mando\ con lui molte sue gente armate fino alle mura e poi tornano indrieto. Astolfo truova le porte serrate: furono aperte, e molto ognun fu lieto; e Ricciardetto, quando ha questo inteso, parve dal cor gli levasse ogni peso. E domando\ se sapeva ni%ente del suo fratello, e disse come Gano gli aveva scritto molto chiaramente Rinaldo saria tosto a Montalbano. Astolfo indovino\ subitamente la sua malizia e scrisse a Carlo Mano che certo il traditor di Gano e\ quello ch' avea condotto la\ quel popol {t} fello {/t A; fe\llo R}. Gano in que' di\ parea maninconoso piu\ che alcun altro di si\ fatto assedio, e spesso il viso facea lacrimoso, dicendo: #_ Carlo, io non veggo rimedio a Montalbano, ond' io ne sto doglioso: credo che poco vi staranno a tedio $_; e poi la notte nel campo avvisava Ermini%on, cio\ che Carlo ordinava. Carlo un di\ per ventura vide indosso a quel corrier ch' egli aveva mandato al re pagano, un certo vestir rosso di cammucca\, ch' e' gli aveva donato, e fra se stesso diceva: #_ Io non posso pensar donde costui l' abbi arrecato $_; e domandonne alcuna volta Gano ond' egli avessi quel vestire strano. Gan gli avea detto: #_ A questi di\ il mandai nel tal paese, per saper d' Orlando novelle; e perche/ poco ne spiai, non te lo dissi: {t} el {/t R; e 'l A} messaggier, tornando, per quel ch' io intesi, che/ nel domandai, un di\ in un bosco un pagano scontrando, credo che disse lo fece morire e trassegli di dosso quel vestire. Vera cosa e\ ch' io scrissi a questi giorni a Ricciardetto per dargli conforto: #" Rinaldo e gli altri paladini adorni sappi che in Francia saranno di corto $": questo e\ perche/ e' non credon mai che torni ed hanno dubitato che sia morto $_. Carlo ogni cosa nella mente avea, e 'l messaggier d' Astolfo allor giugnea. E non credette a quel ch' Astolfo scrisse, perche/ il parlar di Gan si riscontrava; e risposegli indrieto, e cosi\ disse, quand' egli scrisse questo, se sognava a dir che Ermini%on per Gan venisse. Cosi\ Fortuna Carlo traportava; o forse ch' era permesso dal Cielo cio\ che Gan dice gli paia il Vangelo. Or ritorniamo a Mattafolle un poco: egli era contro Astolfo inanimato per quel che {t} fe' {/t A; fe/ R}, che non gli parve giuoco. La mattina seguente si fu armato, pero\ che l' ira riscaldava {t} el {/t R; il A} foco. Cosi\ soletto si fu inviato, e venne presso al muro di Parigi dove e\ la chiesa detta San Dionigi; ed un suo corno comincio\ a sonare, chiamando Astolfo che debba venire, se vuol con esso in sul campo giostrare. Carlo comincia col Dusnamo a dire, e Salamon, quel che par lor di fare, se Mattafolle si debba {t} ubbidire {/t R; obedire A}; e finalmente per partito prese ch' a lui si mandi il possente Danese. E 'l Danese s' armo\ con gran furore, e 'l suo caval d' acciaio era guernito. Chiese licenzia, e dallo imperadore subitamente e dagli altri e\ partito. Vide dove e\ Mattafolle il signore, che rifaceva col corno lo 'nvito: maravigliossi che 'l vide soletto e non pareva ch' avessi sospetto. Giugnendo a Mattafolle, il franco Uggieri lo saluto\ con un gentil saluto; poi gli diceva: #_ O nobil cavalieri, per combatter con noi se' qua venuto? Io sono stato per tutti i sentieri de' saracini e mai non fu' abbattuto. Che pensi tu con ispada o con lancia esser venuto acquistar fama in Francia? Io son de' paladini il piu\ codardo, e non ti stimo, pagano, un bisante. Se tu se' pur, come credi, gagliardo, prendi del campo, barone affricante $_. Rispose il saracin: #_ Per certo io guardo se tu se' quel cavaliere arrogante che mi volesti far villania in corte, per darti in ogni modo oggi la morte $_. Disse il Danese: #_ Troppa pazi%enza ebbe con teco il nostro imperadore, che ti dovea punir di tua fallenza, se stato tu non fussi imbasciadore. Colui che fare ti volea violenza, Astolfo e\, d' Inghilterra alto signore. Io son chiamato per nome Danese $_. Il saracino allor del campo prese. Poi che fu dilungato il saracino piu\ d' una arcata, volse il suo cavallo; dall' altra parte il franco paladino tosto tornava indrieto a contastallo; furno scontrati a mezzo del cammino e nessun pose la sua lancia in fallo; ma del Danese la lancia spezzossi sopra lo scudo e quel pagan piegossi. Il saracin feri\ con maggior forza sopra lo scudo il possente barone; passollo tutto, e trovava la scorza della corazza, e {t} pa\ssala, {/t R; passala A} e 'l giubbone; Uggier piegossi ora a poggia ora a orza e finalmente cadde dell' arcione. Re Mattafolle, quando in terra il vide, maravigliossi e di cio\ forte ride; e disse: #_ Or non vo' piu\ che tu ti vanti che mai piu\ non cadessi del destriere; e di' che ci hai provati tutti quanti: provato non m' avevi, cavaliere. Vedi che Cristo e tutti i vostri santi non t' han potuto aiutar di cadere. Renditi a me, come tu de/i, prigione $_. Disse il Danese: #_ Questo e\ ben ragione $_. La spada per la punta il paladino de/tte al pagan che l' aveva abbattuto. Menollo in San Dionigi il saracino, e disse: #_ Qui t' aspetta, ch' e\ dovuto $_. Poi cominciava: #_ O figliuol di Pipino, sappi ch' Uggier della sella e\ caduto e per prigion l' ho messo in San Dionigi. Mandami un altro baron di Parigi $_. Quando udi\ Carlo risonare il corno, non fu mai piu\ dolente alla sua vita, e ragguardava per la sala intorno, dove era la sua gente sbigottita. Dusnamo e gli altri tutti consigliorno che, poi che 'l saracin cosi\ gl' invita, un altro cavalier mandar bisogna, se non che gli saria troppa vergogna; ed accorda^rsi che v' andassi Namo. Namo v' ando\, si\ come gli fu imposto. Giugnendo a Mattafolle cosi\ gramo, lo saluto\ e dissegli discosto: #_ Prendi del campo; alla giostra vegnamo, che/ dir parole assai non son disposto $_. Il saracin, che la sua voglia intende, subitamente allor del campo prende. Namo si volse tutto furi%oso: e' si credette inghiottir Mattafolle; giunse allo scudo un colpo poderoso: l' asta si ruppe, che/ passar nol volle; e 'l saracin, ch' e\ forte ed animoso, nulla non par che dell' arcion si crolle; e prese il savio duca a mezzo il petto, e della sella lo cavo\ di netto. Namo si vide superato e vinto, e cosi\ disse: #_ Io ti comincio a credere, poi che tu m' hai fuor dell' arcion sospinto, ch' ogn' altro saracin tu debba eccedere $_; e 'l brando presto da lato ebbe scinto, e disse: #_ A te prigion mi vo' concedere $_. Disse il pagano: #_ Or, se non t' e\ fatica, il nome tuo, baron, vo' che mi dica $_. Namo rispose: #_ Questo poco importa. Sappi ch' io sono il duca di Baviera $_. Disse il pagan: #_ Per Macon, ti conforta, ch' onorato sarai fra la mia schiera $_. Di San Dionigi il condusse alla porta, dove il Danese nostro prigione era; e ritornossi al campo e 'l corno suona, Carlo sprezzando e sua santa corona. Era Carlo a vederlo cosa oscura, e tutti i suo' baron similemente; ognuno avea gia\ in Parigi paura. Berlinghier nostro, quando il corno sente, tosto apportar si facea l' armadura, e monto\ sopra il suo destrier possente. Nella sedia fatal rimase Carlo, e' suoi baron dintorno a confortarlo. La lancia di {t} Ciresse {/t R; ciresse A} aveva in mano, la spada allato, e cintosi un trafiere; brocca il cavallo e giugneva al pagano a lanci e salti che pare un levriere, e disse: #_ Se' tu quel baron villano, che cosi\ sprezzi il famoso imperiere? Se tu sapessi chi sotto e\ in queste armi, tosto perdon verresti a domandarmi. Se tu scampi da me, tu sarai il primo, tanti n' ho morti gia\ con questa spada: non domandar s' ogni peluzzo cimo con essa in aria, in modo par che rada $_. Disse il pagan: #_ Per Macon, poco stimo chi troppo sta la notte alla rugiada! Manda pel prete e fa trovare i moccoli, che/ tu mi pari una bertuccia in zoccoli $_. Berlinghier si cruccio\ come un di%avolo, e disse al saracin: #_ Matto uom bestiale, che se' tu uso a mangiar crusca e cavolo? Co' pazzi sopra il carro {t} tri%onfale {/t A; trionfale R}! Non potre' farlo Macone o 'l suo avolo o Apollin, ch' io non ti facci male $_. Disse il pagan, poi che molto ebbe riso: #_ Deh, dimmi un poco, hai tu sotto altro viso? $_. Rispose Berlinghier: #_ Non piu\ parole: e' ti parra\ ch' io sia come un gigante. {t} El {/t R; Il A} molto rider segno esser non suole pero\ di cavalier saggio o prestante. Non so quel che tu di', rugiada o sole, e zoccoli non ho sotto le piante; ma nella punta del mio brando forte so ch' io vi porto, baron, la tua morte $_. #_ Sares' tu mai Rinaldo, o quel marchese c' ha tanta fama al mondo, o 'l conte Orlando $_, disse il pagano, #_ o puoi piu\ che 'l Danese, che nella punta la morte hai del brando? Deh, fammi il nome tuo, se vuoi, palese $_. Berlinghier gli rispose minacciando: #_ Non son Rinaldo, Orlando o Ulivieri, ma il franco e forte e gentil Berlinghieri $_. Il saracin, sentendo nominarlo, rispose: #_ Sia nel nome di Macone! Dunque tu se' de' paladin di Carlo: so che non tien si\ fatto compagnone in corte, se non usa di provarlo. Io t' ho squadrato dal capo al tallone per veder quanto discosto gittarti voglio in sul campo e in su l' erba posarti. Prendi del campo, ch' io scoppio di ridere pensando, cavalier, quel che tu hai detto, che tu mi creda, cosi\ al primo, uccidere: non potre' farlo tu, ne/ Macometto! Se tu non soldi gente da dividere, ovver se tu non voli, io ti prometto in San Dionigi, cavalier di Francia, portarti in sulla punta della lancia $_. Rispose Berlinghier: #_ Degli altri matti ho gastigati a' miei di\ mille volte; e te gastighero\. Vegnamo a' fatti, che/ le parole tue paiono stolte $_. Disse il pagano: #_ Io vo' far questi patti: che tu mi lasci sol due dita sciolte e mettami in un sacco il resto tutto; e mosterrotti ch' io ti stimo un putto $_. #_ Prendi del campo $_, disse Berlinghieri: #_ forse che tu ti troverrai in un sacco $_; e {add} subito {/add; su\bito R A} rivolse il suo destrieri, dicendo: #_ Mattafolle, tu m' hai stracco: tu se' come tu hai nome, e volentieri non gittian qui le perle in bocca al ciacco $_. E 'l saracin del campo prese e tolse, poi con la lancia a Berlinghier si volse. Berlinghier ne veni\a come un colombo e 'l saracin ne vien come un falcone; da ogni parte si sentiva il rombo de' lor destrier, ch' ognun pare un rondone; poi lasciaron cader le lance a piombo, ognuno in resta la sua tosto pone. Ma quella del cristian, ch' e\ di {t} Ciresse, {/t R; ciresse A} tosto si ruppe e pel colpo non resse. Il saracin feri\ sopra lo scudo Berlinghier nostro, e come fussi cera {add} subito {/add; su\bito R A} il passa, e 'l ferro acuto e {t} 'gnudo {/t R; ignudo A} passo\ la corazzina e la panziera: fino alla carne ando\ quel colpo crudo; e perche/ soda e verde la lancia era, per la percossa che fu molto acerba, Berlinghier franco si trovo\ in su l' erba. {t} E 'n {/t R; E in A} su la punta piu\ di dieci braccia lo porto\ in aria e poi lo lascio\ andare, e disse: #_ Sempre avvien che chi minaccia ne suol la pace a casa poi portare $_. Berlinghier mano alla sua spada caccia e volle la battaglia rappiccare; {add} subito {/add; su\bito R A} del terren ritto si getta per far di Mattafolle aspra vendetta. #_ Ah $_, disse il saracin, #_ tu falli troppo: usanza e\ sempre di gentil baroni che que' che son caduti al primo intoppo porghino il brando e diensi per prigioni. Or ch' io t' ho vinto, fracassato e zoppo, a quel che vuol la giustizia t' opponi ed hai cavato fuor lo spadaccino: questa usanza non e\ di paladino! Io t' avevo sentito ricordare fra tutti gli altri un cavalier virile che non sapessi in nessun modo errare, onesto, saggio, pulito e gentile; or fatto m' hai di te maravigliare: questo mi pare un atto stato vile $_. Rispose a Mattafolle Berlinghiere: #_ Io ti daro\ col brando e col trafiere $_. Mattafolle non ebbe pazi%enza, e disse: #_ Poi che tu se' in tanto errore, io ti gastighero\ di tua fallenza $_; e punse sopra a' fianchi il corridore; de/ttegli un colpo di tanta potenza sopra l' elmetto, dice l' au%ttore, che Berlinghieri in terra inginocchiossi e non sapeva in qual mondo si fossi. #_ Renditi tu prigion? $_ diceva allora il saracino. #_ Oi\ $_ tosto rispose il paladin sanza far piu\ dimora, e 'l brando per la punta in man gli pose. Ed e\cci un au%ttor che dice ancora, e cosi\ truovo nelle antiche chiose, che ginocchion lo {t} fe' {/t A; fe/ R} star quel che volle con le ginocchia ignude Mattafolle; e disse: #_ Questo sia pel tuo peccato, che tu volevi far le fusa {t} to\rte {/t R; torte A} $_. E poi che gli ebbe il suo brando pigliato, non per la punta, che/ v' era la morte, anzi dal pome come e' gli fu dato, lo misse drento a quelle sante porte di San Dionigi; e Namo, che vedea il suo figliuol prigion, seco piangea. Era d' ogni eccellenzia e di costume Berlinghier sopra tutti un uom dabbene, di gentilezza una fonte, anzi un fiume, a luogo e tempo, come si conviene, tanto che scritto n' e\ in piu\ d' un volume. Or se lo stil {t} della {/t R; delle A} ragion non tiene, e\ che conobbe ch' ogni gentilezza perduta e\ sempre a chi quella non prezza; e reputava Mattafolle un matto, come il nome sonava veramente, da non serva\gli ne/ ragion ne/ patto: cosi\ lo scusa ognun ch' e\ sapi%ente. Poi, se gli fussi {t} ri%uscito {/t A; riuscito R} il tratto, era salvato Carlo e la sua gente, e lecito ogni cosa e\ per la fede: adunque chi lo 'ncolpa il ver non vede. Carlo senti\ ritoccare il cornetto, e disse: #_ Questo mi par tristo segno: caduto e\ Berlinghier tanto perfetto; non so chi abbi a' suo' colpi ritegno. Venuto e\ questo pagan maladetto per distrugger mia gente e tutto il regno $_. Avin s' armo\, sentendo che 'l fratello era abbattuto, per vendicar quello. Avin si ritrovo\ sopra la terra. Venne in sul campo il valoroso Ottone, il famoso signor la\ d' Inghilterra, e finalmente si trovo\ prigione: tutti gli abbatte il saracin da guerra. Venne Turpino, Gualtier da Mulione, Salamon di Bretagna e 'l buon Avolio: tutti prigion n' anda^r, cheti com' olio. Di Normandia il possente Riccardo venne in sul campo e con gran sua vergogna al primo colpo rimase codardo. Tosto s' armava Angiolin di Guascogna: volle provar com' e' fussi gagliardo, e ritrovossi come gli altri in gogna. Carlo rimase sconsolato tutto, veggendo il popol suo cosi\ distrutto. Restava appunto il traditor di Gano: Carlo non volle ch' egli uscissi fore. Tornossi Mattafolle a Montalbano, presso alla terra ove era il suo signore e presento\ i prigioni al re pagano. Ermini%on {t} fe' {/t A; fe/ R} lor massimo onore e nel suo padiglion gli ha ricevuti. Cristo del ciel vi conservi ed aiuti. O felice alma d' ogni grazia piena, fida colonna e speme grazi%osa, Vergine sacra, umi\le e nazarena, perche/ tu se' d' Iddio nel cielo sposa, colla tua mano insin al fin mi mena, che di mia fantasia truovi ogni chiosa, per la tua sol benignita\, ch' e\ molta, accio\ che 'l mio cantar piaccia a chi ascolta. Febo avea gia\ nell' occea\no il {t} volto {/t A; vo/lto R} e bagnava fra l' onde i suoi crin d' auro, e dal nostro emispero aveva tolto ogni splendor, lasciando il suo bel lauro dal qual fu gia\ miseramente sciolto; era nel tempo che piu\ scalda il Tauro, quando il Danese e gli altri al padiglione si ritrova^r del grande Ermini%one. Ermini%on {t} fe' {/t A; fe/ R} far pel campo festa: parvegli questo buon cominciamento. E Mattafolle avea drieto gran gesta di gente armata a suo contentamento, e {t} 'ndosso {/t R; indosso A} aveva una sua sopravvesta dov' era un Macometto in puro argento; pel campo a spasso con gran festa andava; di sua prodezza ognun molto parlava. E' si doleva Mattafolle solo ch' Astolfo un tratto non venga a cadere; e minacciava in mezzo del suo stuolo, e porta una fenice per cimiere. Astolfo ne sare' venuto a volo, per cadere una volta a suo piacere; ma Ricciardetto, che sapea l' omore, non vuol per nulla ch' egli sbuchi fore. Carlo mugghiando, per la mastra sala, com' un {t} li%on {/t A; lion R} famelico arrabbiato, ne va con Ganellon che batte ogni ala per gran letizia; e spesso ha simulato, dicendo: #_ Ah lasso, la tua fama cala! Or fussi qui Rinaldo almen tornato! Che/ se ci fussi il conte ed Ulivieri, io sarei fuor di mille stran pensieri $_. E dicea forse il traditore il vero, che/ se vi fussi stato pur Rinaldo, al qual non puo\ mostrar bianco per nero, morto l' arebbe come vil ribaldo. Carlo diceva: #_ Io veggio il nostro impero ch' omai perduto ha il suo natural caldo, poi che non c' e\ colui ch' era il suo cuore, cioe\ Orlando; ond' io n' ho gran dolore $_. Lasciam costor chi in festa e chi in affanno e ritorniamo a' nostri battezzati che col re Carador dimora fanno, e de' paesi ch' egli hanno lasciati e delle guerre mosse lor non sanno. Eron piu\ tempo lietamente stati col re pagano, e pur volean partire, e cominciorno un giorno cosi\ a dire: #_ Assai con teco abbiam fatto dimoro, ed onorati da tua corte assai: la tua benedizion, re Caradoro, dunque ci dona, e {t} 'n {/t R; in A} pace rimarrai. Del tempo che perduto abbiam, ristoro sara\ buon fare, e me' tardi che mai: qualche paese ancor cercar vogliamo, prima che in Francia a Carlo ritorniamo $_. Carador consenti\ la lor partita e ringrazio\gli con giusti sermoni, dicendo: #_ Il regno mio sempre e la vita in tutto e\ vostro, degni alti baroni $_. Poi {t} fe' {/t A; fe/ R} venir la donzella pulita e fece lor leggiadri e ricchi doni. Ma la fanciulla chiamo\ poi da canto Ulivier nostro, faccendo gran pianto, dicendo: #_ Lassa, io non ho meritato che m' abbandoni, mio gentile amante! Dove lasci il cor mio si\ sconsolato? Tu mi dicevi sempre esser costante; or tu ti parti ed io non so in qual lato da me ti fugga, in Ponente o in Levante; e quel che sopra tutto m' e\ gran duolo, e\ del tuo sventurato e mio figliuolo. Vedi che sola e gravida rimango, sanza sperar piu\ te riveder mai; pero\ del mio dolor con teco piango. Ma questa grazia mi concederai, che, poi che pur di duol la mente affrango, con teco insieme me ne menerai; e in ogni parte ove tu andrai cercando, ne vo' con teco venir tapinando $_. Ulivier confortava la donzella, e dice: #_ Dama, e' non passera\ molto, com' io son ricondotto in Francia bella, ch' a te ritornero\ con lieto volto; pero\ non ti chiamar si\ tapinella, ch' io son legato e mai non saro\ sciolto, e 'l figliuol nostro, quando sara\ nato, per lo mio amor ti sia raccomandato $_. Con gran sospir lascio\ {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} Ulivier certo in questa dipartenzia, con isperanza, al mio parer, pur vana. Re Carador con gran magnificenzia, con molta gente dintorno pagana, poi che piu\ far non pote/ resistenzia, gli accompagno\ con tutta sua famiglia fuor della terra piu\ di dieci miglia. Pur finalmente tocco\ lor la mano e quanto puo\ di nuovo a lor s' e\ offerto. Via se ne vanno per paese strano; e come e' furno entrati in un deserto, subitamente quel {t} li%on {/t A; lion R} silvano da lor fu disparito, e questo e\ certo, e volse a tutti in un punto le spalle e fuggi\ via per una {t} scura {/t R; oscura A} valle. Disse Rinaldo: #_ Caro cugin mio, vedi il {t} li%on {/t A; lion R} come e\ da noi sparito! Questo miracol ci dimostra Iddio: non e\ sanza cagion cosi\ fuggito; ma quel Signor ch' e\ in ciel, verace e pio, a qualche fine buon l' ha consentito $_. Rispose Orlando: #_ Se 'l tuo dir ben noto, molto se' fatto, al mio parer, divoto. Lascialo andar con la buona ventura, che/ 'l suo partir piu\ che 'l venir m' e\ caro, che/ molte volte m' ha fatto paura $_. Cosi\ molte giornate cavalcaro, tanto ch' al fin d' una lunga pianura un giorno in Danismarche capitaro: questo paese Ermini%on teni\a, ch' a Montalbano e\ con sua compagnia. Poi ch' egli ebbon salito sopra un monte, si riscontrorno in saracini armati; e poi che furno piu\ presso da fronte, furon da questi baroni avvisati che 'l lor signor si chiama Fieramonte, e quattromila avea seco menati, uomini tutti maestri da guerra, ch' a vicitare andava una sua terra. Questo e\ colui che Ermini%on lascio\e, quando e' parti, per guardia del suo regno. Fieramonte Baiardo riguardo\e: {add} subito {/add; su\bito R A} {add} su {/add; su\ R A} vi faceva disegno; verso Rinaldo in tal modo parlo\e: #_ Deh, dimmi, cavalier famoso e degno, onde aves' tu questo caval gagliardo? $_; e finalmente gli chiedea Baiardo. Dicea Rinaldo: #_ Assai me l' hanno chiesto, ma a nessun mai non lo volli donare $_. Disse il pagan: #_ Se tu non vuoi far questo, deh, lasciamelo un poco cavalcare $_. Rinaldo intese la malizia presto, e disse: #_ Un bello essemplo ti vo' dare, saracin, prima ch' io ti dia il cavallo $_; e racconto\ della volpe e del gallo: #_ Andandosi la volpe un giorno a spasso tutta affamata sanza trovar nulla, un gallo vide, in su 'n un alber, grasso, e comincio\ a parer buona fanciulla, e pregar quel che si faccia piu\ basso, che/ molto del suo canto si trastulla. Il gallo sempliciotto in basso scende: allor la volpe altra malizia prende; e dice: #" E' par che tu sia cosi\ fioco; i' vo' insegnarti cantar meglio assai: questo e\ che tu chiudessi gli occhi un poco; vedrai che buona voce tu farai $". Al gallo parve che fussi un bel giuoco. #" Gran merce/ $", disse #" che insegnato m' hai $"; e chiuse gli occhi e comincio\ a cantare perche/ la volpe lo stessi ascoltare. Cantando questo semplice animale con gli occhi chiusi come i matti fanno, la volpe, come falsa e micidiale, tosto lo prese sotto questo inganno, e dove/ poi mangiarsel sanza sale. Cosi\ interviene a que' che poco sanno; cosi\ faresti tu, chi ti credessi: ben sarei sciocco se 'l caval ti dessi. Se vuoi giostrarlo, i' sono al tuo comando: se tu m' abbatti per la tua virtu\ su questo prato con lancia o con brando, sia tuo il caval, non se ne parli piu\ $_. Fieramonte rispose rimbrottando, e disse: #_ Poltonier, che parli tu? Come hai tu tanto ardir, matto villano? Quel che tu di' nol direbbe il Soldano! Se tu sapessi ben con chi tu parli, non parleresti cosi\ pazzamente; quantunque io soglio, i pazzi, gastigarli. Il mio fratello Ermini%on possente farebbe a tutta Francia e sette Carli guerra, come or vi fa con la {t} suo {/t R; sua A} gente; ch' a Montalbano ha posto gia\ l' assedio, tanto che Carlo non ha alcun rimedio; e tante schiere e giganti ha menati per la vendetta far di quel Mambrino ch' uccise il fior de' traditor nomati, Rinaldo, che pel mondo or va meschino: e sbattezzar vuol tutti i battezzati $_. Disse Rinaldo: #_ Bestial saracino, sia chi tu vuoi, che per la gola menti: che/ mai Rinaldo non {t} fe' {/t A; fe/ R} tradimenti. Per forza o per amor del campo piglia: io vo' pigliar per Rinaldo la zuffa, ch' io so ch' egli e\ di si\ nobil famiglia che mai non fece tradimento o truffa $_. E detto questo, girava la briglia. Veggendo il saracin com' egli sbuffa, disse: #_ Sarebbe il {t} diavolo {/t R; di%avol A} costui? Mai piu\ smentito in tal modo non fui $_. Volse il cavallo e tutto acceso d' ira prese del campo e poi si fu voltato. Rinaldo a l' elmo gli pose la mira e 'l ferro della lancia v' ha appiccato. tanto che Fieramonte ne sospira, perche/ dalla collottola e\ passato, si\ che per gli occhi gli passo\ la fronte; e morto cadde in terra Fieramonte. I saracin che questo hanno veduto, comincioron pel colpo a sbigottire; e come avvien chi il signore ha perduto, pel prato comincia^r tutti a fuggire. Aveva un certo baron molto astuto Fieramonte, e veggendo quel morire, venne a Rinaldo e ginocchion si getta, e disse: #_ Fatta hai, baron, mia vendetta. Se vuoi ch' io parli arditamente il vero, io ti diro\ di questo traditore il qual tu hai morto, gentil cavaliero. Sappi che 'l suo fratel ch' e\ qua signore, lo lascio\ qui a governo del suo impero e mosso ha guerra a Carlo imperadore, e come e' disse, a Montalban si truova per pigliar quello, e faranne ogni pruova. Poi che costui si vide qua il messere, ha fatte cose contra ogni giustizia, rubato il terrazzano e 'l forestiere, mostrato in molti modi sua nequizia, a nessun fatto ragione o dovere; e per piu\ chiar mostrar la sua tristizia, s' alcun pur ne volessi dubitare, le nostre donne comincio\ a sforzare; e perche/ {t} alcuno {/t R; alcun A} non avea {t} pazienzia, {/t R; pazi%enzia A} e' lo faceva morir di segreto, tanto ch' assai per questa vi%olenzia per la paura si stavan di cheto. Trovato ha il suo peccato penitenzia e tutto il popol nostro ne fia lieto. Volle sforzare anco una mia sorella, e non potendo, imprigionata ha quella. Se tu se' cavalier ch' abbi {add} pote\sta, {/add; potesta, R A} come mi parve veder poco avanti, togli il cavallo e la sua sopravvesta; noi ti faren compagnia tutti quanti e tutta la citta\ ti fara\ festa; noi sia\n tutti baron de' piu\ prestanti: sanza colpo di spada o altra guerra, a salvamento ti darem la terra. Noi v' abbiam degli amici e de' parenti: tu ti potrai fermare in su la piazza, e mosterrem far giostre e torniamenti, e intanto faren metter la corazza a' piu\ fidati, che ne {add} fi\en {/add; fien R A} contenti; tu terrai a bada quella gente pazza, e tutti saran presi cosi\ in zurro. Ed ora il nome mio saprai: Faburro $_. Allor Rinaldo rispondeva a quello: #_ Prima ch' io t' abbi, Faburro, risposto, o mentre i miei compagni a questo appello, parmi tu fermi questa gente tosto: vedi che vanno via come un uccello; un mezzo miglio gia\ ci son discosto, e sanza lor non si puo\ far ni%ente $_. Disse Faburro: #_ Tu di' saviamente $_; e comincio\ a spronare un suo giannetto. Rinaldo Orlando chiamava e Dodone ed Ulivieri e contava ogni effetto. Orlando orecchio alle parole pone e {t} 'ntese {/t R; intese A} cio\ che quel pagano ha detto, e disse: #_ Forse Iddio sanza cagione non ci ha mandati in questa parte strana, ma per ben sol della fede cristiana $_. Ma si dolea che non v' era con loro Morgante, il quale ha lasciato Ulivieri con la figliuola del re Caradoro, ch' era rimaso con lei volentieri per aspettar che tornassin costoro; ed anco parve al marchese mestieri, perche/ il figliuol di lui, quando nascessi, re Caradoro uccider nol facessi. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} avea chiesto il gigante a Ulivier per un segno d' amore, per ricordarsi del suo caro amante poi che montato fu in sul corridore; ed Ulivieri avea detto a Morgante: #_ Ben puoi restar dove resta il mio core. Ritornerotti a veder con Orlando, e 'l mio figliuolo e lei ti raccomando $_. Di questo Orlando si doleva a morte, dicendo: #_ Se Morgante mio ci fosse, egli e\ tanto feroce e tanto forte, che fare' rovinar con poche scosse il mondo, non che le mura o le porte; a molti so faria le gote rosse; so che saremo in si\ fatto travaglio, che molto sarebbe util quel battaglio $_. Faburro in questo mezzo e\ ritornato ed ordinato cio\ che bisognava. Rinaldo a Fieramonte avea cavato la sopravvesta e l' armi che portava e sopra il suo cavallo era montato, tanto che tutto il pagan rassembrava: e {t} 'nverso {/t R; inverso A} la citta\ sono {t} invi%ati, {/t A; inviati R} come Faburro gli avea ammaestrati. Grande onor fanno tutti i terrazzani a quel che credon Fieramonte sia. Rinaldo in {t} sulla {/t R; su la A} piazza a' suoi pagani facea far giostra e festa tuttavia. Faburro intanto menava le mani: truova gli amici e' parenti, e dici\a come egli e\ morto il lor crudo tiranno e come ben le cose passeranno, che liberi sanz' altro impedimento tosto saranno, e {t} fe' {/t A; fe/ R} {add} subito {/add; su\bito R A} armare gran quantita\, ch' ognuno era contento di voler la sua patria liberare. Mentre che in piazza si fa torniamento e 'l popol tutto stava a baloccare, giunse in un tratto con gran gente armata Faburro e tosto la piazza ha pigliata. E' saracin che con Rinaldo sono, comincian tutti a 'nsanguinar le spade: chi morto resta e chi chiede perdono; e cominciorno a correr la cittade con gran tumulto e gran furore e tuono. Gia\ son di gente calcate le strade; e non sapendo ignun questo trattato, dicevan: #_ Fieramonte fia impazzato $_. Rinaldo corse al palazzo reale dove era la reina e' suoi figliuoli; e come e' giunse in capo delle scale, disse la donna: #_ Perche/ i nostri stuoli son si\ turbati, e perche/ tanto male? Cosi\ far, Fieramonte mio, non suoli. Che caso e\ questo e chi muove tal guerra che sottosopra cosi\ va la terra? $_. Rinaldo di Frusberta gli meno\e un colpo tal, che gli spicco\ la testa; prese i figliuoli e tutti gli ammazzo\e. I saracin dicie\n: #_ Che cosa e\ questa? $_. E finalmente la terra piglio\e, con quella gente che drento vi resta. Poi trasse di Faburro la sorella della prigione, afflitta e meschinella. E poi che furno alcun di\ dimorati e con Faburro ognun si fu scoperto ed hanno i nomi lor manifestati e 'l popol vide ogni segreto aperto, furon tutti d' accordo battezzati, rendendo a Gesu\ Cristo grazia e merto, che liberati gli ha da quel crudele e fatto a se/ questo popol fedele. Poi con Faburro, che sapeva il fatto, si ragiono\ dell' oste ch' e\ a Parigi, e come Gano avea aspettato il tratto e mosso guerra e discordia e litigi per dare a Carlo Magno scaccomatto, e che soccorrer si vuol San Dionigi. Faburro s' accordo\ che vi si vadi subitamente e che piu\ non si badi. Orlando disse: #_ E' mi dispiace solo che noi lasciamo il possente gigante a Caradoro, ond' io n' ho molto duolo $_. Disse Dodon: #_ Se tu vuoi, sir d' Angrante, andro\ per lui come un falcone a volo: in pochi giorni sara\ qui Morgante $_. A tutti piacque che per lui s' andassi e per far presto Baiardo menassi. Cosi\ fu fatto e missesi in camino; e tanto va questo baron gagliardo, ch' a Carador, famoso saracino, giunse un di\ in su la piazza con Baiardo. Ricognosciuto e\ presto il paladino. Diceva Carador: #_ Se ben riguardo, questo e\ Dodon che ci torna a vedere, e quel par di Rinaldo il buon destriere $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} che 'l cognobbe presto, giu\ per la scala correva abbracciallo, dicendo: #_ Dodon mio, che gaudio e\ questo! Io ti conobbi {add} subito {/add; su\bito R A} al cavallo. Ch' e\ d' Ulivier? Deh, fammel manifesto, che/ di saperlo ho voglia sanza fallo $_. Disse Dodone: #_ Ulivier tuo ti manda molte salute e a te si raccomanda $_. Or chi vedessi la dama amorosa, {add} subito {/add; su\bito R A} come di Dodon s' accorse, farsi nel volto come fresca rosa e come presto abbracciarlo poi corse e domando\ dove Ulivier si posa, non istarebbe del suo core in forse. #_ Ch' e\ di Rinaldo $_, dicea, #_ baron franco? Tu debbi, Dodon nostro, essere stanco. Ch' e\ di quel paladin ch' ogn' altro avanza, Orlando nostro famoso e possente? Che/ di saper di tutti ho disi%anza $_. Intanto Caradoro era presente, e saluto\ Dodone come e\ usanza, poi domandava di tutta la gente. Dodon rispose: #_ In paesi lontani gli lasciai, in Danismarche, salvi e sani. E la cagion che a te son qui venuto e\ che mi manda Rinaldo d' Amone e 'l conte Orlando, e che bisogna aiuto al nostro Carlo Man, che/ Ermini%one a Montalban piu\ giorni ha combattuto ed assediato col suo gonfalone: convien ch' io meni tue genti e Morgante $_. In questo tempo compari\ il gigante e corse presto Dodone abbracciare e mille volte domando\ d' Orlando. Dodon gli dice come e' vuole andare in Francia e come e' lo manda pregando che in Danismarche lo vadi a trovare: e tutti insieme vennonsi accordando che si raguni il lor popol pagano per dar soccorso presto a Montalbano. In pochi di\ fur fatte molte squadre per dover tutti inverso Francia gire. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} dice: #_ O caro padre, non mi volere una grazia disdire: io vo' provar le mie virtu\ leggiadre in Francia, ben s' i' dovessi morire; s' io debbo aver da te mai alcun piacere, fa ch' io sia capitan di nostre schiere $_. Re Caradoro avea tanto disio di ristorar del {t} benificio {/t R; beneficio A} antico Rinaldo e gli altri, che rispose: #_ Anch' io m' accordo al tuo parer; pero\ ti dico che tu vi vadi col nome di Dio, perche/ Rinaldo e\ stato buono amico; quando fu tempo ci de/tte il suo aiuto: di ristorarlo al bisogno e\ dovuto. Orlando ed Ulivier, se come amici ci hanno trattati, sa tutto il mio regno, ne' casi avversi, miseri e 'nfelici: adunque il priego di Dodone e\ degno; e ricordar si vuol de' {t} benifi\ci, {/t R; benefi\ci, A} ch' essere ingrato Iddio l' ha troppo a sdegno $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} fu troppo contenta, che in dubbio stava alla risposta attenta. E poi si volse a Morgante, e dici\a: #_ E tu con meco, gigante, verrai $_. Dicea Morgante: #_ Da tua compagnia non dubitar ch' io mi diparta mai: cosi\ ti giuro e {t} do {/t A; do\ R} la fede mia $_. Disse la dama: #_ Io ne son lieta assai. Parmi mill' anni rivedere il conte e l' ardito Rinaldo di Chiarmonte $_. Questo dicea con la lingua la dama, ma #_ Ulivier $_ diceva col suo core. Morgante, che sapea tutta la trama, rispose: #_ Dove lasci il tuo amadore, che so che giorno e notte ancor ti chiama? Hai tu si\ tosto lasciato il suo amore? $_. Disse la dama: #_ Ulivieri e\ qui meco, pero\ nol dissi, ed io son sempre seco $_. In poco tempo furono ordinati quarantamila e fatte dieci schiere, e dal re Caradoro licenziati e date tutte al vento le bandiere; ed eron bene in punto e bene armati come conviensi a ciascun cavaliere: cavalli e scimitarre alla turchesca, e scudi e targhe ed archi alla moresca. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} aveva un palafreno quartato che pareva una montagna; e cio\ che questo mangiava, orzo o fieno, con acqua fresca prima gli si bagna; e non era caval, ma nondimeno e' non se gli poteva appor magagna, se non che il capo aveva di serpente; e molto destro e forte era e corrente. Questo in un bosco gia\ facea dimoro e nacque d' un serpente e d' una alfana; mugghiava forte che pareva un toro: mai non si vide bestia cosi\ strana. Un che lo prese il de/tte a Caradoro, e Caradoro il die\ a {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}: nelle battaglie sempre lo menava e molta fama con esso acquistava. Tanto cavalca questa franca gente, che in Danismarche alla fine arrivorno. Quando Rinaldo la novella sente, una mattina in sull' alba del giorno chiamava Orlando e 'l marchese possente; e presto quel che fussi s' avvisorno, perche/ di lungi si vede il gigante che col battaglio veniva davante. Diceva Orlando: #_ Ecco Morgante nostro, ed ha con seco gran gente pagana; e Caradoro grande amor ci ha mostro, che la nostra amista\ non sia lontana $_. Disse Ulivier: #_ S' egli e\ Morgante vostro, dove e\ la bella mia {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}? Io il bramo tanto, ch' io la veggo e sento, e par ch' io sia di questo error contento $_. E poi che furon piu\ presso, vedea Ulivier questa, che il passo studiava; la qual conobbe al caval ch' ella avea, ovver ch' Amor cosi\ l' ammaestrava. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}, quando lui scorgea, come stella nel viso fiammeggiava e del caval salto\ subitamente, ed Ulivier facea similemente; ed abbracciolla con gran gentilezza; prima baciolla al suo modo francese. La gentil dama per gran tenerezza nol pote/ salutar, tanto s' accese! Ed Ulivier sentia tanta dolcezza, che le parole sue non sono intese; e pur voleva dir: #_ Ben venga quella che sola agli occhi miei fia sempre stella $_. Gran festa fu tra' pagani e' cristiani e molto Carador fu commendato che si ricorda in paesi lontani de' benefi\ci del tempo passato. Dicea Faburro: #_ O cavalier sovrani, sempre ho sentito un proverbio provato, e tengol nella mente vivo e verde: che del servire alfin mai non si perde $_. Nella citta\ piu\ giorni si posaro, e {t} 'ntanto e' {/t R; intanto i A} nuovi cristian sono in punto: quattromila in un oste s' assembraro. Dicea Faburro: #_ Or che Morgante e\ giunto, e\ da partirsi; e molto mi fia caro, Orlando, se tu m' ami o stimi punto, ch' io sia di questa gente conduttore; e mosterrotti in Francia il mio valore $_. Orlando disse: #_ E' non e\ cosa ignuna ch' io ti negassi, Faburro possente $_. Allor Faburro sua gente rauna; e poi ch' egli ebbe assettata la gente. volle portar per insegna una luna sur una sopravvesta riccamente di seta bianca lavorata e d' oro, si\ che due corna pareva d' un toro. Or lasceremo il popol saracino, il qual di Danismarche gia\ s' e\ mosso, e ritorniamo al figliuol di Pipino, che piange e dice fra se/: #_ Piu\ non posso. Non c' e\ Rinaldo, non c' e\ il suo cugino, e tutto il mondo qua mi viene addosso. Non gli conobbi mentre erano in corte; or me n' avveggo e dolgomene a morte $_. Gan traditor lo riguardava fiso e con parole fitte il confortava e simulava uno sforzato riso: #_ O Carlo, troppo di questo mi grava: perche/ pur bagni di lacrime il viso? $_. E trentamila de' suoi {t} ragunava, {/t R; rau%nava, A} e disse: #_ Io voglio andare $_, il traditore, #_ a Montalban con questi, imperadore $_. E tutti a Carlo gli menava avante; e fece suo capitano il Magagna, dicendo: #_ Io voglio assalir l' amirante con questa compagnia, che e\ tanto magna; e so che noi piglieren {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R}: io lo faro\ dar, Carlo, nella ragna $_; e seppe tanto acconciar ben l' orpello, che Carlo si togliea per oro quello. A Montalban n' ando\ con questo inganno e si penso\ pigliarlo a salvamento; e tutti all' amirante se ne vanno, e disse: #_ Io ti daro\ per tradimento la terra e' tuoi nimici che vi stanno, e metterotti questa notte drento $_. Ma {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R} era uom troppo dabbene e fece quel che a' suoi par si conviene; e disse: #_ Io ti vo' dire una novella. La volpe un tratto molto era assetata: entro\ per bere in una secchia quella, tanto che giu\ nel pozzo se n' e\ andata. Il lupo passa, e questa meschinella domanda come sia cosi\ cascata. Dice la volpe: #" Di cio\ non t' incresca: chi vuol de' grossi nel fondo giu\ pesca. Io piglio lasche di libbra, compare; se tu ci fussi, tu ci goderesti; io me ne vo' per un tratto saziare $". Rispose il lupo: #" Tu non chiameresti a queste cose il compagno, comare? E forse che mai piu\ non lo facesti? $". Disse la volpe maliziosa e vecchia: #" Or oltre, vienne, enterrai nella secchia $". Il lupo non istette a pensar piu\e e tutto nella secchia si rassetta e vassene con essa tosto giu\e; truova la volpe che ne vien {add} su {/add; su\ R A} in fretta, e dice il sempliciotto: #" Ove vai tue? Non voglia\n noi pescar? Comare, aspetta $". Disse la volpe: #" Il mondo e\ fatto a scale: vedi, compar, chi scende e chi {add} su {/add; su\ R A} sale $". Il lupo drento al pozzo rimaneva. La volpe poi nel can de/tte di cozzo e disse il suo nimico morto aveva; onde e' rispose, benche/ e' sia nel pozzo, che 'l traditor pero\ non gli piaceva; e presela e ciuffolla appunto al gozzo, uccisela e puni\ la sua malizia: e cosi\ ebbe luogo la giustizia. Se tradimenti hai fatti alla tua vita gia\ mille volte, a questa datti pace: tu non farai di qui gia\ mai partita per nessun modo, traditor verace, ch' ogni tua colpa vecchia fia punita, che/ 'l traditor per nulla non mi piace, e piglierotti al gozzo col capresto $_; e preselo e legar lo fece presto. E poi mando\ di {add} subito {/add; su\bito R A} un messaggio a dire ' Astolfo, ch' era in Monte Albano, che, perch' egli era di nobil legnaggio, benche/ e' sia saracino e lui cristiano, a tradimento non vuol fargli oltraggio, o in altro modo; e ch' avea preso Gano, e impiccherallo, pur che lo consenti; e disse tutto de' suoi tradimenti. Il messaggiero ' Astolfo se n' ando\e e disse come ha detto il suo signore e tutto il tradimento gli conto\e. Astolfo fece a quel messaggio onore, e poi Guicciardo e gli altri a se/ chiamo\e e referi\ di questo traditore e chiese a tutti consiglio e parere, quel che si faccia di Gan da Pontiere; e che per se medesmo gli parrebbe che si risponda che lo 'mpicchi presto. Poi s' accordorno che util non sarebbe, che/ il tempo avverso non pativa questo, che/ la sua gente si ribellerebbe, quantunque Gan meritassi il capresto; e ringraziorno il famoso pagano e chiesongli di grazia vivo Gano. Astolfo de/tte al messo un palafreno, e disse: #_ Questo tien per amor mio $_. Il messaggier ritorna in un baleno e racconto\ d' Astolfo il suo disio. {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R}, uom di gentilezza pieno, rispose: #_ Come Astolfo vuol, voglio io $_; e contro a suo voler Gan liberava. Gano a Parigi {add} subito {/add; su\bito R A} arrancava; e disse a Carlo, il traditor fellone, ch' aveva fatta certa sua pensata, come ingannar potessi Ermini%one; ma poi era la trappola scoccata, e come preso fu nel padiglione: cosi\ la sua tristizia ha covertata, dicendo: #_ Un tradimento facea doppio, che insin di qua ne sentivi lo scoppio $_. Carlo il credette, {t} ben che {/t R; benche/ A} il ver dicea che 'l tradimento doppio era ordinato. Astolfo in questo tempo gli scrivea come questo fellon l' avea ingannato. Carlo all' usato a Ganellon credea, che/ cosi\ era ne' Ciel distinato, e conferiva con lui come prima ogni segreto, e cosi\ facea stima. Ermini%on colla suo gente bella sempre piu\ inverso Montalbano e\ ito. Era per Pasqua; giunse la novella d' un messaggier che e\ tutto sbigottito, tanto che, giunto, a gran pena favella; poi disse, tutto per duolo smarrito: #_ Ermini%on, male novelle hai certo: sappi tu se' col tuo popol diserto; e 'l tuo fratello e\ morto, Fieramonte, che, combattendo un di\ con un cristiano, gli passo\ l' elmo e ruppegli la fronte; e dice ch' e\ il signor di Montalbano, ed ha con seco quel famoso conte Orlando, che tremar fa il monte e 'l piano; la citta\ presa ed abbruciata e\ tutta, e la tua gente scacciata e distrutta. Faburro e\ quel che il tradimento {t} fe' {/t A; fe/ R}: tutti i suoi amici ha fatti far cristiani e tutto il regno in preda a costor die\; gran quantita\ son morti di pagani sanza trovare o rimedio o merze/: io gli ho veduti tagliar come cani, e la tua donna in molti affanni e duoli uccider crudelmente, e' tuo' figliuoli. E so\tti a dir che ti vengono addosso con ben quarantamila cavalieri, ed era il campo, quand' io parti', mosso. Faburro e\ capitan di que' guerrieri, che di sua gente ha fatto capo grosso e vien con lor per mostrare i sentieri $_. Quando il pagan senti\ quel ch' egli ha detto bestemio\ forte lo iddio Macometto, e disse: #_ Traditor crudele e rio, mai piu\ t' adorero\, cosi\ ti giuro: io vo' che Satanasso sia il mio iddio, o se v' e\ altro diavol piu\ oscuro. Che t' ho io fatto? Dove e\ il fratel mio, ch' io lasciai pur nel suo regno sicuro? Dove e\ la donna mia ch' io ti lasciai, e' miei figliuol ch' io ti raccomandai? Che faro\ io se in qua ritorna Orlando, e se torna Rinaldo, il mio nimico? Or verro\ le mie ingiurie vendicando contra costui del mio Mambrino antico $_. Quivi era Salincorno, e lacrimando dicea: #_ Fratello, ascolta quel ch' io dico. Dove e\ la fama e tua virtu\ fuggita? Hai tu perduto il tuo campo o la vita? E' si conosce nell' avversitade il savio sempre, e nel tempo felice non si puo\ ben veder chi ha in se/ bontade: questo sai tu ch' ognun che intende, dice. Se Fieramonte e\ morto e la cittade distrutta, cosi\ misera e {t} 'nfelice, {/t R; infelice A} tu hai qui tanta gente di tua setta, che d' ogni cosa si fara\ vendetta $_. Ermini%on per ira {t} fe' {/t A; fe/ R} venire tutti i baron legati, e poi scrivea a Carlo Magno e manda cosi\ a dire che gli fara\ morir di morte rea con gran vergogna e con istran marti\re, se non gli da\ Parigi, conchiudea, e 'l suo tesoro e tutto il suo paese, e che 'l primo impiccar fara\ il Danese, anzi squartar, perche/ e' fu gia\ pagano e rinnegato avea lo iddio Macone. Il messo giunse presto a Carlo Mano e la imbasciata {t} fe' {/t A; fe/ R} d' Ermini%one. Carlo, come uom gia\ disperato e insano, nulla rispose alla sua orazione; e 'l messaggiero indrieto torno\ ratto, dicendo Carlo gli pareva un matto. Carlo, poi che 'l messaggio fu partito, a un balcon si stava addolorato, ne/ sa piu\ che si far, tutto smarrito. Ma 'l suo Gesu\ non l' ara\ abbandonato: ch' Orlando in questo tempo e\ comparito, com' io diro\ nell' altro mio trattato, col suo fratello e col pagano stuolo. Cristo sia sempre il nostro aiuto solo. {it} Te Deum laudamus {/it}, sommo Padre, te confessiam Signor giusto e verace, laudata sia la tua benigna madre; donami grazia, Signor, se ti piace, ch' io conduca a Parigi le mie squadre e tragga Carlo fuor di contumace, e ch' io ritorni ov' io lasciai il mio canto, colla virtu\ dello Spirito santo. Era gia\ presso a Parigi a tre miglia Faburro, ch' era innanzi all' altra gente. Mentre che Carlo voltava le ciglia, vide le schiere e gli stormenti sente: non sa che fussin della sua famiglia e piu\ che prima fu fatto dolente; pur, cosi\ afflitto, alla sua gente e\ corso e chiama Gan che debba dar soccorso. Gano appello\ il suo capitan Magagna, e disse: #_ Presto alla porta n' andate, che/ nuova gente vien per la campagna: quivi la vostra prodezza mostrate, che/ starsi drento poco si guadagna $_. Furno in Parigi molte gente armate: ognun del caso nuovo si sconforta, e tutti si ridussono alla porta. Faburro e\ giunto, valoroso, ardito, che cavalcava un possente cavallo; la lancia abbassa, un cristiano ha ferito e morto in terra faceva cascallo. Gan di Maganza incontro gli fu ito, e disse: #_ Aspetta, traditor vassallo $_. La lancia abbassa e lo scudo percosse, ma dell' arcion Faburro non si mosse. Al conte Gano un colpo della spada de/tte, che presto trovo\ la pianura. Molti cader ne fece in sulla strada, tanto ch' assai ne fuggon per paura. Gan si rilieva e non istette a bada, e riprovar volea la sua ventura, e fece quel che potea, il fraudolente; ma in questo tempo giunse l' altra gente. Per Parigi era levato il romore e Carlo era montato in sul destriere. Giunto alla porta con molto dolore, {add} subito {/add; su\bito R A} riconobbe le bandiere del suo nipote Orlando, e 'l corridore, ch' avea scoperto il segno del quartiere; e gia\ Faburro incontro gli e\ venuto e dismontato e fatto il suo dovuto, e detto: #_ Carlo, ch' io bramato ho tanto di vedere una volta, or son contento. Non dubitar, pon fine al lungo pianto: qua e\ Orlando, che gia\ presso il sento $_. Carlo si trasse per dolcezza il guanto, e disse: #_ Lieva, baron d' ardimento $_; ed a Faburro toccava la mano. In questo giunse il sir di Montalbano. e salto\ di Baiardo e inginocchiossi. Ecco Ulivier che facea similmente. Non sapea Carlo in qual mondo si fossi, tanta allegrezza nel suo petto sente. Non si son questi pria di terra mossi, che 'l suo nipote giugneva presente, e salto\ armato fuor di Vegliantino e {t} 'nginocchiossi {/t R; inginocchiossi A} al figliuol di Pipino. Carlo gli abbraccia con amor perfetto e benedice mille volte o piu\e. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} giugneva in effetto, e dismontata, poi che in terra fue, s' inginocchio\ dinanzi al suo cospetto. Disse Ulivier: #_ Questa crede in Gesu\e, e sua prodezza non ha pari al mondo; viene a veder te, imperador giocondo; ed e\ figliuola d' un gran re pagano, e molta gente ha qui del suo paese; e vengono aiutar te, Carlo Mano $_. {add} Subito {/add; Su\bito R A} Carlo le braccia distese e prese la donzella per la mano e ringraziolla di si\ fatte imprese; e grande onore alla gente pagana facea far Carlo, di {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}. Disse Ulivieri alla gentil donzella: #_ Che ti par, dama, dello imperadore? $_. Disse la donna grazi%osa e bella: #_ Degno di gloria e di pregio e d' onore; e certo chi di sue laude favella, al mio parer non puo\ pigliare errore; non minuisce gia\ la sua presenzia la fama e 'l grido e la magnificenzia $_. Carlo la fece cavalcar davante, e poi appresso il duca borgognone. Ecco apparir col battaglio Morgante. Carlo guardava questo compagnone, e disse: #_ Mai non vidi un tal gigante! $_: ebbe di sua grandezza ammirazione. Morgante ginocchion lo superava, e cosi\ Carlo la man gli toccava. Verso il palazzo Carlo s' {t} invi%o\e, {/t A; invio\e R} piu\ che mai fussi in sua vita contento. Gan, come Orlando vide, si penso\e che questo fussi il suo disfacimento; e come disperato, a se/ chiamo\e Magagna e fece un altro tradimento, dicendo: #_ Poi che questa gente pazza entrata e\ drento, soccorria\n la piazza. Gridian che Carlo tradimento ha fatto e ch' egli ha dato Parigi a' pagani e come alcun di lor v' e\ contraffatto che pare Orlando e gli altri capitani $_; e tutto il popol sollevo\ in un tratto: corse alla piazza con armate mani, e 'l popol parigin dava favore a Gan, chiamando Carlo traditore. Non si {t} conosce {/t R; cognosce A} ancor per molti Orlando o gli altri, perche/ l' elmo {t} avieno {/t R; aveano A} in testa. I Maganzesi la piazza pigliando, fu la novella a Carlo manifesta che tutto il popol si veniva armando: parvegli segno di cattiva festa. Rinaldo presto correva alle sbarre co' saracin, ch' {t} avean {/t R; avien A} le scimitarre. Furno in un tratto le sbarre tagliate; e in ogni parte ove Gan {t} fe' {/t A; fe/ R} serraglio, {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} e\ tra sue gente armate e {t} fe' {/t A; fe/ R} gran cose in si\ fatto travaglio. Orlando corse con l' altre brigate; giunse Morgante e diguazza il battaglio; ed Ulivieri innanzi alla sua dama dava gran colpi per acquistar fama. Rinaldo in mezzo di que' Maganzesi quanto poteva Frusberta operava, tagliando a chi i bracciali, a chi gli arnesi, e molti in terra morti ne cacciava; molti ne fur feriti e molti presi. Ecco il Magagna che quivi arrivava: Rinaldo al capo un gran colpo gli mena e fe/ssel come tinca per ischiena. Ma poi che fu conosciuto Rinaldo e gli altri, ognun per paura fuggi\a, che/ lo vedieno infuri%ato e caldo. Tosto la piazza sgomberar faci\a, dicendo: #_ Ove e\ quel traditor ribaldo Gan da Pontier? $_. Ma fugge tuttavia: non si\ fido\ di star drento alle mura, perch' egli avea di Rinaldo paura. Cosi\ fu presto cessato il furore. E conosciuti i nostri buon guerrieri, ognun gli abbraccia con molto fervore; tutto il popol gli vide volentieri; ognun si scusa {add} co' lo {/add; co lo R; collo A} {t} 'mperadore {/t R; imperadore A}; nessun si vede di que' da Pontieri; e con gran festa e piacere e sollazzo, tutti n' andorno a smontare al palazzo. Era venuta intanto Alda la bella per rivedere Orlando, il suo marito. Rinaldo una corona ricca e bella donava a questa, ov' era stabilito un bel rubin che valea due castella: Alda la bella col viso pulito gran festa {t} fe' {/t A; fe/ R} del marito e di quello e d' Ulivieri, il suo caro fratello. Poi che furono alquanto riposati, queste parole Rinaldo dici\a: #_ O Carlo, io non ci veggo, bench' io guati, Uggieri o Namo o l' altra baronia. Che n' hai tu fatto? Ha' gli tu sotterrati? O son prigioni andati in Pagania? $_. Carlo a Rinaldo {add} subito {/add; su\bito R A} ha risposto: #_ Tutti son vivi, e qui gli vedrai tosto $_; e racconto\ come andava la guerra e cio\ ch' e\ stato dopo il suo partire: come il re Ermini%on Montalban serra e i suo' baron minaccia far morire, e come Astolfo e\ drento nella terra, e Ricciardetto suo, c' ha tanto ardire. Parve a Rinaldo e gli altri il caso strano de' paladini e si\ di Monte Albano. Diceva Orlando: #_ Presto i paladini si bisogna, Rinaldo, riscattare. Io vo' che 'l campo la\ de' saracini domani a spasso andiamo a vicitare, ch' a trenta miglia son presso a' confini $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} comincio\ a parlare: #_ Io vo' venir, se la domanda e\ degna, e 'l mio Morgante vo' che meco vegna $_. Cosi\ Faburro e cosi\ il buon marchese. #_ Vedremo un poco come il campo sta $_, diceva Orlando; e 'l partito si prese. Ognun presto apportar l' arme si fa. Cosi\ coperti di piastra e d' arnese usciron tutti fuor della citta\ una mattina al cominciare il giorno e {t} 'nverso {/t R; inverso A} Montalban la via pigliorno. Eran qualche otto leghe cavalcati, quando a lor si scoperse il padiglione d' Ermini%on, dove stavan legati Berlinghier nostro e Namo e Salamone e 'l buon Danese e gli altri sventurati; e se non fusse che il re Ermini%one sentito avea come Orlando veni\a, tutti impiccare e squartar gli faci\a; ma dubito\ di quel che gli bisogna, dicendo: #_ Se morir faccia\n costoro, e' ne potre' seguir danno e vergogna; ch' Orlando vendicar vorra\ poi loro e metter ci potrebbe in qualche gogna, che ci darebbe qualche stran martoro. Se vivi son, qualche bel tratto fare si puo\ con essi, e' prigioni scambiare $_. Vide tante trabacche e padiglioni, destrier coperti d' arme rilucenti, e sentia trombe sonare e busoni, e far pel campo variati strumenti per Montalban, gatti, grilli e falconi, da combattervi {add} su {/add; su\ R A} poi quelle genti; e disse: #_ Ermini%on, per Dio, sollecita pigliar la terra, e parmi cosa lecita $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} disse al conte Orlando: #_ Se ti fussi in piacer, caro signore, una grazia mi fa ch' io ti domando. Io vo' pel mezzo entrar, col corridore, del campo tutto e venirlo assaltando e trapassarlo via con gran furore e fare un colpo degno alla mia vita $_: cosi\ prego\ questa dama gradita: #_ Ma vo' che presso Morgante a me vegna, se bisognassi pur qualche soccorso. E forse arrecherotti qualche insegna, anzi per certo, bench' io te lo {t} 'nforso {/t R; inforso A} $_. Rispose Orlando: #_ La preghiera e\ degna, d' avere il campo in tal modo trascorso. Non dubitar, sicuramente andrai; e tu, Morgante, l' accompagnerai $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} allor prese una lancia, brocca il caval c' ha serpentina testa, e grida: #_ Viva Carlo e viva Francia! $_. Quando fu tempo, misse l' aste in resta; truova un pagano e per mezzo la pancia gli misse il ferro con molta tempesta; poi trasse fuori una fulgente spada e {t} fe' {/t A; fe/ R} per mezzo del campo la strada. E come morto fu questo pagano, fu la novella a Salincorno detta ch' egli e\ venuto un cavalier villano e molti in terra col suo brando getta. Salincorno s' armava a mano a mano, pero\ che far ne voleva vendetta; verso {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} il camin prese questo giovin gentil, saggio e cortese; e molta gente che fuggiva, scaccia: #_ Tornate addrieto: per un sol fuggite? Arebbe costui d' Ercol mai le braccia? $_. Fugli risposto in parole spedite: #_ Egli e\ il di%avol che tua gente spaccia; se nol credete, a vederlo venite: egli ha cacciato in terra ognun che truova, e parci cosa inusitata e nuova $_. Rispose Salincorno: #_ Io vo' vedere chi e\ costui c' ha in se/ tanta arroganza, che sia passato tra le nostre schiere. Orlando non aria tanta possanza $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} rivolse il destriere, come di Salincorno ebbe certanza. Salincorno la lancia abbassa in quella e feri\ nello scudo la donzella. La lancia in aria n' ando\ in mille pezzi. Disse la dama: #_ Ah, cavalier codardo, a questo modo la tua fama sprezzi? Questa usanza non e\ gia\ d' uom gagliardo, ch' a ferir con la lancia alcun t' avvezzi che sia col brando; e tu non v' hai riguardo. Volgiti a me, poi che tu m' hai percossa: vedrai che dell' arcion non mi son mossa $_. Ebbe vergogna Salincorno allora e ritornava indrieto a fare scusa, dicendo: #_ Io non avea veduto ancora se tu t' avevi lancia o soda o busa $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} a quel sanza dimora rispose: #_ In Danismarche cosi\ s' usa? Cosi\ fanno i baron d' Ermini%one? Tu debbi esser per certo un gran poltrone. Ma non si fa cosi\ di Carlo in corte, dove fiorisce ogni gentil costume. Vedren se tu sarai cavalier forte e s' altra volta poi vedrai me' lume. Prendi la spada; io ti disfido a morte e farotti assaggiar d' un altro agrume $_. Salincorno la spada trasse fore, per racquistar, se poteva, il suo onore. Poi che piu\ colpi insieme si donorno, ne/ l' un con l' altro guadagna ni%ente, un tratto volle ferir Salincorno la gentil donna e de/tte al suo corrente; e molto biasimato fu dintorno, che/ gli spiccava il capo del serpente, e ritrovossi in sull' erba la dama: or questo e\ quel che gli tolse ogni fama. Morgante volle il battaglio menare, per ischiacciar la testa a quel pagano. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} gridava: #_ Non fare! Vendetta ne faro\ con la mia mano $_. Salincorno s' aveva a disperare e duolsi molto di quel caso strano. I saracin ferno a Morgante cerchio, tanto ch' alfin saranno di soperchio; e misson lui con la donzella in mezzo e cominciorno una fera battaglia; ma a molti dava il battaglio riprezzo, a molti trita la falda e la maglia. Dicea Rinaldo: #_ Or non istia\n piu\ al rezzo, che/ non e\ tempo, se Gesu\ mi vaglia: io veggo a piede la\ {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} in mezzo a tutta la turba pagana $_. Orlando sprona {add} subito {/add; su\bito R A} il destrieri e 'nverso il campo girava la briglia e simigliante faceva Ulivieri: cosi\ tutto quell' oste si scompiglia. Ermini%on senti\ che que' guerrieri eran venuti e fanno maraviglia, e disse: #_ Traditor di Macometto, e' fia Rinaldo, per piu\ mio dispetto, e 'l conte Orlando, che tornati sono: altri non so ch' avessin tanto ardire di metter qua la vita in abbandono $_. {add} Subito {/add; Su\bito R A} incontro gran gente fece ire, e disse: #_ Io credo ancor che sara\ buono ch' io m' armi tosto $_. e l' arme {t} fe' {/t A; fe/ R} venire e 'l suo caval di fine acciaio coperto, che/ vincere o morir dispose certo. Orlando in mezzo alla sua gente entrava ed una lancia ch' egli aveva abbassa e 'l primo ch' a lo scudo riscontrava, lo scudo e l' arme e 'l petto gli trapassa; poi trasse Durlindana e martellava; quant' arme truova, tante ne fracassa; fece un macel di gente in poca d' otta: Rinaldo n' avea gia\ morti una frotta: ed Ulivier facea quel che far suole, ma tuttavia tenea gli occhi a colei ch' era sua scorta come agli orbi il sole, colpi menando dispietati e rei, perche/ siccorrer la sua donna vuole: ovunque e' guata facea l' {it} agnusdei {/it} rivolto sempre alla sua dama bella e quanto puo\ sempre s' appressa a quella e non poteva ancor romper la calca, che tuttavolta si facea piu\ stretta; pur sempre innanzi a suo poter cavalca e {t} 'n {/t R; in A} qua {t} e 'n {/t R; ed in A} la\ come un leon si getta e molti con la spada ne difalca della turba bestiale e maladetta, e tristo a quel ch' aspettava Altachiara, che gli facea costar la vita cara. Morgante in mezzo stava dello stuolo e col battaglio facea gran fracasso. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} sentiva gran duolo, che/ 'l corpo feminile gia\ era lasso, ne/ fuggir puo\ se non si lieva a volo, perche/ e' non v' era onde fuggirsi il passo. Ma pur Morgante spesso la conforta e molta gente avea dintorno morta; ed era tutto da' dardi forato e lance e spiedi e saette e spuntoni, e tutto quanto il corpo insanguinato, che le ferite parevan cannoni che gettan sempre fuori da ogni lato; avea nel capo cento verrettoni: ma tanti intorno avea fatti morire, che gia\ del cerchio non poteva uscire. L' un sopra l' altro morto era caduto, e gli uomini e' cavalli attraversati, tal che miracol sarebbe tenuto quanto furon {t} po' i {/t R; poi A} morti annumerati. Avea cinque ore o piu\ gia\ combattuto: or pensi ognun quanti e' n' abbi schiacciati, che non potea piu\ aggiugner colle mani, tanto discosto gli erano i pagani. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} assai s' era difesa ed or da' dardi attendeva a schermirsi; avea la faccia come un fuoco accesa, ne/ potea piu\ con lo scudo coprirsi, tanto era stanca, perche/ troppo pesa, e non poteva del cerchio fuggirsi; e cosi\ afflitta e sventurata a piede, morir vuol prima che chiamar merzede. E pure ancora in Morgante si fida, e dicea spesso: #_ Il mio fallar ti costa, ch' io temo questa gente non t' uccida $_. Ecco Rinaldo ch' al cerchio s' accosta; e come e' giunse metteva alte grida, tanto che molto la gente si scosta: #_ Oltre, gente bestial sanza vergogna, poi ch' a due a pie\ tanto popol bisogna! Fatevi addrieto! $_; e Frusberta menava: #_ Tutti sarete, saracin, qui morti $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}, quando l' ascoltava, {add} subito {/add; su\bito R A} par che tutta si conforti. Allor Rinaldo i colpi raddoppiava e vendicava di lei mille torti; e poi in un tratto, come un leopardo, in mezzo il cerchio {t} fe' {/t A; fe/ R} saltar Baiardo, e {t} fe' {/t A; fe/ R} saltar {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} in groppa, che si gitto\ di terra come un gatto, ne/ mica parve affaticata o zoppa; e fuor del cerchio risalto\ in un tratto: cosi\ con essa pel campo gualoppa. Ognun che 'l vide ne fu stupefatto: #_ Questo e\ Rinaldo, o 'l gran signor d' Angrante $_, dicevan tutti, e lasciorno il gigante; e molti a' padiglion si ritornorno, veggendo cose far sopra natura. In questo tempo giunse Salincorno; {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} il vide per ventura. Rinaldo nostro, cavaliere adorno, che non tenea Frusberta alla cintura, gli trasse d' un fendente in su l' elmetto, che gli caccio\ Frusberta insino al petto; e Salincorno cadde in sul terreno e vendicata fu la damigella. Rinaldo prese il suo caval pel freno e {t} fe' {/t A; fe/ R} montar {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} in sella, che vi salto\ {add} su {/add; su\ R A} in manco d' un baleno. Ed Ulivier, che vide la donzella, disse: #_ Io venivo ben per darti aiuto, ma le schiere passar non ho potuto $_. Avea Faburro, Ulivieri ed Orlando morti quel di\ migliaia gia\ di pagani e tuttavia ne venien consumando. E' saracini ancor menan le mani; ma tanto e tanto i paladini il brando insanguinato avevan di que' cani, che per paura assai n' eran fuggiti a' padiglioni, e gran parte feriti. Ermini%on dicea pur: #_ Chi vi caccia? $_, che/ gli vedeva fuggir d' ogni parte; e' rispondieno a quel che gli minaccia: #_ Fuggia\n dinanzi alla furia di Marte; e' non c' e\ uom con si\ sicura faccia, che si confidi di sua forza o arte: qua son venuti nuovi Ettorri al campo, ne/ contro a' colpi lor si truova scampo. Noi vedemo Rinaldo, o fu il cugino, in mezzo un cerchio saltar col cavallo; quivi era tutto il popol saracino, e non potemo tanto {t} contastallo, {/t R; contrastallo A} che pose in groppa un altro paladino ch' era assediato e salto\ fuor del ballo, ed a dispetto nostro il porto\ via: mai vedemo uom di tanta gagliardia. E Salincorno ha morto, il tuo fratello $_. Ermini%one allor si dolfe forte, e cosi\ disse: #_ Poi che morto e\ quello, ch' era il piu\ fier pagan di nostra corte, a tradimento quel Rinaldo fello o 'l suo cugin gli ara\ data la morte $_. Fugli risposto: #_ E' non fu a tradimento. che/ chi l' uccise n' uccidrebbe cento $_. Allora Ermini%on: #_ Sia maladetta tua {t} dei%ta\, {/t A; deita\ R} Macon! $_ piu\ volte disse; e giuro\ far del suo fratel vendetta, se mille volte come lui morisse. Dove e\ Rinaldo a gran furia si getta, ed una lancia ch' avea, in resta misse; e come egli ha Rinaldo conosciuto, lo saluto\ con uno stran saluto: #_ Dio ti sconfonda $_, disse Ermini%one #_ se tu se' il prenze sir di Montalbano, colui che porta sbarrato il {t} li%one {/t A; lione R}; ch' ancor lui sbarrero\ con la mia mano $_. Rinaldo, udendo si\ fatto sermone, a lui rispose: #_ Cavalier villano, che di' tu, re di farfalle o di pecchie? Io t' ho a punir di mille ingiurie vecchie $_. Rispose Ermini%on: #_ Del tempo antico a vendicar m' ho io de' miei parenti: tu uccidesti come rio nimico il re Mambrin con mille tradimenti $_. Disse Rinaldo: #_ Ascolta quel ch' io dico: per la tua gola, Ermini%on, ne menti, ch' a tradimento vien tu qua, pagano, perch' io non c' ero, assediar Montalbano. Ma tanto attraversato ho il piano e 'l monte, ch' io t' ho trovato e non ti puoi fuggire; e 'l tuo fratello uccisi, Fieramonte, e de/tti al popol tuo giusto marti\re; a Salincorno ho spezzata la fronte: or faro\ te col mio brando morire $_. Quando il pagan senti\ rimproverarsi tant' alte ingiurie, {t} comincio\ {/t R; e' comincio\ A} a picchiarsi e in sull' arcion percuotersi l' elmetto e bestemiar Macon divotamente e battersi col guanto tutto il petto: are' voluto morir certamente. E poi rispose: #_ D' ogni tuo dispetto che fatto m' hai, ne sarai ancor dolente $_; e misse come uom disperato un grido: #_ Prendi del campo tosto, ch' io ti sfido $_. E poi soggiunse: #_ Faccia\n questo patto, dacche/ tu m' hai cotanto offeso a torto: che Montalban mi doni, s' io t' abbatto; e se tu vinci me, datti conforto, che/' tuoi prigion ti rendero\ di fatto, {t} che {/t R; che/ A} nessun n' ho danneggiato ne/ morto; e che s' intenda per un mese triegua, e poi ciascun quel che gli piace segua $_. Rinaldo disse: #_ A cio\ contento sono $_. E poi voltava in un tratto Baiardo, e dice: #_ Se mai fusti ardito e buono, a questa volta fa che sia gagliardo $_. Poi si rivolse che pareva un tuono; ne/ anco Ermini%on parve codardo; e quando insieme s' ebbono a colpire, parve la terra si volessi aprire. Ermini%on con la lancia percosse sopra lo scudo il franco paladino: l' aste si ruppe e d' arcion non lo mosse. Ma il pro' Rinaldo giunse al saracino d' un colpo tal, che, benche/ forte fosse, si ritrovo\ in sull' erba a capo chino; e disse: #_ O Dio che reggi sole e luna, puo\ far ch' io sia caduto la fortuna? Egli e\ pur ver quel che si dice al mondo, che questo e\ il fior de' cavalier nomati! $_. Rizzossi, e disse: #_ Paladin giocondo, or son puniti tutti i miei peccati, e come dianzi piu\ non ti rispondo d' avere i miei congiunti vendicati. Io ho perduto ogni cosa in un punto; d' ogni mia gloria e fama il fine e\ giunto. Or sara\ vendicato il mio parente, or sara\ vendicato Fieramonte e Salincorno e tutta l' altra gente! Pero\ chi fa vendetta con sue onte, al mio parere e\ matto veramente e spesso avvien che si batte la fronte. Or pel consiglio di dama Clemenzia del suo peccato ho fatto penitenzia; che/ chi governa, per consiglio, il regno, di femina, non puo\ durar per certo, {t} che/' {/t R; che' A} lor pensier non van diritti al segno: qual maraviglia s' io ne son diserto? Or si {t} conosce {/t R; cognosce A} il mio bestial disegno: ogni cosa ci mostra il fine aperto; cosi\ convien che spesso poi si rida di quel che troppo a Fortuna si fida. Quel ch' io promissi, baron, vo' servarti, come pur giusto re ch' io sono ancora, e tutti i tuoi prigion vo' consegnarti: andianne al padiglion sanza dimora. E la promessa tua vo' ricordarti $_. Disse Rinaldo: #_ Per lo Iddio ch' adora re Carlo Magno e tutto il cristianesimo, cio\ che tu vuoi chiederai tu medesimo $_. Inverso il padiglion preson la volta. Ermini%on, ch' era uom molto dabbene, fece pel campo sonare a raccolta, poi che Fortuna nel fondo lo tiene. La gente sua parea smarrita e stolta, come ne' casi su\biti interviene. Rende i prigion ch' avea legati e presi, co' lor cavalli e tutti i loro arnesi. Chi vedessi la festa e l' allegrezza che fanno i nostri possenti baroni, sare' costretto per sua gentilezza di lacrimar con pietosi sermoni. Diceva Uggier: #_ Rinaldo, tua prodezza ci ha tratti fuor di molti strani unghioni: a questa volta aremo tutti quanti la vita data per quattro bisanti. Noi abbia\n sentito si\ fatto romore oggi pel campo, ch' io pensai che 'l mondo fussi caduto e giunto all' ultime ore e lo stato di Carlo fussi al fondo. Ognuno avea della morte timore, che/ 'l saracin crudele e rubicondo d' impiccar tutti ci avea minacciati e della vita {t} savam {/t R; sava\n A} disperati $_. Namo diceva: #_ Il nostro buon Gesu\e vi mando\ qua per nostro aiuto solo e sia\n salvati per la tua virtu\e e liberati da gran pena e duolo $_. Diceva Orlando: #_ Non ne parlia\n piu\e. Lasciam pur tosto de' pagan lo stuolo: Carlo non sa quel che segui\to abbiamo; pero\ verso Parigi ce n' andiamo $_. Ermini%on rimase assai scontento, e' paladini a Carlo ritornaro: Carlo gli abbraccia cento volte e cento e fu cessato ogni suo duolo amaro; fecesi festa per la citta\ drento; ma questo a Ganellon fu solo amaro, che per paura fuor s' era fuggito e dubitava non esser punito. Poi ch' alcun giorno insieme riposa^rsi, dicea Rinaldo un giorno a Carlo Mano ch' avea pur voglia da lui accomiatarsi e ritornare insino a Montalbano e qualche di\ con la sua sposa starsi. Carlo contento gli tocco\ la mano. E meno\ solo un servo molto adatto del conte Orlando, detto {t} Rui%natto, {/t A; Ruinatto, R} ch' era scudier compagno di Terigi; e mentre che cavalca, s' e\ abbattuto, forse sei leghe discosto a Parigi, dove giaceva un bel vecchio canuto (questo era, trasformato, Malagigi, tal che Rinaldo non l' ha conosciuto), sur una riva appoggiato alla grotta, e d' acqua piena aveva una barlotta. Rinaldo il saluto\ cortesemente; e' gli rispose: #_ Ben venuto siete. Se voi volessi ber, baron possente, d' una certa cervogia assaggerete, che doverra\ piacervi veramente $_. Disse Rinaldo: #_ Io affogo di sete, e di bere acqua di fossato o fiume quando cavalco non e\ mio costume $_. Quando Rinaldo ha beuto a suo modo, a {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} il barletto porgeva, dicendo: #_ Peregrin, di te mi lodo $_; e {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} come lui beeva; e non sa ben di Malagigi il frodo: Malagigi il barletto ritoglieva; Rinaldo poco e {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} andava, ch' ognuno scese e di sonno cascava. Addormentati posonsi a giacere: Malagigi gli segue come saggio e non poteva le risa tenere, veggendo quel c' ha fatto il beveraggio. Tolse la spada a Rinaldo e 'l destriere e prese inverso Parigi il {t} vi%aggio {/t A; viaggio R}; misse Frusberta, la spada sovrana, nella guaina ov' era Durlindana; cosi\ Baiardo ov' era Vegliantino; e ritorno\ a Rinaldo che dormia, e de/ttegli la spada del cugino; cosi\ il cavallo; e poi dispari\ via; e misse sotto al capo al paladino una certa erba, che si risentia: e risentito, seco poco bada, che del caval s' accorse e della spada; e volsesi a quel servo {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R}, e disse: #_ Tu debbi essere un ghiottone Dove e\ Baiardo mio? Che n' hai tu fatto? Questo e\ il caval del figliuol di Millone $_. Rispose lo scudiere stupefatto: #_ Io ho dormito qua come un poltrone, che/ 'l sonno come te mi vinse dianzi, e non sono ito piu\ indrieto o piu\ innanzi $_. Disse Rinaldo, ravveduto un poco: #_ Questo ara\ fatto far per certo Orlando: e vuol pigliar di me sempremai giuoco, e fatto m' ha scambiar Baiardo e 'l brando $_. Tutto s' accese di rabbia e di fuoco, e fra se/ disse: #_ E' ti verra\ costando $_. A Montalban pien di sdegno n' andava, e {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} indrieto rimandava; e scrisse al conte Orlando: #_ Tu m' hai tolto a tradimento, pel camin, dormendo, la spada e 'l mio cavallo, e come stolto sempre mi tratti e poi ne vien' ridendo; e perche/ piu\ d' una volta m' hai {t} co\lto, {/t R; colto, A} di sofferirlo a questa non intendo: mandami indrieto e la spada e 'l cavallo, se non che caro ti faro\ costallo $_. Orlando per ventura avea trovato il destriere e la spada di Rinaldo, ed era forte con seco adirato e tutto quanto inanimato e caldo, dicendo: #_ Come un putto son gabbato, e parmi un atto stato di ribaldo, e piu\ che 'l fatto il modo mi dispiace $_; e non potea fra se/ darsene pace. Intanto {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} gli porto\e la lettera che 'l suo cugino scrisse. Orlando molto si maraviglio\e e {t} 'nverso {/t R; inverso A} {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} cosi\ disse, se sapea nulla come il fatto ando\e e quel che per camino intervenisse; e {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} rispondeva presto: #_ Io ti diro\ quel ch' io ne so di questo $_. E racconto\ come e' trovo\ quel vecchio e come poi si posono a dormire. Orlando pone al suo parlar l' orecchio; di maraviglia credette stupire. Ma poi diceva: #_ Un pulcin fra 'l capecchio par che mi stimi Rinaldo, al suo dire $_; e cosi\ indrieto a Rinaldo scrivea che del suo minacciar beffe facea; e che quando e' parti\ dal re Carlone, esser dovea per certo un poco in vino, pero\ scambio\ la sua spada e 'l roncione; e che sia ver, {t} che/ {/t R; che A} dormi\ pel camino. Poi gli diceva per conclusi%one: #_ Perche/ tu se', Rinaldo, mio cugino, voler con teco quistion non m' aggrada: pero\ ti mando il cavallo e la spada. Ma se 'l mio indrieto non rimanderai, io ti dimosterro\ che me ne duole; e se quistion di nuovo cercherai, tu sai che io so far fatti e tu parole; e poco meco alfin guadagnerai, che/ sai che gnun non temo sotto il sole. Or tu se' savio e so che tu m' intendi; e 'l mio cavallo e la spada mi rendi $_. Tornato {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} a Montalbano con la risposta del suo car signore, {add} subito {/add; su\bito R A} il brando suo gli pose in mano e consegno\ Baiardo, il corridore. Rinaldo sbuffa come un leo silvano per quel che scrisse il roman {t} sanatore {/t R; senatore A}, e rimandava indrieto un suo valletto a dir cosi\, chiamato Tesoretto: che non volea la spada rimandare ne/ Vegliantin, se non gli promettea con lui doversi in sul campo provare; che di minacce sa che non temea e che nel pian lo voleva affrontare di Montalban con l' armi, {t} conchiudea. {/t R; concludea. A} Tesoretto n' ando\ presto a Orlando e la 'mbasciata venne raccontando. Orlando, ch' era e discreto e gentile, ma molto fier quand' egli era adirato, tanto che tutto 'l mondo avea poi vile, a Carlo tutto il fatto ha raccontato, e come e' fece la risposta umi\le, credendo aver Rinaldo umili%ato; ma poi ch' egli e\ per questo insuperbito, d' andarlo a ritrovar preso ha partito; e che non ricuso\ battaglia mai, che non intende aver questa vergogna. Carlo diceva: #_ A tuo modo farai: se cosi\ sta, combatter ti bisogna $_. Orlando disse a Tesoretto: #_ Andrai al prenze, e di' ch' io non so se si sogna; ma se davver m' invita alla battaglia, doman lo troverro\, se Dio mi vaglia; e che m' aspetti, come e' dice, al piano, dal campo un poco de' pagan discosto $_. Tesoretto ritorna a Montalbano e disse quel che Orlando avea risposto. Armossi col nipote Carlo Mano, poi che lo vide al combatter disposto, pero\ che Carlo molto Orlando amava; cosi\ nel suo segreto il prenze odiava. Are' voluto Carlo onestamente un di\ Rinaldo dinanzi levarsi, e {t} conosceva {/t R; cognosceva A} Orlando si\ possente, che dice: #_ In questo modo potre' farsi $_. Rinaldo era inqui%eto e 'mpazi%ente, ne/ Carlo volse di lui mai fidarsi, rispetto avendo alle sue pazze furie poi gli avea fatte a' {t} suo' {/t R; suoi A} di\ mille ingiurie e tratto la corona gia\ di testa. E' si perdona per certo ogni offesa, ma sempre pur nella memoria resta e cosi\ l' uno all' altro contrappesa. Carlo pensossi di farne la festa, veggendo Orlando e la sua furia accesa. Orlando tolse Rondello e Cortana, che/ non ha Vegliantin ne/ Durlindana. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} e Morgante v' andorno con Carlo e con Orlando per vedere. E' paladini assai lo sconfortorno che non si lasci il signor del quartiere combatter col cugin suo tanto adorno; ma contrappor non puossi allo imperiere; e molto Carlo Man fu biasimato, quantunque s' e\ con lor giustificato. Tutta la corte s' {t} avvi%ava {/t A; avviava R} drieto, per veder questi due baron provare. Morgante avea, come savio e discreto, isconfortato molto il loro andare. Gano il sapeva e molto n' era lieto, dicendo: #_ Orlando so che l' ha ammazzare quel traditor di Rinaldo d' Amone, il qual d' ogni mal mio sempre e\ cagione $_. Altri dici\en pur de' baron di corte: #_ Carlo mi par che perda il sentimento: se muor Rinaldo e 'l conte sia piu\ forte, non una volta il piagnera\, ma cento; se 'l prenze dessi a Orlando la morte, Carlo a' suoi di\ non sara\ piu\ contento. Vennon pur ier di paesi lontani per salvar noi dall' oste de' pagani e tutto il popol rallegrato s' era; ora e\ in un punto perturbato e mesto. Ermini%on {t} colla {/t R; con la A} sua gente fera non s' e\ partito e car gli sara\ questo $_. Cosi\ si parla in diversa maniera; tanto e\ che 'l caso a ciascuno e\ molesto; e sopra tutto la gente pagana si condoleva con {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} e {add} dici\en {/add; dicien R; dicean A} tutti a lei: #_ Magna regina, deh, non lasciate seguir tanto errore; adoperate la vostra dottrina col conte Orlando e {t} con lo {/t R; collo A} 'mperadore: benche/ noi sia\n di legge saracina, e' ce ne {t} 'ncresce {/t R; incresce A}, anzi ci scoppia il core $_. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} con parole accorte Carlo ed Orlando sconfortava forte. Orlando non ascolta ignun che parli, e dice: #_ Io intendo una volta vedere s' io son Orlando e vo' il suo error mostrarli di ritenermi la spada e 'l destriere: non ch' io volessi pero\ morte darli, ma farlo discredente rimanere $_. E tanto finalmente cavalcorno, ch' a Montalban furno il secondo giorno. Rinaldo stava piu\ che in orazione d' appiccar con Orlando la battaglia. Vedi che razza d' uomo o condizione! Vedi se sbergo era di fine maglia! E dice: #_ S' io lo truovo in su l' arcione, noi proverrem come ogni spada taglia $_. Ma poi che vide Orlando gia\ in sul piano, {add} subito {/add; su\bito R A} armato usci\ di Montalbano, e tolse Durlindana e Vegliantino, seco dicendo: #_ Se m' abbatte Orlando, ara\ {t} el {/t R; il A} cavallo e 'l brando a suo dimi\no $_. Ermini%on, che veniva spiando ch' egli e\ venuto il figliuol di Pipino e la cagione, un messo vien mandando; e dice a Carlo Man, se gli e\ in piacere, che vuol venir la battaglia a vedere. Carlo rispose a lui cortesemente ch' a suo piacer venissi Ermini%one. Venne e con seco meno\ poca gente, per gentilezza e per sua discrezione. Carlo lo vide molto lietamente e sempre a man sinistra si gli pone; quantunque il re pagan cio\ non volia, ma Carlo gliel domanda in cortesia. Rinaldo venne e seco ha Ricciardetto in compagnia e 'l signor d' Inghilterra, che molto gli ha questa impresa disdetto, che con Orlando non debbi far guerra: abbraccia Orlando quanto puo\ piu\ stretto ed Ulivieri e Morgante poi afferra; {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} quanto puote onora, perche/ veduti non gli aveva ancora; e poi diceva: #_ O nostro Carlo Magno, come hai tu consentito a tanto errore? Tu non ci acquisti, al mio parer, guadagno e non sai quanto tu perdi d' onore: se tu perdessi un si\ fatto compagno quanto e\ Rinaldo, saria il tuo peggiore; se tu perdessi il tuo caro nipote, di dolor poi graffieresti le gote. Che cosa e\ questa? Un si\ piccolo sdegno, per due parole, ancor non si perdona? O Carlo, imperador famoso e degno, questa non e\ giusta impresa ne/ buona; per Dio, della ragion trapassi il segno $_. Carlo diceva fra se/: #_ La corona non mi torra\ di testa piu\ Rinaldo $_; e stava nel proposito suo saldo. Orlando intanto a Rinaldo s' accosta, e dice: #_ Se' tu, cugino, ostinato combatter meco? Se vuogli, a tua posta piglia del campo e ciascun sia sfidato $_. Rinaldo non gli fece altra risposta se non che presto il cavallo ha voltato. Carlo diceva: #_ Io ne son mal contento $_: dicea di fuor, ma nol diceva drento. Mai non si vide falcon peregrino voltarsi cosi\ destro, o altro uccello, come Rinaldo fece Vegliantino o come il conte Orlando {t} fe' {/t A; fe/ R} Rondello: maravigliossi il gran re saracino dell' atto fiero e valoroso e bello: Rinaldo volse a Vegliantino il freno, e cosi\ il conte, in manco d' un baleno. Un mezzo miglio s' eron dilungati, e ritornavan con tanta fierezza, che' saracin dici\en tutti ammirati: #_ Fo/lgore certo va con men prestezza. Se questi son pel mondo ricordati, e\ ben ragione, e se Carlo gli apprezza $_. Ermini%on tenea ferme le ciglia, che/ gli parea veder gran maraviglia. Ma quello Iddio che regge il mondo e' cieli, mostro\ ch' Egli e\ di giustizia la fonte e quanto Egli ama i suoi servi fedeli. Mentre che Vegliantin va inverso il conte, par che in un tratto se gli arricci i peli, e volse indrieto a Rinaldo la fronte come se 'l suo signor riconoscessi e d' andar contra a lui si {t} ritemessi. {/t R; ritenessi. A} Grido\ Rinaldo: #_ Che diavolo e\ questo? Vo\ltati indrieto! Che fai tu, rozzone? $_. Orlando gitto\ via la lancia presto. In questo apparve alla riva un {t} li%one {/t A; lione R}; il qual poi ch' ognun vide manifesto, ebbe di questo fatto ammirazione: il fer {t} li%one {/t A; lione R} a Orlando n' ando\e ed una zampa in alto {add} su {/add; su\ R A} levo\e, nella quale era una lettera scritta, che Malagigi a Orlando mandava. Orlando la piglio\ colla man dritta, e come l' ebbe letta, sogghignava. Rinaldo con la mente irata e afflitta di Vegliantin di {add} subito {/add; su\bito R A} smontava; vide il {t} li%on {/t A; lion R}, che gli pareva strano, e come Orlando il brieve aveva in mano. Maravigliato inverso lui veni\a: Orlando a dir gli comincio\ discosto come Malgigi ingannati gli avia e tutto il fatto gli contava tosto; e poco men che per la lor follia non avea l' un di lor pagato il costo. Quando Rinaldo la lettera intende, tosto il cavallo e 'l brando al conte rende, e ringrazio\ l' etterno e giusto Iddio che avea questo miracol lor mostrato; e disse: #_ Or mi perdona, cugin mio, e Carlo e gli altri, ch' io ho troppo errato. Ma Gesu\ Cristo nostro, umile e pio, veggo ch' al fin m' ha pur ralluminato! $_. E riguardando ove il {t} li%one {/t A; lione R} era ito, non lo riveggon, ch' egli era sparito. Carlo e' baroni {add} avien {/add; avi\en R A} tutto veduto, e, come Malagigi scrive loro, ch' e' fu quel vecchio ch' e' trovo\ canuto, ch' avea scambiati i cavalli a costoro; e ringraziava Iddio, c' ha proveduto che' due baron non si dessin martoro. Ermini%on, che vedea tutto aperto, parvegli questo un gran miracol certo; e comincio\ a dolersi di Macone, dicendo: #_ Tu se' falso veramente, e quel che ci ha mandato quel {t} li%one {/t A; lione R} e\ il vero Iddio e 'l Padre onnipotente: s' i' ti {t} fe' {/t A; fe/ R} sacrificio o orazi%one alla mia vita mai, ne son dolente e in ogni modo Cristo vo' adorare $_; e comincio\ con Carlo a lacrimare: #_ O Carlo avventurato, o Carlo nostro, ogni grazia per certo a voi procede, per quel ch' io veggo omai, da Gesu\ vostro; veggo ch' egli ha de' buon servi merzede, e 'l gran miracol ch' egli ha qui dimostro, e che Macone e\ falso e chi gli crede. Da ora innanzi, degno Carlo Mano, io mi vo' battezzar colla tua mano $_. Carlo abbraccio\ con molta affezi%one il re, che tutto parea gia\ cambiato nel volto e pien di molta contrizione; e disse: #_ O Cristo, sia sempre laudato! Se vuoi ch' io ti battezzi, Ermini%one, andianne al fiume che ci e\ qui dallato $_; e cosi\ finalmente andorno al fiume e battezzo\l secondo il lor costume. Cosi\ fu battezzato il re pagano; e battezzossi il famoso amirante ch' era stato all' assedio a Montalbano, com' io gia\ dissi, detto {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R}; e s' alcun pur non si vuol far cristiano de' saracin, si ritorno\ in Levante. Carlo a Parigi con gran festa torna, dove co' suoi baron lieto soggiorna. Ma il traditor di Gan, ch' era fuggito fuor di Parigi e stava di nascoso, poi ch' egli intese come il fatto era ito, drento al suo cor fu molto doloroso; e pensa come Carlo abbi tradito, e giorno e notte non truova riposo: sente che in corte si facea gran festa, la qual cosa piu\ ch' altro gli e\ molesta. Pensa e ripensa e va sottilizzando dove e' potessi piu\ metter la coda o dove e' {t} veng' a {/t R; venga A} la rete cacciando. D' ira e di rabbia par seco si roda: pur finalmente si viene accordando con seco stesso e {t} 'n {/t R; in A} su questo s' assoda: di tentar Caradoro, se potessi, tanto che qualche scandol si facessi. E scrisse il traditor queste parole: #_ O Carador, di te m' incresce assai, che la tua figlia, bella piu\ che 'l sole, in Francia meretrice mandata hai, e gravida e\ gia\ fatta; onde e' mi duole che tua stirpe real disprezzi omai. Come hai tu consigliato mandar quella tra gente strana, si\ giovine e bella? Per tutta Francia d' altro non si dice che {t} femmina {/t R; femina A} tua figlia e\ diventata d' Ulivieri, anzi piu\ che meretrice. Dove e\ tua fama gia\ tanto vulgata? {t} Dove {/t R; Dove e\ A} il tuo pregio e 'l tuo nome felice, che la tua schiatta hai si\ vituperata? Cio\ ch' io ti dico e\ il ver, della tua figlia: se tu se' savio, or te stesso consiglia $_. La lettera poi de/tte a un messaggio, che a Carador ne va sanza dimoro e {t} 'n {/t R; in A} poco tempo spacciava il {t} vi%aggio {/t A; viaggio R} e rappresenta il brieve a Caradoro. Il qual senti\ di sua figlia l' oltraggio, e mai non ebbe si\ grave martoro; e la sua donna ne fu molto grama, pero\ ch' al tutto ingannata si chiama; e la figliuola sventurata piagne, dicendo: #_ Lassa, perche/ ti mandai, poi che scoperte son queste magagne? Mentre tu eri qui, ne dubitai, perche/ gia\ tese mi parvon le ragne e' tradimenti; ma pur non pensai che tanto ingrata fussi quella gente. Ma chi tosto erra, a bell' agio si pente. O Caradoro mio, quanta fatica, quanti disagi e quanti lunghi affanni sofferti abbia\n, tu 'l sai sanza ch' io il dica, per allevar costei da' suoi primi anni! Poi la da\i in preda alla gente nimica, piena di frode e di doli e d' inganni. Non rivedrai mai piu\ tua figlia bella; e se pur torna, svergognata e\ quella $_. Queste parole assai passano il core al tristo padre, e non sapea che farsi di racquistar la sua figlia e l' onore, perche/ tutti i rimedi erano scarsi. Pur, dopo molti sospiri e dolore, con la sua donna in tal modo accorda^rsi: che si mandassi Vegurto il gigante a condolersi delle ingiurie tante; e che dovessi rimandar la figlia; e s' egli e\ imperador giusto e dabbene, del tristo caso assai si maraviglia, poich' Ulivier per femina la tiene, di che per tutta Francia si bisbiglia; e che il gigante per sua parte viene, che/ {add} subito {/add; su\bito R A} gli dia {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}; e rimandassi sua gente pagana; e che se mai potra\ farne vendetta, che la fara\ per ogni modo ancora, ma, come savio, luogo e tempo aspetta. Il fer gigante non fece dimora: subitamente una sua alfana assetta, e presto usci\ de' pagan regni {add} fora {/add; fo\ra R A}; tolse la fromba ed altri suoi vestigi e {t} 'n {/t R; in A} poco tempo a Carlo fu a Parigi. Tutto il popol correva per vedere questo gigante ch' era smisurato: Morgante non pareva un suo scudiere. A Carlo nella sala ne fu andato e con parole assai arrogante e {t} fiere {/t R; fiere A} in modo molto stran l' ha salutato: #_ Macon t' abbatta come traditore e disleale e {t} 'ngiusto {/t R; ingiusto A} imperadore. Il mio signor mi manda a te, Carlone, {t} che/ {/t R; che A} {add} subito {/add; su\bito R A} mi dia la sua figliuola e tutto quanto il popol di Macone che ti mando\, sanza farne parola; ed Ulivier, quel ribaldo ghiottone, con le mie mani impicchi per la gola: cosi\ faro\ come e' m' ha comandato e punirollo d' ogni suo peccato. A Caradoro e\ stato scritto, o Carlo, o Carlo, o Carlo $_, e crollava la testa, #_ della tua corte, che non puoi negarlo, della sua figlia cosa disonesta. Non doverresti in tal modo trattarlo. Quel ch' io ti dico e\ cosa manifesta: Ulivier tuo la tien per concubina, cosi\ famosa e nobil saracina. Questo non e\ quel ch' egli are' creduto; questa non e\ gentilezza di Franza; questo non e\ l' onor c' ha' ricevuto; questa non e\ d' imperadore usanza; questa non e\ giustizia ne/ dovuto; questo non e\ buon segno d' amistanza; questa non e\ piu\ la figliuola nostra, poi ch' ella e\ fatta concubina vostra; questo non e\ quel che promisse il conte quando e' parti\ con gli altri del suo regno $_. Cosi\ dicendo scoteva la fronte; ben parea pien di furore e di sdegno. Carlo, sentendo ricordar tante onte, rispose: #_ Imbasciador famoso e degno, per quello Iddio ch' ogni cristiano adora, di cio\ che di' nulla ne 'ntendo ancora. Tu m' hai fatto {t} pensar {/t R; cercar A} per tutto il mondo, e cosa che tu dica ancor non truovo. Pero\ questo al principio ti rispondo, come colui che certo ne son nuovo: il tuo signor famoso, alto e giocondo, per vero amico e molto caro appruovo; alla sua figlia ho fatto giusto onore, per mia corona, come imperadore. Ne/ Ulivieri ha fatto mancamento, per quel ch' io sappi, o palese o coperto; che/, se cio\ fussi, io sarei mal contento, e non sarebbe giusto o degno merto $_. Quando Ulivier vedea tanto ardimento, gridava: #_ O imperador, troppo hai sofferto. Che dice questo traditor ribaldo? $_. Cosi\ diceva il Danese e Rinaldo. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}, ch' era alla presenzia, non pote/ far non si turbassi in volto quando senti\ trattar di sua fallenzia, che/ tal segreto stimava sepolto: #_ Perdonimi $_, dicea, #_ la reverenzia del padre mio, e' parla come stolto: che/ sempre in questa corte sono stata da Ulivier piu\ che d' altri onorata; ed or, che Carador facci richiamo di questo, troppo in ver mi maraviglio $_. Disse Ulivier: #_ Che tanto comportiamo? $_. {add} Subito {/add; Su\bito R A} de/tte ' Altachiara di piglio, ma tosto gliela prese il savio Namo, dicendo a quel: #_ Tu non hai buon consiglio: questo gigante e\ di natura acerbo e pero\ parla arrogante e superbo. Non si vuole agguagliar la lor natura con la nostra, Ulivier, nella fierezza, pero\ che non risponde tal misura, come non corrisponde la grandezza. Lo 'mbasciador de/e dir sanza paura e vuolsi sempre usargli gentilezza $_. Ma manco pazi%enzia ebbe Vegurto e volle a Ulivier presto dar d' urto. Come un dragon se gli scagliava addosso e trassegli d' un colpo d' una accetta credendogli ammaccar la carne e l' osso; ma Ulivier dall' un lato si getta. Carlo fu presto della sedia mosso. Ma 'l gran Morgante gli dava una stretta, e corselo abbracciar subitamente, benche/ Vegurto assai fussi possente. Vegurto prese lui sotto le braccia. Or chi vedessi questi due giganti provarsi quivi insieme a faccia a faccia, maravigliato saria ne' sembianti. Ma pur Morgante in terra alfin lo caccia, tanto che rider {add} faci\a {/add; facia R; facea A} tutti quanti; che/, quando e' l' ebbe in sullo smalto a porre, parve che 'n terra cadessi una torre; e nel cader percoteva al Danese, tal che il Danese sotto gli cascava. Orlando molto ne rise e 'l marchese; ma Namo presto Carlo consigliava che si levasson cosi\ fatte offese. Cosi\ Vegurto ritto si levava, e come ritto fu, gridava forte e tutti i paladin disfida a morte. Disse Ulivier: #_ Sares' tu Briareo con Giupiter, o Fi%alte famoso, o quel superbo antico Campaneo? Da ora innanzi, gigante orgoglioso, io ti disfido, se tu fussi Anteo. Lo imperador possente e glori%oso mi dia licenzia, e vo' teco provarmi; e fammi il peggio poi, che tu puoi farmi $_. Ah, Ulivieri! amor ti scalda il petto, che sempre fa valoroso chi ama: tu non aresti di Marte sospetto, pur che vi fussi a vederti la dama. Disse Vegurto: #_ Per dio Macometto, questo piu\ ch' altro la mia voglia brama $_. Ulivier prestamente corse armarsi, che/ col gigante voleva provarsi. Morgante non pote/ piu\ sofferire e disse a Carlo: #_ Imperadore, io scoppio, s' io non lo fo con le mie man morire. Lascia ch' {t} i' {/t R; io A} suoni col battaglio a doppio: al primo colpo il faro\ sbalordire, che ti parra\ ch' egli abbi beuto oppio $_. Carlo risponde, ma non era inteso, tanto ognuno era di furore acceso. Non potea star Morgante piu\ in guinzaglio non aspetto\ di Carlo la risposta, ma cominciava a calar giu\ il battaglio; e 'l fer Vegurto a Morgante s' accosta. Or chi vedessi giucar qui a sonaglio, non riterrebbe le risa a sua {t} po\sta {/t R; posta A}: l' un col battaglio e l' altro {t} con la {/t R; colla A} scure s' appiccon pe\sche che non son mature. Non era tempo adoperar la fromba: e' si sentiva alcuna volta un picchio, quando Morgante il battaglio giu\ piomba, che quel Vegurto si faceva un nicchio e tutta quanta la sala rimbomba; ma coll' accetta ogni volta uno spicchio del dosso lieva al possente Morgante, pero\ che molto e\ feroce il gigante. Ulivieri era ritornato in sala armato e con Vegurto vuol provarsi; ma quando e' vide Morgante che cala il gran battaglio e {t} 'nsieme {/t R; insieme A} bastonarsi, si ritenea volentieri in su l' ala, pero\ che tempo non e\ d' accostarsi. Vegurto grida e Morgante gridava, tanto ch' ognun per la voce tremava. E' non si vide mai {t} li%oni {/t A; lioni R} irati mugghiar si\ forte o far si\ grande assalto, ne/ due serpenti insieme riscaldati. Sempre l' accetta o 'l battaglio e\ {add} su {/add; su\ R A} alto; alcuna volta invano eran cascati i colpi e fatta una buca allo smalto. Due ore o piu\ bastonati si sono, ma del battaglio raddoppiava il suono. Benche/ Vegurto assai piu\ alto fosse che 'l gran Morgante, e' non era piu\ forte. E gia\ tutte le carne avevon rosse; ed a vedergli era tutta la corte. Morgante un tratto a Vegurto percosse, diliberato di dargli la morte. e 'l gran battaglio in sul capo appicco\e, tal che Vegurto morto rovino\e. E parve nel cader quel torri%one, ch' un albero cadessi di gran nave: fece tremar la terra, il compagnone, non che la sala, tanto ando\ giu\ grave; dovunque e' giunse, lo smalto e 'l mattone fracasso\ tutto e ruppe una gran trave, tanto che 'l palco sotto rovinava e molta gente addosso gli cascava. Cosi\ mori\ il superbo imbasciadore e non torno\ con la risposta addrieto. {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} pur n' avea dolore, ma Ulivier di cio\ troppo era lieto. Molto dispiacque a Carlo imperadore, benche/ nel petto il tenessi segreto, perche/ pur era imbasciador mandato, e pargli a Caradoro essere ingrato. Caradoro aspetto\ piu\ tempo invano che ne dovessi la figlia venire. Lasciam costoro e ritorniamo a Gano, che non vide il disegno {t} ri%uscire; {/t A; riuscire; R} e manda cosi\ a dire a Carlo Mano, come nell' altro canto vo' seguire; che/ so ch' io v' ho tenuto troppo a tedio. Cristo sia vostra salute e rimedio. O santo pellican che col tuo sangue campasti noi dalla fera crudele, dal suo velen come pestifero angue, e poi gustasti l' aceto col fele, tanto che la tua madre afflitta langue; manda in mio aiuto l' arcangiol Michele, si\ ch' io riporti di vittoria insegna e seguir possa questa storia degna. Gano scriveva a Carlo in questo modo: #_ O Carlo imperador, che t' ho io fatto? S' io non commissi inganno mai ne/ frodo, perche/ consenti tu ch' io stia di piatto? S' io t' ho servito sempre, assai ne godo: tu mostri essere ingrato a questo tratto, e sanza udir le mia ragion, consenti che' miei nimici sien di me contenti. Quel di\ ch' io presi in Parigi la piazza, che sapevo io chi drento era venuto? o, se pur v' era gente d' altra razza, che ti paressi Orlando sconosciuto? Per riparare a quella furia pazza corsi alla piazza e parvemi dovuto. Che sapevo io se tu t' eri ingannato o che nella citta\ fussi trattato? Rinaldo non istette mai a udire le mie ragioni, ma furiando forte mi minacciava di farmi morire: io mi fuggi' temendo della morte. Tu ti stai in festa ed io con gran marti\re; e tanto tempo e\ pur ch' io fui in tua corte, de' tuoi baroni e del tuo gran consilio: or m' hai scacciato e mandato in essilio $_. Carlo lesse la lettera piangendo, pero\ che molto Ganellone amava; ed ogni cosa per fermo tenendo {t} che {/t R; ch' e' A} gli scriveva, indrieto rimandava, dicendo: #_ Il tuo partir, Gan, non commendo e la distanzia tua troppo mi grava. Torna a {t} tuo {/t R; tua A} posta e come caro amico, come stato mi se' pel tempo antico $_. Gan ritorno\ come scriveva Carlo. Carlo lo vide molto volentieri e corse, come e' lo vide, abbracciarlo: #_ Ben sia tornato il mio Gan da Pontieri $_. Gan come Giuda in fronte usa baciarlo. Dicea Rinaldo al marchese Ulivieri: #_ Vedi che Carlo consente ch' e' torni, e ritornianci pur ne' primi giorni. Io vo' che 'l capo Carlo Man mi tagli, se non e\ quel ch' a Caradoro ha scritto e che lo 'mbasciador fece manda\gli: non so come guardar lo puo\ diritto. Ma metter lo potria in tanti travagli, che qualche volta piangera\ poi afflitto $_. Cosi\ pareva al marchese ed Orlando; tutta la corte ne vien mormorando. Ma come avvien che sempre la Fortuna si diletta veder diverse cose e sempre volge come fa la luna, mentre che Carlo par cosi\ si po\se sanza piu\ dubitar di cosa alcuna, ma sanza spine godersi le rose, ed ogni di\ fa giostre e torniamenti e tutti i suoi baron vede contenti, un giorno a scacchi Ulivier borgognone in una loggia con Rinaldo giuoca: vennono insieme, giucando, a quistione, e tanto ognun di parole rinfuoca, ch' Ulivier disse a Rinaldo d' Amone: #_ Tu hai talvolta men cervel ch' un' oca e col gridar difendi sempre il torto. Non so se m' hai per tuo ragazzo scorto $_. Rinaldo rispondea: #_ Tu credi forse, perche/ presente e\ qui {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}, ch' io ti riguardi? $_. E tanto ognun {t} transcorse {/t R; trascorse A} d' una parola in un' altra villana, che Ulivieri il pugno innanzi porse. La damigella gli prese la mana; Rinaldo si rizzo\ subitamente, ma Ulivieri non aspetto\ {t} ni%ente: {/t A; niente: R} {add} subito {/add; su\bito R A} corse per la sua armadura; torna a Rinaldo e trasse fuori il brando; Rinaldo non l' aveva alla cintura; ma in questo mezzo si cacciava Orlando; {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} triema di paura; Carlo Rinaldo veni\a minacciando: #_ Ogni di\ metti la corte a romore, e 'l torto hai sempre e fa' mi poco onore $_. Rinaldo, ch' era tutto infuri%ato, rispose a Carlo Magno: #_ Tu ne menti, che/ 'l torto ha egli ed hammi minacciato $_. Carlo gridava a tutte le sue genti: #_ Fate che presto costui sia pigliato, se non che tutti faro\ mal contenti $_. Dicea Rinaldo: #_ Ignun non mi s' accosti, che/ gli parra\ che le mosche gli arrosti! $_. Orlando vide il cugino a mal porto, e cosi\ disse: #_ Piglia tuo partito; vattene a Montalban per mio conforto, ch' io veggo Carlo troppo insuperbito sanza voler saper chi s' abbi il torto $_. Rinaldo s' e\ prestamente fuggito; tolse Baiardo ed obbediva Orlando e {t} 'nverso {/t R; inverso A} Montalban va cavalcando. Carlo si dolfe con Orlando molto perche/ l' avea cosi\ fatto fuggire, dicendo: #_ Il traditor, dove m' ha co\lto, che per la gola ogni di\ m' ha a smentire? Io l' ho a trattare un giorno come stolto $_. {add} Subito {/add; Su\bito R A} fece il consiglio venire e disse in brieve e soluta orazione quel che far debba del figliuol d' Amone. Diceva Orlando: #_ A mio modo farai: {t} la\sciagli {/t R; lasciagli A} un poco uscir questa arroganza ed altra volta ginocchion l' arai e faren che ti chiegga perdonanza $_. Carlo rispose: #_ Cio\ non faro\ mai, che di smentirmi piu\ pigli baldanza: io vo' perseguitarlo insino a morte, ne/ mai piu\ intendo tenerlo in mia corte $_. Namo alla fine de/tte il suo consiglio, che si dovessi di corte sbandire accio\ che non seguisse altro periglio, che/ qualche mal ne potrebbe seguire; e dicea: #_Tutto il populo e\ in bisbiglio ch' altra gente pagana de/e venire e forse potria farne novitade, che/ molto amato e\ pur nella cittade $_. Astolfo non volea che si sbandisse, ma che gli fussi in tutto perdonato; ma Ulivieri incontro ' Astolfo disse, tanto che molto di cio\ fu sdegnato; e Carlo comando\ che si seguisse il bando come Namo ha consigliato. Gano avea detto solo una parola: #_ Se t' ha smentito, impiccal per la gola $_. Poi che piu\ Astolfo non vide rimedio e che Rinaldo e\ sbandito da Carlo, si diparti\ sanza piu\ stare a tedio: a Montalban se n' andava avvisarlo che consigliato s' era porgli assedio ed accordati poi di sbandeggiarlo, e cio\ ch' aveva detto a Carlo Mano per suo consiglio il traditor di Gano. Rinaldo mille volte giuro\ a Dio che ne fara\ vendetta qualche volta di questo fraudolente, iniquo e rio, se prima non gli fia la vita tolta; e poi diceva: #_ Caro cugin mio, so che tu m' ami, e pertanto m' ascolta: io vo' che tutto il paese rubiamo e che di mascalzon vita tegnamo; e se san Pier trovassimo a camino, che sia spogliato e messo a fil di spada; e Ricciardetto ancor sia malandrino $_. Rispose Astolfo: #_ Perche/ stiamo a bada? Io spogliero\ Otton per un quattrino. Doman si vuol che s' assalti la strada: non si rispiarmi parente o compagno e poi si parta il bottino e 'l guadagno: se vi passassi con sua compagnia sant' Orsola con l' agnol Gabri%ello ch' annunzi%o\ la Virgine Maria, che sia spogliato e toltogli il mantello! $_. Dicea Rinaldo: #_ Per la fede mia, che Dio ti ci ha mandato, car fratello: troppo mi piaci, e savio or ti conosco. Parmi mill' anni che non sia\n nel bosco $_. Quivi era Malagigi e confermava che si dovessi far com' egli ha detto. Rinaldo gente strana ragunava; se sa sbandito ignun, gli da\ ricetto; gente che ognun le forche meritava, a Montalban rimetteva in assetto, donava panni e facea buone spese; tanto ch' assai ne raguno\ in un mese. Tutto il paese teneva in paura; ogni di\ si sentia qualche spavento: #_ Il tal fu morto in una selva scura e tolto venti bisanti; al tal cento insin presso a Parigi in sulle mura $_. Non domandar se Gano era contento, accio\ che Carlo piu\ s' inanimassi, tanto che a campo a Montalbano andassi. E perche/ piu\ s' accendessi Rinaldo, diceva a Carlo un di\: #_ La corte nostra par tutta in ozio per questo ribaldo che co' ladroni alle strade si mostra. Io sono in questo proposito saldo, che si vorrebbe ordinare una giostra per sollazzar la corte e 'l popol prima, e non mostrar far di Rinaldo stima $_. Carlo gli piacque quel che Gan dicea e {t} fe' {/t A; fe/ R} per tutto Parigi bandire come il tal di\ la giostra si facea, che chi volessi potessi venire. Tutta la corte piacer ne prendea. Gan, per potere ogni cosa fornire e per parere a cio\ di miglior voglia, in punto misse Grifon d' Altafoglia. Questo era della schiatta di Maganza. Orlando s' era di corte partito. Gan gli diceva: #_ O Grifon di possanza, poi che non c' e\ Rinaldo, ch' e\ sbandito, con tutti gli altri accettar de/i la danza, ch' Orlando non si sa dove sia ito $_. Grifon rispose al suo degno signore: #_ Io faro\ si\ ch' i' vi faro\ onore $_. Venne la giostra e 'l tempo diputato; ed ordino\ lo 'mperador, per segno d' onore a quel che l' ara\ meritato, un bel carbonchio molto ricco e degno che in un bel gambo d' oro era legato. Fuvvi gran gente di tutto il suo regno, e molta baronia viene alla giostra: Grifone il primo in sul campo si mostra. Rinaldo un giorno un suo falcon pascendo, ecco venire il fratel Malagigi, e come e' giunse diceva ridendo: #_ Non sai tu come e' si giostra a Parigi? Che tu vi vadi in ogni modo intendo, {t} isconosciuto {/t R; iscognosciuto A}, con istran vestigi, ed una barba d' erba porterai, che {t} conosciuto {/t R; cognosciuto A} da nessun sarai $_. Tutto s' accese Rinaldo nel core e missesi di {add} subito {/add; su\bito R A} in assetto di sopravveste, d' arme e corridore, e disse: #_ Io intendo menar Ricciardetto e d' Inghilterra il famoso signore. Alardo rimarra\ qui per rispetto $_. Missonsi in punto tutti, e l' altro giorno {t} isconosciuti {/t R; iscognosciuti A} a Parigi n' andorno. E solean questi sempre per antico dismontare alla casa di Gualtieri, ovver di don Simon, lor caro amico: a questa volta trovorno altro ostieri fuor di Parigi, ch' era assai mendico: quivi smontorno e missono i destrieri, per fuggire ogni tradimento reo; e l' oste appellato e\ Bartolomeo. E poi Rinaldo Ricciardetto manda in piazza per veder quel che facie/no. Ricciardo aveva a traverso una banda alla sua sopravvesta e al palafreno, e in certa parte una gentil grillanda di fior che quasi il petto gli coprie/no; di bianco drappo era la sopravvesta, a nessun mai piu\ non veduta questa; una grillanda aveva alla testiera ed una in su la groppa del cavallo, di varii fior come e\ di primavera; la coverta e\ di color tutto giallo. Vide la giostra che cominciata era, ne/ pote/ far non entrassi nel ballo; e 'l primo ch' egli scontra in terra ha spinto, e poi il secondo e 'l terzo e 'l quarto e 'l quinto. Poi si parti\ e tornava al fratello e disse cio\ che al campo aveva fatto. Rinaldo, ch' era armato come quello, e 'l duca Astolfo n' andaron di tratto; e tutto il popol si ferma a vedello, perche/ parea nell' armi molto adatto. Ulivieri era gia\ venuto al campo e con la lancia menava gran vampo. Rinaldo, come giunse, al suo Baiardo una fiancata de/tte cogli sproni; vennegli incontra il marchese gagliardo; non si conoscon questi due baroni; due colpi grandi, sanza alcun riguardo, a mezzo il corso de/ttonsi i campioni: le lance in aria pel colpo ne vanno, ma l' uno all' altro facea poco danno, salvo che ginocchion vanno i destrieri e nel cader l' elmetto si dilaccia al valoroso marchese Ulivieri, tanto che tutta scoperse la faccia. Videl Rinaldo e fece assai pensieri di dargli morte e fuggir via poi in caccia; pur si ritenne per miglior partito. Ulivier si rizzo\ tutto smarrito. Allor Rinaldo un' altra lancia prese e rivoltossi col cavallo a tondo; vide venire un certo Maganzese che si chiamava per nome Frasmondo: sopra lo scudo la lancia giu\ scese, gittalo in terra, e poi gitto\ il secondo, cioe\ Grifon, ch' avea molta possanza, ch' era mandato da Gan di Maganza. Quivi combatte il signor d' Inghilterra, ed or questo or quell' altro manda al piano: molti n' aveva cacciati per terra. Rinaldo guarda se {t} conosce {/t R; cognosce A} Gano: videlo un tratto e Baiardo disserra, e come e' giunse al traditor villano, per fargli il giuoco, se poteva, netto, gli pose alla visiera dell' elmetto. Gan si scontorse tutto in su l' arcione, la lancia si spezzo\ subitamente e 'l suo forte destrier Mattafellone s' accoscio\ in terra, se Turpin non mente. E come e' fu caduto Ganellone, {add} subito {/add; su\bito R A} intorno gli fu molta gente de' Maganzesi e corsono aiutallo e rilevato fu {add} su {/add; su\ R A} col cavallo. Quanti ne scontra Rinaldo quel giorno, tanti per terra par che ne trabocchi. Alda la bella al cavaliere adorno sempre teneva quel di\ fiso gli occhi; e quanti cavalier con lui giostrorno, parvon le lance gambi di finocchi; tanto che molto piacque a Gallerana, ch' era con Alda e con {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A}. Fatta la giostra, fu dato l' onore al buon Rinaldo, che lo meritava. Alda la bella al baron di valore un ricco di%amante poi donava, dicendo: #_ Questo porta per mio amore $_; e Gallerana un rubin suo gli dava, tanto lor parve un cavalier possente. Rinaldo gli accetto\ cortesemente. Tornossi all' oste di fuor della terra Rinaldo con Astolfo e col fratello. Gan, perche/ avuta vergogna avea in guerra, vituperato, drento al suo cor {t} fello {/t A; fe\llo R} penso\ di far con sua gente tal serra al paladin, ch' egli uccidessi quello, accio\ che tanti cavalier prestanti d' aver vinti quel giorno non si vanti. {add} Subito {/add; Su\bito R A} fuor di Parigi son corsi, e giunti all' oste, Rinaldo trovaro, e cominciorno co' graffi e co' morsi a volerlo atterrar sanza riparo: cosi\ con esso a battaglia appiccorsi, tanto ch' Astolfo per forza pigliaro; e con fatica Rinaldo e\ fuggito con Ricciardetto, che l' {t} avie {/t R; avea A} seguito. Gan fece ' Astolfo l' elmetto cavare con intenzion di dargli poi la morte, ma saper prima ben d' ogni suo affare e del compagno suo, ch' e\ tanto forte. Come il conobbe, comincio\ a parlare: #_ Tu se' quel traditor che nostra corte vituperasti sempre e Carlo Mano, e malandrin se' fatto a {t} Montalbano! {/t R; Montalbano? A} I tuoi peccati t' hanno pur condotto dove tu merti, se tu guardi bene alla tua vita, e pagherai lo scotto di quel che hai fatto, con affanni e pene $_. Astolfo per dolor non facea motto. Gan di Maganza a Parigi ne viene, e giunto a Carlo, tutto in volto lieto, gli de/tte Astolfo in sua man di segreto. Questo facea perche/ non abbi aiuto, ne/ per la via scoperto l' ha a persona, accio\ che non sia tolto o {t} conosciuto {/t R; cognosciuto A}; e dice: #_ O Carlo Mano, alta corona, {t} fa\llo {/t R; fallo A} impiccar, che/ tu farai il dovuto: alla sua vita mai {t} fe' {/t A; fe/ R} cosa buona; se tu ragguardi nel tempo passato, per mille vie le forche ha meritato $_. Carlo lo fece mettere in prigione per ordinar di farne aspra giustizia. Mentre che questo ordinava Carlone e Gan tutto era acceso di letizia, Rinaldo, ch' era {t} pieno {/t R; pien A} di {t} passione {/t R; passi%one A}, sentia d' Astolfo al cor molta tristizia e pensa pur come e' possa aiutarlo, che/ dicea: #_ Carlo Man fara\ impiccarlo $_. Orlando appunto a Montalban giugnea, quale era stato per molti paesi e rivedere il suo cugin volea; e Ricciardetto e lui truova sospesi. Rinaldo poi d' Astolfo gli dicea: or questo par ch' al conte molto pesi, che in Agrismonte stato era di Buovo e non sapea di questo caso nuovo; ed accordossi con Rinaldo insieme, che non gli fia la vita perdonata; e Malagigi ha perduta ogni speme, pero\ che Carlo un' ostia consecrata gli ha messo addosso, che/ dell' arte teme di Malagigi; e la prigion guardata in modo avea, che non si puo\ aiutare, ne/ con ingegni o spirti liberare. Diceva Orlando: #_ Io per me son disposto insieme con Astolfo ire a morire $_. Disse Rinaldo: #_ Ed io. Faccia\n pur tosto, pero\ che non e\ tempo da dormire $_. Come il sol fu nell' occea\n nascosto, {add} subito {/add; su\bito R A} l' arme si fecion guernire, e Ricciardetto con seco menorno, e cavalca^r la notte insino al giorno. La mattina per tempo capitati furon fuor delle porte di Parigi, e non si sono a gnun manifestati, ma stettonsi nascosi in San Dionigi; e certi vi%andanti son passati: Orlando drieto mando\ lor Terigi a domandar se novelle {t} sapie/no {/t R; sapieno A} di corte e quel che i paladin {t} facie/no. {/t R; facieno A} Fugli risposto: #_ Ni%ente sappia\no, se non ch' egli e\ certo mormoramento ch' un de' baroni impicca Carlo Mano questa mattina per suo mancamento: le forche qua su la strada veggia\no. Altre novelle non sentimo drento $_. Terigi presto ritornava al conte e di Parigi le novelle ha conte. Disse Rinaldo: #_ E' fa pur daddovero. Ben debbe godere or quel traditore! $_. Diceva Orlando: #_ E' fallera\ il pensiero, se tu mi segui, cugin, di buon core $_. Disse Rinaldo: #_ Morir teco spero, e 'l primo uccider Carlo imperadore, prima ch' Astolfo, come Gano agogna, vegga morir con tanta sua vergogna. Io trarro\ a Gano il cuor prima del petto ch' i' sofferi veder mai tanto duolo. Cosi\ la fede, Orlando, ti prometto: io verro\ teco in mezzo dello stuolo, cosi\ sbandito, sanza alcun sospetto, s' io vi dovessi morto restar solo $_. E cosi\ insieme congiurati sono di mettersi alla morte in abbandono. E stanno alla veletta per vedere qualunque uscissi fuor della cittade; cosi\ Terigi, ch' era lo scudiere, aveva gli occhi per tutte le strade; ognuno in punto teneva il destriere, ognun guardava come il brando rade. Diceva Orlando a Terigi: #_ Sarrai sul campanile, e cenno ci farai. Ma fa che bene in ogni parte guardi, accio\ che error per nulla non pigliassi; se tu vedessi apparire stendardi o che alle forche nessun s' accostassi, {add} subito {/add; su\bito R A} il di'; che/ noi non fussin tardi, che 'l manigoldo intanto lo 'mpiccassi. Ma, a mio parer, sanza dimostrazione s' ingegnera\ mandarlo Ganellone $_. Gan la mattina per tempo e\ levato e cio\ che fa di bisogno ordinava; insino al manigoldo ha ritrovato; non domandar come e' sollecitava. I paladini, ognun molto ha pregato; ma Carlo chi lo priega minacciava, perch' ostinato era farlo morire; tanto che pochi volean contraddire. Avea molto pregato l' amirante che con Ermini%on si fe' cristiano: questo era quel famoso {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R} che prese Astolfo presso a Montalbano; {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} pregava e Morgante; ma tutto il lor pregare era alfin vano. Gan da Pontieri in sulla sala e\ giunto, dicendo a Carlo: #_ Ogni cosa e\ gia\ in punto $_. E taglia a chi pregava le parole, dicendo: #_ O imperador, sanza giustizia ogni citta\ le barbe scuopre al sole; per non punire i tristi e lor malizia, vedi che Troia e Roma se ne duole, e sanz' essa ogni regno precipizia: la tua sentenzia debbe avere effetto, e non mutar quel ch' una volta hai detto $_. Carlo rispose: #_ Gan, sia tua tal cura: fa che la giustizia abbi suo dovere: quel che bisogna, a tutto ben procura $_. Gan gli rispose: #_ E' fia fatto, imperiere; di questo sta colla mente sicura. S' Astolfo prima volessi vedere ch' io il meni via, il trarro\ di prigione per isfogarti a tua consolazione $_. Rispose Carlo: #_ Fatelo venire $_. Astolfo innanzi a Carlo fu menato. Carlo comincia iratamente a dire, poi ch' a' suoi pie\ se gli fu inginocchiato: #_ Come ha' tu avuto, Astolfo, tanto ardire con quel ribaldo tristo scelerato venire a corte e gia\ circa a tre mesi mettere in preda tutti i miei paesi? Perch' io avevo Rinaldo sbandito, quand' io pensai tu mi fussi fedele, a Montalban con lui ti se' fuggito e fatto un uom micidiale e crudele. Del tuo peccato e\ tempo sia punito, e dopo il dolce poi si gusta il fiele. Della tua morte e di tue opre ladre non me ne incresce, ma sol del tuo padre $_. Otton fuor di Parigi doloroso s' era fuggito, per non veder solo, afflitto vecchio misero angoscioso, morir si\ tristamente il suo figliuolo. Astolfo allor col viso lacrimoso rispose con sospiri e con gran duolo, e disse umilemente: #_ O imperadore, io mi t' accuso e chiamo peccatore. Io non posso negar che la Corona non abbi offesa assai col mio cugino; ma se per te mai cosa giusta o buona ho fatto mentre io fui tuo paladino per lunghi tempi, Carlo, or mi perdona per quel Gesu\ che perdono\ a Lungino, pel padre mio, tuo servo e caro amico, se mai piaciuto t' e\ pel tempo antico, pel tuo caro nipote e degno conte, per quel ch' io feci gia\ teco in Ispagna, s' io meritai mai nulla in Aspramonte, per la corona tua famosa e magna. E pur se morir debbo con tante onte, quel traditor, ch' e\ pien d' ogni magagna piu\ ch' altro Giuda o che Sinon di Troia, per le sue man non consentir ch' i' muoia $_. Carlo diceva: #_ Questo a che t' importa? $_. Gan da Pontier gli volse dar col guanto, ma 'l duca Namo di cio\ lo sconforta. Astolfo fu da' Maganzesi intanto preso e menato inverso della porta, e tutto il popol ne facea gran pianto. Uggier piu\ volte fu tentato {add} scio^rre {/add; scio\rre R A} Astolfo e a Ganellon la vita {add} to^rre {/add; to\rre R A}; ma poi di contrapporsi a Carlo teme e non penso\ che {t} ri%uscissi {/t A; riuscissi R} netto: i Maganzesi son ristretti insieme, perche/ de' paladini avean sospetto, e d' ogni parte molta gente preme. Quel traditor di Gan per piu\ dispetto come un ladrone Astolfo svergognava, e 'l manigoldo pur sollecitava. Avea pregato Namo e Salamone lo imperador, che dovessi lasciarlo; Avolio, Avino, Gualtier da Mulione e Berlinghier si sforza di camparlo, dicendo: #_ Abbi pieta\ del vecchio Ottone, che tanto tempo t' ha servito, Carlo $_. Tutta la corte per Astolfo priega, ma Carlo a tutti questa grazia niega. E finalmente a Gan fu consegnato che/ facci che far de/e di sua persona. Gan sopra un carro l' aveva legato e 'n testa gli avea messa una corona per traditore e 'l giubbon di broccato; e gran romor per Parigi risuona; ed un capresto d' oro gli avvolgea: or questo e\ quel ch' ' Astolfo assai dolea. {t} Fe' {/t A; Fe/ R} per Parigi la cerca maggiore, le trombe innanzi e stendardi e bandiere, minacciando e chiamandol rubatore. Ma nondimen del signor del quartiere e di Rinaldo temea il traditore e tuttavolta gliel parea vedere. Terigi presto del fatto s' accorse: al conte tosto ed a Rinaldo corse. Orlando sopra Vegliantin s' assetta; Rinaldo sta, come suole il falcone uscito del cappello, alla veletta. Ma per aver piu\ salvo Ganellone, che si scostassi di Parigi aspetta, tanto che fussi giunto allo scaglione, dicendo: #_ Quanto piu\ si scosta Gano, tanto piu\ salvo poi l' aremo in mano. Lascia\gli pure alle forche venire, che/ se noi gli assaltassin cosi\ tosto, nella citta\ potrebbon rifuggire: io vo' che 'l traditor tarpian discosto. Astolfo in modo alcun non de/e morire: noi giugneren piu\ a tempo che l' arrosto. Forse verra\ a veder lo imperadore, e vo' colle mie man cavargli il cuore. I Maganzesi so che sgomberranno, come vedranno scoperto il quartieri o 'l {t} li%one {/t A; lione R} sbarrato mireranno $_. Cosi\ si furno accordati i guerrieri e come i can cogli orecchi alti stanno per assaltare o lepretta o cervieri. Gan traditor con molto oltraggio e pena Astolfo inverso le forche ne mena. Non potre' dire il signor d' Inghilterra come schernito sia da quella gente: per non vederla gli occhi spesso serra, e come agnello ne veni\a paziente, gia\ tanto tempo in corte stato e in guerra si\ degno paladin tanto eccellente, morti a' suoi di\ con le sue proprie mani, per salvar Carlo, migliaia di pagani. O Carlo imperador, quanto se' ingrato! Non sai tu quanto e\ in odio a Dio tal pecca? Non hai tu letto che per tal peccato la fonte di pieta\ {add} su {/add; su\ R A} in Ciel si secca? E con superbia insieme mescolato, caduto e\ d' Aquilon nella Giudecca con tutti i suoi saguaci gia\ Lucifero, tanto e\ questo peccato in se/ pestifero. Tu hai sentito pure che Scipione, sendo di senno vecchio e giovan d' anni, ' Anibal tolse ogni reputazione, di che tanta acquistata avea gia\ a Canni; furno i Romani ingrati alla ragione, onde seguiron poi si\ lunghi affanni. Questo peccato par che 'l mondo adugge, e finalmente ogni regno distrugge; questo peccato scaccia la giustizia, sanza la qual non puo\ durare il mondo; questo peccato e\ pien d' ogni malizia, questo peccato a gnun non e\ secondo; Gerusalem per questo precipizia; questo peccato ha messo Giuda al fondo; questo peccato tanto grida in Cielo, che ci perturba ogni sua grazia e zelo. Quel c' ha fatto per te gia\ il paladino credo tu 'l sappi, ma saper nol vuoi, mentre che fu tra 'l popol saracino; so che fra gli altri assai lodar quel suo\i. Non ti ricordi, figliuol di Pipino, de' {t} benifi\ci; {/t R; benefi\ci; A} e {add} pente/r {/add; pente\r R; penter A} non val poi. E pur se fatta ha cosa che sia atroce, del tuo Gesu\ rico\rdati gia\ in croce, che perdonava al popol che l' offende, {t} raccomanda\lo {/t R; raccomandalo A} al Padre umilemente. Astolfo in colpa ginocchion si rende e chiede a te perdon pietosamente; e pur se 'l giusto priego non t' accende, di grazia ti domanda finalmente che per le man di Gan non vuol morire, e tu nol vuoi di questo anco essaudire. E non sai ben che se quel guida a morte Astolfo, cosi\ guida te, Carlone, e' tuoi baroni e tutta la tua corte? Fa che tu creda sempre a Ganellone: ben ti conducera\ fuor delle porte, quando fia tempo, ancor questo fellone. E pel consiglio suo ti fai crudele e 'ngrato contro al servo tuo {t} fedele? {/t R; fedele. A} Astolfo poi che si vide condotto presso alle forche e gnun per se/ non vede, un pianto comincio\ molto dirotto quando in sul primo scaglion pose il piede e' Maganzesi il sospignean di sotto; e disse: #_ O Dio, e\ spenta ogni merzede? Non e\ pieta\ nel mondo piu\ ne/ in Cielo, pe' tuoi fedel che credon nel Vangelo? S' io ho tre mesi assaltata la strada per disperato e pien di giusto sdegno, consenti tu ch' {t} a le {/t R; alle A} forche ne vada? Io ho tanto assaltato il pagan regno e tanti per te morti colla spada, che di misericordia ero pur degno. Come un ladron m' impicca Carlo Mano, e per piu\ ingiuria il manigoldo e\ Gano, quel che t' ha fatti mille tradimenti e mille e mille e mille alla sua vita, e tanti ha gia\ de' tuoi cristiani spenti! Ove e\ la tua pieta\, s' ella e\ infinita? A questo modo ch' io muoia or consenti? Per la tua {t} dei%ta\, {/t A; deita\, R} ch' e\ in Ciel gradita, per la tua santa e glori%osa Madre, abbi pieta\ del mio misero padre; se per me stesso non l' ho meritato, per le sue opre degne e giuste e sante. Ma tu sai pur se pel tempo passato combattuto ho nel Ponente e Levante; tal ch' io pensavo d' avere acquistato altra corona o carro tri%unfante, altri stendardi di piu\ gloria e fama: or col capresto Gan ladron mi chiama $_. Avino era venuto per vedere quel che veder non vorrebbe per certo; ma 'l grande amor lo sforza e piu\ tenere non pote/ il pianto, tanto avea sofferto. Guardava Astolfo contro a suo volere le forche in alto, e 'l camin gli pare erto, e quanto puo\ di non salir s' attiene, che/ di morir non s' accordava bene. I Maganzesi gli sputan nel viso, come {t} faci\eno {/t R; facieno A} a Cristo i farisei. Diceva alcun con iscorno e con riso: #_ Or {add} fi\en {/add; fien R A} puniti i tuoi peccati rei. Rico\rdati di me {add} su {/add; su\ R A} in Paradiso! $_. Altri dicea, come ferno i Giudei, mentre ch' ognun quanto puo\ lo percuote: #_ Dimmi, s' tu sai, chi ti batte le gote! Tu 'l doverresti saper, paladino, tu doverresti conoscer la mano, se se' profeta, astrolago o indovino. Che guati tu? del {t} sanator {/t R; senator A} romano? o che ti scampi il figliuol di Pipino? Ch' aspetti tu? il signor di Montalbano? E' verra\ a te quando a' Giudei Messia; ed anco Cristo chiamo\ in croce Elia $_. Era a vedere Astolfo cosa oscura; e 'l manigoldo tirava il capresto, dicendo: #_ Vien {add} su {/add; su\ R A} con buona ventura $_; e 'l traditor di Gan dicea: #_ Fa presto $_. Astolfo avea della morte paura, perch' ha diciotto in volta e vanne il resto; e tuttavia di soccorso pur guarda, e quanto piu\ potea di salir tarda. Con le ginocchia alla scala s' appicca e 'l manigoldo gli dava una scossa; chi qualche dardo alle gambe gli ficca, ma sosteneva in pace ogni percossa: malvolentier dagli scaglion si spicca e cigolar si sentian prima l' ossa: pur per la forza di sopra e di sotto sopra il terzo scaglion l' avean condotto. Diceva Gano: #_ Alla barba l' arai; tira pur {add} su {/add; su\ R A}, ribaldo traditore, che piu\ le strade non assalterai $_. Or questo e\ quel ch' ' Astolfo passa il cuore, e dicea: #_ Traditor non fu' gia\ mai; ma tu se' traditore e rubatore, e quel che tu fai a me, meriti tue: ma contro al mio distin non posso piu\e. Io non posso pensar come il terreno non s' apre e non iscura sole e luna, poi ch' a te, traditor d' inganni pieno, m' ha dato cosi\ in preda la fortuna. O crocifisso giusto Nazareno, non e\ nel Ciel per me difesa alcuna? Questa e\ pur cosa dispietata e cruda, da poi che traditor mi chiama Giuda. Dove e\ la tua giustizia, Signor mio? Non e\ per me persona che risponda? Che questo traditor malvagio e rio m' uccida e con parole mi confonda, nol sofferir, benigno etterno Iddio! $_. E tanto sdegno nel suo core abbonda, che con quel poco vigor che gli resta si percotea nella scala la testa. Ma il manigoldo tuttavia punzecchia ed or col piede or col pugno lo picchia quando nel volto e quando nell' orecchia; e pure Astolfo meschin si rannicchia e tuttavolta co' pie' s' apparecchia di rappiccarsi a scaglione o cavicchia: ma con le grida la gente l' assorda e 'l manigoldo scoteva la corda, alcuna volta la gola gli serra: non domandar s' egli era un nuovo Giobbe. Un tratto gli occhi abbassava alla terra, ed Avin suo fra la gente conobbe: or questo e\ quel dolor che 'l cor gli afferra; fece le spalle pel gran duol piu\ gobbe; raccomando\gli sopra ogn' altra cosa il vecchio padre e la sua cara sposa. Talvolta gli occhi volgeva a Parigi, quando guardava inverso Montalbano: non sa che 'l suo soccorso e\ in San Dionigi. Diceva allor, per dileggiarlo, Gano: #_ Che guardi tu? se ne vien Malagigi? E' fia qui tosto, egli e\ poco lontano (perche/ con meco, Astolfo, cosi\ adiriti?), che liberar ti fara\ da' suoi spiriti $_. E nondimeno un' ostia, com' io dissi, gli avea cucito di sua mano addosso nella prigion, che/ caso non venissi che Malagigi l' avessi riscosso, accio\ che in ogni modo quel morissi. Diceva Astolfo: #_ Ome\! che piu\ non posso risponder, traditor, quel che tu meriti de' tuoi peccati pe' tempi preteriti! $_. Gan lo schernia di nuovo con parole e pure al manigoldo raccennava e 'l manigoldo tira come suole. Astolfo a poco a poco s' {t} avvi%ava, {/t A; avviava, R} pero\ che solo un tratto morir vuole, e cosi\ finalmente s' accordava. E' Maganzesi pur gridan dintorno e sbuffan beffe con ischerno e scorno. Orlando in questo Astolfo in alto vide, e disse: #_ Tempo non e\ da star saldo: non senti tu quel tumulto e le gride? $_; e 'l simigliante diceva Rinaldo: #_ Io veggo il manigoldo che l' uccide e gia\ il capresto gli acconcia, il ribaldo: non {add} aspettian {/add; aspettia\n R A} che gli facci piu\ ingiuria $_. Cosi\ di San Dionigi escono a furia. Rinaldo punse in su' fianchi Baiardo, che non si vide mai saltar cervietto ch' a petto a questo non paressi tardo; cosi\ faceva Orlando e Ricciardetto; non e\ {t} li%on {/t A; lion R} si\ presto o {t} li%opardo {/t A; liopardo R}; Terigi drieto seguiva, il valletto. Rinaldo scuopre il {t} li%one {/t A; lione R} sbarrato, Orlando il segno ha del quartier mostrato. Astolfo pure ancora stava attento come chi spera insino a morte aiuto: vide costor che venien come un vento, non come strale o come uccel pennuto: furno in un tratto i lupi tra l' armento, che quasi ignun non se n' era avveduto; ma poi ch' Orlando e Rinaldo conosce, fu posto fine a tutte le sue angosce. E' pare/n proprio un nugol di polvere; giunse in un tratto la folgore e 'l tuono. Il manigoldo si facea gia\ assolvere al duca Astolfo e chiedeva perdono, che/ gli volea poi dar l' ultimo asciolvere; e messo avea la vita in abbandono e domandava di grazia in che modo far gli dovessi, che corressi, il nodo. Guarda fortuna in quanta estremitate condotto avea col capresto alla gola il paladin di tanta dignitate, che non facea di morir piu\ parola! Avea mille vittorie gia\ acquistate, e domandava ora una cosa sola: che 'l manigoldo acconciassi il capresto per modo che corressi il nodo presto. Giunto che fu tra' Maganzesi Orlando, #_ Ah, popol traditor! $_, gridava forte; e misse mano a Durlindana, il brando. Rinaldo grida: #_ Alla morte, alla morte! $_, e poi si venne alle forche accostando; trasse Frusberta e legami e ritorte taglio\ in un colpo, e le forche e la scala ed ogni cosa in un tratto giu\ cala. Mai non si vide un colpo come quello, tanto fu l' ira, la rabbia e 'l furore. Astolfo cadde leggier come uccello, tanto in un tratto riprese vigore. Il manigoldo si spezza il cervello; Gan da Pontier fuggiva, il traditore; Avin, che 'l vide, drieto a lui cavalca; ma non potieno uscir fuor della calca. Orlando e\ in mezzo di que' di Maganza e mena colpi di drieto e davante con Durlindana e faceva l' usanza: quanti ne giugne, al Ciel volgon le piante. E Ricciardetto, c' ha molta possanza, molti n' uccide col brando pesante. Come un leon famelico ognun rugge: Gan da Pontier verso Parigi fugge. E' si vedea in un tratto sbaragliare i Maganzesi e fuggir per paura chi qua, chi la\, {t} per {/t R; pur A} che possa scampare. Trasse Rinaldo un colpo per ventura; un Maganzese morto {t} fe' {/t A; fe/ R} cascare, e tolsegli il cavallo e l' armadura e rassettava Astolfo d' Inghilterra; e corron tutti poi verso la terra. E' Maganzesi innanzi si cacciavano come il lupo suol far le pecorelle, e questo e quello e quell' altro tagliavano e braccia in terra balzano e cervelle; fino alle mura i colpi raddoppiavano, cacciando i brandi giu\ per le mascelle; altri ave/n fe/ssi insin sopra gli arcioni, chi insino al petto e chi insino a' talloni. Astolfo, poi ch' a caval fu montato, tra' Maganzesi a gran furor si getta, gridando: #_ Popol crudo e rinnegato, gente bestiale, iniqua e maladetta, io ti gastighero\ del tuo peccato! $_; e con la spada facea gran vendetta e molta avea di quella turba morta, prima ch' entrati sien drento alla porta. Ricciardetto era a Ganellone a' fianchi e col caval lo seguia a tutta briglia: dunque convien che 'l traditore arranchi, perche/ da lui non levava le ciglia. Giunti in Parigi i baron degni e franchi, {add} subito {/add; su\bito R A} tutto il popol si scompiglia; e come e' fu saputo tal novella, {add} subito {/add; su\bito R A} i paladin montorno in sella. Carlo, sentendo come il fatto era ito, e che in Parigi era Rinaldo e 'l conte e come Astolfo e\ di sua man fuggito, con ambo man si percosse la fronte: esser gli parve a si\ tristo partito, che si fuggi\ per non veder sue onte, e la corona si trasse di testa e 'ndosso si straccio\ la real vesta. Era Rinaldo gia\ in piazza venuto col conte Orlando, e sollevato tutto il popol, che d' Astolfo gli e\ incresciuto e {t} disi%ava {/t A; disiava R} Carlo sia distrutto, da poi ch' a Gano avea sempre creduto e seguitato n' era amaro frutto. Preso la piazza, al palagio corrieno, la\ dove Carlo Man pigliar credieno. Dicea Rinaldo: #_ Ignun non mi dia impaccio! Io intendo a Carlo far quel ch' e\ dovere. Come vedete ch' io le man gli caccio addosso, ognun da parte stia a vedere. La prima cosa, il vo' pigliar pel braccio e levarlo di sedia da sedere, poi la corona di testa cavargli e tutto il capo e la barba pelargli, e mettergli una mitera a bendoni e 'n sul carro d' Astolfo farlo andare per tutta la citta\ come i ladroni, e farlo tanto a Gano scorreggiare, che sia segnato dal capo a' talloni; e l' uno e l' altro poi fare squartare, ribaldo vecchio, rimbambito e pazzo! $_. Cosi\ con gran furor corse al palazzo. Carlo la sala aveva sgomberata, perche/ e' conosce Rinaldo assai bene. Vide Rinaldo la sedia votata; {add} subito {/add; su\bito R A} fuor del palazzo ne viene e per Parigi fece la cercata, e minacciava che chi Carlo tiene nascoso o sa dove e' si sia fuggito, gliel manifesti: se non, fia punito. Carlo a casa d' Orlando per paura s' era fuggito, inteso la novella come Rinaldo drento era alle mura; e nascoso l' avea Alda la bella, che 'l di\ venuta v' era per ventura; e triema tuttavia questa donzella : che non vi corra il popol a furore e che sia morto il vecchio imperadore. Gan si fuggiva innanzi a Ricciardetto; ma poi che piu\ fuggir non puo\ il fellone e gia\ Rinaldo si vedeva appetto, al conte Orlando si de/tte prigione. E 'l conte Orlando rispose: #_ Io t' accetto per far di te quel che vorra\ ragione $_. Diceva Gano: #_ Io mi ti raccomando che tu mi salvi almen la vita, Orlando $_. Come e' fu preso il traditor ribaldo, ognun gridava: #_ Fagli quel che merta! $_. Non si potea rattemperar Rinaldo, che lo voleva straziar con Frusberta, e come il veltro non istava saldo quando la lepre ha veduta scoperta. Diceva Orlando: #_ Aspetta d' aver Carlo, ch' io vo' in sul carro con esso mandarlo $_. Per tutta la citta\ tutto quel giorno cercato fu di Carlo; e finalmente, non si trovando, al palagio n' andorno; e 'l conte Orlando e\ in suo luogotenente. Alda la bella col suo viso adorno la notte se n' ando\ celatamente, ed ogni cosa diceva al suo sposo, com' ella avea lo 'mperador nascoso. Orlando disse: #_ Fa che tu lo tenga celato tanto che passi il furore, e fa che in modo nessun non avvenga che nulla manchi al nostro imperadore, accio\ che ignun disagio non sostenga, ch' egli e\ pur vecchio, e mio padre e signore $_; cosi\ diceva e fa che sia segreto. Vedi s' Orlando nostro era discreto! E' gl' increscea di Carlo quanto puote, e di Rinaldo dubitava forte, e per pieta\ ne bagnava le gote, che non gli dessi alla fine la morte, perch' era vecchio, e lui pur suo nipote, e sa che guasta sarebbe la corte. Cosi\ furno alcun giorno dimorati, e' Maganzesi morti e chi scacciati. Rinaldo pure Orlando ritoccava che si dovessi con ogni supplicio uccider Gan, che/ cosi\ meritava, e che dovessi a lui dar questo uficio. Astolfo d' altra parte il domandava di grazia, in luogo di gran {t} benificio, {/t R; beneficio, A} che/ di sue ingiurie far volea vendetta. Orlando rispondea che Carlo aspetta e che farebbe si\ crudel giustizia di lor, ch' ognun ne sarebbe contento. Gan nel suo core avea molta tristizia e dubitava di molto tormento, come colui ch' e\ pien d' assai malizia. Orlando, ch' era savio a compimento e di Rinaldo conoscea l' omore, lasciava pur raffreddarlo nel core. Dopo alcun giorno, quando tempo fue, gli comincio\, cosi\ parlando, a dire: #_ Di Carlo, omai, dimmi, che credi tue? Per disperato dovette morire; ucciso si sara\ colle man sue; fuor di Parigi non si vide uscire. E quel che piu\ mi da\ perturbazione, e\ che stanotte il vidi in visi%one. E' mi pareva a vederlo nel volto che fussi tutto afflitto e doloroso, di quel color ch' e\ l' uom quando e\ sepolto, la barba e 'l petto tutto sanguinoso e tutto il capo arruffato e ravvolto; e con un atto molto disdegnoso mi guardassi nel viso a mano a mano un crucifisso ch' egli aveva in mano, dond' io n' ho tutto questo giorno pianto; che, come desto fu', dispari\ via; ed io temendo mi levai, e 'ntanto feci priego alla Vergine Maria, al Padre, al Figlio, allo Spirito santo, che 'nterpetrar dovessi quel che sia; e parmi aver nella mente compreso che Carlo e\ morto e Cristo abbiamo offeso. Non si dovea pero\ volerlo morto, pero\ che pur tenuta ha la corona gia\ tanto tempo, e pur si vede scorto quanto Iddio amassi la sua stirpe buona, che/ dal Ciel lo stendardo gli fu {add} po\rto, {/add; po/rto, R; porto, A} che non fu dato al mondo mai a persona. Temo ch' offeso non abbiam Gesu\e, pe' suoi gran merti e per le sue virtu\e. E credo che sarebbe utile ancora che si mettessi per Parigi un bando, che chi sapessi ove Carlo dimora, o vivo o morto, lo venga insegnando; e come giusto imperador s' onora, che si venissi il sepulcro ordinando; pero\ che 'l Ciel, se ha conceputo sdegno della sua morte, mosterra\ gran segno $_. Quando Rinaldo le parole intende, subitamente nel volto cambiossi, e di tal caso se/ molto riprende, dicendo: #_ Io non pensai che cosi\ fossi $_. E nel suo cor tanta pieta\ s' accende, che gli occhi gia\ son lacrimosi e rossi; e disse: #_ Orlando, quel che detto m' hai mi pesa troppo, e {t} dolgomene {/t A; do\lgomene R} assai: ma non credetti gia\ che tanto male di questo caso seguitar dovessi; ma dopo il fatto il {add} pente/r {/add; pente\r R; penter A} poi non vale. A me par verisimil s' uccidessi, perche/ pur sendo di stirpe reale, ara\ voluto uccidersi lui stessi piu\ tosto ch' altri vi ponessi mano, come d' Anibal sai che letto abbia\no. Mandisi il bando, al mio parere, e tosto, {t} che/ {/t R; che A} lo riveli sanza alcun sospetto chi l' ha tenuto o tenessi nascosto; pero\ che di dolor mi s' apre il petto e d' onorarlo, per Dio, son disposto, siccome imperador magno e perfetto; e sempre piagnero\ questo peccato, e vo' al Sepulcro andar, come e\ trovato. E dico ch' a voler bene onorallo e' si raguni tutto il concestoro, e che si facci {add} subito {/add; su\bito R A} scultallo, non di marmo o di bronzo, anzi sia d' oro, con la corona sopra un gran cavallo, come ferno i Roman d' alcun di loro, e lettere scolpite etterne e salde della sua gloria e fama e pregio e lalde, e come il Ciel gia\ mandassi il vessillo, ch' e\ stato in terra assai piu\ avventurato che quel ch' a Roma riporto\ {t} Cammillo {/t R; Camillo, A} allor che 'l Campidoglio era occupato $_. Orlando, come savio, alquanto udillo; poi prestamente il bando ebbe ordinato. E come e' fu per tutto andato il bando, Alda la bella ne venne a Orlando, e disse come Carlo in casa avea e come per dolor non parea vivo. Tutta la corte gran festa facea, perche/ credean di vita fussi privo; Rinaldo molto lieto si vedea, accusando se/ misero e cattivo; e fu menato a corte a grande onore e posto in sedia Carlo imperadore. Astolfo chiese a Carlo perdonanza, e Carlo perdonanza chiese a lui ed accusava il conte di Maganza, dicendo: #_ Consigliato da quel fui $_. Quivi alcun giorno si fece l' usanza: ognun si scolpa de' peccati sui, come nel dir seguente diro\ in versi. Guardivi il Ciel da tutti i casi avversi. O fonte di pieta\, fonte di grazia, madre de' peccator, nostra avvocata, di cui la mente mia mai non si sazia di dir quanto tu sia nel Ciel beata, tu redemisti nostra contumazia dal di\ che 'n terra fusti annunzi%ata; non mi lasciare, o Virgine di gloria, tanto ch' i' possi ordinar questa storia. Troppo sarebbe lungo a dire in rima di tanta gente appunto le parole, e d' ogni cosa far non si {t} de/' {/t R; de/e A} stima. Rinaldo il traditor Gan morto vuole, Carlo di grazia l' avea chiesto prima, della qual cosa il popol se ne duole: pur lo lascia^r con questa condizione, che mai piu\ in corte non istia il fellone. Rinaldo mal contento si ritorna a Montalban con Ricciardetto insieme. Ma 'l traditor di Gan, che non soggiorna e sempre inganni della mente preme, comincio\ presto a ritrar fuor le corna: perche/ Rinaldo non v' era, non teme; e Carlo l' ha salvato dalla morte ed or cacciare nol sapea di corte. E comincio\ di nuovo a far pensiero che Carlo gli credessi al modo antico, per distruggere alfin tutto il suo impero; e Carlo ritornato e\ gia\ suo amico e cio\ ch' e\ bianco gli pareva nero. Diceva Gano: #_ Intendi com' io dico. Se viver non vuoi sempre con vergogna, Rinaldo al tutto spegner ti bisogna $_. Carlo diceva: #_ Alla fine io la lodo, perche/ tu vedi ben quel che m' ha fatto; ma non ci veggo ancor la via ne/ 'l modo e molte cose con meco combatto $_. Diceva il traditor pien d' ogni frodo: #_ Io credo satisfarti a questo tratto. Come scacciato da te, me n' andro\e a Montalbano e secreto staro\e; e manderotti lettere poi scritte, che parra\ che sien fatte nella Mecche; diro\ che le mie gente sieno afflitte e che punite omai sien tante pecche e molte altre parole a te diritte: ch' io vo' tornare a dir salamalecche, {it} peccavi Domine, miserere mei {/it}, delle mie colpe e de' processi miei. Tu mosterrai le lettere palese: Rinaldo crederra\ ch' io sia lontano e ch' io non torni piu\ in questo paese. Un di\ ch' egli esca fuor di Montalbano, {add} subito {/add; su\bito R A} insieme saremo alle prese e so ch' io l' uccidro\ con la mia mano; e come morto fia, sai che 'l tuo regno sicuro e\ poi, e tu, imperator degno $_. A Carlo piacque alfin questo consiglio e fece vista Gan da se/ scacciare. Gan de/tte presto a' suoi arnesi di piglio: prima fingeva se/ raccomandare; Carlo mostrava con turbato ciglio che 'n corte piu\ non lo vuol raccettare e che cercando sua ventura vada e ritrovassi {add} subito {/add; su\bito R A} la strada. Partissi il traditor celatamente e presso a Montalban fece un agguato, e scrisse a Carlo come la sua gente e lui in Pagania era arrivato, e mostrava pregare umilemente che perdonar gli debba ogni peccato; e Carlo avea le lettere mandate a Montalbano e molto palesate. Rinaldo s' era un giorno dipartito per passar tempo con un suo falcone, e {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R} con lui era gito verso Agrismonte a lor consolazione; e Ricciardetto un di\ ne giva al lito del fiume ove nascoso e\ Ganellone in una valle ove e\ certo boschetto presso a quel fiume appie\ d' un bel poggetto. E mentre in qua e 'n la\ s' andava a spasso, Gan si penso\ che Rinaldo quel sia: usci\ del bosco con molto fracasso ed assaltollo con sua compagnia, tanto che preso rimaneva al passo. La notte inverso Parigi ne gi\a e de/tte Ricciardetto preso a Carlo, ed ordinorno presto d' impiccarlo. Orlando, poi che questo fatto ha inteso, molto pregato avea lo 'mperadore che non guardassi d' aver costui preso e non gli facci oltraggio o disonore. Carlo rispose, di grande ira acceso: #_ Io vo' impiccarlo come traditore, perche/ d' Astolfo impedi\ la giustizia, con esso insieme, per la sua nequizia $_. Diceva Orlando: #_ E' non e\ ancora spento il fuoco, Carlo, ch' arder potre' ancora. Se tu l' uccidi io non saro\ contento; Rinaldo ne verra\ sanza dimora. Vedi che Gan gia\ fatto ha tradimento, e sanza lui non puoi vivere un' ora $_. Carlo dicea: #_ Traditor non fu mai, e cio\ c' ha fatto e\ perche/ m' ama assai. E tu te l' hai recato in sulle corna, tu e Rinaldo, perch' egli e\ fedele e di\ ne/ notte gia\ mai non soggiorna di spegner chi contro a me fu crudele $_. Partissi Orlando, e, stato un poco, torna, e disse: #_ Io giuro alle sante Vangele che se tu uccidi, Carlo, il mio cugino, io ti faro\ della vita tapino $_; e trasse fuor la spada Durlindana e colla punta una croce {t} fe' {/t A; fe/ R} in terra e 'n su la croce poneva la mana e dipartissi ed usci\ della terra. Ma la regina savia Gallerana pregava insieme col sir d' Inghilterra e 'l duca Namo, Ulivieri e 'l Danese, ch' almen la morte gl' indugiassi un mese. Carlo le forche in sul fiume di Sena fece ordinare e cio\ che fa mestiero. Gan traditor grande allegrezza mena, perche/ e' penso\ {t} ri%uscissi {/t A; riuscissi R} il pensiero. Tutta la corte di sdegno era piena. Rinaldo e {t} Rui%natto {/t A; Ruinatto R}, il suo scudiero, intanto a Montalbano era tornato, e Ricciardetto suo non v' ha trovato; e scrisse ' Astolfo come il caso stava, che l' avvisassi e stessi proveduto, pero\ che molta gente ragunava per dare a Ricciardetto presto aiuto. Astolfo d' ogni cosa lo 'nformava, e come Carlo gli avea conceduto un mese tempo a mandarlo alla morte; ma duolsi sol ch' Orlando non e\ in corte. Or questo e\ quel ch' a Rinaldo dolea, che si fussi partito il conte Orlando che/ sanza lui di camparlo temea: pur la sua gente veniva assettando. E Gallerana, che gliene 'ncrescea, ogni di\ Carlo veniva pregando che Ricciardetto libero lasciassi accio\ che Orlando in corte ritornassi, e non tentassi tanto la fortuna e non credessi tanto al conte Gano; e se mai grazia far gli debba alcuna, che Ricciardetto gli dessi in sua mano; ma non poteva ancor per cosa ignuna rimuover dalla 'mpresa Carlo Mano. Rinaldo pur quel che seguissi aspetta, e tuttavia la sua brigata assetta. Era gia\ presso il giorno diputato, e Smeriglione e Vivian di Maganza come Carlo avea detto hanno ordinato; e Ganellone avea tanta arroganza, ch' ognun che priega e\ da lui minacciato: lo 'mperador gli avea dato baldanza, tanto che Namo per nulla non v' era e per isdegno n' era ito in Baviera; e Berlinghieri ed Ottone ed Avino s' eron partiti, Avolio e Salamone, e 'l figliuol del Danese, Baldovino, veggendo a Gano tanta presunzione. Ermini%on, che fu gia\ saracino, era con Carlo, pieno d' afflizione, e l' amico d' Astolfo, {t} Li%onfante {/t A; Lionfante R}, famoso e degno e gentile amirante; e\vvi Morgante con la damigella {t} Meredi%ana {/t R; Meridi%ana A} e col suo concestoro. Ognun di Ricciardetto assai favella, che Carlo a torto gli dava martoro. Gan da Pontier sua baronia appella quando fu tempo e comandava loro che Ricciardetto {add} subito {/add; su\bito R A} legassino e 'n sul fiume di Sena lo 'mpiccassino. Rinaldo era venuto, come scrisse Astolfo, e con suo gente stava attento aspettar che 'l fratel di fuor venisse. Vide in un tratto gli stendardi al vento prima che fuor Ricciardetto apparisse, e Smeriglion, che si facea contento e molto a quel mestier pareva destro, e 'l buon Vivian, ch' era l' altro maestro. Non aspetto\ che come Astolfo venga fino alle forche, ma tosto si mosse accio\ ch' alcuno scherno non sostenga, che nella fronte sputato gli fosse: verso la porta par che 'l camin tenga; tra' Maganzesi in un tratto percosse, e Ricciardetto suo fu sciolto presto, che come Astolfo al collo avea il capresto. Or qua or la\ si scaglia con Baiardo e fece cose quel di\ con Frusberta, che chi il dicessi fia detto bugiardo. Ma come e' fu la novella scoperta, ognun fuggiva. In questo tempo Alardo Ismeriglion con la zucca coperta trovava e con un colpo che die\ a quello, gli parti\ il capo e fe/ssegli il cervello. E poi si volse con molta tempesta verso Vivian da Pontier ch' era appresso e con la spada gli die\ in su la testa: l' elmo e la cuffia insino al mento ha fesso. Rinaldo a Gan termino\ far la festa e finalmente s' appicca con esso e 'n su 'n un braccio un colpo l' ha ferito, che cadde in terra pel duol tramortito e fu portato come morto via. E Ricciardetto sopra un destrier monta che Smeriglione abbandonato {add} avia {/add; avi\a R A} e con la spada tra costor s' affronta: e' colpi e le gran cose ch' e' faci\a, per non tediar chi legge non si conta. Carlo era corso gia\ insino alla porta: vide Rinaldo e molta gente morta, e disse fra suo core: #_ Io ho mal fatto: ecco di nuovo il popol sollevato $_; e fuor della citta\ si fuggi\ ratto. Rinaldo drento in Parigi era entrato, e grida: #_ Popolazzo vile e matto, come hai tu tanto oltraggio comportato? A sacco, a fuoco, alla morte, a furore! $_, e misse tutto Parigi a romore e comincio\ in un certo borgo il fuoco appiccare e rubar botteghe e case, tanto ch' a' parigin non parea giuoco; non si facea qui le misure rase. Cosi\ il furor cresceva a poco a poco, tanto che pochi drento vi rimase, sentendo #_ Al fuoco! $_ gridare e #_ Alla morte! $_ e per paura uscien fuor delle porte. Non vi rimase un Maganzese solo che non fuggissi per la via piu\ piana, e molto pianto si sentiva e duolo. Ma la reina presto Gallerana si misse in mezzo di tutto lo stuolo e come savia, benigna ed umana, prego\ Rinaldo che fussi contento che 'l fuoco almen dovessi essere spento. Rinaldo aveva sentito ogni cosa cio\ che per Ricciardetto fatto aveva l' alta reina degna e glori%osa: {add} subito {/add; su\bito R A} un bando per tutto metteva che, poi che piace alla donna famosa, ognun si posi; e 'l fuoco si spegneva. Prese la terra quel giorno a suo agio, e Gallerana lo meno\ al palagio. E fu quel di\ Rinaldo incoronato, che/ contraddir non lo pote/ persona, e nella sedia di Carlo e\ posato e messogli poi in testa la corona e d' una vesta reale addobbato; e di sua forza ognun quivi ragiona, perche/ egli aveva quel di\ fatte cose ch' a tutto il popol fur maravigliose. Gano in Maganza si fece ritorno, benche/ portato vi fu come morto dalle sue gente che l' accompagnorno. A Gallerana non fu fatto torto; ognun come a reina gli e\ d' intorno: cosi\ Rinaldo comandava scorto che fatto fussi alla reina onore, come se Carlo fussi imperadore. Vero e\ ch' un altro che ne scrive, dice che {add} subito {/add; su\bito R A} ne venne Malagigi e menava con seco Beatrice, che di Rinaldo madre era, a Parigi, perche/ esser volea lei la 'mperadrice; ma 'l prenze si ricorda de' servigi e vuol che Gallerana sia in effetto, perche/ molto aiutato ha Ricciardetto. Torno\ a Parigi Namo e Salamone e Berlinghier famoso e Baldovino, ch' era figliuol del sir dello Scaglione; torno\ Gualtieri a corte, torno\ Avino, torno\ cogli altri insieme il franco Ottone e tutto quanto il popol parigino; e' Maganzesi ognun netto\ la soglia, che non ve ne rimase seme o foglia. Fecionsi fuochi assai per la cittate, fecionsi giostre e balli e feste e giuochi; furon tutte le dame ritrovate e gli amador, che non ve n' era pochi; tanti strambotti, romanzi e ballate, che tutti i canterin son fatti rochi; sentiensi tamburelli e zufoletti, {t} li%uti {/t A; liuti A} ed arpe e cetre ed organetti. Era Rinaldo molto reputato e piu\ che fussi mai contento e lieto; se non ch' Orlando suo non v' ha trovato, dond' egli avea gran duol nel suo segreto. Orlando con Terigi e\ cavalcato piu\ e piu\ giorni gia\ contra divieto e 'nverso Pagania n' andava forte, con intenzion mai piu\ tornare in corte. E tuttavolta piangea Ricciardetto, dicendo: #_ Io so che Carlo l' ara\ morto; ond' io n' ho tanto dolor nel mio petto, ch' io non ispero piu\ trovar conforto; e 'l traditor di Gan per mio dispetto fia stato il primo a cosi\ fatto torto $_. E 'l simigliante Terigi dicea, che/ Ricciardetto troppo gli dolea. Avea gia\ cavalcato piu\ d' un mese e finalmente in Persia si trovava, e come e' fu condotto in quel paese, senti\ che gran battaglie s' ordinava; e poi ch' un giorno una montagna scese, una citta\ famosa ivi mirava, la\ dove era assediato l' amostante dal gran Soldano e da un fer gigante. Aveva una figliuola molto bella, che luce piu\ che stella mattutina, l' amostante, chiamata Chiari%ella, tanta leggiadra, accorta e peregrina, che per amor di lei montato e\ in sella il Soldan con sua gente saracina, per acquistar, se puo\, si\ bella cosa; e 'l gran gigante non trovava posa; ch' era detto per nome Marcovaldo, venuto delle parti di Murrocco, di gran prodezza e di giudicio saldo, ma per amor di lei pareva sciocco, come chi sente l' amoroso caldo, che solea dare a tutti scaccorocco; ma tanto il foco lavorava drento, che per costei perduto ha il sentimento. Cavalcava una alfana smisurata di pel morello, e stella aveva in fronte; sol un difetto avea, ch' era sboccata, e pel furor gli par piano ogni monte: arebbe corso tutta una giornata, tant' eran le sue membra forte e pronte. Giunse Terigi e 'l figliuol di Mellone dov' era del gigante il padiglione, ch' era tutto di cuoio di serpente, con certi Macometti messi ad oro, con gran carbonchi, se Turpin non mente, zaffir, balasci, e valeva un tesoro. Orlando al padiglion poneva mente dove il gigante faceva dimoro, e stava tanto fiso a mirar questo, che Marcovaldo s' adirava; e presto, perche/ e' giucava a scacchi a suo sollazzo si\ com' egli e\ de' gran signor costume, volsesi, e disse con un suo ragazzo: #_ Chi e\ quel poltonier che tiene il lume? Cacciatel via, e' debbe esser un pazzo. Donde e\ venuto questo strano agrume? $_. Fu preso a Vegliantin tosto la briglia, ch' Orlando al padiglion tenea le ciglia. Terigi, quando vide il saracino ch' avea preso la briglia al conte Orlando, come fedele e servo al paladino, {add} subito {/add; su\bito R A} trasse alla testa col brando e quel pagan gittava a capo chino, che le cervella fuor vennon balzando. #_ Ah $_, disse Orlando #_ come bene hai fatto a gastigar, Terigi, questo matto! $_. Marcovaldo colui vide cadere: maravigliossi, che/ non parve appena che Terigi il toccassi: #_ Ah, poltoniere! $_, gridava forte #_ matto da catena! $_. E poi si volse a un altro scudiere: #_ Piglia quel $_ disse #_ e drento qua lo mena, ch' io non intendo sofferir tal torto, ch' egli abbi in mia presenzia colui morto $_. Allora Orlando prese Durlindana, che/ tempo non gli par di stare a bada, ed accostossi alla turba pagana. Terigi s' arrostava con la spada; quanti ne giugne, in terra morti spiana, tal che non v' e\ piu\ ignun che innanzi vada. Orlando a chi non era al fuggir destro, facea col brando il segno del maestro. Maravigliossi tanto il fer gigante di quel che vide in un momento fare al conte Orlando a' suoi occhi davante, che comincio\ cosi\ seco a parlare: #_ E' basterebbe al gran signor d' Angrante, che in tutto il mondo si fa ricordare, quel c' ha fatto costui qui col suo brando $_; della qual cosa molto rise Orlando. #_ Fate venir $_ grido\ #_ tosto mie armi, ch' io ho di questo fatto maraviglia. Io vo' con questo cavalier provarmi, che tutta quanta mia gente scompiglia; veggia\n se ardito sara\ d' affrontarmi $_. E la sua alfana piglio\ per la briglia, prese una lancia e 'nverso Orlando corse; ma 'l buon Terigi del fatto s' accorse. A un pagan di man tolse una lancia, e disse: #_ Piglia, piglia tosto, conte! Le gentilezze son rimase in Francia. Ecco il gigante che ti viene a fronte, ne/ per vergogna arrossita ha la guancia di venirti a trovar, che pare un monte, tu con la spada e lui con l' aste in resta: vedi che gente, anzi canaglia e\ questa! $_. Rispose Orlando: #_ Sia quel ch' esser vuole, che in ogni modo non lo stimo un fico. Vero ch' egli e\ si\ grande, che mi duole ch' appena gli porro\ l' aste al bellico. Ma il brando taglia pur come e' si suole: con esso il trattero\ come nimico $_. Terigi stava a diletto a vederlo, e Vegliantin ne va come uno smerlo. E poi in un tratto la lancia abbassava e va inverso il pagan di buona voglia e 'n sullo scudo basso lo trovava: questo passo\ come fussi una foglia, e la corazza e lo sbergo passava, tanto che Marcovaldo ebbe gran doglia; e ruppe la sua lancia a mezzo il petto al conte, bestemiando Macometto. L' alfana che pel colpo ebbe paura perche/ e' gli parve di molta possanza, era di bocca, com' io dissi, dura: {add} subito {/add; su\bito R A} fece col morso l' usanza e comincio\ a sgomberar la pianura. Ma 'l conte Orlando seguiva la danza: egli e Terigi i cavalli spronorno e drieto a Marcovaldo s' avviorno. Poi che tutto ebbe attraversato il piano, giunse l' alfana appie\ della montagna; quivi alfin pur la ritenne il pagano, pero\ che tutta di sudor si bagna. Orlando grida: #_ Saracin villano, ben t' ho seguito per ogni campagna. Questo e\ quel di\ che ti convien morire: volgiti indrieto, tu non puoi fuggire $_. Sentendo il saracin cosi\ chiamarsi, volsesi indrieto e trasse il brando fore, e disse: #_ Al mondo ignun non puo\ vantarsi ch' io lo fuggissi per vilta\ di core. Ma sappi che' rimedi son si\ scarsi di questa alfana a frenare il furore quand' ella piglia con la bocca il morso, ch' insin dove tu vedi son {t} transcorso {/t R; trascorso A}. Ma tu se' qua condotto dov' io voglio, e 'l tuo compagno ch' uccise il mio servo. S' io son quel Marcovaldo ch' esser soglio, non lascero\ a tagliarti osso ne/ nervo. A piu\ di sette abbassato ho l' orgoglio, e sempre col nimico questo osservo: ch' io non mi curo por la lancia in fallo, ma con la spada mi serbo ammazzallo $_. Rispose Orlando: #_ Tu il di' per vergogna, che/ tu rompesti un gambo di finocchio a gran fatica, e scusa or ti bisogna; ed io, ch' allato a te paio un ranocchio, so che col ferro ti grattai la rogna e corse il sangue piu\ giu\ che 'l ginocchio. Cosi\ t' avessi veduto la dama che Chiari%ella per nome si chiama! $_. Disse il pagano: #_ Or donde hai tu saputo chi tenga del mio cor le chiavi e 'l freno? Sappi che molte volte m' ha veduto gittar piu\ cavalier morti al terreno e mai pero\ di me non gli e\ incresciuto; ma pur per compiacergli, nondimeno, s' io gli credessi dar sollazzo e festa, di te, poltron, gli manderei la testa $_. Rispose Orlando: #_ E' fia piu\ bel presente la tua, gigante, ch' e\ maggiore assai. Oltre, veggiam come sarai valente e quel ch' a Chiari%ella manderai $_; e Durlindana alzo\ subitamente, dicendo: #_ Or Macometto chiamerai $_, e die\gli un colpo in su la destra spalla, che 'l fer gigante in qua e 'n la\ traballa; e fece lo spallaccio sfavillare, ma pure al taglio della spada resse. E 'l saracin si volle vendicare e par ch' un gran fendente al conte desse. Orlando con lo scudo vuol parare, ma la pesante spada e dura il fe/sse e due parte ne {t} fe' {/t A; fe/ R}, se 'l dir non erra, e l' una delle due balzava in terra. Orlando per grand' ira l' altra getta e batte/lla al gigante nel mostaccio; poi Durlindana in pugno si rassetta e trasse un colpo al saracino al braccio, che, benche/ l' arme assai fussi perfetta, parve che fussi di cera o di ghiaccio e 'l braccio gli taglio\ presso alla mano, tal che un gran mugghio metteva il pagano e la spada e la man vide cadere e cadde pel dolor giu\ dell' alfana, e disse: #_ Io mi t' arrendo, ch' e\ dovere, ch' io veggo ogni speranza in Macon vana. Per grazia, non per merto, cavaliere, dimmi se se' della legge cristiana, poi che tu m' hai cosi\ condotto a morte; ch' io non trovai pagan mai tanto forte $_. Disse Orlando: #_ Da poi che tu mel chiedi per grazia, io usero\ mia cortesia. Io sono Orlando, e questo che tu vedi e\ il mio scudier, ch' e\ meco in compagnia. Tu se' morto e dannato, s' tu non credi presto a Colui che nacque di Maria: batte/zzati a Gesu\, credi al Vangelo, accio\ che l' alma tua ne vadi in cielo. Macometto t' aspetta nello 'nferno con gli altri matti che van drieto a lui, dove tu arderai nel foco etterno giu\ negli abbissi dolorosi e bui $_. Disse il pagan: #_ Laudato in sempiterno sia Gesu\ Cristo e tutti i santi sui! Io voglio in ogni modo battezzarmi e per tua mano, Orlando, cristian farmi. E ringrazio il tuo Dio, poi ch' io son morto per man del piu\ famoso uom che sia al mondo: s' io mi dolessi, io arei certo il torto. Battezzami per Dio, baron giocondo, ch' io sento gia\ nel cuor tanto conforto, ch' esser mi par d' ogni peccato mondo $_. Orlando al fiume {add} subito {/add; su\bito R A} correa, trassesi l' elmo e d' acqua poi l' empiea, e battezzo\ costui divotamente. E come morto fu, sentiva un canto, ed angeli appari^r visibilmente, che l' anima porta^r nel regno santo. E d' aver morto costui fu dolente e con Terigi faceva gran pianto, e feciono una fossa addrento e scura e de/ttono a quel corpo sepultura. Ma una grazia prima che morisse al conte chiese quel gigante ancora: che se per caso gia\ mai avvenisse che parlassi a colei che lo innamora, che gli dicessi come il fatto gisse e come sempre insino all' ultim' ora di Chiari%ella e del suo amor costante si ricordo\ come fedele amante, e che per merto di si\ degno effetto dovessi qualche volta venir quella dove il suo corpo giaceria soletto, e chiamassi e dicessi: #_ Chiari%ella ti piange, Marcovaldo poveretto, qual ti parve nel mondo troppo bella $_; ch' avea speranza, se costei il chiamassi, che l' anima nel corpo ritornassi; o come fece appie\ del gelso moro Pirramo quando Tisbe lo chiamo\e, ch' era gia\ presso all' ultimo martoro, cosi\ fare egli. Orlando il conforto\e, dicendo: #_ Io lo faro\, se pria non moro, che/ alla citta\ son certo ch' i' n' andro\e $_. E cosi\ fece a luogo e tempo Orlando, per venir sempre la sua fe/ servando. Terigi aveva veduto andar via l' anima in ciel con molti angeli santi, sempre cantando dolce melodia: tutto smarrito par ne' suo' sembianti. Quando e' senti\ dir: #_ {it} Salve, ave {/it}, Maria $_, con armonia celeste e dolci canti, disse a Orlando: #_ Io ho invidia a costui, che come lui da te morto non fui. Da ora innanzi tra' pagani andiamo, ch' io non istimo piu\ di stare in vita, pur che per la tua fe/, Cristo, moiamo, poi che quell' alma vidi alla partita $_. Diceva Orlando: #_ Al campo ritorniamo: questa novella non vi fia sentita; non ci de/e riconoscer quella gente, ne/ di costui non sapranno ni%ente $_. Cosi\ pel mezzo del campo passaro, che conosciuti non fur da persona, e 'nverso la citta\ poi se n' andaro dov' era l' amostante e sua corona e del palazzo real domandaro; poi inverso quello ognun di loro sprona, tanto che sono al palazzo arrivati e innanzi all' amostante appresentati. A un balcon l' amostante si posa. Chiari%ella, veggendo il conte Orlando, ch' era piu\ fresca che incarnata rosa, molto lo squadra e veni\a rimirando; e dice al padre: #_ S' tu guardi ogni cosa, quando costor si vennono accostando, come stava costui sopra l' arcione, tutti i suoi segni son d' un gran barone. Cosi\ fussi egli Orlando, quel cristiano c' ha tanta fama, come e' par qui desso: che/ non saria pien di stendardi il piano, non ci starebbe il campo cosi\ appresso, che/ non ci arebbe assediati il Soldano $_. Orlando udiva e ridea fra se stesso. L' amostante parlo\ cortesemente: #_ Ben sia venuto, cavalier possente; Macon sia sempre la vostra difesa. Se voi cercate da me soldo avere, che/ vedete il mio caso quanto pesa, io vel daro\ e piu\ che volentiere. Costor venuti son qua per mia offesa: e\vvi il Soldan con tutte sue bandiere venuto qua del corno egizi%ano e cuopre con sue gente il monte e 'l piano e raccozzato ha qua tutto il Levante e vuol per forza pur questa mia figlia; e per ventura ci venne un gigante che da\ terrore a tutta mia famiglia: sopra una alfana ognun si caccia avante, molto sboccata, e corre a sciolta briglia; e gia\ delle mie gente ha strutte molte; or va guastando tutte le ricolte $_. Orlando disse: #_ Il gigante c' hai detto, non temer piu\ che in sull' alfana vada; non ti fara\ piu\ danno, ti prometto, non tornera\ in suo regno o in sua contrada: appie\ della montagna al dirimpetto oggi l' uccisi con questa mia spada; io te lo dico, re, per tuo conforto, che quel gigante giace in terra morto $_. Non potea l' amostante creder questo e domandava pur per piu\ certezza: #_ Di' ch' uccidesti il gigante molesto? $_. Poi l' abbraccio\ per la molta allegrezza, dicendo: #_ Poco mi curo del resto $_. La damigella con gran tenerezza corse abbracciare Orlando incontanente, ch' a dire il vero non gli spiacque niente, e men saria dispiaciuto a Rinaldo. #_ Dove se' tu, signor di Montalbano? $_ diceva Orlando: #_ Tu staresti saldo, s' ancor piu\ oltre stendessi la mano $_. #_ Dunque tu di' c' hai morto Marcovaldo $_, disse la dama, #_ cavalier sovrano? Sia benedetto chi t' ingenero\e! $_, e mille volte Macon ringrazio\e. Avea gia\ Chiari%ella posto amore al conte Orlando, tanto gli e\ piaciuto, e gia\ Cupido la saetta al core. Or ritorniamo al Soldan, c' ha saputo che Marcovaldo e\ della vita fore, e gran dolor n' avea, come e\ dovuto, e 'l viso tutto di lacrime bagna quando e' guardava inverso la montagna. Ma chi l' uccise saper non potea: detto gli fu ch' egli era un viandante, e questo verisimil non parea, sappiendo quanto era fiero il gigante. E per ventura seco al campo avea un savio, antico e sottil nigromante, e disse: #_ Fa ch' io sappi per tua arte chi e\ colui ch' uccise il nostro Marte $_. Il nigromante allor, per ubbidire, ch' era maestro di somma dottrina, {add} subito {/add; su\bito R A} fece per arte apparire quel che bisogna con sua disciplina: trovo\ come un cristiano il {t} fe' {/t A; fe/ R} morire, che si facea di legge saracina, e come egli era col grande amostante: cosi\ trovo\ chi avea morto il gigante. Quando il Soldano il nigromante udi\o, dolor si\ grande non senti\ gia\ mai, e disse: #_ O Macometto, o pazzo iddio, a tuo diletto consumata m' hai $_. E scrisse all' amostante il caso rio, dicendo: #_ Re di Persia, tu non sai che quel c' ha morto il gigante pagano e\ quel ch' e\ teco; e sappi ch' e\ cristiano e qualche tradimento farti aspetta. Da ora innanzi, se questo ti piace, io vo' di Marcovaldo far vendetta e far con teco a tuo modo la pace $_. La lettera suggella e manda in fretta. All' amostante il caso assai dispiace, quando senti\ come cristiano e\ quello, chiamandol traditor, ribaldo e fello, e la risposta faceva al Soldano che vuol far pace e triegua a ogni modo, purche/ punito sia questo cristiano: cosi\ la pace si metteva in sodo. Poi prese Orlando un giorno per la mano e disse: #_ Cavalier, sappi ch' i' godo ch' io ho col gran Soldan la pace fatta, e partirassi questa gente matta $_. Orlando non pensava tradimento: disse che molto se ne rallegrava e di tal pace troppo era contento, dicendo: #_ Del tuo caso mi pesava; or tutto alleggerito il cor mi sento $_. Poi l' amostante pel Soldan mandava, e lui vi venne e monto\ presto in sella, per vedere anco la fanciulla bella. Segretamente il trattato ordinaro: di pigliare il cristian preson partito quando fia a letto e non ara\ riparo; e cosi\ fu tra loro stabilito. Venne la notte, a letto se n' andaro. Orlando alla sua camera n' e\ gito, e disarmossi e crede esser sicuro: ma non sapeva del suo mal futuro. Quando piu\ fiso la notte dormia, una brigata s' arma^r di pagani ed un di questi la camera apria; corsongli addosso come lupi o cani. Orlando a tempo non si risentia, che finalmente gli lega^r le mani e fu menato {add} subito {/add; su\bito R A} in prigione sanza ascoltarlo o dirgli la cagione. E dopo lui Terigi fu menato e messi poi nel fondo d' una torre. Orlando era di questo smemorato: per quel che fussi non si sapea apporre che l' amostante l' avessi ingannato; ma disse: #_ E' mi vorra\ la vita {add} to^rre {/add; to\rre R A} $_; come nell' altro cantar vi fia detto. L' angiol di Dio vi tenga pel ciuffetto. Virgine sacra, d' ogni bonta\ piena, madre di Quel per cui si canta osanna, Virgine pura, Virgine serena, dammi la tua cotidi%ana manna; con la tua mano insin al fin mi mena di questa storia, che/ 'l tempo c' inganna e la vita e la morte e 'l mondo cieco, si\ ch' io faccia ascoltar ciascun con meco. La damigella con dolce parole, con motti ben cogitati e soavi, diceva al padre: #_ Cosi\ far si vuole e punir sempre i frodolenti e pravi: pero\ di questo caso non mi duole. E vo' che lasci a me tener le chiavi e governargli e serrare ed aprire, accio\ che non ci possa ignun tradire $_. Di questo l' amostante s' allegro\e, che quello uficio pigliassi la dama, e le chiavi a costei raccomando\e. Or questo e\ quel che la donzella brama: {add} subito {/add; su\bito R A} al conte Orlando se n' ando\e alla prigione ed umilmente il chiama, dicendo: #_ Cavalier, di te mi pesa, e cio\ che vuoi faro\ per tua difesa $_. Orlando quanto puo\ costei ringrazia, e disse: #_ Dimmi, sai tu la cagione perche/ il tuo padre in tal modo mi strazia e messo m' ha si\ {add} subito {/add; su\bito R A} in prigione? Di questo fa, per Dio, mia voglia sazia, tra' mi di dubbio e di confusi%one; e s' tu non mi puoi trar di questa torre, non mi lasciare almen la vita {add} to^rre {/add; to\rre R A} $_. Rispose Chiari%ella al paladino: #_ La cagion che 'l mio padre t' ha qui preso, e\ che 'l Soldano da un certo indovino come tu sia cristian par ch' abbi inteso, benche/ tu mostri d' esser saracino; e perche/ del gigante tiensi offeso, ha fatto pace col Soldano, e saldo di vendicarsi del suo Marcovaldo. Ogni cristian che uccide un affricante secondo nostre legge morir debbe; tu uccidesti adunque quel gigante; la vita al nostro modo te n' andrebbe. Ma perch' io t' ho gia\ eletto per mio amante, tolsi le chiavi, che/ di te m' increbbe; e di morir non dubitare omai, che/ tu se' salvo, e libero sarai. Io ho tanto sentito ricordare quel cavalier ch' Orlando e\ nominato, che sue virtu\ m' han fatta innamorare e per suo amor non sarai abbandonato. Del nome tuo, di me ti puoi fidare; dimmel, baron, ch' assai mi sara\ grato $_. Orlando rispondea: #_ Gentil madama, io son colui ch' Orlando il mondo chiama. Guarda dove condotto m' ha fortuna, ch' appena il crederrai ch' io sia quel desso. Io mi parti', ne/ di mia gente alcuna volli, se non qui il mio scudiero, appresso. Ho cavalcato al sole ed alla luna; ora il tuo padre a forza m' ha qui messo; ma se pensato avessi il tradimento, per lo mio Iddio, non mi mettea qui drento. A te mi raccomando, poi ch' io sono dove tu vedi; e fa che 'l mio destriere sia governato; e poi sempre ti dono l' anima e 'l cuore e cio\ ch' e\ in mio potere. E vo' che 'ntenda ancor quel ch' io ragiono: se tu potessi questo mio scudiere in qualche modo di qui liberarlo, manderei per soccorso in Francia a Carlo $_. Non pote/ sofferir che piu\ parlassi la damigella, udendo ch' era Orlando: parve che 'l cor nel petto si schiantassi per gran dolcezza, e disse lacrimando: #_ Io credo che Macon qua ti mandassi per mio amor sol, ma non so come o quando, che/ sempre {t} disi%ato {/t A; disiato R} ho di vederti: ma in altro modo qui vorrei tenerti. S' io dovessi il mio padre far morire con le mie proprie man, tu non morrai: Amor comanda, ed io voglio ubbidire, che tu sia salvo, e salvo te n' andrai; quando fia tempo ti sapro\ aprire, e 'l tuo caval contento ne sarai; e lo scudiere fia franco a ogni modo, e che tu il mandi in Francia affermo e lodo $_. Poi ch' ebbe Chiari%ella cosi\ detto, lasciava Orlando e vanne al padre tosto, e dice: #_ Quel sergente, poveretto, si morra\ certo, che/ mi par disposto di non voler mangiar: come folletto gittato ha via cio\ ch' io gli ho innanzi posto; e colpa inver non ci ha da gnuna banda, ch' ubbidir de/e quel che 'l signor comanda $_. Rispose l' amostante: #_ Mandal via: se si morisse, e' ci sare' vergogna; fa che quell' altro ben guardato sia; di questo non aremo altro che rogna $_. Disse la dama: #_ Per la fede mia, ch' io non so se farnetica o se sogna: quand' io domando, e' guata come un matto e non risponde, anco sta stupefatto $_. E poi tornava alla prigion ridendo e disse come il fatto era fornito. Diceva Orlando con Terigi: #_ Io intendo che presto insino a Carlo ne sia gito e che tu meni Vegliantin commendo, e dica il caso, com' io son tradito dall' amostante e truovomi in prigione, e quel che stato ne sia la cagione. Cosi\ a Rinaldo mio dirai ancora, a Ulivieri e tutta nostra corte, che mi soccorran prima che qua mora, che/ tutti so poi piangerien tal morte $_. Terigi si parti\ sanza dimora; sella il cavallo ed usci\ delle porte e tanto cavalco\ per monte e piano che giunse ove non era Carlo Mano, perche/ e' pensava a Parigi trovarlo, ma col suo Ganellone era a Pontieri. Senti\ come Rinaldo e\ fatto Carlo; a lui n' andava e cosi\ a Ulivieri. Rinaldo, come e' giugneva, a guardarlo {add} subito {/add; su\bito R A} pien fu di tristi pensieri, perche/ e' piangeva si\ miseramente che in modo {t} alcuno {/t R; alcun A} non potea dir {t} niente. {/t R; ni%ente. A} Grido\ Rinaldo: #_ Che e\ del mio cugino? Tu debbi certo aver mala novella $_. Allor Terigi quanto puo\, meschino, a gran fatica in tal modo favella: #_ L' amostante di Persia saracino l' ha incarcerato e guardal Chiari%ella, una sua figlia nobile e gradita, quale ha promesso campargli la vita. Questo e\ perche/ egli uccise Marcovaldo; onde il Soldano aveva un negromante, e che cristian quel fusse intese saldo che l' avea morto, e {t} fe' {/t A; fe/ R} con l' amostante la pace e' patti, il traditor ribaldo, che fussi preso il buon signor d' Angrante. La notte tutti a due fumo legati e in un fondo di torre incarcerati. Orlando s' accomanda a Carlo Magno, a te, Rinaldo, ovver santa Corona, al suo cognato, all' amico, al compagno, prima che cosi\ perda la persona. Vedi che di sudor tutto mi bagno: volato son, non come fa chi sprona, tanto ch' i' son come tu vedi giunto. Or tu se' savio e 'ntendi il caso appunto $_. Alla sua vita tanto afflitto e gramo non fu Rinaldo quanto a questa volta; e disse sospirando: #_ Di' tu, Namo, ch' io ho gia\ per dolor la mente stolta $_. Quel savio vecchio disse: #_ Noi intendiamo, s' io ho questa imbasciata ben raccolta, ch' aiutar ci bisogna Orlando presto: or ti diro\ com' io farei di questo. Ogn' altro aiuto che lo imperadore ed Ulivieri, alfin sarebbe vano, perche/ qui e\ la forza e 'l grande amore. Direi che si mandassi a Carlo Mano e che ritorni, all' usato, signore per la salute del popol cristiano; e cio\ che tu vorrai, contento fia; e voi n' andiate presto in Pagania. Astolfo sia gonfaloniere eletto, che/ so che Carlo fia contento a quello, per quel c' ha fatto a lui e a Ricciardetto. Gan sia sbandito all' usato e ribello $_. Rinaldo, appena aveva Namo detto, che disse: #_ Cosi\ posto sia il suggello $_. Cosi\ da' paladin fu posto in sodo; e scrisse un brieve a Carlo in questo modo: #_ Perche/ se' vecchio, io t' ho pur reverenzia, e 'ncrescemi tu sia si\ rimbambito, ch' a Gan pur creda e la sua frodolenzia, che mille volte o piu\ t' ha gia\ tradito sanza trovar l' error suo penitenzia, e per suo amor di corte m' hai sbandito, Astolfo e Ricciardetto a mille torti volesti uccider pe' suoi {t} ma' {/t R; mal A} conforti. Degno saresti d' ogni contumace; ma perche/ mio signor fusti gia\ tanto, io ti perdono, io fo con teco pace e 'l tuo pristino imperio giusto e santo ti rendo e la corona, se ti piace, e' tuoi baroni e 'l tuo reale ammanto, la sedia tua, l' antico e degno scetro, sanza piu\ ricercar del tempo addietro. Sappi ch' Orlando e\ preso in Pagania: vieni a Parigi tuo liberamente; ed Ulivieri ed io di compagnia soccorrer lo voglia\n subitamente. Astolfo tuo gonfalonier qui fia. Quel traditor non vo' qua per ni%ente. Gallerana reina e\ riservata come fu sempre e da tutti onorata $_. La lettera suggella e manda il messo. {add} Subito {/add; Su\bito R A} a Carlo Man si rappresenta. Carlo fu lieto e in ordine s' e\ messo. Gan nel suo petto par che assai duol senta. Torno\ a Parigi e 'ncontro venne a esso tutta la corte, assai di cio\ contenta, e tutti l' abbracciavan lacrimando e gran lamento si facea d' Orlando. Quivi piangeva il marchese Ulivieri, ne/ riveder credea piu\ il suo cognato; piangeva Astolfo e 'l valoroso Uggieri e Salamon pareva smemorato; piangeva Baldovino e Berlinghieri; ma il savio Namo ognuno ha confortato. Rinaldo con solenne e degno onore ripose in sedia il magno imperadore. Poi misse al suo cavallo il fornimento ed Ulivier con lui volle partire; Terigi s' assettava in un momento e Ricciardetto disse: #_ Io vo' venire $_. Rinaldo, poi che vuol, ne fu contento. Ognun pur si voleva profferire, ma 'l prenze non volle altri per compagno: cosi\ si diparti^r da Carlo Magno. E fecion sopravveste divisate; e cavalcando per la Spagna, un giorno il re Marsilio e certe sue brigate in un bel piano a cavallo scontrorno e con parole saracine ornate, come fur presso a lui, lo salutorno. Disse Marsilio al prenze: #_ Il tuo cavallo troppo mi piace, s' a me vuoi donallo. Questo mattino mi venne in visione ch' io guadagnavo si\ nobil destriere. Se me lo doni, per lo iddio Macone, tu mi trarrai fuor d' uno stran pensiere, cioe\ di non aver meco quistione: pero\ fa gentilezza, cavaliere; che/ pur, s' altro rimedio a cio\ non veggio, combatterollo e tu n' andrai col peggio $_. Disse Rinaldo: #_ E' fu gia\ temporale che si fossi il destrier di chi il sognava: chi possedeva quella cosa tale, qual fosse, per quel sogno gliel lasciava; onde un borghese, non ti dico quale, un paio di buoi, dormendo, imaginava d' un suo vicin, che gli teneva cari, e volevagli pur sanza danari; anzi voleva pagarlo di sogni. Colui dicea: #" Del mio gli comperai e cosi\ credo ch' a te far bisogni, se non ch' alfin sanz' essi te n' andrai $". Mentre che par che in tal modo rampogni, si raguno\ dintorno gente assai, e non sappiendo solver la quistione, n' andoron di concordia a Salamone. E Salamone, perch' era sapiente, con questi due se n' ando\ sopra un ponte e fevvi i buoi passar subitamente; e, poi si volse con allegra fronte a quel che gli sogno\, disse: #" Pon mente: vedi tutte le lor fattezze pronte laggiu\ nell' acqua? $" (e l' ombra si vedea di que' buoi che colui sognati avea). Disse colui: #" E' paion proprio i buoi ch' io vidi $". E Salamon rispose, il saggio: #" Tu che sognasti, to\' gli, che/ son tuoi; colui che gli pago\ de/' aver vantaggio: non bisogna sognargli, che/ son suoi. Cosi\ sta la bilancia di paraggio $". Cosi\ dich' io a te, nota, pagano, che 'l mio cavallo arai sognato invano. Se volessi altro dir, del campo piglia; questo destrier si sia di chi il guadagna $_. Il re Marsilio si {t} fe' {/t A; fe/ R} maraviglia; disse: #_ Questo e\ da bosco e da campagna; non ho nessun qui tra la mia famiglia ch' avessi tanto ardir, ne/ in tutta Spagna, quanto ha costui; e mostra esser uom forte $_. Poi gli rispose: #_ Oltre, io ti sfido a morte $_. Rinaldo non istette a parlar troppo: le redine giro\ del palafreno, poi ritornava per dargli d' intoppo: facea tremare il ciel, non che il terreno, perche/ Baiardo non pareva zoppo. Diceva alcun, di maraviglia pieno: #_ Sarebbe questo del cristian concilio, che cosi\ fiero va a trovar Marsilio? $_. Quando Marsilio vide il cavaliere, fra se/ diceva: #_ Aiutami, Macone! $_, che/ poco val qui contro al suo potere allegar Trismegisto o vuoi Platone. La lancia abbassa e pugneva il destriere; a mezzo il petto di Rinaldo pone, e benche/ il colpo fussi ostico e crudo, ruppesi in pezzi l' aste nello scudo. Rinaldo alla visiera pose a quello e fece fuor balzar tante faville che mai non ne {t} fe' {/t A; fe/ R} tante Mongibello: are' quel colpo gittati giu\ mille; l' elmo rimbomba e 'ntronava il cervello; e sanza fare al testo altre postille, Marsilio rovino\ giu\ dell' arcione; e fu pur sogno il suo, non visi%one. E disse: #_ Dimmi, per la tua leanza, chi tu se', cavalier, per cortesia, che/ mai piu\ vidi a uom tanta possanza $_. Disse Rinaldo: #_ Per la testa mia, io tel diro\, perch' io non ho dottanza: non guardero\ s' i' sono in Pagania; sara\ quel ch' esser puo\. Franco pagano, sappi che 'l signor son da Monte Albano $_; ed alzo\ la visiera dello elmetto per dimostrar che non avea paura. Disse il pagano allor: #_ Per Macometto, ogni suo sforzo in te mostro\ Natura $_. Dicea Rinaldo: #_ E questo e\ Ricciardetto; {add} andian {/add; andia\n R A} cercando la nostra ventura; questo e\ Terigi, d' Orlando scudieri, e questo e\ il nostro famoso Ulivieri $_. Marsilio guarda questi compagnoni; disse: #_ Voi siete cosi\ travisati! Voi mi paresti quattro ragazzoni; non vi conobbi, in modo siete armati. Ben posson sicuri ir questi campioni; e' ci sara\ degli altri arreticati che rimarranno a questa rete, stimo. Dimmi s' i' son, Rinaldo, stato il primo $_. Disse Rinaldo: #_ Il primo, per mia {t} fe/, {/t R; fe': A} da poi che tu domandi, io ti rispondo; e stato e\ buon principio un tanto re, ma qualcun altro ancor sara\ il secondo. Or se tu vuoi il caval ch' io non ti die', perche/ tanto il tuo nome suona al mondo, io tel daro\, magnanima Corona $_; e poi soggiunse: #_ E l' arme e la persona $_. Marsilio era uom generoso e discreto; molto gentil rispose, come saggio: #_ Io non son ragazzin d' andarti drieto. S' io lo togliessi io farei troppo oltraggio, pero\ che 'l tuo valor non m' e\ segreto, ch' io n' ho veduto a questa volta il saggio; e 'l sogno e\ ver, ch' acquistato ho il destriere, poi che mel da\i; ma non sognai cadere. E vo', Rinaldo, una grazia mi faccia: che meco venga a starti a Siragozza co' tuo' compagni; e cio\ non ti dispiaccia, benche/ a te nostra terra parra\ sozza, ne/ creder ch' a Parigi si confaccia, dove ogni gentilezza si raccozza; pur qualche giorno ti daro\ diletto quant' io potro\, per lo dio Macometto $_. Rinaldo disse: #_ Tanta cortesia per nessun modo, re, confonder voglio. Ma s' io t' ho fatto al campo villania, di questo quanto posso or me ne doglio e {t} dicone {/t A; di\cone R} mia colpa o mia pazzia, che/ cosi\ far per certo mai non soglio: non ti conobbi allor, pel mio Gesu\e $_. Disse il pagan: #_ Di cio\ non parlar piu\e; non ti bisogna di cio\ scusa prendere: usanza e\ dimostrar la sua prodezza e sempre non si puo\ di pari offendere. Bench' io cadessi per la tua fierezza, io ne volevo in ogni modo scendere $_. Rinaldo rise di tal gentilezza, e disse: #_ La risposta tua significa quanto la tua Corona e\ in se/ magnifica $_. Rimonto\ a caval Marsilio allora: cosi\ Rinaldo, perche/ e' n' era sceso come colui che' suoi maggiori onora. Marsilio per la man poi l' ebbe preso, ed Ulivier volea pigliare ancora, ma Ulivier s' e\ scusato e difeso; e poi che i convenevoli fatti hanno, inverso Siragozza se ne vanno. E dismontati al palazzo reale, Marsilio sempre tenne per la mana Rinaldo per le scale e per le sale. La sua figliuola, detta Luci%ana, ch' ogn' altra di bellezza assai prevale, fecesi incontra benigna ed umana e saluto\ Marsilio e' suoi compagni con atti onesti e grazi%osi e magni. Ne/ prima questa Rinaldo vedea, che si senti\ da uno stral nel core esser ferito, e con seco dicea: #_ Ben m' hai condotto dove vuoi, Amore, a Siragozza a veder questa iddea, che piu\ che 'l sol m' abbaglia di splendore $_; e rispondeva al suo gentil saluto quel che gli parve che fussi dovuto. Quivi alcun giorni dimora^r contenti. Non domandar se Cupido gualoppa di qua, di la\ con suoi nuovi argomenti; e la fanciulla serviva di coppa Rinaldo sempre e' begli occhi lucenti alcuna volta con esso rintoppa: or questo e\ quel che come zolfo o esca il foco par che rinnalzi ed accresca. Mentre che sono in tal consolazione, un messaggiero al re Marsilio venne e {t} ge\ttasegli {/t R; gettasegli A} in terra ginocchione e dice come un gran caso intervenne: che morte ha cinquecento o piu\ persone un gran caval co' denti e colle penne, ch' era sfrenato e fu gia\ di Gisberto, e pareva un demo\n la\ in un deserto. #_ Noi sava\n cinquecento cavalieri $_, diceva il messo, #_ e giunti alla montagna fumo assaliti da questo destrieri: non si potea fuggir per la campagna; missesi in mezzo fra' tuoi cavalieri. Non fu mai lupo arrabbiato ne/ cagna che cosi\ morda e divori ed attosche; ne/ anco i calci suoi paion di mosche. Io il vidi, o re Marsilio, rizzar dianzi ed accostarsi a un pagano appetto e poi menar delle zampe dinanzi: che pensi tu, {t} che gli {/t R; ch' e' gli A} dessi un buffetto da far cadergli di capo due schianzi? E' gli schiaccio\ le cervella e l' elmetto e balzo\ il capo piu\ di dieci braccia. Pensa co' pie' di drieto s' egli schiaccia! Se da\ in quel muro una coppia di calci, e' fara\ rovinar questo palagio. Io feci presto mazzo de' miei salci, che/ lo star quivi mi parve disagio, pero\ che contro a lui poco arme valci, tanto superbo par, bravo e malvagio: sanza pieta\ mi pareva Bri%usse. Io mi fuggi', ch' attorno andavon busse. Ne/ credo che vi sia campato un solo; e 'l tuo nipote vidi morire io, afflitto, poveretto, con gran duolo $_. Quando Marsilio queste cose udi\o, che cosi\ tristamente tanto stuolo vi fussi morto: #_ O Macon nostro iddio $_, dicea piangendo, #_ come lo consenti, che cosi\ sien distrutte le tue genti? Questi eran pur, Macon, de' tuo' pagani, che cosi\ morti son, come tu vuoi. Sares' tu mai d' accordo co' cristiani? Ma se tu se', che arai tu fatto, poi che tutti saren morti come cani? Arai fatti morir gli amici tuoi; sarai tenuto alfin pur tu crudele, poi che fia spento il popol tuo fedele $_. Rinaldo vide Luci%ana bella dolersi con parole inzuccherate; verso Marsilio in tal modo favella: #_ Manda con meco delle tue brigate un che m' insegni questa bestia fella. Non ti doler delle cose passate: que' che son morti, Iddio gli facci sani. Vedrai ch' io l' uccidro\ con le mie mani. Tra pazzi e pazzi e bestie e bestia fia, che/ {t} c' {/t R; ci A} e\ ben di due gambe bestie ancora: forse a qualcuna uscira\ la pazzia $_. Il re Marsilio consenti\ allora, quantunque far gli parea villania, che/ di Rinaldo suo gia\ s' innamora; e de/ttegli alla fine un suo valletto, ed Ulivier volle ire e Ricciardetto. Volevalo Marsilio accompagnare. Rinaldo disse: #_ Io non voglio altro meco $_; se non che ancor Terigi volle andare, che/ sa ch' egli e\ suo debito esser seco. Vedevasi Rinaldo sfavillare come volea colui ch' e\ pinto cieco. Dicea Marsilio: #_ Io priego il nostro Iddio che t' accompagni, car Rinaldo mio $_. Rinaldo se ne va verso il deserto e 'l messaggier mostro\ dove e' credea che sia il caval, benche/ nol sappi certo. Rinaldo allor di Baiardo scendea. In questo il gran destrier si fu scoperto, che gia\ pel bosco sentiti gli avea. Ma quel pagan, come vide il cavallo, sopra un gran cerro termino\ aspettallo; ed anco s' arreco\ {add} su {/add; su\ R A} bene in vetta. Disse Ulivier: #_ Per Dio, tu mi par pratico: a questo modo ogni animal s' aspetta $_. Disse il pagano: #_ Egli e\ pazzo e lunatico e so quel che sa far colla zampetta. Questo e\ colpo di savio e di grammatico: sapro\ me' dire come il fatto e\ ito al mio signor: pero\ son qui salito $_. Ricciardetto, veggendo il saracino che come il ghiro s' era inalberato, diceva: #_ Esser vorrebbe un orsacchino, che insin costi\ t' avessi ritrovato $_. Disse il pagan: #_ Va pure a tuo cammino. Il giuoco netto piace in ogni lato: io temo il danno e 'l pente/rsi da sezzo; della vergogna, io mi vi sono avvezzo $_. Come Baiardo il caval bravo vede, non l' arebbon tenuto cento corde: a guisa di battaglia lo richiede, corsegli addosso e tempestava e morde, e l' uno e l' altro si levava in piede: parean le voglie lor del pari ingorde; chi {t} anitrisce {/t R; annitrisce A}, chi soffia e chi sbuffa; e per due ore o piu\ duro\ la zuffa. Rinaldo un poco si stette a vedere, ma poi, veggendo che 'l giuoco pur basta e che co' morsi quel bravo destriere e colle zampe Baiardo suo guasta, dispose fare un colpo a suo piacere, e mentre che Baiardo pur contasta, de/tte a quell' altro un pugno tra gli orecchi col guanto, tal che non ne vuol parecchi; e cadde come e' fussi tramortito. Baiardo si scosto\, ch' ebbe paura. Gran pezzo stette il cavallo stordito, poi si riebbe e tutto s' assicura. Rinaldo verso lui presto fu gito, prese la bocca alla mascella dura, missegli un morso ch' aveva recato, e quel cavallo umi\le e\ diventato. Maravigliossi Terigi e 'l marchese. Rinaldo sopra Baiardo montava, ne/ per la briglia il caval bravo prese, che/ come un pecorin drieto gli andava. E 'l saracin del cerro allora scese, ch' a gran fatica ancor s' assicurava, tenendo sempre in cagnesco le ciglia, e di Rinaldo avea gran maraviglia. Per Siragozza fuggiva la gente, come Rinaldo fu drento alla porta; ma quel caval se n' andava umilmente. Fu la novella a Marsilio {t} rapporta: {/t R; rappo^rta: A} venne a vedere, e la dama piacente di questo palafren gia\ si conforta e domando\ con parole leggiadre che gliel donassin Rinaldo e 'l suo padre. Rinaldo che gli avea donato il core, ben poteva il caval donare a quella. Trovossi un fornimento al corridore; Rinaldo addosso gli pose la sella, e lasciossi trattar dal suo signore come si mugne una vil pecorella; poi vi montava, e preso in man la briglia, gli {t} fe' {/t A; fe/ R} far cose che fu maraviglia. Un giorno ancora insieme dimoraro, ch' Amor pur lo tenea legato stretto, poi da Marsili%on s' accomiataro. Marsilio consentirgli fu costretto, quando senti\ d' Orlando il caso amaro, e cio\ ch' aveva gli offerse in effetto. La damigella sospiro\ alquanto dinanzi al padre, ma poi {t} fe' {/t A; fe/ R} gran pianto; ed ogni giorno con seco piangea, ch' era gia\ tutta di Rinaldo accesa. Ventimila baron gli profferea, dovunque egli volessi, a sua difesa; e ringraziata Rinaldo l' avea e nel partir molto il suo cor palesa: #_ Quando fia tempo $_, disse, #_ per lor mando, e sempre, dama, a te mi raccomando $_. Passoron tutta la Spagna costoro, ed arrivorno un giorno in un gran bosco; gente trovorno ch' avean gran martoro. Dicea Rinaldo: #_ Nessun ci conosco $_. A se/ chiamava un vecchio barbassoro, ch' era tutto turbato in viso e fosco, e disse: #_ In cortesia, di' la cagione che voi parete {t} pieni d' afflizione {/t R; pien d' afflizi%one A} $_. Rispose il barbassor: #_ Tu lo saprai perche/ si fanno qui questi lamenti. Noi sia\n d' una citta\ che tu vedrai tosto, che miglia non c' e\ lungi venti: Arma si chiama, come intenderai; tutti siamo scacciati e mal contenti, sanza sperar che nulla ci conforti, se non che insieme piangiam mille torti. Nostro signor si chiama il re Vergante, piu\ crudel uom che forse al mondo sia: non crede in Cristo e meno in Trivicante. Questo ribaldo per sua tirannia le nostre figlie ha tolte tutte quante per isforzarle e noi cacciati via, ed ogni di\ fa dare aspro marti\re a quelle che non voglion consentire $_. Rinaldo gli dispiacque tal matera. Partissi e seguito\ la sua giornata, e lascia il barbassor che si dispera con l' altra gente cosi\ sconsolata. Alla citta\ s' appressa in su la sera; verso la porta la briglia ha girata, e disse: #_ Andiamo a veder questo fatto: forse che far si potrebbe un bel tratto $_. Giunti alla terra, a un oste n' andorno, che tutto pien si mostrava d' affanno. Della cagion del fatto domandorno: costui conto\ del lor signor lo 'nganno, tanto che tutti si maravigliorno, come sofferto sia questo tiranno. Venne la cena e furono onorati, e' lor cavalli e lor ben governati. Parve a Rinaldo l' oste un uom dabbene e 'ncrebbegli sentendo una sua figlia il re Vergante ha tolta a forza e tiene; e diceva: #_ Oste, sare' maraviglia s' io dessi al re Vergante tante pene, ch' al popol tutto asciugassi le ciglia? $_. E cominciava l' oste a confortare, com' io diro\ nel seguente cantare. Padre del cielo e Re dell' universo, sanza il qual non si muove in aria foglia, non mi lasciar perduto ire a traverso mentre ch' ancora e\ pronta la mia voglia; poi che tu m' hai, cantando, a verso a verso, condotto in sino a mezzo della soglia, con la tua man mi guida a salvamento insino al porto con tranquillo vento. L' oste rispose: #_ Chi la mia vendetta facessi, adorerei sempre per santo $_. Disse Rinaldo: #_ Domattina aspetta, e tutti a riposar ci andiamo intanto. Come fia giorno i destrier nostri assetta: vedro\ s' io dico il vero o s' io mi vanto $_. Cosi\ Rinaldo se n' andava a letto; e fece, e {t} ri%uscigli, {/t A; riuscigli, R} un bel concetto. La mattina per tempo fu levato. L' oste i cavalli apparecchiati aveva, e da costor non volle esser pagato, ma di sua poverta\ lor proffereva: guata Rinaldo ed Ulivieri armato e molta ammirazion seco prendeva, che/ gli pareva ognun fiero e gagliardo, e Vegliantin vagheggiava e Baiardo. Rinaldo se n' ando\ verso il palazzo; al re montava il baron valoroso; era a vederlo tutto il popolazzo. Quivi sentiva un pianto doloroso delle donzelle. Il re superbo e pazzo vide costoro e tutto disdegnoso: #_ Chi siete voi $_, domandava Ulivieri #_ cosi\ {t} presuntu%osi {/t A; presuntuosi A} cavalieri? $_. Rinaldo gli rispose: #_ La risposta faro\ io per costui che tu domandi $_. E poi che presso alla sedia s' accosta, disse: #_ Per certo di te fama spandi; non so come il Ciel facci tanta sosta, ch' a Belzebu\ giu\ in bocca non ti mandi: della tua tirannia, can traditore, dieci leghe lontan mi venne odore $_. Era la sala piena di pagani; non gli rispose alcun, ch' avieno sdegno, e divorato l' arien come cani, quel signor tristo d' ogni morte degno. Rinaldo seguito\: #_ Con le mie mani per gastigarti sol, Vergante, vegno: ciriffo sono e per divino effetto mi manda in questa parte Macometto. Adultero, sfacciato, reo, ribaldo, crudo tiranno, iniquo e scelerato, nato di tristo e di superchio caldo, non puo\ piu\ il Ciel patir tanto peccato nel qual tu se' pure ostinato e saldo, lussuri%oso, porco, svergognato, poltron, gaglioffo, poltoniere e vile, degno di star col ciacco nel porcile! Dunque tu porti in testa la corona? Va mettiti una mitera, ghiottone, nimico d' ogni legge giusta e buona, in odio a Dio, al mondo, alle persone. Ben verra\ la saetta, quando e' tuona, perche/ e' non paghi il sabbato Macone, e 'l fuoco etterno rigido e penace, lupo affamato, perfido, rapace. Non pensi tu che in Ciel sia piu\ giustizia, malfusso, ladro, strupatore e mecco, fornicatore, uom pien d' ogni malizia, ruffian, briccone e sacrilego e becco? Non potrebbe scusar la tua tristizia d' una parola sol la voce d' Ecco: tener le nobil donne saracine virgini e 'ntatte per tue concubine! E batterle ogni di\ si\ aspramente, ch' io non so a chi pieta\ non ne venissi, s' alcuna pur di lor non ti consente, e come il centro non s' apre e gli abbissi! $_. Vergante uscito parea della mente; ognun tenea a Rinaldo gli occhi fissi, e dicean molti: #_ Costui vien da cielo, che/ cio\ che dice, ogni cosa e\ il Vangelo $_. Non sapea che si dir Vergante, e tanto multiplico\ la furia e la tempesta, che Rinaldo lo prese dall' un canto e la corona gli strapo\ di testa e tutto gli straccio\ il reale ammanto; ognuno stava a veder questa festa; poi lo porto\ tra quella gente pazza e d' un balcon lo gitto\ in su la piazza. Tutti color che l' avevon veduto a gran furore sgomberan la sala, dicendo: #_ Da Macon questo e\ venuto! $_. Beato a chi pote/ trovar la scala! Rinaldo, come savio uom ed astuto che le parole e l' opere sue insala, {add} subito {/add; su\bito R A} ando\ dove le damigelle avea sentite batter, meschinelle; e vide ch' eran dispogliate ancora e tutto il dosso vergheggiato avie/no. Partissi e del palagio usciva fora e vide il popol d' allegrezza pieno e come volentier ciascun l' onora, che tutti reverenzia gli facie/no; ed accostossi ove era alcun barone; poi comincio\ questa degna orazione: #_ Quel vero Iddio che fece prima Adamo, poi pel peccato suo volle morire, perche/ allo 'nferno dannati savamo (e non si puo\ con ragion contraddire), benche/ alcun saracin mi {t} fe' {/t A; fe/ R} richiamo del vostro re, qui m' ha fatto venire per liberar non sol le figlie vostre, ma perche/ a gire a lui la via vi mostre. La qual voi avete per certo smarrita per lunghi tempi; e Macon falso e rio conoscerete dopo la partita. Ma 'l mio Gesu\, benigno e giusto Iddio, per la sua carita\ ch' e\ infinita, perch' egli e\ grazi%oso e santo e pio, alluminarvi manda e darvi segno ch' alfin v' aspetta nel suo etterno regno. Non ha voluto comportar l' oltraggio che vi faceva il signor vostro a torto: questo esser debbe a ogni savio un saggio di sua potenzia, poi ch' io l' ho qui morto nella presenzia del suo baronaggio: da Lui sol venne l' aiuto e 'l conforto, Lui mi die\ forza che cosi\ facessi e {t} fe' {/t A; fe/ R} che ignun non si contrapponessi; Lui vi spiro\, potete intender certo, ch' alla giustizia dar dovessi loco, pero\ che troppo l' aveva sofferto; ed or, per trarvi dello etterno foco, vuol ch' io vi mostri il vostro errore aperto, nel qual cresciuti siete a poco a poco. Pero\ tornate tutti al cristianesimo, che/ non si puo\ in Cielo ir sanza battesimo $_. Finite le parole, il popol tutto cominciava a gridare a una boce: #_ Sia benedetto chi il tiranno ha strutto, ch' e\ stato a' suoi suggetti tanto atroce! E poi che de/' seguirne un maggior frutto, adorian tutti Quel che mori\ in croce. Dicci il tuo nome sol, tutti preghiamo, e poi per le tue man ci battezziamo: che/ poi che morto hai il traditor ribaldo, vogliam, per sempiterna tua memoria, un simulacro farti d' oro saldo dove sia disegnata questa istoria $_. Rispose il prenze a tutti: #_ Io son Rinaldo da Montalban, che v' ho data vittoria; ed or v' arreco l' ulivo e la pace dal mio Gesu\, che d' adorar vi piace $_. Allora il popol comincio\ a gridare: #_ Viva Rinaldo, e viva il tuo Gesu\e! Ognun qui t' ha sentito ricordare gia\ mille volte per le virtu\ tue $_. E cosi\ cominciava a battezzare Rinaldo alcun baron con le man sue; ognuno a' pie' suoi ginocchion si getta e 'l primo voleva esser per la fretta. In pochi di\ fur tutti battezzati. L' albergator che ritenne costoro, quanto poteva piu\ gli ha ringraziati. Questa novella senti\ il barbassoro e gli altri, che Rinaldo avea trovati: alla citta\ venien sanza dimoro; e 'l barbassoro avea nome Balante, e molto gaudio avea del re Vergante. Or chi vedessi quelle damigelle venirsi a battezzar divotamente e quanto allegre parevano e belle, di lor s' innamorrebbe certamente: elle parien del ciel le prime stelle; le madre e' padri, ognun n' era gaudente. Gran festa si facea per la cittade e le castella e l' altre sue contrade. Il barbassoro della gran foresta diceva al prenze: #_ Quanto ti so grado ch' a quel ribaldo rompesti la testa! Sappi ch' i' son di nobil parentado: ogni cosa sia tuo ch' e\ in mia {add} pote\sta {/add; potesta R A} $_. Dicea Rinaldo: #_ Intender mi fia a grado questa citta\ quanti uomini farebbe da portare arme qual si converrebbe $_. Rispose il barbassoro: #_ Questa terra ha sotto se/ cinqu' altre gran cittate: centomila pagan faran da guerra, sanza molte castella e le villate; io so che la mia lingua in cio\ non erra, ma tu potrai veder le schiere armate $_. Rinaldo, udendo cio\ che quel dicea, a Gesu\ Cristo grazia ne rendea. E stettesi alcun giorno a riposare Rinaldo e' suoi compagni allegramente. Il popol lo voleva incoronare, ma Rinaldo non volle per ni%ente, dicendo: #_ In liberta\ vi vo' lasciare, e 'l signor vostro e\ Cristo onnipotente $_. Poi, quando un tratto vide tempo ed agio, il popol raguno\ tutto al palagio; e ragunato, fece parlamento, e disse: #_ Or che di voi fidar mi posso, io vo' che voi intendiate a compimento per che cagion di Parigi son mosso e perch' io vivo nel cuor mal contento d' un peso che mi grava insino all' osso: l' amostante di Persia ha imprigionato il mio cugin ch' Orlando e\ nominato. Vorrei che mi facessi compagnia, tanto ch' Orlando mio si {t} ri%avessi {/t A; riavessi R} $_. Poi che finita fu la diceria, fu commesso a Balante che dicessi e che per parte della baronia cio\ che chiedea Rinaldo gli offeressi. Allor Balante ritto si levo\e e come savio a parlar comincio\e: #_ Rinaldo poi che liberati ci hai da Macon, da Vergante e dallo 'nferno, non pensi tu che noi sia\n tutti omai sempre tuoi servi e schiavi in sempiterno? Cio\ che domandi, a tuo piacere arai, ed ora e sempre, vivendo in etterno. Faccisi tosto come vuoi la 'mpresa, che/ di tal caso a tutti assai ne pesa $_. Rinaldo ringraziava tutti quanti; e poi per tutti i paesi n' andava subitamente messaggieri e fanti e molta gente tosto s' ordinava. Vennono a corte a Rinaldo davanti: in men d' un mese vi si raccozzava novantamila cavalieri armati e tutti in guerra ben disciplinati. E poi vi venne due giganti fieri con diecimila armati in sull' arcione, in punto ben di cio\ che fa mestieri, che rinnegato avien tutti Macone; e servivon Rinaldo volentieri l' uno e l' altro gigante o torri%one; de' quali aveva l' un nome Corante e l' altro s' appellava {t} Li%organte {/t A; Liorgante R}. Costui che molto amo\ gia\ il suo signore, poi che vide Rinaldo che l' ha morto, non pote/ far non si turbassi in core, e disse con Balante: #_ E' mori a torto; e perche/ io fui suo amico e servidore, malvolentier questo oltraggio comporto, ne/ posso far ch' i' non ne pigli sdegno. Per la mia nuova fe/, con voi non vegno $_. Disse Rinaldo: #_ E' sara\ forse il vero che meco non verrai, come tu hai detto, e morto resterai, gigante fero, che/ tu non credi in Cristo o in Macometto $_. Era il gigante superbo e leggiero, e disse: #_ S' io ti piglio pel ciuffetto io ti faro\ sentir ch' io son gigante e forse vendicato fia Vergante $_. La poca pazi%enzia s' accozzo\e di Rinaldo e 'l gigante appunto bene: Rinaldo la sua spada fuor tiro\e ed una punta crivellando viene, tanto che in mezzo il petto gliel caccio\e e {t} ri%usci\ {/t A; riusci\ R} di drieto per le rene; ne/ pote/ {t} Li%organte {/t A; Liorgante R} alzar la mazza, che/ come un pollo morto giu\ stramazza, e parve che cadessi una gran torre. La gente corse a si\ fatto romore e domandava ognun che quivi corre: #_ Che vuol dir questo? $_, e 'nteso poi il tinore, dicevan tutti: #_ E' non vi si puo\ apporre, poi che Vergante amava, il traditore, e dicea che fu a torto il di\ ammazzato $_. Cosi\ Rinaldo assai fu commendato. Poi col consiglio del savio Balante Rinaldo a Siragozza un messo manda a Luci%ana famosa e prestante, e quanto piu\ potea si raccomanda che venga presto con sue gente avante e di tal cosa romor non ispanda; che si ricordi quel ch' ella ha promesso. E in pochi giorni compariva il messo. E Luci%ana il vide volentieri, e disse al padre quel che scrive il prenze. Disse Marsilio: #_ Che' tuoi cavalieri tu metta in punto e tutte tue potenze; ch' io aro\ sempre in tutti i miei pensieri Rinaldo nostro e sue magnificenze: troppo mi piacquon l' opre sue leggiadre $_. E cosi\ in punto si misson le squadre. Diceva Luci%ana: #_ Io voglio ancora che mi conceda che con essi vada; e se per me il tuo sangue non si onora, non mi lasciar mai piu\ portare spada; ma questa e\ quella volta che rinflora $_. Disse Marsilio: #_ Fa come t' aggrada, pur che e' si faccia piacere a Rinaldo, che/ di servirlo son piu\ di te caldo $_. Diceva la fanciulla a Balugante: #_ O Balugante, io vo' che meco vegna con questa gente ch' io meno in Levante, accio\ che sia quest' opera piu\ degna $_. Egli rispose: #_ Pel mio Trevicante, volentier ne verro\ sotto tua insegna $_. Cosi\ furno ordinati prestamente ventimila a caval di buona gente. Cosi\ la dama da Marsili%one si diparti\ co' cavalieri armati, e per insegna nel suo gonfalone eron due cuori insieme incatenati; e porto\ seco un ricco padiglione, del qual saranno assai maravigliati, che/ non si vide mai simile a quello, tanto era lavorato ricco e bello. E 'n pochi giorni volava la fama al prenze, come e' vien la damigella: subitamente molti baron chiama e fece i principal montare in sella e cosi\ incontro n' andorno alla dama. Rinaldo, come appariva la stella, dicea: #_ Rinato e\ Cristo veramente, che/ apparita e\ la stella in ori%ente $_. Giunse la donna e 'n terra e\ dismontata: della qual cosa Rinaldo si duole, che/ la sua gentilezza e\ superata; dismonta presto e con destre parole si scusa e parte la fanciulla guata, come sta fissa l' aquila nel sole; e de/' pensar che la dama il saluta e ch' e' rispose: #_ Tu sia ben venuta $_. Rimontati a caval, tutti n' andorno nella citta\ con festa e con onore; e poi ch' al gran palagio dismontorno, disse la dama: #_ O mio caro signore, io t' ho arrecato un padiglione adorno, il qual sempre terrai per lo mio amore: con le sue mani l' ha fatto Luciana contesto d' oro e seta sori%ana $_. E fecelo spiegare in sua presenzia. Quando Rinaldo il padiglion vedea, maravigliossi di tanta eccellenzia, e disse: #_ Certo, io non so quale iddea avessi fatto tal magnificenzia, se fussi Palla $_; e grazia gli rendea, dicendo: #_ Per tuo amor tal padiglione sempre terro\, che/ cosi\ vuol ragione $_. Egli era in questo modo divisato (in su la sala magna fu disteso): in quattro parte, ov' era figurato quattro alimenti; e 'l primo parea acceso, ch' era per modo ad arte lavorato che si sare' per vero fuoco inteso, pien di faville e raggi fiammeggianti, ch' ognuno abbaglia che gli sta davanti. Quivi eran certi carbonchi e rubini che campeggiavan ben con quel colore, certi balasci e granati si\ fini che in ogni parte rendeva splendore; quivi eran cherubini e serafini, come e\ nel foco dello etterno amore; quivi e\ la salamandra ancor nel foco, che si godea contenta in festa e 'n gioco. Nella seconda parte e\ l' aire puro, azurro tutto, e 'l ciel con ogni stella, la luna e 'l sole e Venere e Mercuro, e Giove appresso e Vulcan che martella, Saturno e Marte in aspetto piu\ duro, dodici segni ed ogni cosa bella, che tutto non e\ tempo a raccontare. Poi gli ucce\i sotto si vedean volare. L' aquila in alto con sue rote andava, guardando fiso il sol com' ella e\ avvezza, tanto che 'l sol le penne gli abbraciava e rovinava in mar giu\ dell' altezza; quivi di nuove penne s' adornava e riprendeva poi sua giovinezza. E la nuova fenice, come suole, portava il nido alla casa del sole; ed avea tolto incenso e mirra prima e cassia e nardo e balsamo ed amomo, ed arsa e poi rinata in su la cima. Quivi e\ il falcon salvatico e quel domo, e l' un par che' colombi molto opprima, e l' altro fa con l' aghiron giu\ il tomo. Quivi e\ l' astor col fagiano, e 'l terzuolo che drieto alla pernice studia il volo. Quivi era lo sparvier, quivi la gazza, che par che si volessi inalberare, e mentre che fuggi\a forte schiamazza; quivi e\ l' allodoletta a volteggiare, e drieto il suo nimico che l' ammazza; e lo smeriglio si vede squillare di cielo in terra, e la rondine ha innanzi, e par che l' uno all' altro poco avanzi. Quivi si vede i gru volare a schiera e quel che va dinanzi par che gridi; e l' oche han fatto alla fila bandiera, e come questi, par che l' una guidi. Quivi e\ la tortoletta a primavera, e par che 'n verdi rami non s' annidi, piu\ non s' allegri e piu\ non s' accompagni e sol nell' acqua torbida si bagni. Quivi si cava il pellican del petto il sangue e rende la vita a' suoi figli; e\vvi l' ostardo e la starna, in sospetto ch' ogni uccel che la vede non la pigli; e 'l nibbio si vagheggia a suo diletto a ogni mosca chiudendo gli artigli; e gira l' avoltoio e l' abuzzago, e 'l gheppio molto del vento par vago. Ed anco il mili%on si va aggirando, e la ghiandaia va faccendo festa, e la gazza marina vien gridando e scende in basso con molta tempesta; e la cutretta la coda menando si vede, e rizza la pupa la cresta; quivi si pasce di sogni il moscardo perche/ e' non e\ come il fratel gagliardo. Il picchio v' era, e va volando a scosse; che 'l compero\ tre lire, e\ poco, un besso, perche/ e' penso\ ch' un pappagallo fosse: mandollo a Corsignan, poi non fu desso, tanto che Siena ha ancor le gote rosse. Quivi e\ il rigogoletto, e 'l fico appresso; e 'l pappagallo, quel che e\ daddovero, ed e\vvi il verde e 'l rosso e 'l bianco e 'l nero. Gli stornelletti in frotta se ne vanno e tutti quanti in becco hanno l' uliva; le mulacchie un tumulto in aria fanno; la passer v' e\, maliziosa e cattiva, e par sol si diletti di far danno; e 'l corbo, come gia\ dell' arca usciva; e\vvi il fatappio ed e\vvi la cornacchia che garre drieto agli altri uccelli e gracchia. Quivi superbo si mostra il pagone e grida come gli occhi in terra abbassa; garzetto e l' anitrella e 'l grande ocione; quivi la quaglia, che pareva lassa, volando d' una in altra regi%one; quivi e\ l' oca marina che 'l mar passa; l' anitra bianca e 'l maragon calarsi parea, che in giu\ volassin per tuffarsi. L' acceggia la cicogna e 'l pagolino, la gallinella con variate piume, l' uccel santamaria v' era e 'l piombino; e 'l bianco cigno, che dorme in sul fiume, parea che fussi alla morte vicino, pero\ cantassi come e\ suo costume; quivi col gozzo e col gran becco aguzzo si vedea l' anitroccolo e lo struzzo; {t} bara\ttole, {/t R; barattole, A} germani e farciglioni, altri ucce\i d' acqua, {t} i' {/t R; io A} non saprei dir tanti; certi ugelletti che si dice alcioni, che fanno al mar sentir lor nidi e canti; altri uccellacci chiamati griccioni: lungo sarebbe a contar tutti quanti, che stan per fiumi e per paduli e laghi, perche/ de' pesci e dell' acqua son vaghi; e 'l marin tordo e 'l bottaccio e 'l sassello, la merla nera e la merla acquaiuola, poi la tordela e 'l frusone e 'l fanello, e {t} il {/t R; 'l A} lusignuol c' ha si\ dolce la gola; e 'l zigolo e 'l bravieri e 'l montanello, avelia e capitorza e sepaiuola, pincione e niteragno e pettirosso, e 'l raperugiol, che mai intender posso. Quivi era la calandra e 'l calderino e 'l monaco, che e\ tutto rosso e nero, e 'l calenzuol dorato e il lucherino e l' ortolano e 'l beccafico vero; insino al re delle siepe piccino, la cingallegra, il lui\, il capinero, e pispol, codirosso e codilungo, ed un uccel che suol beccare il fungo. Rondoni e balestrucci eran per l' aria; poi in altra parte si vedea soletta la passer penserosa e solitaria, che sol con seco starsi si diletta, a tutte l' altre nature contraria. E\vvi il cuculio con sua malizietta, che mette l' uova sue drento alla buca della sua balia che e\ detta curuca. E 'l pipistrello faceva stran volo; e degli ucce\i notturni sbandeggiati, l' allocco, il barbagianni e l' assi%uolo, civetta e gufo e gli altri sventurati, non ne mancava al padiglione un solo di que' che fur nell' arca numerati. Ultimamente v' e\ il cameleone, bench' alcun dice vi fussi il grifone. Vedeasi in mezzo rilucente e bella nella sua sedia Giunon coronata, e Deiopeia e l' altre intorno a quella, e molto dalle ninfe era onorata. Eol parea che tentassi procella e che picchiassi la porta serrata, e Noto ed Aquilon gia\ fuori uscie/no, ed Ori%on d' ogni tempesta pieno. Poi si vedeva Dedalo, che 'l figlio avea smarrito e batteasi la fronte, che/ non credette al suo savio consiglio; vedesi il curro abandonar Fetonte e 'l fero {t} scorpio {/t R; Scorpio A} mostrargli l' artiglio, e come e' par che in basso giu\ dismonte, e la terra apre per l' ardor la bocca e Giove il fulminava della ro\cca. La terza parte e\ figurata al mare: quivi si vede scoprir la balena e far talvolta navili affondare; e dolcemente cantar la serena, e' navicanti ha fatti addormentare; il dalfin v' e\ che mostrava la schiena, e par ch' a' marinai con questo insegni che si provegghin di salvar lor legni. Il marin vecchio fuor dell' acqua usci\a e 'l pesce rondin si vedea volare, ma il pesce tordo cosi\ non faci\a; vedeasi il cancro l' ostrica ingannare, e come il fuscelletto in bocca {t} avia, {/t A; avi\a, R} e poi che quella vedeva allargare, e' lo metteva nel fesso del guscio e poi v' entrava a mangiarla per l' uscio; raggiata e rombo, occhiata e pescecane, la triglia, il ragno e 'l corvallo e 'l salmone, lo sco\rpin colle punte aspre e villane, ligusta e soglia, orata e stori%one, e 'l polpo colle membra cosi\ strane, e 'l muggin colla trota e col carpione, gambero e nicchio e calcinello e seppia e sgombero e morena e scarza e cheppia. E' tonni si vedien pigliare a schiere, e cornioletti e lamprede e sardelle ed altri pesci di tante maniere che dir non puossi con cento favelle, per fiumi e laghi e diverse peschiere, pero\ che son piu\ i pesci che le stelle; anguille e lucci e tinche e pesci persi pensa che quivi potevon vedersi, e che vi fussi boncio, e barbio, e lasca. {t} Alefe {/t A; Alef R} finalmente v' era scorto, e come sol dell' acqua quel si pasca e tratto fuor di quella parea morto. Vedevasi la manna che giu\ casca e 'l pesce per pigliarla stare accorto; e come il pescator molto s' affanni con rete ed esca e con mille altri inganni. Poi si vedea Nettunno col tridente guardar con atti ammirativi e schifi, quando prima Argo nel suo regno sente, che lo voleva a Colchi guidar Tifi; Scilla abbaiar si sentia crudelmente, e' mostri suoi digrignavano i grifi; vedeasi Teti e vedevasi Ulisse, come piu\ la\ che' segni d' Ercol gisse; Cimoto e Tri\ton placar la tempesta; {t} Glau%co {/t A; Glauco R} poi si vedeva ondeggiare; E\ssaco afflitto con molta molesta cercando Esperia ancor sotto acqua andare; talvolta Galatea fuor trar la testa che {t} fe' {/t A; fe/ R} gia\ Polifemo innamorare; notavan per lo mar con ambo mane converse in ninfe le nave troiane. Poi si vedeva nave in quantitate gir sopra l' acqua e molti legni strani: balenier, grippi e galeazze armate e brigantin, carovelle a marrani, {t} li%uti {/t A; liuti A}, saettie, gonde spalmate; e sopra fuste menarsi le mani; battelli e paliscarmi e schifi e barche, d' uomini e merce e varie cose carche. L' ultima parte toccava alla terra: quivi si vede tutte l' erbe e piante, e come il globo si ristrigne e serra, e le citta\ famose tutte quante, e gli animali, e come ciascuno erra chi qua, chi la\ per Ponente e Levante, per Mezzogiorno e chi per Tramontana, ogni fera dimestica e silvana. Il {t} li%ofante {/t A; lionfante R} parea molto grande, calloso e nero e dinanzi d' un pezzo, e come quegli orecchi larghi spande e stende il grifo lungo, ch' egli ha a vezzo pigliar con esso tutte le vivande, e nol potea toccar se non un ghezzo; fuor della bocca gli uscivan due zanne ch' eron d' avorio e lunghe ben sei spanne. E\vvi il leone, e 'l dippo gli va drieto; e\vvi il caval famoso sanza freno, e l' asinello, e 'l bue si\ {t} mansu%eto, {/t A; mansueto, R} e 'l mul che tutto par di vizi pieno. Vedevasi il castor molto discreto, che de' suoi danni eletto aveva il meno, e strappasi le membra genitale, veggendo il cacciator, per manco male. Il leopardo pareva sdegnato, perche/ e' non prese in tre salti la preda; e 'l {t} li%ocorno {/t A; liocorno R} e\ in grembo addormentato d' una fanciulla e par ch' egli conceda esser da questa tocco e pettinato; ma non si fidi all' acqua e non gli creda se non vi mette il corno prima drento, e se quel suda sta a vedere attento. Tutto bizzarro e pien di furia l' orso, e 'l lupo fuor del bosco svergognato, gridato dalla gente e da' can morso, e 'l porco che nel fango e\ imbrodolato; quiv' era il cavri%uol che molto ha corso e poi s' e\ posto a ber tutto affannato, e 'l cervio, che 'l pastor che canta aspetta, insin che l' altro intanto lo saetta, e 'l bufol che ne va preso pel naso, e la capretta e l' umil pecorella ch' avea le poppe munte e 'l dosso raso; la lepre {t} pau%rosa {/t A; paurosa R} e meschinella par che si fugga, temendo ogni caso; quivi era il dromedario e la cammella, che collo scrigno, {t} mansu%eta {/t A; mansueta R} e doma, lasciava ginocchion porsi la soma. La volpe maliziosa era a vedere, e 'l can pareva fedele e leale; e\vvi il coniglio e scherza a suo piacere; molto sentacchio pareva il cinghiale; poi si vedeva la damma e 'l cerviere, che drieto al monte scorgea l' animale; quivi era il tasso porco e 'l tasso cane, che si dormien per le lor buche o tane; e lo spinoso e l' istrice pennuto, e sopra il bucolin del topo, il gatto con molta pazi%enza, come astuto, tanto che netto {t} ri%uscissi {/t A; riuscissi R} il tratto: bevero e 'l ghir sonnolente e perduto; e puzzola e faina e lo scoiatto; e\vvi la lontra e va cercando il pesce, ed or sott' acqua ed or sopra {t} ri%esce; {/t A; riesce; R} gattomammon, bertuccia e {t} babbui%no, {/t A; babbuino, R} mufo, camoscio, moscado e zibetto, la donnoletta e 'l pulito ermellino che parea tutto bianco e puro e netto; la martora si sta col zibellino; eravi il vaio e stavasi soletto, e molto bello e candido il lattizio, ed altre fiere poi piene di vizio: la lonza maculata e la pantera, e 'l {t} drago {/t R; draco A} ch' avea morto il {t} li%ofante, {/t A; lionfante, R} e nel cadergli addosso quella fera aveva ucciso lui, come ignorante che del futuro accorto gia\ non s' era; e\vvi il serpente, superbo, arrogante, che fiammeggiava fuoco per la bocca e col suo fiato attosca cio\ che tocca. E 'l coccodrillo avea l' uom prima morto, poi lo piangeva, pien d' inganni e froda; e 'l tir, ch' avea lo 'ncantatore scorto, accio\ che le parole sue non oda, aveva l' uno orecchio in terra porto e l' altro s' ha turato con la coda. Poi si vedea col fero sguardo e fischio uccider chi il guardava il bavalischio; con sette capi l' idra e la cerastra, la vipera scoppiar nel partorire; la serpe si vedea prudente e mastra tra sasso e sasso della scoglia uscire; l' aspido sordo, freddo piu\ che lastra, che con la coda voleva ferire; la biscia, la cicigna e poi il ramarro, e molt' altri serpenti ch' io non narro. Ienna vediesi della sepultura cavare i morti rigida e feroce, la qual si dice, chi v' ha posto cura, ch' ella sa contraffar l' umana voce; la cientro colla faccia orrida e scura, e iacul, tanto nel corso veloce, e la farea crudel che per Libia erra: l' ultima cosa e\ la talpa sotterra. Poi si vedeva andar pel mondo errando Ceres dolente, misera e meschina e in ogni parte veni\a domandando s' alcun veduto avessi Proserpi\na, dicendo: #_ Io l' ho perduta, e non so quando $_. E la fanciulla bella e peregrina vedevasi di rose e {t} vi%olette {/t A; violette R} contesser vaghe e gentil grillandette; poi si vedea Pluton che la rapia. E cosi\ stava il padiglione adorno; e' carbonchi e le gemme ch' egli avia facean d' oscura notte parer giorno, tal che si\ bel mai piu\ vide Soria: trecento passi o piu\ girava intorno; le corde aveva e gli altri fornimenti di seta e d' oro e piu\ che 'l sol lucenti. Non si potea saziar di mirar fiso Rinaldo il padiglion; poi disse: #_ Certo questo {t} fe' {/t A; fe/ R} Luci%ana in paradiso, non fu gia\ Filomena in un deserto: ne/ mai sara\ il mio cor da lei diviso. E so che per me stesso cio\ non merto; ma minor dono e di manco eccellenzia non si convien gia\ a tua magnificenzia. Questo sempre terro\ per lo tuo amore; questo terro\ sopra ogni cosa degno; questo terro\ con singulare onore; questo terro\ di tue virtu\ per segno; questo terro\ ch' alberghera\ il mio core; questo terro\, perche/ del tuo sia il pegno; questo terro\ vivendo in sempiterno; questo terro\ poi in cielo o nello inferno $_. Disse la dama: #_ Ascolta quel ch' io dico: io ti vorrei poter donare il sole, e non sare' bastante a tanto amico; il tuo cor generoso, come suole, si mostra pur magnalmo al modo antico. Ma intender, chi l' ha fatto, il ver si vuole: s' io dissi Luci%ana, io presi errore; con le sue proprie man l' ha fatto Amore $_. Or qual sare' quel cor qui d' adamante, di {t} po\rfiro {/t R; porfiro A} o {t} di%aspro {/t A; diaspro R} o altra petra, che non s' aprissi e mutassi sembiante? E' trabocco\ giu\ l' arco e la faretra e le saette d' Amor tutte quante. Volea pur dir (ma la voce s' arretra) Rinaldo qualche cosa alla donzella; ma non pote/, che/ {t} perde/ {/t A; perde R} la favella. Ben s' accorse colei, ch' era pur saggia, che per soperchio amor non rispondessi, e disse: #_ Sarei io tanto selvaggia ch' a cosi\ degno amante non piacessi, purche/ mai tempo e luogo e modo accaggia? E qual sare' colei che nol facessi, salvando sempre e l' onore e la fama? E 'ngrato e\ quel che non ama chi l' ama $_. Rinaldo ringrazio\ pur finalmente delle parole grate ch' avea dette ultimamente la donna piacente, bench' egli avessi al cor mille saette. Fu commendato da tutta la gente il padiglione, e 'n camera si mette. E cominciossi a trattar molte cose, che {add} fi\en {/add; fien R A} nell' altro dir, maravigliose. Benigna Maesta\, Vita superna ch' allumi questo e quell' altro emispero, principio d' ogni cosa santa etterna, donami grazia che nel giusto impero a' tuoi pie' santi l' anima discerna tanto ch' io riconosca il falso e 'l vero, e 'nsino al fine il mio debole ingegno ti priego aiuti, se 'l mio priego e\ degno. Fecion consiglio Rinaldo e Balante che si movessi la gente cristiana e che s' andassi a trovar l' amostante; e cosi\ confermava Luci%ana. Fu la novella in Persia in poco stante che ne veniva gran turba pagana, e l' amostante ancor non sapea scorto che gente fussi e che Vergante e\ morto. Parti^rsi dunque centoventimila di gente valorosa e fiera e magna, per quel che l' {t} au%tor {/t A: autor R} nostro compila, con que' che Luci%ana avea di Spagna; ne/ creder ch' egli andassino alla fila: coprieno i monti, il piano e la campagna, tanto che sono in Persia capitati e presso alla citta\ tutti accampati. Rinaldo, che di\ e notte non soggiorna per {t} ri%avere {/t A; riavere R} il suo cugin perfetto, poi ch' attendata fu la gente adorna, all' amostante mando\ Ricciardetto, dicendo: #_ A lui va presto e qui ritorna con la risposta, e conchiudi in effetto ch' a corpo a corpo, oppur campal battaglia, {add} subito {/add; su\bito R A} fuor ne venghi alla schermaglia $_. E Ricciardetto ando\ come e' gl' impose e fece all' amostante la 'mbasciata. Il qual molto superbo a lui rispose che non sa chi si sia questa brigata, e molta maraviglia ha di tal cose; che la Corona sua, sempre onorata, combatter non e\ usa mai in Levante con qualche vile {t} arcaito {/t R; arcai\to A} o amirante: che truovi uom simigliante a sua Corona e poi verra\ di fuor, comunche e' vuole, a corpo a corpo {t} provar {/t R; a provar A} sua persona; ma di campal battaglia assai si duole sanza giusta cagion lecita o buona; e poi soggiunse ancor queste parole: #_ Se tu non fussi messaggier mandato, con le mie man so ch' io t' arei impiccato. Non lascio per amor, ma per vergogna. A quel che t' ha mandato fa risposta: domandal s' egli e\ desto oppur se sogna, che/ molto pazza fu la sua proposta. Ne/ d' aspettar qui altro ti bisogna: questo ti basti e vattene a tua posta $_. Ma Ricciardetto non fu pazi%ente, e cosi\ disse disdegnosamente: #_ Se conoscessi ben chi a te mi manda, nol chiameresti arcaito per certo e pazza non terresti sua domanda; ma si conosce il tuo vil core aperto. Sappi che, s' tu se' re da questa banda, quand' io t' avessi pur molto sofferto, o amostante vil, superbo e sciocco, il mio signore acquistato ha il Murrocco, e di Carrara e d' Arma e\ coronato e molti altri reami tiene al mondo; e non sarebbe Marte biasimato combatter con tal uom si\ rubicondo $_. L' amostante, veggendol furi%ato, rispose: #_ In altro modo ti rispondo: ritorna al tuo signor che ti mando\e e {t} di' {/t R; di\ A} ch' un gran baron gli mandero\e $_. Ricciardetto torno\ nel campo tosto e disse come il fatto era segui\to e quel che l' amostante gli ha risposto. {t} Lascia\n {/t A; Lascia\m R} costor posarsi un poco al lito, che/ 'l messo ha fatto quel che gli fu imposto; torniamo all' amostante sbigottito che non sapea che farsi e sta sospeso e di tal caso avea nel cor gran peso. Veggendol cosi\ afflitto, Chiari%ella diceva: #_ Io ci conosco un buon rimedio. Tu sai che 'l miglior uom che monti in sella si dice ch' e\ Orlando; ond' io piu\ a tedio non ti terro\ $_, dicea la damigella, #_ poi che tu se' condotto a questo assedio: sappi che quel che tu tieni in prigione, il conte Orlando e\, figliuol di Mellone; e credo che fara\ sol per mio amore cio\ ch' io vorro\, che/ cosi\ m' ha promesso piu\ e piu\ volte, ch' io gli ho fatto onore sempre dal di\ che in carcere fu messo $_. {add} Subito {/add; Su\bito R A} crebbe all' amostante il core, e disse: #_ Puo\ Macon far che sia desso? Troppo mi piace tu l' abbi onorato, che/ 'l Ciel per nostro ben l' ha riservato. Ma vo' che mi prometta ritornarsi, finita la battaglia, poi in prigione, che/ 'l gran Soldan potre' meco adirarsi, che/ sai ch' io il presi a sua contemplazione; e qualche modo poi potre' trovarsi per questo mezzo alla sua salvazione $_. E Chiari%ella a Orlando n' ando\ presto e d' ogni cosa gli chiosava il testo. #_ Se tu volessi per mio amore, Orlando, combatter con costui che vuol battaglia, questo servigio io lo verro\ scultando nel cor per sempre, se Macon mi vaglia: io te ne priego, io mi ti raccomando. Un destrier ti daro\ coperto a maglia $_. Rispose Orlando: #_ Sia quel che ti piace: meglio e\ morir che stare in contumace $_. #_ Ah $_, disse Chiari%ella, #_ e\ questo quello ch' io t' ho promesso mille volte e mille? Tu m' hai passato il cor con un coltello. Io verro\, dico, queste porte, aprille, come a te fia in piacer, signor mio bello; ma sol per ricoprir molte faville, Carlo aspettavo che di qua passassi, accio\ che piu\ sicuro il fatto andassi. Non ti curar prometter ritornarti nella prigion, poi che 'l mio padre vuole, ch' io verro\, per Macone, a liberarti, prima che molti di\ s' asconda il sole. Io vo' il destrieri e l' armi apparecchiarti $_. Cosi\ furon finite le parole e di prigione Orlando liberato e innanzi all' amostante appresentato. L' amostante l' abbraccia umilemente e quanto puo\ del suo fallir si scusa e se gli ha fatto oltraggio, che si pente, e 'l gran Soldan di cio\ ne 'ncolpa e accusa; e che per far la pace il {t} fe' {/t A; fe/ R} vilmente, come per suo miglior talvolta s' usa, e lecito operare era ogni ingegno e tradimento per salvar se/ e 'l regno. Orlando, come savio, fu contento. e disse: #_ Per amor della tua figlia faro\ sol quel che ti fia in piacimento, che/ cosi\ Chiari%ella mi consiglia; che/ so che sanza lei morivo a stento, e ch' io sia vivo mi par maraviglia $_. Armossi tutto innanzi al re pagano e Chiari%ella l' armo\ di sua mano. Come fu armato, salto\ in sul destrieri, e Chiari%ella gli {t} fe' {/t A; fe/ R} compagnia, armata, con trecento cavalieri; cosi\ dall' amostante si partia, verso dell' oste pigliava il sentieri. Come Rinaldo apparir lo vedia, che stava attento, armato, al padiglione, subitamente montava in arcione. E {t} Luciana {/t R; Luci%ana A} anche lui aveva armato e datogli il destrier che gli dono\e a Siragozza, e poi l' ha accompagnato e molti cavalier seco meno\e (adunque il giuoco e\ molto pareggiato); e cosi\ inverso Orlando se n' ando\e Rinaldo e saluto\ cortesemente e la risposta fu similemente. Ma l' uno e l' altro quanto puo\ s' ingegna non essere alla voce conosciuto, accio\ ch' al suo disegno ognun pervegna. Dicea Rinaldo dopo il suo saluto: #_ Io credo, cavalier, ch' al campo vegna per far con l' arme in man quel ch' e\ dovuto: piglia del campo, ognun mostri sua forza $_. E volson l' uno a poggia e l' altro a orza. Orlando volse con tanta destrezza, nel dipartirsi, al suo caval la briglia, che non si vide mai tal gentilezza; e Luci%ana affisava le ciglia: parvegli un atto di molta prodezza; ma Chiari%ella con seco bisbiglia: #_ Questo e\ pur quel che 'l mondo grida certo nell' arme tanto valoroso e sperto $_. Rivoltava il destrier Rinaldo prima; comincia al modo usato a furi%are. Orlando che sia vo\lto anco si stima; {add} subito {/add; su\bito R A} indrieto lo venne a trovare. Ma non potre' qui dir prosa ne/ rima qual sia il valor ch' ognun usa mostrare: s' Anibal parea l' un, l' altro e\ Marcello; se l' un volava, e l' altro era un uccello. E' si vedea sol polvere e faville; non credo ch' a veder fussi piu\ degno, alla citta\ famosa, Ettorre e Achille: ognun di grande ardir mostrava segno. Ma che bisogna far tante postille, o dar per fede a chi nol crede il pegno? Non son costor de' paladin di Francia e' miglior cavalier che portin lancia? Le lance si spezzorno parimente sopra gli scudi, e' destrier via passorno come fo/lgore va molto fervente; poi con le spade a ferirsi tornorno: or quivi s' accosto\ tutta la gente, quivi la zuffa insieme rappiccorno. Era venuto a vedere il gigante con Luci%ana, chiamato Corante, e stava in pie\ come un pilastro saldo, a veder di costor la gran tempesta. E Luci%ana avea messa a Rinaldo indosso una leggiadra sopravvesta; Orlando, ch' era insuperbito e caldo, con Durlindana avea stampata questa; e Luci%ana si doleva a morte, dicendo: #_ Mai non vidi uom tanto forte $_. Egli eran l' uno e l' altro si\ infiammati, Rinaldo e 'l conte Orlando, che l' un l' altro non iscorgea, tanto erano infiammati! Ne/ si vedea vantaggio a l' uno o l' altro; ferivansi co' brandi si\ infiammati, che nel colpirsi dicea l' uno all' altro: #_ Aiu\tati da questo, can malfusso! $_, e detto questo, si sentiva il busso. Rinaldo de/tte un colpo al conte Orlando sopra il cimier, che gli fece sentire Frusberta, che ne venne giu\ fischiando: non ebbe alla sua vita un tal marti\re e 'nsino in su la groppa vien piegando, e disse: #_ O Dio, non mi lasciar morire! Aiutami tu, Virgin benedetta! $_; e 'l me' che puo\ nell' armi si rassetta. E trasse con tanta ira Durlindana al prenze, che lo giunse in su l' elmetto, il qual sono\ che parve una campana e con fatica alla percossa ha retto; ed ogni cosa vide Luci%ana, tanto ch' ell' ebbe del colpo sospetto, che/ 'nsino al collo del destrier piegossi Rinaldo, tal ch' a gran pena rizzossi. Non arebbe pero\ voluti tre, ch' uscito sare' fuor del seminato; pur si {t} ri%ebbe {/t A; riebbe R} e ritornava in se/. Il brando a' crini il cavallo ha trovato, si\ che due parte del collo gli {t} fe' {/t A; fe/ R} e 'nsieme con Rinaldo e\ rovinato. Grido\ Rinaldo al conte: #_ Traditore! Tu l' uccidesti per vilta\ di core $_. Rispose #_ Traditore $_, Orlando, #_ o vile non fu' mai reputato alla mia vita, ma sempre, in verita\, baron gentile. Or se mi venne la mazza fallita, e me ne 'ncresce e pero\ parlo umi\le. Ma innanzi che da me facci partita, io ti faro\ disdir quel che tu hai detto $_; e poi salto\ del suo caval di netto. E cominciorno piu\ aspra battaglia che si vedessi mai tra due baroni: lo scudo in pezzi l' uno all' altro taglia; non cavalier parieno, anzi dragoni; e benche/ e' regga la piastra e la maglia, pe' colpi spesso cadean ginocchioni, e l' uno e l' altro soffiava e sbuffava come un leone o altra fera brava. Da\nnosi punte, da\nnosi fendenti, da\nnosi stramazzon, da\nno rovesci, fannosi batter drento all' elmo i denti, frugano in modo da sbucare i pesci, alcuna volta, co' brandi taglienti; accio\ che meglio il disegno {t} ri%esci {/t A; riesci R}, raddoppia il colpo l' uno a l' altro e piomba, e l' aria e 'l cielo e la terra rimbomba. Rinaldo un tratto Frusberta disserra per dare al conte Orlando in su la testa: Orlando si scosto\, donde il brando erra e cadde in basso con tanta tempesta, che si ficco\ piu\ d' un braccio sotterra: pensa se fatto gli arebbe la festa e se fu grande il furore e la rabbia, ch' appena par che la spada {t} ri%abbia! {/t A; riabbia! R} Orlando allor se gli scagliava addosso, e grida: #_ Or potre' io, come tu vedi, tagliarti con la spada insino all' osso, poi che tu hai confitto il brando a' piedi; ma basta che tu intenda sol ch' io posso, ch' io non son traditor come tu credi $_. Disse Rinaldo: #_ Ogni ragione hai tue e che sia traditor mai diro\ piu\e $_. Era gia\ sera e 'l sol verso la Spagna nell' occea\n tuffava i suoi crin d' oro; e Chiari%ella grazi%osa e magna benignamente parlava a costoro: #_ Perche/ e' si fa gia\ bruna ogni campagna, ponete fine a si\ fatto martoro; e per mio amor cosi\ vo' che si segua: che venti di\ facciate insieme triegua $_. E l' uno e l' altro rimase contento. Diceva Chiari%ella: #_ Al mio parere, non vidi mai piu\ a due tanto ardimento, ne/ mai piu\ penso a' miei giorni vedere: io triemo tutta, quando io mi rammento de' colpi fatti e del vostro potere; e perche/ tanta virtu\ si conservi, ho chiesto triegua e vo' ch' ognun l' osservi $_. Rinaldo si torno\ col suo Balante al padiglione e la sua Luci%ana gli trasse l' arme, ch' avea messe avante. Orlando torna alla citta\ pagana e Chiari%ella disse all' amostante che gli pareva oltre ogni cosa umana quel ch' avea fatto in sua presenzia Orlando, dicendo: #_ Quanto so tel raccomando $_. Orlando volle in prigion ritornarsi e rende Durlindana e l' armadura e sta con Chiari%ella a ragionarsi. Or ritorniamo al campo alla pianura. Corante l' altro giorno fece armarsi, dicendo: #_ Io intendo provar mia ventura $_; ed accostossi alle mura alla terra e mando\ a dir che cercava di guerra. Aveva cinquecento scelti quello, de' miglior ch' egli avessi nel suo campo; era montato in su 'n un suo morello nato d' alfana e menava gran vampo chiamando l' amostante tristo e fello, dicendo: #_ Contra me non arai scampo, ne/ triegua o pace o patti, ne/ concordia, ch' uom non se' degno di misericordia $_. Erano usciti gia\ certi pagani della citta\ col gigante alla mischia, ma tutti gli straziava come cani: a qual le spalle, a chi il capo cincischia, colpi menando si\ aspri e villani, che per paura nessun piu\ s' arrischia a dieci braccia accostarsi alla mazza; e bisognava, con si\ fatta razza. Chiari%ella senti\ che 'l saracino a molti il capo ha schiacciato come uova e fa fuggire il suo popol meschino: {add} subito {/add; su\bito R A} Orlando alla prigion ritruova, e dice: #_ A questa volta, paladino, aiutami, poi ch' altro non mi giova: sappi ch' egli e\ comparito un gigante, ch' ammazza ognun che se gli para avante. A te ricorro come mio refugio, che non mi lasci in questi casi stremi: e' debbe avere un poco il cervel bugio, ch' ognun minaccia e 'l Ciel non par che temi. E' ti convien soccorrer sanza indugio, che/ tutto il nostro popol par che triemi e per paura ognun tornato e\ drento, che/ del bastone hanno avuto spavento. E' n' ha gia\ bastonati centinaia e trita lor le carni, i nervi e l' ossa $_. Rispose Orlando: #_ Sempre ove a te paia la mia persona, Chiari%ella, e\ mossa; e so che se m' aspetta a la callaia, vedrai che la tua gente fia riscossa $_. Fecesi l' arme trovare e 'l cavallo e Chiari%ella sua sol vuole armallo; e fece armare alquanti cavalieri; Orlando disse volea poca gente, che lasci col gigante a lui i pensieri. Armossi Chiari%ella incontanente e con Orlando montava a destrieri, anzi {add} su {/add; su\ R A} vi salto\ molto attamente; e 'l suo fratel, ch' era ardito e gagliardo, n' ando\ con lei, che avea nome Copardo. Era il gigante alla porta aspettare; vide costoro e innanzi si facea. Ma Chiari%ella che 'l vide accostare #_ Io vo' con esso provarmi $_, dicea, #_ se questa grazia, Orlando, mi vuoi fare $_. Orlando, ch' e\ contento rispondea. Allor la dama va inverso il pagano, che se n' avvide e prese un' aste in mano. Abbassa la sua lancia Chiari%ella e poi nel petto al gigante la spezza; ma non si mosse punto della sella per sua gran forza e per la sua grandezza; e giunse nello scudo la donzella con l' aste dura e con molta fierezza e fecela cader fuor dell' arcione, che molto spiacque al figliuol di Millone. Corante la volea pigliar pel braccio e come il lupo portarnela via. Diceva Orlando: #_ Non gli dare impaccio: se tu la tocchi, per la fede mia, per mezzo il petto la spada ti caccio! Oltre, gaglioffo pien di codardia! Della tua gran vilta\, per Dio, m' incresce, ed e\ ben ver ch' ogni trista erba cresce. Non ti vergogni tu, donna si\ degna volerne via portar, can peccatore, che in tutte quelle parte ove il sol regna non e\ donzella degna di piu\ onore? Ne/ vo' che 'l suo cader tuo pregio tegna, che/ fu difetto del suo corridore $_. Disse il gigante: #_ Per Macon, ch' io sono contento e per prigione a te la dono $_. Orlando disse: #_ Tu mi pari or saggio, che/ quel che non puoi vender, vuoi don farne. Se tu vedessi costei nel visaggio, diresti: #" Cibo non e\ da beccarne un uom si\ rozzo, rustico e selvaggio $"; ch' io so che' denti tuoi non son da starne $_. Allor Copardo addosso a quel si getta per far della sorella sua vendetta e l' uno e l' altro una lancia pigliava e di concordia insieme si sfidaro; ma alfin Copardo in terra si trovava e resto\ prigionier sanza riparo; per che Corante a Orlando parlava: #_ Che costui sia prigion, tu intendi chiaro $_. Cosi\, per non opporsi alla ragione, Copardo n' ando\ preso al padiglione. Disse il gigante: #_ Ed anco la donzella e\ mio prigion, ma non la vo' contendere, pero\ ch' io la gittai pur della sella; e s' io volessi, io te la farei rendere, che tu dicesti ch' io ti donai quella per questo, ch' io non la potevo vendere $_. Orlando disse: #_ Sia come si vuole; con l' arme arai costei, non con parole $_. Disse il gigante: #_ Disfidato sia, da poi che tu m' hai tolto la mia preda, poi mi minacci e dimmi villania e credi per vilta\ te la conceda: io t' ho donato per mia cortesia questa donzella, e par che non lo creda $_. Orlando al suo caval la briglia volse ed una arcata o piu\ del campo tolse, poi ritornava per dargli la mancia e 'l saracin con la lancia s' abbassa, ma 'l conte Orlando gli pose alla pancia e 'l petto e 'l cuore e le reni gli passa: due braccia o piu\ {t} ri%usciva {/t A; riusciva R} la lancia e parve allor rovinassi una massa, perche/ Corante abbandonava il freno e de/tte un vecchio colpo in sul terreno. Rinaldo al padiglione aveva detto, quando Copardo prigion fu menato, che andassi tra le squadre a suo diletto, che/ gl' increscea di tenerlo legato; e giurato gli avea per Macometto, se dal gigante non e\ liberato, rappresentarsi a ogni suo volere; e va pel campo veggendo le schiere. In questo tempo la novella viene come Corante caduto era morto e che passato e\ il ferro per le schiene. Ebbe di questo Rinaldo sconforto e volle, chi l' uccise, intender bene, giurando vendicar si\ fatto torto e minacciava e' facea gran tagliata, comunche e' fusse la triegua spirata. Copardo gia\ pel campo aveva inteso come questo era d' Orlando cugino; pero\ veggendo Rinaldo si\ acceso, rispose: #_ A me perdona, paladino: per quel ch' i' ho da tua gente compreso, la pace si fara\ con poco vino; io t' ho a dir cose che ti piaceranno e fia silenzio posto a tanto affanno. Sappi che quel c' ha combattuto teco e\ 'l conte Orlando, che preso dimora, ed a tua posta il menero\ qui meco, per quello Iddio che la mia gente adora $_. Rinaldo, il di\ che combatte/ con seco, di sua gran forza era ammirato ancora e cominciossi tosto a ricordare ch' altri ch' Orlando nol poteva fare. #_ E se non fusse la sorella mia $_, dicea Copardo, #_ che s' e\ innamorata della sua fama e di sua gagliardia, sarebbe or la sua vita annichilata, perche/ il mio padre non lo conosci\a. Ma poi che vide la terra assediata, gli de/tte Chiari%ella per rimedio di liberarlo per levar l' assedio. Ma per paura lo tien del Soldano e non gli da\ di partirsi licenzia. Ma or tu se' qui con armata mano: io ti daro\ la citta\ in tua potenzia, tanto m' incresce di tal caso strano d' un uom si\ degno e di tanta eccellenzia; la mia sorella tanto amor gli porta, ch' a tradimento darenti una porta $_. Rinaldo, ch' avea gia\ legato il core per gran dolcezza, abbracciava Copardo, e disse: #_ Io sento gia\ tanto fervore del mio cugin, che tutto nel petto ardo. So che tu parli con perfetto amore, se bene alle parole tue riguardo, e Chiari%ella, per la fede mia, si lodera\ della sua cortesia. A mio parer, ritorna alla cittate e {t} di' {/t R; di\ A} con Chiari%ella questo fatto. Quando fia tempo poi me n' avvisate, ch' io so che {t} ri%uscir {/t A; riuscir R} ci debbe il tratto; ch' io mi confido nella tua bontate sanza far teco altra convegna o patto $_. E de/ttegli il cavallo e l' arme sue e presto al padre suo dinanzi fue. L' amostante dicea: #_ Chi t' ha mandato? $_ Copardo disse: #_ Da me son fuggito $_. Rispose l' amostante: #_ Tu hai fallato $_. Poi disse: #_ Forse e\ pur miglior partito; che non t' avessi un giorno la\ impiccato! $_. Copardo a Chiari%ella sua n' e\ ito ed ogni cosa ragionorno insieme e la fanciulla d' allegrezza geme. Erasi Orlando tornato in prigione quel di\ che al campo avea morto Corante. La damigella {t} fe' {/t A; fe/ R} conclusi%one di tradir la sua patria e l' amostante e rinnegar con questo anco Macone: or vedi questo amor quanto e\ costante! Lascio\ Copardo e vassene a Orlando, che si vivea all' usato sospirando, e disse: #_ Che diresti tu, barone, se fussi il tuo Rinaldo qua venuto per liberarti e trarti di prigione e se tu avessi con lui combattuto e mortogli gia\ sotto il suo roncione, accio\ che non ti possi dare aiuto? Non sarebbe ragion tu confessassi essere ingrato, a chi ne domandassi? Or oltre, io ti vo' dir presto ogni cosa e darti una novella che fia buona, ch' io veggo la tua vita assai dogliosa: sappi che 'l tuo Rinaldo c' e\ in persona per trarti di prigion si\ tenebrosa, come colui che 'l grande amore sprona: per questo all' amostante ha mosso guerra e per tuo amor si combatte la terra. Copardo e\ ritornato e detto questo. E perch' io t' ho donato il mio amor tutto, l' anima e 'l cuore e s' altro c' e\ di resto, m' accordo che 'l mio padre sia distrutto e dare al tuo cugin la citta\ presto, accio\ che del mio amor tu vegga il frutto, ch' io non ti pasca piu\ di foglie e fiori e che tu esca omai di carcer fuori $_. Orlando quando intese Chiari%ella, rispose: #_ Io credo tu fussi mandata il primo di\ dal Cielo una angiolella, ch' a la prigion mi ti fusti mostrata e se' sempre poi stata la mia stella, e la mia calamita a te voltata. Qual merito, qual fato vuol ch' io sia in grazia tanto a Chiari%ella mia? Io ti dono le chiavi in sempiterno della mia vita e tien' tu il core e l' alma: io vo' che 'l nostro amor si facci etterno. Tu se' colei che l' ulivo e la palma m' arrechi e che mi cavi dello inferno e la tempesta mia converti in calma $_. E non pote/ piu\ oltre Orlando dire, tanta dolcezza gli parea sentire. Chiari%ella a Copardo ritornava ed ordino\ che la notte seguente Rinaldo venga ed Orlando cavava di fuor della prigion segretamente; ed a Rinaldo un messaggio mandava e scrisse che venissi arditamente, e soggiugnea queste parole appresso: #_ Giunta la letter, sia impiccato il messo $_. Rinaldo, ch' a questa opera era attento, aveva in punto gia\ le genti armate; la lettera ubbidiva a compimento: al messo sue vivande ebbe ordinate e fecegli de' calci dare al vento; poi se n' ando\ alla porta alla cittate; quivi trovava insieme armati in sella Copardo con Orlando e Chiari%ella. Preso la porta, levorno il romore: #_ A sacco, a sacco! Alla morte, alla morte! E muoia l' amostante traditore, e' suoi seguaci e tutta la sua corte! $_. Il popol si desto\ tutto a furore: vide i nimici gia\ drento alle porte e chi fuggiva e chi per arme e\ corso, chi si nasconde e chi chiama soccorso. L' amostante si desta spaventato e sente tanta gente e tante grida; {add} subito {/add; su\bito R A} alcun de' servi ha domandato: #_ Che vuol dir questo, che 'l popolo strida? $_; e 'l me' che puo\ si lieva e fussi armato e corre come cieco sanza guida e non sapea lui stessi ove e' si vada, ch' avea smarrita la mente e la strada. Pur s' {t} avvi%ava {/t A; avviava R} ove e' sentia gran zuffa e riscontrossi appunto in Ulivieri, ch' era nel mezzo di questa baruffa, e della spada gli de/tte al cimieri, tanto che 'l colpo ne lieva la muffa ma non pote/ piegarlo in sul destrieri. Ulivier lo conobbe incontanente e trasse della spada un gran fendente. Aveva un cappelletto di cuoio cotto l' amostante la notte in testa messo; ma Ulivier lo passava di sotto e 'l capo e 'l collo al saracino ha fesso e fecelo d' arcion giu\ dare il botto. La gente si fuggi\, che gli era appresso, piena di doglia e terrore e sconforto, si\ come avvien quando il signore e\ morto. Rinaldo avea veduto cader quello: #_ Benedetto ti sia $_, grido\, #_ la mano, ch' a quel canaccio partisti il cervello! Tu se' pur de' baron di Carlo Mano $_. Or qui comincia {t} avvi%arsi {/t A; avviarsi R} il macello. Era venuto un gigante pagano, che si chiamava il feroce Grandono, e gettasi tra questi in abbandono. Ulivier riscontro\, quel maladetto, e trasselo per forza da cavallo, pero\ ch' al colpo suo non ebbe retto; poi si gittava in mezzo a questo ballo, e perche/ il popol molto e\ insieme stretto, colpo non mena che giugnessi in fallo e spesso dava anche a' suoi di gran botte, che/ d' error pieno e\ il furore e la notte. E mentre che 'l gigante pur combatte, vi sopraggiunse a caso Luci%ana; ma quel Grandon, come a costei s' abbatte, gli de/tte una percossa assai villana, pero\ che le picchiate sue son matte, e finalmente in terra giu\ la spiana; e non sentia mai piu\ ne/ gel ne/ caldo, se non che corse a quel furor Rinaldo e ripose a caval questa e 'l marchese e domando\ chi l' aveva abbattuto. Disse Ulivieri: #_ In terra mi distese un gran gigante, e poi non l' ho veduto $_. Mentre che sono in si\ fatte contese, Orlando a Ricciardetto s' e\ abbattuto e perche/ e' nol conobbe nella stretta, lui e 'l caval d' un colpo in terra getta. E poi trovo\ Terigi suo scudiere e sopra l' elmo gli appiccava il brando per modo ch' e' rovina del destriere, benche/ l' elmetto non venga spezzando. Quando Terigi si vide cadere, dicea fra se/: #_ Dove se' tu, Orlando? Che/ s' tu ci fussi io non sarei cascato, e pur cadendo, io sarei vendicato $_. Orlando il riconobbe alle parole: dismonto\ presto e chiesegli perdono, dicendo: #_ Del tuo caso assai mi duole, ma che tu monti in sella sara\ buono: cosi\ sempre la notte avvenir suole $_. Diceva Orlando: #_ Or gli altri dove sono? Aresti tu veduto Ricciardetto o Ulivier? ch' io ho di lor sospetto $_. Disse Terigi: #_ Ulivier vidi dianzi, che cacciava una turba di pagani; ma Ricciardetto e\ in terra qui dinanzi , e stato sarai tu con le tue mani. Credo che poco di vita gli avanzi: morto l' aranno questi cani alani $_. Orlando guarda e Ricciardetto vede, che si difende con la spada a piede, e grida: #_ Ah, Ricciardetto, hai tu paura? Orlando e\ teco, tu non puoi perire, che/ sai ch' io ho fatata la ventura. Quel che t' ha fatto della sella uscire, e\ stato un gran tuo amico, o tua sciagura $_. Quando Ricciardo senti\ cosi\ dire, disse: #_ Per certo io mi maravigliai, che/ con un colpo io e 'l caval cascai; e dissi fra me stesso: #" E\cci pagano, il qual dovessi aver tanto valore? $" $_. Allora Orlando strigne il brando in mano e gettasi la\ in mezzo del furore, e grida: #_ Ah, traditor popol villano, con un soletto acquistar credi onore? Addrieto, saracin, canaglia, porci, che Ricciardetto mio credete {add} to^rci {/add; to\rci R A} $_. E Ricciardetto in sul caval rimonta e di Rinaldo cercan per la terra, tanto ch' Orlando e Rinaldo s' affronta e cominciorno a rinforzar la guerra. E Chiari%ella i suoi peccati sconta, che/ spesse volte si truova a gran serra, e con fatica ha salvata la vita, che/ da Copardo e gli altri era smarrita. Combatteron costor tutta la notte; ma i terrazzani alfin domandon patti, ch' ave/n le membra faticate e rotte e dubitavan non esser disfatti; era tra lor delle persone dotte; poson giu\ l' arme con questi contratti: che la citta\ sia lor liberamente, salvando tutta la roba e la gente. Era apparito in ori%ente il giorno, e Chiari%ella a Rinaldo ne viene, e si\ diceva: #_ Cavaliere adorno, le cose veggo omai che vanno bene $_. E tutti insieme al gran palazzo andorno: Rinaldo per la man Copardo tiene e molte cose con esso favella; Orlando sempre allato ha Chiari%ella. Vennevi il popol tutto la mattina a vicitar costor come signori. Rinaldo parla con molta dottrina: #_ O Chiari%ella, quanto m' innamori! Di questa terra vo' che sia reina pe' {t} benifi\ci {/t R; benefi\ci A} e' servigi e gli onori, per non parer per nessun modo ingrato, e 'l tuo Copardo re sia coronato $_. E {t} fe' {/t A; fe/ R} dell' amostante ritrovare il corpo e poi gli de/tte sepultura e tutta la citta\ fece ordinare. Orlando d' ogni cosa gli die\ cura e sta con Chiari%ella a motteggiare; quando cavalca insin fuor delle mura ed ogni di\ se ne vanno a sollazzo: Rinaldo governava nel palazzo. Or ci convien lasciar costoro un poco. Il Soldan si tornava a Bambillona, fatto la pace e messo Orlando in loco che penso\ che lasciassi la persona; senti\ come era acceso un altro fuoco e come egli era morta la Corona dell' amostante e preso la sua terra e cominciava a dubitar di guerra. Indrieto verso Persia ritornava col campo tutto per miglior partito e presso a poche leghe s' accampava e 'ntese meglio il caso come era ito. Un suo messaggio alla citta\ mandava e duolsi l' amostante sia perito, ma che comunche la cosa si sia, che s' appartiene a lui la signoria. E se Rinaldo la terra non lascia, che s' apparecchi di difender quella, se non, che gli dara\ di molta ambascia; e troppo biasimava Chiari%ella, che come meretrice, anzi bagascia d' Orlando, il tradimento avea fatto ella; ed era un barbassor molto stimato colui che imbasciadore avea mandato. Giunse al palazzo, ove ciascun dimora, il barbassoro e spose la 'mbasciata: #_ Quel Macometto che per noi s' adora distrugga questa gente battezzata; e 'l mio signor, ch' e\ nel campo di fuora, e la sua figlia, c' ha l' arme incantata, famosa e forte, che si chiama Antea, salvi e mantenga $_; in tal modo dicea: #_ e guardi e salvi ciascun saracino e spezialmente que' del gran Soldano; e viva Trevicante ed Apollino e sia distrutto ogni fedel cristiano e sopra tutti Orlando paladino e 'l superbo signor di Montalbano, Astolfo col Danese ed Ulivieri e Carlo e Francia e tutti i cavalieri $_. Rinaldo non pote/ piu\ tanto orgoglio sofferir del pagan bestiale e matto, che par che gli abbi trovati tra 'l loglio; disse a Orlando: #_ Io vo' fare un bel tratto, ch' io so punire i pazzi, quand' io voglio: vedren come a saltar costui fia adatto o com' egli abbi la persona destra $_. E 'n piazza lo gitto\ d' una finestra. La novella al Soldan n' ando\ di volo; donde il Soldan si duol molto aspramente e minacciava apparecchiar lo stuolo e la citta\ assediar con la sua gente. Veggendol la sua figlia in tanto duolo, diceva: #_ La ragion ti reco a mente, che non dovea pero\ il tuo barbassoro parlar come si dice in concestoro. Per quel ch' io intendo, e' disse cose strane. Se vuoi che la 'mbasciata da tua parte udita sia dalle gente cristiane, non ti bisogna altro messaggio o carte: lascia andar me, che con parole umane diro\ con miglior modo e miglior arte e so ch' io tornero\ con la risposta $_. Donde il Soldan rispose: #_ Va a tua posta $_. Questa fanciulla udito avea per fama Rinaldo nominar molto in Soria, e perche/ le virtu\ molto quella ama, s' innamoro\ della sua gagliardia. Or s' alcun vuol saper come si chiama, quantunque il barbassor detto l' avia, replichere/n ch' ell' avea nome Antea, e tutte sue bellezze eran di dea. E' parevon di Danne i suoi crin d' oro; ella pareva Venere nel volto; gli occhi stelle eran dell' etterno coro; del naso avea a Giunon l' essemplo tolto; la bocca e' denti d' un celeste avoro, e 'l mento tondo e fesso e ben raccolto, la bianca gola e l' una e l' altra spalla si crederria che tolto avessi a Palla; e svelte e destre e spedite le braccia aveva e lunga e candida la mana, da potere sbarrar ben l' arco a caccia, tanto che in questo somiglia Di%ana. Dunque ogni cosa par che si confaccia; dunque non era, questa, donna umana. Nel petto larga e\ quanto vuol misura; Proserpina parea nella cintura, e Deiopeia pareva ne' fianchi, da portare il turcasso e le quadrelle; mostrava solo i pie' piccoli e bianchi; pensa che l' altre parte anch' eran belle, tanto che nulla cosa a costei manchi. A questo modo fatte son le stelle; e vadinsi le ninfe a ripor tutte, che/ certo allato a questa sarien brutte. Avea certi atti dolci e certi risi, certi soavi e leggiadri costumi, da fare spalancar sei paradisi e correr {add} su {/add; su\ R A} pe' monti all' erta i fiumi. da fare innamorar cento Narcisi, non che Gioseppe per lei si consumi; parea ne' passi e l' abito Rachele; le sue parole eran zucchero e me\le. Era tutta cortese, era gentile, onesta, savia, pura e vergognosa; nelle promesse sue sempre virile; alcuna volta un poco disdegnosa, con un atto magnalmo e signorile, ch' era di sangue e di cor generosa: eron tante virtu\ raccolte in lei, che piu\ non e\ nel mondo o fra gli de\i. Sapeva tutte l' arti liberali; portava spesso il falcon pellegrino, feriva a caccia {t} li%oni {/t A; lioni R} e cinghiali; quando cavalca un pulito ronzino, e correr nol facea ma mettere ali, da ogni man lo volgeva latino e nel voltar, chi vedeva da parte, are' giurato poi che fussi Marte. Questo cavallo al Soldan fu mandato, che gliel mando\ l' arcaito mansore di Barberia, e in Arabia era nato, ne/ mai si vide il piu\ bel corridore, e 'l padre a questa l' aveva donato, pero\ che molto l' aveva nel core; tra {t} fa\lago {/t R; falago A} e sdonnino era il mantello, ne/ vedra\ mai Soria simile a quello. Egli avea tutte le fattezze pronte di buon caval, come udirete appresso, perche/ nato non sia di Chiaramonte: piccola testa e in bocca molto fesso, un occhio vivo, una rosetta in fronte, larghe le nari e 'l labbro arriccia spesso, corto l' orecchio e lungo e forte il collo, leggier si\, ch' a la man non dava un crollo. Ma una cosa nol faceva brutto, ch' egli era largo tre palmi nel petto, corto di schiena e ben quartato tutto, grosse le gambe e d' ogni cosa netto, corte le giunte e 'l pie\ largo, alto, asciutto e molto lieto e grato nello aspetto; serra la coda ed {t} anitrisce {/t R; annitrisce A} e raspa; sempre le zampe palleggiava e innaspa. Il primo di\ ch' Antea volle provallo, {t} fe' {/t A; fe/ R} cose in Bambillona in su la piazza che fur troppo mirabil sanza fallo. Quand' ella vide cosi\ buona razza e le virtu\ del possente cavallo, vennegli voglia portar la corazza e da quel tempo comincio\ armarsi e in giostre e 'n torniamenti a sprimentarsi. Poi comincio\ in battaglia andare armata, come Cammilla o la Pentessilea, e la sua armadura era incantata, che nessun ferro tagliar ne potea; era in Domasco suta lavorata, fornita d' oro e piu\ che 'l sol lucea, e quanti cavalier giostran con quella, tanti gittati avea fuor della sella. Eran venuti di tutto Levante, di Persia, di Fenicia e dello Egitto, ed alcun cavalier famoso errante: ognuno aveva abbattuto e sconfitto; nessun baron piu\ gli veniva avante, che con la lancia non lo facci al gitto; e 'nsino al ciel la fama risonava e Bambillona e 'l Soldan l' adorava. E maraviglia non e\ che l' adori, ch' ogni suo effetto pareva divino, al tutto dello uman costume fuori; massime la\ quel popol saracino, ch' era gia\ avvezzo a mille antichi errori, come si legge di Belo e di Nino: donde e' credevon certo che costei fussi nata del seme degli {add} de\i {/add; Dei R; idde\i A}. E' si potre' {t} mille altre {/t R; mill' altre A} cose ancora delle virtu\ di questa donna dire; ma perche/ e' fugge il tempo e cosi\ l' ora, la nostra storia ci convien seguire; e se talvolta un bel canto innamora, pure alfin piace nuove cose udire: cosi\ diren nel bel cantar seguente, accio\ che a tutti consoli la mente. O glori%osa figlia di Davitte ch' ogni emisperio allumi e 'l ciel fai bello, per cui salvate fur tante alme afflitte quel di\ che ti disse #_ {it} Ave {/it} $_ Gabri%ello, insino a qui son nostre storie pitte col tuo color, tua arte e tuo pennello; {t} con la {/t R; colla A} tua grazia abbia\n passato il mezzo: non lasciar la mia mente al buio e al rezzo. Pareva ' Antea mill' anni di vedere Rinaldo ed Ulivieri e 'l conte Orlando e Ricciardetto si\ buon cavaliere, e tuttavolta si viene assettando; della sua gente ordinava tre schiere forniti d' arme e di lancia e di brando, e dal Soldan facea la dipartita e finalmente in Persia ne fu ita. Ne/ rima giunse in su la piazza questa, ch' una lancia piglio\ con gran fierezza, mosse il cavallo e poi la pose in resta, ruppela in terra con gran gentilezza; e mentre che 'l caval furia e tempesta volselo in aria con tanta destrezza che non lo volse mai si\ destro Ettorre; e 'l popolo a furor la\ a veder corre. Rinaldo che vedea dalla finestra, maravigliossi troppo di quell' atto, e disse: #_ Donna mai vidi si\ destra, ne/ cosa piu\ mirabil ch' ella ha fatto: questa e\ pur d' ogni cosa la maestra $_. Orlando ne pareva stupefatto; e vanno tutti incontro alla donzella ed e\vvi Luci%ana e Chiari%ella. E giunti appresso alla gentil pagana, ognun la saluto\ con grande onore; ella rispose in lingua sori%ana cose che tutti infiammava nel core; e in mezzo a Chiari%ella e Luci%ana menata fu nel palazzo maggiore e in una ricca sedia a seder posta; poi fece in questo modo la proposta: #_ Quel primo Iddio che fece cielo e terra e la natura e stelle e sole e luna ed a sua posta l' abbisso apre e serra e fa, quando e' vuol, l' aria chiara e bruna e che, pietoso e giusto, mai non erra, benche/ ciascun pur gridi alla Fortuna, salvi e mantenga il mio padre Soldano e 'l buon Rinaldo e 'l {t} sanator {/t R; senator A} romano ed Ulivier, Ricciardetto e Terigi e s' alcun {t} c' {/t R; ci A} e\ della vostra brigata e Carlo imperadore e San Dionigi. La cagion che 'l Soldan m' ha qui mandata non e\ per ricercar guerra o litigi, ma credo indoviniate la 'mbasciata: altro non vuol che quel che vuol ragione e conservar la sua giuridizione. Questa citta\ {t} con l' {/t R; coll' A} altre tutte quante del corno qua di Persia e di Soria e di tutto {t} el {/t R; il A} paese di Levante son sottoposte a nostra monarchia; pero\, poi ch' egli e\ morto l' amostante, ritorna al padre mio la signoria: questo si dice, questo chiar si mostra, che in ogni modo questa terra e\ nostra. Ne/ crede che voi siate in questo errore di non sapere a cui ricade il regno; ma ogni cosa il roman {t} sanatore {/t R; senatore A} ha fatto per vendetta e per isdegno, il quale ha tanta forza in nobil core che fa della ragion passare il segno; e cosi\ {t} fe' {/t A; fe/ R} il Soldan (nota, Rinaldo!) per isdegno anco lui di Marcovaldo. Se voi volete lasciar la cittade sanza quistion, contento e\ il padre mio, e ritornar nelle vostre contrade. Se questo non farete, sia con Dio! Noi {add} proverren {/add; proverre/n R A} se taglian nostre spade: e cosi\ da sua parte vi dico io e vengo a protestarvi nuova guerra se non ci date libera la terra. Poche parole a chi m' intende basti $_. E poi soggiunse: #_ O misero Copardo! O Chiari%ella mia, quanto fallasti! O giudicio del Ciel, tu vien' si\ tardo! Ma licito ti sia, poi che cavasti (se ben col mio giudicio retto guardo) di luoghi tenebrosi, oscuri e bui si\ gentil cavalier quanto e\ costui $_. E volsesi a Orlando con un riso, con un atto benigno e con parole che si vedeva aperto il paradiso, che si fermo\ a udir la luna e 'l sole. Ma Chiari%ella divento\ nel viso del color delle mammole {t} vi%ole; {/t A; viole; R} cosi\ Copardo; e gli occhi giu\ abbassorno, che/ del peccato lor si ricordorno. Segui\ piu\ oltre Antea: #_ Cio\ ch' io v' ho detto e\ quel che 'l padre mio da voi sol brama: or vi diro\ quel ch' io serbo nel petto. E\ questo il cavalier c' ha tanta fama, la qual gia\ non asconde il suo conspetto? Se' tu colui che tutto il mondo chiama il miglior paladin che abbassi lancia, onore e gloria e di Carlo e di Francia? Se' tu Rinaldo mio famoso e bello? Se' tu colui che ti stai in su quel monte? Se' tu d' Orlando suo cugin fratello? Se' tu quel della gesta di Chiarmonte? Se' tu colui ch' uccise Chiari%ello? Se' tu quel ch' ammazzasti Brunamonte? Se' tu il nimico di Gan di Maganza? Se' tu colui ch' ogn' altro al mondo avanza? $_. #_ Rinaldo sono, o gentil damigella, come tu conti, e di quel parentado $_. Disse la dama: #_ Di te si favella per tutto l' universo e cio\ m' e\ a grado; salvo ch' alcun te mancatore appella di gentilezza; ch' udito hai di rado a imbasciador gia\ mai far villania, comunche e' parli o qualunque e' si sia. Tu uccidesti il nostro imbasciadore: io non vo' giudicar chi s' abbi il torto, se non che mi dispiace per tuo onore e per onor di me, poi ch' egli e\ morto, sendo mandato da si\ gran signore. Di far di lui vendetta mi conforto, ne/ sanza giostra indrieto vo' tornarmi: cosi\ ti sfido, e prenderai tue armi. Se tu m' abbatti per tuo valimento, ogni cosa sia tuo che tu hai acquistato, e so che 'l padre mio sara\ contento; ma s' io t' aro\ del tuo caval gittato, io vo' che' tuoi stendardi spieghi al vento e con tua gente in Francia sia tornato e che tu lasci in pace i nostri regni e contro al padre mio mai piu\ non vegni $_. Rinaldo disse alla donna famosa: #_ Perch' io non paia ne/ muto ne/ sordo, cio\ che tu hai detto, nel petto ogni cosa drento scolpito ho ch' io me ne ricordo; ma tu facesti alla fine tal chiosa che fa che d' ogni cosa sia\n d' accordo: non {t} c' {/t R; ci A} e\ piu\ giusta cosa che la spada assolver nostra lite, e cosi\ vada. Ma una grazia prima ti domando che con la spada al campo ci troviamo; cosi\ ti priega il mio cugino Orlando: che insieme questo giorno dimoriamo, ch' io sento il cor ferito e non so quando io fussi da te preso o con che amo; e 'l terzo di\ sopra il mio buon destriere verro\ in sul campo armato a tuo piacere $_. Rispose alle parole presto Antea: #_ Cio\ ch' a te piace, a me convien che piaccia $_; e mentre che cosi\ gli rispondea, s' accese tutta quanta nella faccia, pero\ ch' un foco sol due cori ardea. Come anima gentil presto s' allaccia! Cosi\ ferito e\ l' uno e l' altro amante da quello stral che passa ogni adamante. E cominciorno insieme a riguardarsi ognun piu\ che l' usato intento e fiso; Rinaldo non potea di lei saziarsi, ne/ crede ch' altro ben sia in paradiso; e la fanciulla comincio\ a pensarsi che cosi\ bel gia\ mai fussi Narciso; dovunque e' va gli tenea drieto gli occhi e par che fiamme Amor nel suo cor fiocchi. Ed ordinossi un convito si\ magno, che simil forse non fu ancor veduto. Disse Rinaldo al suo caro compagno: #_ O Ulivier, qui bisogna il tuo aiuto. {t} Va\diane {/t R; Vadiane A} Persia e cio\ ch' io ci guadagno, fa che tu abbi a tutto proveduto; e vo' che di tua man serva costei per lo mio amor, come io per te farei. E s' io ti {t} fe' {/t A; fe/ R} mai gentilezza alcuna di Forisena e di Meredi%ana, fa che qui cosa non manchi nessuna da onorar questa gentil pagana $_. Disse Ulivier: #_ Cosi\ va la fortuna: ce/rcati d' altro amante, Luci%ana! Da me sarai d' ogni cosa servito $_. Ed ordino\ di {add} subito {/add; su\bito R A} il convito. Furno al convito le vivande tutte che si potevon dare in quel paese, con prezi%osi vin, confetti e frutte; furonvi tutte le dame cortese della citta\, ne/ creder le piu\ brutte; e sempre di sua man servi\ il marchese, massime Antea con molta riverenzia, di coppa, di coltello e di credenzia. Fatto il convito, vennon molti suoni, accio\ che meno il giorno lor rincresca: trombe e trombette e nacchere e busoni, cembolo, staffa e cemmamelle in tresca, corni, tambur, cornamuse e sveglioni e molt' altri stormenti alla moresca, li%uti ed arpe e chitarre e salteri, buffoni e giuochi e infiniti piaceri. Cosi\ passorno il giorno con gran festa. Ma poi che 'l sole in Granata s' accosta, la gentil donna con voce modesta disse ch' al tutto tornare e\ disposta, benche/ tal dipartenza gli e\ molesta, al gran Soldan ch' aspetta la risposta; e 'l terzo di\, come promesso avea, essere armata in sul campo dicea. Cosi\ la festa ristette col ballo e dipartissi la donna famosa. Rinaldo compagnia gli {t} fe' {/t A; fe/ R} a cavallo insino appresso ove il Soldan si posa e morir si credette sanza fallo quando e' lascio\ questa dama vezzosa e con fatica le lacrime tenne insin che pure a casa se ne venne. Il Soldan domando\ quel ch' avea fatto la gentil figlia in Persia co' cristiani; ella gli disse la convegna e 'l patto, che 'l terzo di\ debbe essere alle mani e che sperava dare scaccomatto al buon Rinaldo con l' arme in su' piani e racquistar tutte le terre sue; donde il Soldan molto contento fue pero\ che molto in costei si fidava. Or ci convien tornare a dar conforto a Rinaldo ch' al letto se n' andava e non pareva gia\ vivo ne/ morto, ma con sospiri Antea sua richiamava, dicendo: #_ Lasso, tu m' hai fatto torto avermi dato e poi furato il core! $_; e detto questo, si dolea d' Amore: #_ Come hai tu consentito che costei m' abbi cosi\ rubato da me stesso e {t} transformato {/t R; trasformato A} cosi\ tosto in lei, tanto che quel ch' io fui, non son piu\ desso? Ella se n' ha portati i pensier miei: questo non e\ quel che tu m' hai promesso; e non ti glori%ar se col tuo arco per donna si\ gentil m' hai preso al varco; che/ non sarebbe ingannata Europia, non si sarebbe {t} transformato {/t R; trasformato A} in toro Giove e mutata la sua forma propia, ne/ Ganimede rapito al suo coro, s' avessi visto si\ leggiadra copia; e non sarebbe Danne un verde alloro, se Febo avessi veduto il di\ Antea che innamorato {t} #" Aspetta! $" {/t A; #_ Aspetta! $_ R} pur dicea, ne/ fatto servo de' servi d' Ameto; ne/ tanto tempo {t} Giacobbe {/t A; Giacob R} fedele, che/, veggendo costei, come discreto, serviva per Antea, non per Rachele; che col suo viso faria {t} mansu%eto {/t A; mansueto R} ogni aspro tigre arrabbiato e crudele; anzi farebbe il mar pietoso e' venti, e per vederla, fermi stare attenti. E non arebbe Andromada Perseo combattuta col capo di Medusa, e fatto un sasso diventar Fineo, ne/ fatto arebbe Ipolito mai scusa, ne/ tanto {t} Eu%ridice {/t A; Euridice R} chiesto Orfeo, ovver conversa in un fonte Aretusa, se stata fussi Antea nel mondo allora, che degli abbissi l' anime innamora. Non bisognava che Venere iddea insegnassi a Ipomene gia\ come gittassi, mentre Atalanta correa, come fussi passata innanzi, il pome; ne/ nel suo, Aconzio #" Cidippe $" scrivea, veggendo a questa il bel viso e le chiome; e non sarebbe il convito turbato del pome ch' a Parisse fu mandato, che/ non l' arebbe giudicato a Venere: non bisognava far di cio\ contesa e Troia non saria conversa in cenere e tutta Grecia mossa a tanta impresa, veggendo nude queste membra tenere che m' han si\ il cor ferito e l' alma incesa. Ne/ da se/ se/ per se stesso diviso arebbe, questa veggendo, Narciso. E non sarebbe Leandro d' Abido portato cosi\ misero e meschino, come tu sai, fra l' onde gia\, Cupido, appie\ della sua donna dal dalfino, s' avessi Antea veduta, ond' io pur grido; ne/ Polifemo in sul lito marino chiamata Galatea colla zampogna, dolendosi che in grembo Ati a lei sogna. Tu non aresti gia\, Teseo, menata Ipolita del regno gia\ amazzo/ne; tu non aresti Adri%ana lasciata su l' isoletta in tanta passi%one; e non sarebbe Emilia repugnata ' Atene per Arcita e Palamone; ne/ Pirramo gia\ morto, e mille amanti, ch' or sare' lungo a contar tutti quanti, se fussi al secol lor vivuta questa: ch' io pur non vidi mai piu\ bella figlia, s' io guardo ben la refulgente testa e 'l capo suo, che Venere simiglia, la faccia pulcra, angelica e modesta, e' due begli occhi e l' archeggiate ciglia e gli atti e le parole si\ soave, che mi parea sentir proprio dire #" {it} Ave {/it} $". Ben puoi tu, crudo, per lei saettarmi, ben puoi di me vittoria avere, Amore. Che pensi tu, ch' io apparecchi l' armi per passar con la lancia a questa il core, che puo\ ferirmi a sua posta e sanarmi come Pelleo, non gia\ tu, traditore? $_. Queste parole e molt' altre dicea; ma finalmente richiamava Antea: #_ Dove se' tu? Perche/ m' hai qui lasciato? Non potesti star meco solo un giorno! Che pensi tu ch' al campo io venga armato? Aspetta, tanto ch' io chiami col corno! Tu m' hai gia\ preso per modo e legato, ch' omai piu\ in Francia al mio signor non torno, ne/ posso in Bambillona anco star teco, ne/, poi ch' io vidi te, piu\ star con meco. Che debbo far? Dove sara\ il mio regno? Dove stara\ il mio cor cosi\ soletto? $_. Orlando, ch' avea fatto alcun disegno, la mattina trovo\ Rinaldo al letto e misse a queste parole lo 'ngegno. Disse: #_ Cugino, aresti tu difetto? $_. Rinaldo il volea far pur cornamusa d' un certo sogno e trovava sua scusa. Rispose Orlando: #_ Noi sarem que' frati che, mangiando il migliaccio, l' un si cosse; l' altro gli vide gli occhi imbambolati e domando\ quel che la cagion fosse; colui rispose: #" Noi sia\n due restati a mensa e gli altri sono or per le fosse, che {add} trentatre/ {/add; trentatre R A} gia\ fumo e tu lo sai: quand' io vi penso io piango sempre mai $". Quell' altro, che vedea che lo 'ngannava, finse di pianger mostrando dolore; e disse a quel che di cio\ domandava: #" Ed anco io piango, anzi mi scoppia il core, che noi sia\n due restati $", e sospirava; ed e\ gia\ l' uno all' altro traditore. Cosi\ mi par che facciam noi, Rinaldo: che/ nol di' tu che 'l migliaccio era caldo? Ma questo e\ altro caldo veramente $_. Rinaldo si volea pur ricoprire: #_ Per Dio, cugin, ch' i' sognavo al presente ch' un gran {t} li%on {/t A; lion R} mi veniva assalire, ond' io gridavo e chiamavo altra gente e con Frusberta il volevo ferire: forse che in sogno parlai per ventura: tu mi destasti in su questa paura: dond' io ti son, ti prometto, obligato, pero\ ch' io ero tanto {t} impau%rito, {/t A; impaurito, R} che mi pare esser di bocca cavato all' animal che m' aveva assalito $_. Rispose Orlando: #_ Ah, cugino impazzato, or fussi e' sogno quel ch' io ho udito! Piu\ {add} su {/add; su\ R A} sta mona Luna, fratel mio! Guarda se 'n sogno dicevi com' io: #" O vaga Antea, che ti feci io gia\ mai? Dove m' hai tu lasciato? Ove e\ la fede? Dove se' ora, e quando tornerai? E non arai tu mai di me merzede, che t' ho pur dato il cor, come tu sai, che son tuo servo pur, come Amor vede? che tante volte di me domandasti: #+ Se' tu colui che tu m' innamorasti? $+. Tu se' colei ch' ogn' altra bella avanza; tu se' di nobilta\ ricco tesoro; tu se' colei che mi da\i sol baldanza; tu se' la luce dello etterno coro; tu se' colei che m' hai dato speranza; tu se' colei per ch' io sol vivo e moro; tu se' fontana d' ogni leggiadria; tu se' il mio cor, tu se' l' anima mia $". Nimica, cugin mio, par che tu sogni; non creder da me tu voler celarti: pensa ch' un altro trovar ti bisogni. Dunque tu vieni in Persia a innamorarti d' una pagana! Or fa che ti vergogni, che/ questo e\ poco men che sbattezzarti. Se' tu si\ della mente fatto cieco? Guarda che Cristo non s' adiri teco. Ove e\, Rinaldo, la tua gagliardia? Ove e\, Rinaldo, il tuo sommo potere? Ove e\, Rinaldo, il tuo senno di pria? Ove e\, Rinaldo, il tuo antivedere? Ove e\, Rinaldo, la tua fantasia? Ove e\, Rinaldo, l' arme e 'l tuo destriere? Ove e\, Rinaldo, la tua gloria e fama? Ove e\, Rinaldo, il tuo core? Alla dama. Pa\rti che 'l tempo sia conforme a questo? Pa\rti che 'l tempo sia da innamorarsi? Pa\rti che 'l tempo sia qui lungo o presto? Pa\rti che 'l tempo sia dover piu\ starsi? Pa\rti che 'l tempo sia tranquillo o infesto? Pa\rti che 'l tempo sia da motteggiarsi? Pa\rti che 'l tempo sia da dama o lancia? Pa\rti che 'l tempo sia d' andarne in Francia? A questo modo il regno in pace aremo. A questo modo acquisterai corona. A questo modo Antea giu\ abbatteremo. A questo modo andren poi in Bambillona. A questo modo la fede alzeremo. A questo modo or di te si ragiona. A questo modo se' fatto discreto. Misero a me, ch' io non saro\ mai lieto! Lascia questo pensier si\ stolto e vano; comincia a rassettar la tua armadura, che/ questo nostro Cristo e\ partigiano; non so come e' comporta tua natura. Vedi ch' addosso ci viene il Soldano, e, se tu abbatti Antea per tua ventura, che questo regno e tutte sue contrade sicuro abbiam sanza operar piu\ spade $_. Quando Rinaldo si vide scoperto e non pote/ celar quel ch' e\ palese, rispose sospirando: #_ Io veggo certo che queste al nostro Iddio son grave offese, e molta punizion, come di', merto. Ma se quel Giove iddio non si difese da questo Amor ne/ 'l bellicoso Marte, che val qui la mia forza o ingegno o arte? Io voglio al campo andar, ch' io l' ho promesso, e portero\ la lancia e 'l brando cinto: ma come potrei io ferir me stesso o vincer mai colei che m' ha gia\ vinto? Io ho la mente cieca, io tel confesso, ed anche il mio signor cieco e\ dipinto, e guida a questa volta il cieco l' orbo: dunque tu bussi a formica di sorbo. Io non posso voler, per ch' io non voglio: lasciar costei dunque io non voglio o posso. Io non son piu\ il cugin tuo, com' io soglio, pero\ che questo e\ mal che sta nell' osso; e s' io sapessi gittar questo scoglio, sarebbe Salamon suto un uom grosso, Aristotile e Socrate e Platone: dunque, fratel, non ne facciam quistione, ch' io non vo' disputar d' astrologia con quel che non sa ancor che cosa e\ stella, io non vo' disputar di cerusia con chi sempre ara, o macina, o martella, io non vo' disputar quel che amor sia con un che sol conosce Alda la bella; ma priego Amor che qualche ingegno truovi, accio\ che tu mi creda, che tu 'l pruovi $_. Rimase Orlando tutto spennecchiato quando e' senti\ quel che 'l cugino ha detto, perche/ conobbe ch' egli era ostinato. A Ulivier n' andava e Ricciardetto, e disse: #_ Il nostro Rinaldo e\ gia\ armato, ch' aspetta alla battaglia Antea nel letto $_; e racconto\ cio\ ch' egli avea sentito; donde ciascun di lor n' e\ sbigottito. Ma Ulivier con Orlando dicea: #_ Io gli ho a cantar poi il vespro, s' io mi cruccio $_. #_ Deh, taci! $_ Orlando tosto rispondea #_ che/ ti direbbe: #" Ne/ttati il cappuccio $". A me, che ignuno error di cio\ sapea, m' ha rimandato indrieto come un cuccio. Chi vi cercassi trito a falde a falde, ne/ l' un ne/ l' altro e\ farina da cialde. Vo' che tu corra come {t} fe' {/t A; fe/ R} a furore quella badessa e lievi il romor grande, che volle {add} to^r {/add; to\r R A} la cuffia e per errore si misse dell' abate le mutande; per che la monacella peccatore disse: #" Madonna, il capo vi si spande: la cuffia prima un poco v' acconciate $"; dond' ella si torno\ al suo santo abate. Qui si bisogna provedere a noi e che noi andian domani al campo armati: io saro\ il primo e poi sarete voi, che con Antea ci saremo sfidati. Io so ch' io l' uccidro\, sia che vuol poi: se noi sarem dal Soldano assaltati, difenderenci e Iddio ci aiutera\e, ne/ piu\ la dama il mio cugino ara\e. Ma forse altri pensier potrebbe avere, se la fortuna o 'l peccato volessi ch' ella m' abbatta in terra del destriere, bench' io mi credo che se ne ridessi. Ma Cristo mi dara\ forza e potere e con sua man mi sosterra\ lui stessi, e lasceren Rinaldo a riposarsi nel letto insin che potrebbe destarsi $_. Ulivier non rispose nulla a questo, e diecimila a cavallo ordinorno. L' altra mattina ognun s' armava presto; verso dell' oste del Soldan n' andorno; cosi\ Rinaldo sanza esser richiesto; e disse al conte: #_ Sonerai tu il corno, che/ sai che poco il sonarlo e\ mia arte, e chiama al campo Antea dalla mia parte $_. #_ Ah $_ disse Orlando, #_ tu non di' davvero. Io lo faro\ come persona sciocca, che/ di piacerti ho troppo deside/ro $_; e l' alifante si poneva a bocca e sono\ tanto forte e tanto altero, che come il suon del corno fuori scocca {add} subito {/add; su\bito R A} venne agli orecchi d' Antea che fra se stessa gran dolor n' avea, dicendo: #_ Io ho qui perduta ogni fama: parra\ che per vilta\ nel padiglione mi stessi addormentata $_; e l' arme chiama e finalmente salto\ in su l' arcione. Come Rinaldo scorgeva la dama, par che sia tratto il cappello al falcone e tutto si rassetta in su la sella e in qua e in la\ con Baiardo saltella. Giunta costei, con un gentil saluto lo saluto\, che in mezzo il cor gli passa; poi fece con Orlando il suo dovuto; Orlando per dolor giu\ gli occhi abbassa. Disse la dama: #_ E' vi sara\ paruto ch' io sia molto per certo pigra e lassa, che sto nel letto e voi siete aspettarmi: veggo che l' arte e\ pur vostra dell' armi. Prendi del campo tu, Rinaldo mio, che/ so che tu m' aspetti alla battaglia, e cio\ ch' io ti promissi, pel mio Iddio, osserverotti sanza mancar maglia $_. Dicea Rinaldo: #_ A combatter vengo io, ma vorrei far con arme che non taglia $_. Volse il cavallo, e cosi\ la fanciulla. Disse Ulivieri: #_ E' non ne sara\ nulla $_; e parvegli ch' Antea se ne ridesse, quand' ella volse il cavallo arabesco. Volto Rinaldo, l' aste in resta messe e con Baiardo {t} fe' {/t A; fe/ R} del barberesco; ma come e' par ch' alla dama s' appresse, un bello scudo ch' aveva moresco {add} subito {/add; su\bito R A} drieto alle spalle gittava e gitto\ via la lancia che portava. Veggendo questo, Antea, ch' era gentile, {add} subito {/add; su\bito R A} anco ella lo scudo volgea per non parer ne/ villana ne/ vile; Orlando troppo di cio\ si dolea, e dice: #_ L' {t} e/sca {/t R; esca A} riscalda el fucile. Maladetta sia tu per certo, Antea! Or vedi, Ricciardetto, ove noi siamo: qui si convien che l' arme adoperiamo, che/ quando io vidi Antea si\ larghi patti far, se Rinaldo la vinceva in giostra, io dissi: #" Or sono acconci i nostri fatti, a salvamento omai la terra e\ nostra $". Ora ho temenza alfin non sia\n disfatti, poi che tanta pazzia Rinaldo mostra: parmi ch' uscito sia dello intelletto $_. #_ E cosi\ a me $_ diceva Ricciardetto. Accostasi a Rinaldo Orlando allora, e disse: #_ Dimmi dove tu ha' apparato giostrar cosi\, ch' io nol sapevo ancora e molto caro ho tu m' abbi insegnato. Veggo che 'l foco drento ben lavora e 'n questo di\ riman' vituperato $_. Disse la dama: #_ Cosi\ vuole Amore. Prendi del campo tu, gentil signore $_. Allor comincia Ulivieri a pregare: #_ Per grazia, car cognato, ti domando che tu mi lasci con questa provare $_. #_ Io son contento $_; rispondeva Orlando #_ non che pregarmi, tu puoi comandare $_. Ulivier venne il suo destrier voltando e quanto gli parea del campo prese; cosi\ la donna, e volsesi al marchese. Riscontro\ Ulivier la damigella e ruppe la sua lancia e non la mosse ne/ piego\ pure un dito in su la sella; ma in su lo scudo in modo lui percosse, che cadde per virtu\ della donzella e bisogno\e che prigionier suo fosse; e Ricciardetto gli {t} fe' {/t A; fe/ R} compagnia, accio\ che gl' increscessi men la via, e 'nverso il padiglion furno {t} avvi%ati {/t A; avviati R}. Rinaldo si ridea del suo fratello. Orlando gli dicea: #_ Pe' tuoi peccati credo che t' abbi perduto il cervello. Ma que' che son di sopra coronati ben ti serbano a tempo il tuo flagello $_. Rinaldo, ch' avea il cor dato in diposito, non rispondeva a Orlando a proposito. Per la qual cosa Orlando e\ insuperbito, e disse: #_ Io giuro pel nostro Gesu\e, che se 'l peccato tuo non e\ punito in qualche modo, io non gli credo piu\e, e leverotti da giuoco e partito che con Antea non giosterrai piu\ tue, ch' io gli daro\ la morte in tua presenzia per darti parte di tua penitenzia $_. E disse ' Antea: #_ Se vuoi, piglia del campo, che/ fia cagion del tuo morir Rinaldo: ch' io ti faro\ sentir, s' io non inciampo, d' altro per certo che d' amor pur caldo $_. Disse la dama: #_ Non c' e\ ignuno scampo: se fussi, Orlando, piu\ ch' un muro saldo, io ti faro\ cader per tuo dispetto: cosi\ ti sfido e cosi\ ti prometto $_. Orlando con grande ira il destrier volse e va sbuffando che pareva un toro; cosi\ del campo la fanciulla tolse, poi si volto\, che non {t} fe' {/t A; fe/ R} ignun dimoro; sopra lo scudo del buon conte colse, credendo dargli il suo sezzo martoro: ruppe la lancia e non si mosse il muro come avea detto, tanto e\ forte e duro. Maravigliossi di questo la dama, e disse: #_ Io ero in un pensiero strano d' abbatter un tal uom, c' ha tanta fama $_. Orlando anco la lancia ruppe invano, perche/ lo scudo e\ incantato e la lama: dunque le spade pigliavano in mano e cominciorno la battaglia insieme, per modo che d' Antea Rinaldo teme. Are' voluto, tanto e\ innamorato, del suo cugin veder la terra rossa, e come Orlando il colpo aveva dato, gli rimbombava nel cuor la percossa e par che 'l petto gli resti intronato, come avviene allo infermo per la tossa; ed ogni volta con Cristo si cruccia e dice l' orazion della bertuccia. Alcuna volta ch' Antea superava un poco Orlando, egli arebbe voluto ch' ella il gittassi in terra, e sospirava, e con sue proprie man porgergli aiuto. Guarda costui quanto Amor lo 'ngannava! ch' era di poco di Francia venuto con tanta impresa a trarlo di prigione, ed or chiedea la sua distruzi%one. Or basti questo essemplo a chi m' intende. Orlando con Antea mirabil pruova facea col brando, e costei si difende, pero\ che l' arme sua fatata truova, e spesso a lui simil derrate rende; ma sopra l' armi sue poco ancor giova, pero\ ch' Orlando tale avea armadura che regge a tutte botte, in modo e\ dura. Duro\ tutto quel giorno la battaglia sanza {t} avanzare {/t R; avanzar A} l' un l' altro di {t} niente {/t R; ni%ente A}, da poi che l' arme non si rompe o taglia. Era gia\ il sol caduto in Occidente, e non restando la fiera puntaglia, Orlando disse alla dama piacente: #_ Credo che tempo da ritrarsi sia, e faccendo altro sare' villania. Non {t} c' {/t R; ci A} e\ vergogna, che/ non c' e\ vantaggio; per istasera la guerra e\ finita $_. Disse la donna: #_ Io ho per grande oltraggio ch' io non t' ho fatto qui lasciar la vita; ora a tua posta vanne a tuo {t} vi%aggio {/t A; viaggio R} $_. E cosi\ fecion dal campo partita; e ritornossi Orlando al suo stazzone e la fanciulla al padre al padiglione. E fra tre di\ promisson ritornare alla battaglia e far quel ch' e\ usanza. Or altra storia ci convien trattare. Cercato il mondo avea Gan di Maganza, come e' potessi Rinaldo trovare, ma {t} dove {/t R; dov' e' A} fussi non avea certanza. Al campo capito\ dove e\ il Soldano e de/ttesi a conoscer ch' era Gano, e disse che di corte era sbandito e dava tutte a Rinaldo le colpe e che pel mondo alcun tempo era gito per fargli alfin lasciar l' ossa e le polpe. Avea il Soldan di Gan molto sentito com' egli e\ malizioso piu\ che volpe e piu\ che Giuda tristo e traditore; e quanto piu\ potea gli fece onore. E racconto\ di Persia come era ito il fatto e come Orlando l' avea presa e Chiari%ella il padre avea tradito e che per questo mossa ha tale impresa, pero\ che 'l regno a lui e\ stabilito, ma nol puo\ racquistar sanza contesa; ma tanto tempo e\ disposto far guerra, che torra\ loro e la vita e la terra. E disse come al campo era venuto Rinaldo ed Ulivieri e 'l conte Orlando, e come Ricciardetto era caduto ed Ulivier sanza operare il brando, e la sua figlia l' aveva abbattuto e come e' gli ha prigioni {t} a {/t R; al A} suo comando. Ebbe di questo Gan molta letizia e comincio\ a pensar tosto malizia. E dopo molto e gran ragionamento, dicea: #_ Soldano, intendi il mio consiglio. Combatter con Orlando e\ {t} fummo {/t R; fumo A} al vento, e dara\ alfine a' tuoi prigion di piglio. Io cercherei d' avergli a salvamento accio\ che non ti fugghin dello artiglio e non farei in su' campi piu\ dimoro, ma in Bambillona me n' andrei con loro. So che Rinaldo tanto ama il fratello e cosi\ Orlando il cognato Ulivieri, che cio\ che tu vorrai l' arai da quello, pur che tu renda lor questi guerrieri. Io darei presto al vento il mio drappello, che/ non {t} ri%usciranno {/t A; riusciranno R} qui i pensieri $_. E tanto seppe il Soldan confortare, che s' accordava il suo campo levare. Rinaldo con Orlando era tornato in Persia e fatto gran disputazione. Orlando s' era con lui riscaldato: #_ Io credo che tu stavi in orazione ch' io fussi da colei preso e legato, e quando bene alla tua intenzione non {t} ri%usciva {/t A; riusciva R} il disegno o l' archimia, dicevi il paternostro della scimia $_. E forse che di questo era indovino. Cosi\ la sera a posar se n' andorno, rimbrottandosi insieme col cugino. Rinaldo si levo\ come e' fu giorno; vide levato il campo saracino da un balcon donde e' vedea dintorno: maravigliossi e gran dolor n' avea, che/ riveder mai piu\ non crede Antea. Non si ricorda gia\ di Ricciardetto, non si ricorda ch' Ulivieri e\ preso, che gli soleva amar con tanto effetto: tanto il foco d' amor drento era acceso! Al conte Orlando presto andava al letto, e disse: #_ Hai tu del nuovo caso inteso? Dal mio balcon teste/ guardando il piano, veggo che 'l campo ha levato il Soldano $_. #_ Ah $_ disse Orlando, #_ come esser puo\ questo? Come puo\ farlo altro che solo Iddio che sia di qui partito cosi\ presto? O Ulivieri, o Ricciardetto mio, forse ch' avvolto avete ora il capresto! Or se' contento, cugin pazzo e rio? Or si vendichera\ il Soldan de' torti. Io ne faro\ vendetta, se gli ha morti. Qui si bisogna {add} subito {/add; su\bito R A} riparo e tempo non e\ piu\ d' essere amante $_. E finalmente d' accordo ordinaro che Chiari%ella sposassi Balante e 'l regno a questi a governo lasciaro, e Luci%ana col suo Balugante a Siragozza a Marsilio tornassino e per lor parte assai lo ringraziassino. E ben cognobbe Luci%ana e vede ch' al suo Rinaldo era uscita del core: contenta si parti\ come ognun crede, e disse fra se stessa: #_ Ingrato Amore, e\ questo il merto di mia tanta fede? Cosi\ va chi si fida in amadore $_; e ritornossi assai dogliosa al padre con Balugante e con le loro squadre. Ordinato la terra, si partiro Rinaldo, Orlando e 'l suo caro scudiere e per diverse vie cercando giro dove sien del Soldan le sue bandiere. Una mattina in un bosco appariro, dove s' andava per istran sentiere, per ispilonche e per burroni e balze, dove vanno le capre appena scalze. E come furno in mezzo del deserto cinque giganti trovorno assassini, che tutto quel paese avien diserto, tanto che presso non v' e\ piu\ vicini. In una grotta in un luogo coperto si riducevan come malandrini ed una damigella avien con loro, tutta angosciosa e con assai martoro. Al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} l' avevon rubata, ch' era signor della Bellamarina; in questa grotta l' avevon legata e molto la sua vita era meschina. E come e' giunse la nostra brigata, l' un de' giganti a Rinaldo cammina e in ogni modo Baiardo volea e minacciava se non ne scendea; e dice: #_ Tu potrai poi starti meco e menerotti per queste contrade: aiutera' mi a recar cio\ ch' io reco, che/ ogni giorno rubian queste strade $_. Disse Rinaldo: #_ Dunque staro\ teco se drieto ti verro\ per le masnade? Tu mi par' poco pratico, gigante, ch' io non sono uom da star teco per fante $_. E detto questo, Baiardo scostava, poi cogli sproni in su' fianchi ferillo in modo che tre lanci egli spiccava, che gozzivaio non parea ne/ grillo; la lancia abbassa e 'l gigante trovava, in mezzo il petto col ferro ferillo e passo\ il cuore al gigante gagliardo ed anco d' urto gli die\ con Baiardo. Un di quegli altri a Orlando s' accosta e 'n sull' elmetto gli die\ si\ gran picchio, che se non fussi che l' arme {t} fe' {/t A; fe/ R} sosta, e' gli levava del capo uno spicchio. Non si pote/ {t} ri%avere {/t A; riavere R} a sua posta Orlando, che pel duol si fece un nicchio e tramortito par che giu\ cascasse; ma 'l fer gigante di sella lo trasse e portollo di peso un mezzo miglio per gittarlo in un luogo fuor di strada. Orlando ritorno\ nel suo consiglio: videsi preso e pigliava la spada e ficcolla al gigante in mezzo il ciglio, tanto che morto convien che giu\ vada, che/ per l' orecchio {t} ri%usci\ {/t A; riusci\ R} dal lato, si\ che pel colpo il gigante e\ cascato. Terigi sempre l' aveva seguito. Or ritorniamo a Rinaldo che resta nella battaglia dagli altri assalito, che forse alfin gli rompevan la testa se non fussi il caval ch' e\ tanto ardito, che morde e trae e facea gran tempesta tanto che gnun non si vuole accostare; donde un gigante comincio\ a parlare: #_ Chi tu ti sia, cristiano o saracino, tu mi pari uom da far poco guadagno: per mio consiglio, piglia il tuo cammino, che/ questo tuo destriere e\ buon compagno $_. Rinaldo s' {t} avvi%ava {/t A; avviava R}. E Vegliantino cercato ha tanto del suo signor magno, che lo trovava e {add} su {/add; su\ R A} vi monta Orlando e molto di Rinaldo ando\ cercando, e Rinaldo di lui cercava ancora: non si trovorno, che/ smarriti sono. Della foresta cercono uscir fuora. Orlando sente per la selva un suono: ecco apparir quella fanciulla allora, che s' inginocchia e domanda perdono e dice come ella fussi scampata mentre che gli era la zuffa appiccata e che gli dessi ed aiuto e conforto. Orlando di Rinaldo suo domanda; disse la dama: #_ Io so che non e\ morto; ma dove e' gissi, non so da qual banda. Andian cercando, per Dio, qualche porto $_. Allora Orlando a Dio si raccomanda; e cavalcorno il giorno e poi la notte, sempre per balzi e per fossati e grotte. Rinaldo, uscito al giorno d' un burrone, comincia del dimestico a trovare; truova un pastor che in su 'n un capperone certe vivande sue volea mangiare e fece insieme con lui collezione. Mangiato, cominciossi addormentare perche/ la notte non avea dormito, e dal pastor si trovo\ poi tradito. Questo pastor sopra Baiardo arranca, come e' vide Rinaldo addormentato. Vede Rinaldo che 'l destrier gli manca (che/ si desto\, perch' egli avea sognato ch' un gran {t} li%on {/t A; lion R} l' avea preso per l' anca), e disse: #_ Or son io ben male arrivato! $_; e 'l me' che puo\ soletto ne va a piede, perche/ Baiardo e 'l pastor non rivede. Questo pastor n' ando\ a una citta\ dove il Soldan teneva il suo tesoro. Il mastro giustizier, che quivi sta, vide il cavallo a quell' uom grosso e soro, e quel che ne volea domandato ha. Costui chiedea trecento dobbre d' oro, onde e' rispose: #_ Io vo' veder provallo $_; e quel pastor di spron de/tte al cavallo. Baiardo conosceva a chi {t} gli {/t R; egli A} e\ sotto: subitamente prese in aria un salto, onde il pastor, ch' a l' arte non e\ dotto, si ritrovo\ di fatto in su lo smalto e del petto due costole s' ha rotto. Il giustizier, che 'l vide levare alto, disse al pastor: #_ Questo e\ pel tuo peccato, ch' io so che questo cavallo hai imbolato $_. Poi gli fece i danari annoverare. Or ritorniamo a Rinaldo ch' andava sanza saper dov' egli abbi arrivare e Ricciardetto ed Ulivier chiamava: #_ A questo modo vi vengo aiutare? $_; quando d' Orlando si rammaricava: #_ Dove lasciato t' ho, cugin mio buono, nel bosco? Ed io dove arrivato sono? O Carlo Magno, ben sarai contento! O Ganellon, bene arai allegrezza! O Chiaramonte, il tuo rigoglio e\ spento! O Monte Alban, tu tornerai in bassezza! O buon Guicciardo, dove e\ il tuo ardimento? O donna mia, dov' e\ tua gentilezza? O caro Astolfo mio, come farai? Ome\, Rinaldo, che via piglierai? $_. E cosi\ lamentando, capito\e a Bambillona per molte contrade. Essendo presso, un pagan riscontro\e e domandollo di quella cittade; onde il pagan ridendo lo beffo\e, quando lo vide cosi\ in povertade: #_ Tu hai gli spron $_, dicea #_ dove e\ il ronzino? Tu 'l debbi aver giucato pel camino $_. Donde Rinaldo s' adiro\ con quello; disse: #_ Per Dio, tu pagherai lo scotto! $_. Prese la briglia e colui pel mantello e disse: #_ Io vo' l' alfana che tu hai sotto, e serba tu gli spron, ribaldo e fello $_. Poi trasse fuor Frusberta e non {t} fe' {/t A; fe/ R} motto e de/ttegli un rovescio alla francesca, che lo taglio\ pel mezzo alla turchesca. Morto costui, innanzi gli veni\a un altro che parea buona persona; disse Rinaldo: #_ Dimmi, in cortesia, questa citta\ com' ella si ragiona $_. Colui rispose sanza villania: #_ Sappi che questa e\ la gran Bambillona e Bambillona si chiama maggiore e 'l Soldan della {t} Mecche {/t A; Mech R} n' e\ signore. Ed e\cci una figliuola del Soldano che molto afflitta mena la sua vita, ed e\ssi innamorata d' un cristiano e duolsi che nol vide alla partita: sento ch' egli e\ non so che Monte Albano; tanto e\ che per lui par tutta smarrita e tutta solitaria e\ fatta questa, che solea la citta\ tener gia\ in festa. Ora io t' ho detto piu\ che non domandi; s' altro tu vuoi da me chiedi tu stesso, ch' io il faro\ volentier pur che comandi, che/ certo un uom gentil mi par' dappresso $_. Disse Rinaldo: #_ Troppo me ne mandi contento se 'l tuo nome mi di' adesso $_. Dicea il pagan: #_ Fia fatto, e volentieri, cio\ che tu vuoi: chiamato son Gualtieri. E se ti piace io vo' teco venire dove tu vai, ch' io son uom poveretto: non ho faccenda o roba da partire e d' esserti fedel giuro e prometto $_. Quando Rinaldo cosi\ ode dire, disse: #_ Gualtier, per buon fratel t' accetto $_; come nell' altro dir vi sara\ po\rto. Cristo vi guardi e dia pace e conforto. Virgine innanzi al parto ed ora e sempre, Virgine pura, Virgine beata, Virgine che 'l tuo figlio in ciel contempre, Virgine degna, Virgine sacrata, Virgine ch' ogni cosa guidi e tempre, Virgine con Gesu\ nostra avvocata, Virgine piena di grazia e di gloria, Virgine etterna, aiuta la mia storia. #_ Sappi ch' i' son colui per cui sospira nella citta\ la figlia del Soldano; ma la Fortuna che sue rote gira, m' ha qui condotto con gli sproni in mano, e di me fatto il berzaglio e la mira. Or pur torrai questa alfana, pagano, che/ 'l mio cavallo ho perduto, Baiardo, e 'l mio cugin, che mai fu il piu\ gagliardo; nella citta\ n' andrai {add} subito {/add; su\bito R A} a quella; di' che Rinaldo in sul campo l' aspetta alla battaglia armato, non in sella, che/ vuol de' suoi prigion far la vendetta: vedrai che gli parra\ buona novella $_. Gualtier sopra l' alfana allor s' assetta, e presto in Bambillona andava ' Antea e quel c' ha detto Rinaldo, dicea. Diceva Antea: #_ Puo\ farlo la Fortuna che sia Rinaldo e sia cosi\ soletto, sanza cavallo o compagnia nessuna? $_. E corse a Ulivieri e Ricciardetto, e disse: #_ Or non temete cosa alcuna $_ perche/ sapea che vivon con sospetto; e quanto piu\ potea gli confortava, che/ per amor di Rinaldo gli amava e Ricciardetto avea trattato in modo che mai nessun disagio comporto\e, tanto la strigne l' amoroso nodo. Poi, fatto questo, al Soldan se n' ando\e: #_ Voi non sapete $_ disse #_ quel ch' io odo; pero\ quel c' ho sentito vi diro\e: Rinaldo fuor m' aspetta delle mura, a pie\, soletto, sol con l' armadura $_. Il Soldan disse: #_ Molto strano e\ il caso ch' un cavalier di tanta nominanza cosi\ sanza caval sia sol rimaso $_; e disse: #_ Che di' tu, Gan di Maganza, che se' d' ogni sci%enza e virtu\ vaso? Sai che Rinaldo ha pur molta possanza, ne/ la fortuna ritentar vorrei: pertanto il tuo consiglio caro arei $_. Forse che Gano ebbe a pensare a questo, ch' avea di tradimenti pieno il seno, e la risposta apparecchiata ha presto; disse: #_ Soldan, s' a mio modo fareno, non metteren cosi\ in un tratto il resto, ma minor posta ch' Antea mettereno. Se Rinaldo ama la donna famosa, credi per lei che farebbe ogni cosa. E' c' e\ quel Veglio antico maladetto, che sta nella montagna d' Aspracorte e tutto il regno tuo tiene in sospetto: la tua fanciulla con parole accorte conchiugga con Rinaldo questo effetto: che s' a quel Veglio dar crede la morte, che {t} ri%ara\ {/t A; riara\ R} i prigioni, e tutti i patti gli osserverai, che in Persia furon fatti $_. Era il Soldano uom molto scozzonato, e 'ntese ben che lo manda alla mazza, e fra se/ disse: #_ Ecco uomo scelerato! Ecco ben traditor di fine razza! $_. Rispose: #_ Io lodo quel c' hai consigliato: ogn' altra cosa sare' forse pazza $_: e la sua figlia conforto\ ch' andassi al suo Rinaldo e questo domandassi. Ella rispose al Soldan ch' era presta, e quanto piu\ pote/ si facea bella: missesi indosso una leggiadra vesta, ove fiammeggia d' oro alcuna stella nel campo azurro, molto ben contesta di seta ricca, e poi montava in sella con due sergenti, e non volle armadura, ed a Rinaldo ando\ fuor delle mura. Quando Rinaldo Antea vede venire, sente nel cuor di {add} subito {/add; su\bito R A} un riprezzo d' amor, che gliel facea per forza aprire: #_ Ecco il sol $_, disse, #_ fra le stelle in mezzo $_. Giunse la donna che 'l facea morire; vide che s' era a seder posto al rezzo appie\ d' un moro gelso in su la strada, in sul pome appoggiato della spada; e disse: #_ Mille salute a Rinaldo! Qual fato ingiusto o qual fortuna vuole ch' a pie\ soletto camini pel caldo? $_. Quando Rinaldo senti\ le parole, non potea il cor nel petto stargli saldo, e disse: #_ Ben ne venga il mio bel sole! Qual grazia qui ti manda a confortarmi? Ma dimmi: dove hai tu lasciate l' armi? $_. Rispose la fanciulla: #_ Ah, puro e soro! A quel che ci bisogna ogn' arme e\ buona; ch' io doverrei, per uscir di martoro, far come Tisbe mia di Bambillona, poi che noi siamo appie\ del gelso moro, della cui fede ancor la fama suona; e forse del mio amor costante e degno in qualche modo il Ciel farebbe segno. Io son venuta perche/ il padre mio vuol ch' io ti dica quel che intenderai: ch' un nostro gran nimico, antico e rio, se tu l' uccidi, i tuoi prigioni arai e cio\ che in Persia gia\ ti promissi io. Non so se ricordar sentito l' hai, ma molto suona la sua possa magna: {t} el {/t R; e 'l A} Veglio appellato e\ della Montagna. E statti d' ogni cosa alla mia fede, se tu farai, Rinaldo, quel ch' io dico. Ma dimmi come sia rimaso a piede, e ch' io non veggo Orlando qui, il tuo amico. Piglia questo caval, che, per mia fede, se non l' accetti, sarai mio nimico $_. Disse Rinaldo: #_ In un deserto folto rimase Orlando, e 'l destrier mi fu tolto; e 'l me' ch' io posso mi son qui condotto (l' amor ch' io porto ' Antea me lo fa fare) e son venuto a pie\ piu\ che di trotto; ne/ voglio altro caval mai cavalcare, insin che 'l mio Baiardo non m' e\ sotto. Or, perche/ sempre mi puoi comandare, colui che di', di montagna o di bosco, fammi assaper, ch' io per me nol {t} conosco. {/t R; cognosco. A} E s' egli avessi la testa di ferro, per lo tuo amor due pezzi ne faro\e: cosi\ ti giuro, e so che mai non erro. E d' ogni cosa in te mi fidero\e di cio\ che fu ne' patti, s' io l' atterro $_. Rispose Antea: #_ Con teco mandero\e un de' miei {t} mamalucchi {/t R; mammalucchi A}, che la\ vegni; e questo can malfusso te lo 'nsegni. Io mi ritorno drento alla citta\, che/ tempo non e\ or da far soggiorno. A' tuoi {t} prigioni niente {/t R; prigion ni%ente A} manchera\, ch' io gli ho sempre onorati notte e giorno; e libero ciascun di lor sara\, Rinaldo, in ogni modo al tuo ritorno. Macon sia teco $_. E poi volto\ il cavallo, che/ 'n volto piu\ non sofferia guardallo, e ritornossi sospirando drento e ridiceva al Soldano ogni cosa. Non domandar come Gan fu contento: dell' alegrezza non trovava posa; e perche/ e' fussi doppio il tradimento, disse cosi\: #_ Se tu vuoi {add} co^r {/add; co\r R A} la rosa a tempo e sanza pugnerti la mano, un altro bel partito c' e\, Soldano. Rinaldo non ara\ col Veglio scampo; or mi parrebbe la tua figlia andassi a Monte Albano intanto a porre il campo, e bastere' trentamila menassi, prima che sia raffreddo questo vampo. Orlando non v' e\ or, che rimediassi, ma sol Guicciardo, Alardo e Malagigi; e preso Montalban, preso e\ Parigi. Questo Ulivieri e questo Ricciardetto de' miglior paladin son ch' abbi Carlo: Carlo in Parigi e\ rimaso soletto, e per paura attendera\ a guardarlo. Qui e\ il partito vinto e 'l giuoco netto, pur che tu sappi, signor mio, pigliarlo $_. Donde al Soldan troppo la 'mpresa piace. e cio\ c' ha detto Gan gli fu capace, e la figliuola scongiurava e priega che ora e\ tempo acquistar qualche fama: ma la fanciulla al principio cio\ niega, come colei che Rinaldo molto ama; e molto saviamente al padre allega che sempre piu\ l' onor che l' util brama, e che Rinaldo voleva aspettare, e cio\ ch' aveva promesso osservare. Il padre rispondea: #_ Prima che torni dal Veglio, o che gli dia si\ tosto morte, saranno trapassati molti giorni: tu sarai a Montalban prima alle porte co' tuoi stendardi e' tuoi baroni adorni; ed oltre a questo, Orlando or non e\ in corte, ne/ Ricciardetto, Ulivieri o Rinaldo: pero\ battiamo il ferro mentre e\ caldo. Quando Rinaldo sara\ ritornato, perch' io m' avveggo tu gli porti amore, cio\ che promesso gli hai, fia osservato, e, giusto mio poter, fare/gli onore tanto che in Persia si fia ritornato: quivi si posera\, sendo signore. Diren che nella {t} Mecche {/t A; Mech R} tu sia andata, e 'n pochi giorni qui sarai tornata $_. Gano in sul fatto diceva parole ch' eran tutte de' colpi del maestro. Quando Antea vide che 'l Soldan pur vuole, rispose che parata era a suo destro. Fannosi insegne, come far si suole, e fornimenti pel luogo campestro; padiglioni e trabacche s' apparecchia, e tutta l' arme si ritruova vecchia. Non credo che mai tanto martellassi in Mongibello il gran fabbro Vulcano, quanto per tutta Bambillona fassi; e chi portava l' arco sori%ano, racconcia le saette co' turcassi; chi la sua scimitarra piglia in mano e vuol veder s' ella e\ di tutta pruova; chi briglie e selle e chi staffe rinuova. In pochi giorni son tutti assettati, e die\ il Soldan le sue benedizioni alla figliuola, e sono accomiatati e dati tutti al vento i lor pennoni. Guardava Antea que' cavalieri armati e tutti gli vagheggia in sugli arcioni, e dice: #_ Io vedro\ pur Cristianitade, castella e ville e tutte le cittade, le sue marine, i boschi, i monti e 'l piano, e 'l bel castel, che guarda Malagigi, del mio Rinaldo, detto Monte Albano; vedro\ la bella chiesa San Dionigi; vedro\ il Danese, Astolfo e Carlo Mano, quand' io saro\ a combatter poi Parigi; e s' io torro\ a Rinaldo il suo castello, potro\ cio\ ch' io vorro\ poi aver da quello. Combattero\ co' paladini ancora; Rinaldo tornera\, cosi\ Orlando, e proverrommi con lor forse allora: la fama insino al ciel n' andra\ volando $_. Cosi\ di queste cose s' innamora, mentre che a cio\ pensava cavalcando, come colei che sol bramava onore e molto generoso aveva il core. Gan per la via con lei molto parlava, ch' era con essa a fargli compagnia: #_ Cosi\ faremo $_; e molto confortava, dicendo spesso: #_ Per la fede mia, del traditor Rinaldo non mi grava. E' non ci va due mesi, che in bali\a arete tutto il reame di Francia, sanza operare spada molto o lancia. Io ho parenti, amici in ogni lato; e non ha Carlo si\ fidata terra, ch' i' non sappi ordinar qualche trattato, come e' vedranno appiccata la guerra $_. Diceva Antea: #_ Guata uom bene ostinato! Chi dice traditor, certo non erra; che/, se di questo il mio giudicio e\ saldo, non vidi alla mia vita un tal ribaldo $_. Cosi\ costor ne vanno a Monte Albano. Or ritorniamo un poco al suo signore. Rinaldo e 'l mamalucco del Soldano vanno a quel Veglio crudo e peccatore. Dicea Rinaldo allo scudier pagano: #_ Monta in su questa alfana per mio amore, che/ insin che 'l mio caval non troverro\e, altro destrier gia\ mai cavalchero\e $_. Non voleva il pagan per riverenza, ma poi per riverenza anco l' accetta. Vanno parlando della gran potenza di quella aspra persona e maladetta. Diceva il mamalucco: #_ Abbi avvertenza che la sua branca addosso non ti metta $_. Rinaldo rispondea: #_ Tu riderai, che/ maggior bestia son di lui assai $_. Poi che furono entrati in un gran bosco, in mezzo a quel trovorno un gran burrone, diserto, oscuro e tenebroso e fosco. Disse il pagan: #_ Qui sta quel can ghiottone in quel palagio che vedi; io il cognosco insin di qua, ch' io il veggo a un balcone $_; e mostro\ quello a Rinaldo, che stava alla finestra e pel bosco guardava. Come e' vide apparir Rinaldo, forte grido\ da quel balcon: #_ Che gente e\ questa? Ch' andate voi cercando qua? La morte? $_. Venne alla porta con molta tempesta. Disse Rinaldo: #_ A te sanz' altre scorte venuti siam per l' oscura foresta, e vengo a dare a te quel che tu ha' detto, per onta e disonor di Macometto. So che tu se' del gran Soldan nimico, e son venuto qui per vendicallo di cio\ che fatto gli hai pel tempo antico, che/ contro a lui commesso hai piu\ d' un fallo $_. Rispose il Veglio: #_ Io fui sempre suo amico per ogni tempo, e tutto il mondo sallo; e perche/ cavalier mi par' dabbene, vo' che tu intenda onde tal cosa viene. Questo Soldan, gia\, sendo addormentato, una mattina in visi%on vedea che, sendo sopra il suo cavallo armato, una montagna addosso gli cadea; ed ha per questo sogno interpetrato ch' io sia quel desso; e gia\ ci mando\ Antea a combatter con meco, e finalmente della battaglia si parti\ perdente. Questo sospetto fa che mi persegua e cerchi quanto e' puo\ {add} to^rmi {/add; to\rmi R A} la vita, sanza voler con meco accordo o triegua. Ma se questa sentenzia e\ stabilita in Ciel, se innanzi a me non si dilegua, convien che finalmente sia essaudita. Or se tu se' venuto qua a sfidarmi, aspetta tanto ch' io prenda mie armi $_. Disse Rinaldo: #_ In ogni modo voglio che tu ti vesta tutta tua armadura, che/ altrimenti combatter non soglio. Vedren come al mio brando sara\ dura; e forse ti faro\ giu\ por l' orgoglio e piu\ il Soldan non istara\ in paura $_. Armossi il Veglio allor di tutta botta di pelle di serpente dura e cotta, e tolse per ispada un mazzafrusto con tre palle di piombo catenate, ferrato e nocchioruto e grave e giusto, e ritorno\ a Rinaldo immedi%ate, e disse: #_ Io ti faro\ mutar di gusto, come tu assaggi di queste picchiate; che/, s' io t' accocco una palla di piombo, di Bambillona s' udira\ il rimbombo. Ma vo' che tu mi dica, se ti piace, il nome tuo e se tu se' pagano, poi che tu parli si\ superbo e audace e vuoi far le vendette del Soldano $_. Disse Rinaldo: #_ Cio\ non mi dispiace. Io sono il gran signor di Monte Albano e per amor d' Antea vengo ammazzarti, che/ lo faro\ pria che da me ti parti; e so che per la gola, Veglio, menti, ch' alla battaglia vincessi colei: non sette come te, co' tuoi parenti! Oltre! io ti sfido per amor di lei; ed hogli fatti mille sacramenti che sanza il capo tuo non tornerei; e nel partir mi dono\ questa stella d' una sua vesta ch' avea, molto bella; ed io gli donero\, per cambio a questo, il capo tuo, malvagio traditore $_. Turbossi il Veglio nella fronte presto, quando e' senti\ chi era quel signore; e se fussi il partirsi stato onesto, si dipartia, si\ gli tremava il core; ma per vergogna il mazzafrusto alzo\e e con Rinaldo la zuffa appicco\e. Rinaldo aveva gli occhi a quelle palle, ch' un tratto ch' ell' avessin fatto co\lta gli facevon le gote altro che gialle. Pur s' appiccorno alcuna qualche volta, che/ non pote/ cosi\ netto schifalle, tanto che l' elmo sonava a raccolta: dunque e' convien ch' ogni suo ingegno adopre, e con lo scudo e col brando si cuopre. E come e' vede la mazza caduta, il me' che puo\ con la spada il punzecchia, quando alle gambe, quando alla barbuta; con l' altro braccio lo scudo apparecchia per riparare, e 'n tal modo s' aiuta, che/ lo schermire era l' arte sua vecchia; ma ogni volta riparar non puossi, e spesso con l' un piede inginocchiossi. Quando ebbon combattuto un' ora o piu\e, Rinaldo un tratto Frusberta {add} su {/add; su\ R A} alza per mostrare a quel colpo sua virtu\e: un cappellaccio ch' egli avea, giu\ balza per la percossa, che si\ aspra fue, che 'l crudel Veglio la terra rincalza; e cadde come il tordo sbalordito, tanto ch' un pezzo stette tramortito. E risentito, disse: #_ O cavaliere, io mi t' arrendo e dommi tuo prigione, che/ mi potevi uccidere a giacere: da ora innanzi, famoso barone, di mia persona fanne il tuo volere $_. Disse Rinaldo: #_ Per mio compagnone t' accetto, e tua persona franca e degna con meco in compagnia vo' che ne vegna $_. Rispose il Veglio: #_ Io son molto contento seguitar cavalier tanto giocondo, e vo' che sia tuo sempre a tuo talento questo palagio e cio\ ch' i' ho nel mondo, e s' altro c' e\ che ti sia in piacimento $_. Rinaldo disse: #_ A questo sol rispondo che tu ci dessi da far collezione, ch' ognun ci piglierebbe oggi al boccone. Noi abbiam per un deserto camminato, dove pan non si truova ne/ farina, e so che 'l mio compagno anco e\ affamato, ch' era a caval: pensa chi a pie\ cammina! Abbia\n sanza vigilia digiunato, che/ ci partimo per tempo ier mattina $_. Il Veglio apparecchiar facea vivande e fece loro onor {add} subito {/add; su\bito R A} e grande; e stanno cosi\ insieme a riposarsi. Or ritorniamo ove io lasciai Antea, ch' a Monte Alban cominciava appressarsi, tanto che un giorno alle mura giugnea e con sua gente comincia accamparsi; e poi mando\, come Gan gli dicea, un messaggier di {add} subito {/add; su\bito R A} al castello al buon Guicciardo e l' altro suo fratello. Il messo ando\ con la 'mbasciata in fretta, e disse come del Soldan la figlia era venuta con molta sua setta; e che non abbin di cio\ maraviglia, pero\ che questo e\ fatto per vendetta del lor fratel contro alla sua famiglia: che mandin giu\ le chiavi del castello, o vengan sopra 'l campo a salvar quello. Guicciardo a quel messaggio rispondea che non sa che vendetta o che cagione a questa impresa commossa abbi Antea, e che restava pien d' ammirazione, e che le chiavi ch' ella gli chiedea gli porterebbe lui sopra l' arcione per dargliel colla punta della lancia, che/ cosi\ era il costume di Francia. Torno\ il messaggio e fece la 'mbasciata, della qual cosa Antea seco sorrise. Guicciardo con Alardo e sua brigata l' altra mattina ognun l' arme si mise, e tutta fu la terra rafforzata e con le sbarre le strade ricise; e vennono in sul campo armati in sella dove aspettava la gentil donzella. La qual, come costor vide venire, fecesi incontro benigna e modesta, e dicea seco: #_ E' non posson disdire che non sian di Rinaldo e di sua gesta, tanto sopra 'l caval mostran d' ardire: l' aspetto e 'l modo lor lo manifesta $_; e di Rinaldo suo pur si risente, e saluto\gli grazi%osamente; e disse: #_ Tu, che innanzi agli altri guardo, sanza che 'l nome tuo piu\ oltre dica, se' quel gentil baron detto Guicciardo, dove ogni gentilezza si nutrica; quell' altro cavalier chiamato e\ Alardo, in cui risurge ogni eccellenzia antica. Ma dimmi, ove hai tu lasciate le chiavi, che in su la lancia dicesti arrecavi? $_. Guicciardo gli rispose: #_ O damigella, io non so la cagion della tua impresa; ma poi che cosi\ e\, venuto in sella sono in sul campo per la mia difesa; e certo tu mi par' donna si\ bella, che di combatter con teco mi pesa. Se ignun de' miei t' ha fatto mancamento, per la mia fe/, ch' io ne son mal contento; ed arei caro intender qual sia quello che t' abbi fatto ingiuria, ove, o in qual parte, per darti poi le chiavi del castello; che/ tu mi par', quand' io ti guato, Marte, ne/ altro, fuor ch' un mio carnal fratello e 'l mio cugin, maestro di questa arte, cioe\ Orlando e Rinaldo d' Amone, vidi star meglio, armato, in su l' arcione $_. Rispose allora a Guicciardo la dama: #_ Per gentilezza e non per nimistate, per acquistar con teco in arme fama, vengo a combatter la vostra cittate $_. Disse Guicciardo: #_ Se questa si chiama, gentil madonna, come voi parlate, forse ch' ella e\ gentilezza in Soria, ma in Francia nostra mi par villania. Pur se con meco volete provarvi, contento son, ma facciam questo patto: che a Bambillona dobbiate tornarvi con tutta vostra gente, s' io v' abbatto; se mi vincete, il castel vo' donarvi $_. Rispose Antea: #_ Per Macon, cio\ sia fatto. Piglia del campo, gentil mio Guicciardo, ch' io proverro\ come sarai gagliardo $_. Preso del campo, le lance abbassaro e vengonsi a ferir con gran fierezza, e poi che 'nsieme i destrier s' accostaro, il buon Guicciardo la sua lancia spezza e molti tronchi per l' aria n' andaro; ma la fanciulla il colpo poco apprezza e per tal modo Guicciardo ha ferito, che di cadere alfin prese partito. Disse la dama: #_ Tu se' mio prigione. Io vo' provarmi con quell' altro ancora $_; e mando\ via Guicciardo al padiglione, e inverso Alardo s' accostava allora, e disse: #_ Piglia del campo, barone, poi che Guicciardo della sella e\ fuora $_. Alardo presto allor del campo tolse, e l' uno incontro all' altro il destrier volse. Vanno piu\ presto ch' uccello o saetta di buon balestro o arco disserrata, e pensa ognun la lancia in resta metta, quando fu tempo d' averla abbassata; e come insieme furono alla stretta, tremo\ la terra e parve {t} impau%rata, {/t A; impaurata, R} tanto Antea grida e 'l suo caval conforta, che 'l suo signor come un dragon ne porta. Alardo nello scudo appicco\ il ferro e fece con la lancia il suo dovuto; ma poco valse il colpo, s' io non erro, che/ nol passo\, benche/ sia molto acuto, perche/ e' non era una foglia di cerro; e finalmente restava abbattuto, ch' al colpo della donna non si attenne; tanto ch' a lui come a quell' altro avvenne, e funne al padiglion, preso, menato. Quivi allor Ganellon con lei s' accosta; disse la dama a Gan: #_ C' hai tu pensato far di costor? Rispondimi a tua posta $_. Quel traditor, che stava apparecchiato, non ebbe troppo a pensar la risposta, e disse: #_ Dama, a voler giucar netto, io gli farei impiccar: questo e\ in effetto $_. Rispose la figliuola del Soldano: #_ Non dubitate, cavalier, d' Antea: colui per cui tenete Monte Albano, giostro\ con meco, e so che mi potea uccider con la lancia ch' avea in mano, ma nol sofferse il ben che mi volea; e per suo amor vo' render guidardone, e non sara\ contento Ganellone. Io giostrai in Persia col vostro Ulivieri e vinsilo e cosi\ poi Ricciardetto; quantunque io nol facessi volentieri e molto duol ne sento, vi prometto, pero\ ch' io gli ho lasciati prigionieri al padre mio e stonne con sospetto. Rinaldo e\ ito acquistar pel suo meglio della Montagna quello antico Veglio; e come questo acquistato sara\, gli rendera\ i prigioni il padre mio; e so che presto ne verranno in qua; della qual cosa io ho troppo disio, ne/ insin che sia tornato il cor mi sta contento drento al petto, pel mio Iddio. Or questo traditor Gan rinnegato si pentira\ di quel c' ha consigliato $_. E fecegli imbottire il giubberello da quattro mamalucchi co' bastoni; ne/ mai campana sono\ si\ a martello, quanto e' sonavan le percussi%oni. Guicciardo ne godea, cosi\ il fratello. Poi che battuto fu, que' compagnoni lo rizzon {add} su {/add; su\ R A} con ischerno e con beffe, dicendo tutti: #_ Nasseri\ bizeffe $_. Non intendeva Gan questo linguaggio, se non che la fanciulla gliel chiari\: #_ I mamalucchi voglion per vantaggio per ogni bastonata un nasseri\ da ogni peccator che fanno oltraggio. Or vedi, Ganellon, la cosa e\ qui: il tradimento a molti piace assai, ma il traditore a gnun non piacque mai $_. Cosi\ in parte porto\ la penitenzia il traditor di Gan de' suoi peccati, che/ per occulta e divina sentenzia sono assai volte i nostri error purgati; ma voglionsi portar con {t} pazi%enzia, {/t A; pazi%enza, R} non come Giuda andar tra' disperati. Dunque e' si vede alfin la sua vendetta per qualche via, chi luogo e tempo aspetta. Guicciardo ringrazio\ quanto piu\ puote la damigella di quel ch' avea fatto; ma per dolore il petto si percuote ch' Ulivier di prigion non era tratto e Ricciardetto, e bagnava le gote temendo che 'l Soldan non rompa il patto; ma quanto puo\ da\ lor costei conforto, che ignun di lor non gli fia fatto torto. Allor pregorno Guicciardo e 'l fratello: #_ Piacciati, Antea, venire in cortesia a star del tuo Rinaldo nel castello, tanto ch' e' torni in qua di Pagania. Non ti bisogna omai combatter quello: ogni cosa ti diamo in tua bali\a $_. Della qual cosa fu costei contenta; e Ganellon nella prigione stenta. Lasciamo Antea, che stava a suo piacere a Monte Albano e 'l suo Rinaldo aspetta; e molto onor, secondo il lor potere, fanno i cristiani a questa donna eletta. Orlando va con molto dispiacere con quella sventurata poveretta, come dicemo, che s' era fuggita da que' giganti per campar la vita, #_ Ove se' tu $_, dicendo, #_ fratel mio? Ove lasciato m' hai cosi\ meschino? Ove vai tu? Perche/ non son teco io? Ove mi guidi, mio buon Vegliantino? Ove capiterem? Questo sa Iddio. Ove o in qual parte fia nostro cammino? Ove guido costei per questi boschi? Ove troviam qualcun che la conoschi? Io maladico la fortuna ria; io maladico Persia e l' amostante; io maladico la disgrazia mia; io maladico la gente affricante; io maladico il Soldan di Soria; io maladico Antea che volle amante; io maladico Amor che n' e\ cagione; io maladico il nostro Ganellone $_. Sentendo la fanciulla lamentare Orlando, gran pieta\ gli veni\a al core, dicendo: #_ Lasso, non ti disperare, raccoma\ndati a Dio giusto Signore, che non ci voglia cosi\ abandonare $_. Orlando disse: #_ Dama, per mio amore cavalca innanzi un po' col mio scudiere, ch' io vo' soletto alquanto rimanere $_. Terigi e la fanciulla s' avvio\e: Orlando allor di Vegliantino scese e in terra nella via s' inginocchio\e, le braccia al cielo umilmente distese e 'l suo Gesu\, come solea, adoro\e, e la sua Madre, che in qualche paese lo conducessi fuor di quel burrone; e in questo modo fu la sua orazione: #_ O sommo Padre giusto onnipotente, o Virgine in cui sol sempre sperai, o Redentor della cristiana gente, io non mi levero\ di terra mai, se prima non allumini la mente la\ dove il mio cugin condotto l' hai, o s' egli e\ vivo o morto o incarcerato o sano o infermo, o dove e' sia arrivato. Io te ne priego per quella virtute che tu donasti all' angel Gabriello venendo annunzi%ar nostra salute, che tu mi guidi dove e\ il mio fratello; e perch' io vo per vie non conosciute, come a Tobia mi manda {t} Rafaello, {/t R; Raffaello, A} che m' accompagni insin che me lo 'nsegni, se' prieghi miei di grazia in te son degni. Per l' amor che portasti al nostro Adamo, pel sacrificio che Abram gia\ ti {t} fe' {/t A; fe/ R}, per ogni profezia che noi leggiamo, pel tuo {t} David {/t R; Davitte A} e pel tuo Moi%se\, per quella croce onde salvati siamo, pel tuo {t} Iacob {/t R; Iacobbe A} antico e per Noe\, pel lamento che fece Geremia, per Giovacchin, {t} Iosef {/t R; Ioseffe A} e Zaccheria, pe' miracoli gia\ che tu facesti, concedi tanta grazia {t} ai tuo' {/t R; a' tuoi A} fedeli, che dove e\ il mio cugin mi manifesti: io te ne priego pe' santi Evangeli $_. In questo par ch' una voce si desti, molto soave, che parea {t} da cieli, {/t R; da' Cieli, A} dicendo: #_ Al tuo camin va ritto e saldo, che/ sano e salvo troverrai Rinaldo; e troverrai il caval ch' egli ha smarrito e che gli ara\ acquistato un gran gigante $_. Poi fu {add} subito {/add; su\bito R A} un lampo disparito, che prima agli occhi gli apparve davante. Orlando sopra il caval fu salito, e ringraziava le Potenzie sante, e la fanciulla e Terigi trovava, che poco a lui dinanzi cavalcava. Usciron della selva, e capitorno a una gran citta\, che 'l re Falcone signoreggiava, ed all' oste smontorno. Apparecchiavan certa collezione, e due donzelli in questo vi passorno; quella fanciulla a sua consolazione all' uscio corse per voler vede/gli, e l' un di lor la prese pe' capegli. Era del re Falcon costui nipote e Calandro per nome si diceva; le chiome sparse e le pulite gote vide, e con seco menar la voleva; la fanciulla gridava quanto puote; Terigi presto alle grida correva ed accostossi per {add} to^rla {/add; to\rla R A} al pagano, ma fugli dato un colpo assai villano, tanto che cadde sbalordito in terra. Orlando intanto e l' oste era la\ corso, e Durlindana con grand' ira afferra, che mai non furi%o\ si\ tigre o orso: un manrovescio a Calandro disserra, che lo taglio\ nel mezzo come un torso, e Macometto, nel cader giu\, chiama: cosi\ per forza lascio\ andar la dama. Era con lui parecchi schiere armate: corrono addosso {add} subito {/add; su\bito R A} a Orlando; ma poi ch' assaggion delle sue derrate, ognuno addrieto si viene allargando. Fur le novelle al re Falcon portate; vennene all' oste e veni\a domandando: #_ Che cosa e\ questa? O chi Calandro ha morto? $_. Fugli risposto: #_ E' non gli e\ fatto torto $_. Orlando al re parlo\ discretamente; #_ Sappi ch' io l' uccisi io, santa Corona. Una fanciulla di nobile gente, ch' io ho con meco, onesta e cara e buona, volea con seco menar, quel dolente, e fargli villania di sua persona, e strascinava quella a suo dispetto. Or tu se' savio, e 'l caso in te rimetto: so che sicura vuoi che sia la strada e non si sforzi ignun per nessun modo, ma che sicuro di\ e notte vada $_. Rispose il re Falcon: #_ Troppo ne godo. Rimetti, cavalier, drento la spada, che/, quel c' hai fatto, io ne ringrazio e lodo: giustizia sempre amai sopr' ogni cosa; questa e\ nipote mia, figliuola o sposa. Vo' che tu venga nella mia citta\, per ristorarti ancor di questo oltraggio $_. Guarda se questo era uom pien di bonta\, guarda s' egli era un re discreto e saggio! Rispose Orlando: #_ Ognun di noi verra\; ma perche/ cavalier sia\n di passaggio, un' altra gentilezza ancor farai: che l' oste, in cortesia, ci accorderai $_. Rispose il re Falcon: #_ Ben volentieri! $_. E {add} subito {/add; su\bito R A} chiamo\ lo spenditore e fece contentar del suo l' ostieri; poi rimonto\ ciascuno a corridore, Orlando, la fanciulla e lo scudieri; e 'l re Falcone a tutti fece onore. E mentre che 'l convito era piu\ bello, {add} subito {/add; su\bito R A} venne un messaggiero a quello. Era un pagan che pare un corbacchione, molto villan, superbo, strano e nero, coperto d' una pelle di dragone; e giunto, con un modo crudo e fiero diceva al re: #_ Distruggati Macone e Giupiter, che regge il grande impero. Tu de/i saper che 'l tempo e\ pur venuto ch' al mio signor tu mandi il suo tributo $_. Turbossi tutto il re Falcone e disse: #_ O mia figliuola, lasso! sventurata, quanto era meglio assai che tu morisse, anzi ch' al mondo mai non fussi nata! $_. Orlando lo prego\ che gli chiarisse quel che importar volea quella imbasciata. Rispose il re Falcon: #_ Tu lo saprai, e meco insieme so che piangerai. Un' isola e\ nel mar la\ della rena; otto giganti son, tutti frategli: ognun molta arroganza e rabbia mena, come ha fatto costui, ch' e\ un di quegli; hannoci dato per etterna pena ch' ogni anno di noi tristi e meschinegli una fanciulla lor tributo sia: tocca questo anno alla figliuola mia $_; e non pote/ piu\ oltre dir parola. Colui pur la 'mbasciata sua repli\ca: il re Falcone abbraccia la figliuola. Orlando disse: #_ Vuoi tu ch' io gli dica quel che mi par per la mia parte sola? Che/ di tener le lacrime ho fatica, tanto m' incresce di lei e di voi! $_. Onde e' rispose: #_ Di' cio\ che tu vuoi $_. Orlando disse al superbo gigante: #_ Non so quel che 'l signor tuo si domanda, ma tu mi pari uom crudele, arrogante: la tua imbasciata minaccia e comanda che basterebbe al Soldan del Levante. Dimmi il tuo nome e di quel che ti manda; poi ti diro\ quel che sara\ dovuto, come tu abbi acquistare il tributo $_. Disse il pagan: #_ Se pur saper t' aggrada il nome mio, chiamato son Don Bruno, e Salicorno il sir della contrada $_. Rispose Orlando: #_ Lecito a ciascuno e\ cio\ che si guadagna {t} colla {/t R; con la A} spada: questo confessi tu? Donde io sono uno che vo' questa fanciulla guadagnarmi con teco, con la spada o con altre armi $_. Disse Don Brun: #_ Per Dio, contento sono; andian, che/ noi faren bella la piazza; e se tu vinci, va, ch' io tel perdono $_. Orlando aveva indosso la corazza, e disse al re Falcone: #_ E' sara\ buono ch' io ti gastighi cosi\ fatta razza $_. Levossi ritto e missesi l' elmetto, e disse: #_ Andian, pagan, dove tu ha' detto $_. Corsono in piazza ognun subitamente e tutto fu conturbato il convito; sali\ Don Brun sopra un suo gran corrente, Orlando e\ sopra Vegliantin salito. Or qui si raguno\ di molta gente, e la donzella col viso pulito era a vedere la sua redenzione e per Orlando faceva orazione: pure, orazion, s' intende alla moresca: pregava Macon suo che l' aiutasse, e che di sua virginita\ gl' incresca, che/ 'l fer gigante non la {t} vi%olasse {/t A; violasse R} nella sua pura eta\ fiorita e fresca. In questo i duoi baron le lance basse avieno e tutta la piazza tremava, pero\ che Vegliantin folgor menava; e 'l popol maraviglia avea di quello. Orlando truova Don Bruno alla peccia, ma pur lo scudo reggeva al martello: ruppe la lancia che parve di feccia, e tutto si scontorse il pagan fello; e la sua aste appiccava alla treccia, ma per quel colpo ne {t} fe' {/t A; fe/ R} tronchi e pezzi: dunque lo scudo a Orlando {t} fe' {/t A; fe/ R} vezzi. Prese Don Bruno una sua scimitarra, la qual gia\ disse alcun ch' era incantata (benche/ 'l nostro {t} au%ttor {/t A; autor R} questo non narra: credo piu\ tosto forte temperata), e par che 'nverso il ciel bestemmi e garra: de/tte a Orlando una gran tentennata, gridando: #_ Se tu puoi, da questa gua^rti $_; e dello scudo gli fece due parti, perche/ con esso si volle coprire. Orlando dell' un pezzo ch' avea in mano de/tte a Don Brun tal che gliel {t} fe' {/t A; fe/ R} sentire, perche/ nel ceffo giugneva al pagano e fecegli tre denti fuori uscire, e tramortito rovino\ in sul piano; onde ciascun maravigliato fue che cosi\ presto il torrione va giu\e, dicendo: #_ E' basterebbe al conte Orlando! Quel colpo arebbe atterrato una {t} ro\cca! {/t A; rocca! R} $_. Il saracin pur venne rispirando, e ritto, si mettea la mano in bocca e le sue zanne non veni\a trovando, e 'l sangue giu\ pel petto gli trabocca: donde e' si duol sanza comparazione e sol si studia bestemmiar Macone. Poi disse al conte Orlando: #_ Assai mi duole de' denti e dello onor ch' io ho perduto; pur sempre la sua fe/ servar si vuole: comanda cio\ che vuoi, ch' egli e\ dovuto $_. Rispose Orlando: #_ E' basta due parole: ch' a re Falcon mai piu\ chiegga il tributo; ed ogni volta che tu mangerai della promessa ti ricorderai. E vo' che tu ti facci medicare prima che tu ritorni a Salicorno, e statti qualche di\ qui a riposare $_. Cosi\ Don Brun si posava alcun giorno; alcuna volta che volea mangiare, {add} dici\eno {/add; dicieno R A} i servi che stavan dintorno: #_ Che farebb' ei co' denti che gli manca? Di Gramolazzo mangerebbe l' anca $_. Poi nel partir lascio\ la fede pegno ch' al re Falcon mai piu\ come solea darebbe oppressi%on, ch' aveva il segno come con l' arme perduto lui avea il gran tributo: e tornossi al suo regno. Il re Falcon contento rimanea e ringraziar non si saziava Orlando, dicendo ch' ogni cosa e\ al suo comando. Giunto Don Brun dove la rena aggira al vento e come il mar tempesta mena, racconto\ tutto, e molto ne sospira, a Salicorno, che n' ebbe gran pena; e fatto e\ scilinguato e con molta ira diceva: #_ A desinar sempre ed a cena ricorderommi di quel c' ho perduto. Andrai tu, Salicorno, pel tributo $_. Rispose Salicorno: #_ Io v' andro\ certo, a dispetto del Cielo e di Macone. Chi e\ quel cavalier che t' ha {t} diserto {/t R; deserto}? Non debbe esser di corte di Falcone $_. Disse Don Bruno: #_ E' non va pel deserto di Barberia si\ possente {t} leone, {/t R; li%one, A} ne/ leofanti o per Libia serpenti, che non traessi a lor come a me i denti. Non so ben chi si sia quel cavaliere, ma so ch' e' sare' ben buono erbolaio, che/ sa cavare e' denti, al mio parere: questo e\ il tributo ch' io t' arreco e 'l maio; e se tu vuogli andar, ti fo assapere che ne trarra\ a te anco piu\ d' un paio. Io gli promissi, se l' osserverai, che mai tributo al re piu\ chiederai. E per me tanto non vi vo' venire. accio\ che traditor non mi chiamassi $_. Pur Salicorno tanto seppe dire, che alfin Don Brun dispose che tornassi; e cinquecento d' arme {t} fe' {/t A; fe/ R} guernire di cio\ che gli parea che bisognassi; e in pochi di\ ne venne al re Falcone come uom bestial sanza altra discrezione. Sanza osservare o legge o fede o patto, con questa gente intorno s' accampo\e, e manda un suo messaggio drento ratto; e 'l messo al re dinanzi se n' ando\e e disse brievemente appunto il fatto, siccome il suo signor gli comando\e: che mandi presto al campo a sua difesa colui ch' al suo fratel {t} fe' {/t A; fe/ R} tanta offesa. E sta sopra un' alfana e suona un corno e minacciava il cielo e la natura. Orlando, come inteso ha Salicorno, fece a Terigi darsi l' armadura; e la figliuola del re gli e\ dintorno, dicendo: #_ Iddio ti dia, baron, ventura, e in ogni modo vincitor ti faccia, poi che Fortuna ancor pur mi minaccia $_. Diceva Orlando: #_ Non temer, donzella, che/ in ogni modo rimarren vincenti; ch' a Salicorno trarro\ la mascella, s' al suo fratello ho tratto solo i denti $_. E con Terigi suo montato e\ in sella; ma la fanciulla, e certi {t} suo' {/t R; suoi A} sergenti, volle con lui sino in sul campo andare, che/ sanza lui non si fidava stare. Disse il gigante: #_ Se' tu quel pagano ch' al mio Don Bruno hai fatto villania? E\ questa la tua femina, ruffiano? $_. Rispose Orlando: #_ Per la testa mia, che/ gentilezza e\ teco esser villano, cosi\ di te come dell' altro fia: quel ch' io gli ho fatto mi pare una zacchera; tanto e\, che preso non fia piu\ a mazzacchera. Questa fanciulla, ha cento servi il padre, che te per servo non vorrebbon, credi; e le sue membra, che son si\ leggiadre, volevi pel tributo ch' ancor chiedi; e se' venuto qua con queste squadre, e di' ch' io son ruffian: ne/ttati i piedi, che/ per voler bagasce e concubine, ara\ il peccato tuo sue discipline $_. Disse il gigante: #_ E' non son sempre equali, come tu sai, le forze di ciascuno: i denti miei saranno di cinghiali, non ti parranno forse di Don Bruno. Otto giganti sia\n, fratei carnali: signor la\ della valle di Malpruno cinque ne sono, e noi tre siamo insieme dove la rena come il gran mar freme $_. Rispose Orlando: #_ E' cinque, pel bollire, sono scemati, e questo abbi per certo: con questa spada un ne feci morire, e l' altro, un mio cugin ch' e\ molto sperto. Una fanciulla usoron gia\ rapire al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A}, e stavan nel deserto; quale ho con meco, molto ornata e bella, e voglio al padre suo rimenar quella. E s' io ritorno mai per quel paese, ch' io truovi ancor que' tre nella foresta, io non saro\, com' io fu' gia\, cortese ch' a tutti a tre dipartiro\ la testa $_. Or Salicorno tanta ira l' accese, che cominciava a menar gran tempesta, quando e' senti\ ricordar tanti torti e come due de' suoi fratei son morti. #_ Traditor rinnegato, micidiale, piglia del campo! $_ con un grido disse. Orlando a Vegliantin {t} fe' {/t A; fe/ R} metter ale, poi si voltava e l' aste in basso misse, ch' era un abete saldo e naturale qual tolse alla citta\ prima partisse; e giunse con la lancia dura e grave nel petto a quel, che gli parve una trave; e disse: #_ Che di%avol fia, Macone! Questa mi pare un albero di fusta $_. La lancia resse alla percussi%one, perch' era dura e grossa e molto giusta; ma regger non pote/ quel compagnone, ne/ la sua alfana, benche/ sia robusta: dunque fu il colpo di tanta bontade, che Salicorno e l' alfana giu\ cade. La figliuola del re, che vide questo, fra se/ disse: #_ Un miracolo ho veduto! $_. E 'l gran gigante feroce e rubesto disse a Orlando: #_ Tu non m' hai abbattuto! $_ (e salto\ della sella in terra presto) #_ Vedi che staffa non ebbi perduto: e\ stato sol difetto dell' alfana, e la tua lancia fu molto villana $_. Rispose Orlando: #_ S' tu non se' ben chiaro, io ti potrei col brando chiarir tosto: a ogni cosa troverren riparo $_. Disse il pagan: #_ Per Dio, s' io mi t' accosto, io ti faro\ costar quel colpo caro $_. Diceva Orlando: #_ E pagherai tu il costo $_; e Durlindana sua fuori ha tirata, e Salicorno ha la mazza ferrata. Qui si comincia a sentir vespro e nona; qui le dolente note cominciorno; qui innanzi mattutin gia\ terza suona; qui non si poson le mosche dintorno; qui sanza balenar l' aria rintruona; qui purga i suoi peccati Salicorno; qui si vedra\ chi sapra\ di schermaglia; qui mostra Durlindana s' ella taglia. Il saracin talvolta alza la mazza, e dice: #_ Aspetta, ch' io ti forbo il nifo $_. Il paladin rispondea: #_ Bestia pazza, che dirai tu se col brando lo schifo? $_ e ritrovava a costui la corazza, tanto che spesso scontorceva il grifo; ma non poteva colpirlo all' elmetto, pero\ che allato gli pare un fiaschetto. E Salicorno per la sua grandezza alcuna volta la mazza fallava: un tratto mena con tanta fierezza, che, giunto a vo\to, in terra rovinava. Orlando volle mostrar gentilezza: #_ Lieva {add} su {/add; su\ R A}! $_ disse; e 'l pagan si levava, e disse: #_ Dimmi, cavalier da guerra. per che cagion non mi feristi in terra? Tu debbi esser per certo un uom gentile, di nobil sangue, tu non puoi negarlo: tu non volesti darmi come vile; se lecito, barone, e\ quel ch' io parlo, dimmi il tuo nome $_. Orlando, come umi\le, rispose: #_ Io son nipote del re Carlo, Orlando, di Mellon figliuol, d' Angrante, nimico d' Apollino e Trivicante $_. Sentendo Salicorno dire: #_ Orlando $_, comincio\ il cuore a tremargli e la mano, e disse: #_ Onde venuto o come o quando se', paladino, in questo luogo strano? Non vo' con teco operar mazza o brando, ch' io so che 'l mio poter sarebbe vano; da ora innanzi sia come tu vuoi, che/ la battaglia e\ finita tra noi. Odo che 'l fior se' di tutti i cristiani e che tu se' fatato per antico. Io vo' piu\ tosto trovarmi alle mani col tuo cugin, ch' e\ molto mio nimico, e vendicarmi d' assai casi strani; e vo' che mi prometta come amico, quando col tuo Rinaldo tu sarai, per qualche modo me n' avviserai; ch' io son disposto rompergli la fronte, pero\ che mio nimico e\ in sempiterno; e s' egli e\ della schiatta di Chiarmonte, ed io del sangue son di Salinferno, e non intendo sofferir tante onte: colui che 'l nome suo risuona etterno, Mambrin dell' Ulivante, anco era nato del sangue mio da ciascuno onorato $_. Disse Orlando: #_ Io non so dove si sia Rinaldo ancor, ma s' io lo troverro\e, {add} subito {/add; su\bito R A} un messo a te mandato fia; e 'n questo modo andar ti lascero\e, ch' al re Falcon non dia piu\ ricadia, benche/ malvolentier ti liberro\e; . ma so che tu darai nell' altra rete, se con Rinaldo mio vi proverrete $_. Il saracin promisse licenziare del tributo quel re liberamente, e fece il campo suo presto levare. Orlando al re Falcon subitamente nella citta\ tornava a raccontare come egli e\ salvo e libera sua gente; e dopo alquanti di\ prese comiato e lascio\ quello al tutto sconsolato. E cavalcando va per molte strade, sanza posarsi mai sera o mattina, e domandando va per le contrade dove stia il re della Bellamarina; tanto che giunse un giorno alla cittade, e quella damigella peregrina rappresentava al suo doglioso padre, che l' ha gran tempo pianta, e la sua madre. Era vestito e nero la citta\ e 'l re con tutti i suoi, con molto affanno; ne/ sopra i campanil gridando va ne' suoi paesi piu\ il talacimanno; per le moschee molti ufici si fa al modo lor, che/ di costei non sanno dove perduta sia gia\ stata tanto, si\ che per morta n' avean fatto il pianto. La novella n' ando\ con gran furore al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A}, come la sua figlia era venuta; onde e' gli crebbe il core, e corse incontro con la sua famiglia; e tutta la citta\ trasse al romore, come avvien sempre d' ogni maraviglia: ognun voleva il primo abbracciar questa; pensa se 'l padre suo gli fece festa. Ella gli disse: #_ Questo e\ il conte Orlando $_, e dove e come e' l' aveva trovata e da' giganti tolta, e disse quando ed in che modo l' avevon rubata, e tutta la sua vita vien contando, e come pel cammin l' abbi onorata Orlando sempre, insin che l' ha condotta. Il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} cosi\ disse allotta: #_ Questo e\ colui che ti scampo\ da morte? Questo e\ colui che t' ha dunque prosciolta? Questo e\ colui ch' e\ tanto ardito e forte? Questo e\ colui ch' agli altri fama ha tolta? Questo e\ colui ch' allegra or la mia corte? Questo e\ colui per cui non se' sepolta? Questo e\ colui ch' uccise il fer gigante? Questo e\ colui ch' e\ 'l gran signor d' Angrante? Non cavalca caval miglior barone, ne/ miglior cavalier porta elmo in testa; non cinse spada mai simil campione, ne/ miglior paladin pon lancia in resta; non uom tanto gentil si calza sprone $_. Ed abbracciava Orlando con gran festa, e la reina e lui lo ringraziorno, e tutto il popol suo che gli e\ dintorno. Or lascia\n questi star cosi\ contenti; ritorniamo al Soldan di Bambillona, che non pareva gia\ che si rammenti di quel ch' ' Antea promisse sua Corona de' due prigion, ma pensava altrimenti di {add} to^r {/add; to\r R A} {add} subito {/add; su\bito R A} a questi la persona prima che sia Rinaldo a lui tornato dal Veglio, dove sa che l' ha mandato. Mando\ pel giustizier, quel traditore, e scrisse un brieve per la gran letizia al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A}, per mostrargli amore, che venissi a veder questa giustizia, dicendo: #_ Sappi, famoso signore, ch' io gli ho a punir di piu\ d' una malizia $_; com' io diro\ nell' altro cantar bello. Guardivi sempre l' agnol Rafaello. Magnifica, o Signor, l' anima mia e lo spirito mio di tua salute: e tu, per cui fu detto #_ {it} Ave, Maria {/it} $_, essultata con grazia e con virtute, o glori%osa madre, o Virgo pia, con l' altre grazie che m' hai concedute, aiuta ancor con tue virtu\ divine la nostra storia, insin ch' io giunga al fine. Io dissi che 'l Soldan mandato avea al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} e scritto che venisse a veder la giustizia ch' e' facea. Ma come il messo par che comparisse, {add} subito {/add; su\bito R A} il re la lettera leggea, e 'nteso quel che 'l traditore scrisse, la lettera a Orlando pose in mano, dicendo: #_ Questa ha scritta il tuo Soldano $_. Quando ebbe tutto inteso il conte Orlando, si volse al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} sbigottito, e disse: #_ A Dio ed a te mi raccomando: vedi come il Soldan m' ha qui tradito; aiuto in questo caso ti domando $_. Rispose il re: #_ Tu non arai servito a questo volta ingrata, Orlando mio, ch' io ti daro\ soccorso, pel mio Iddio. Io faro\ centomila in un momento cavalier della tavola ritonda, e se piu\ ne volessi, anche altri cento: gente e tesoro, il mio reame abbonda: non dubitar, tu sarai ben contento; e vo' che quel ribaldo si sconfonda $_. E mando\ bandi e messaggieri e scorte, ch' ognun venissi presto armato a corte. In pochi giorni furono a cavallo, ed ordinati stendardi e bandiere; e 'l suo bel gonfalone e\ nero e giallo: mai non si vide meglio in punto schiere; e scrisse al gran Soldan che sanza fallo fra pochi giorni il verrebbe a vedere: che l' aspettassi e' prigion soprattenga, tanto ch' a lui, che/ gia\ s' e\ mosso, venga. Orlando aveva le squadre ordinate con le sue mani e pieno e\ d' allegrezza; e riguardava quelle gente armate, che gli parevan di somma prodezza. Quella fanciulla con parole ornate mostrava di cio\ aver molta dolcezza, ch' Orlando ristorato sia da quella, e vuol con esso andar la damigella, E 'l re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} anco v' ando\ in persona; e vanno giorno e notte cavalcando tanto che son condotti a Bambillona; quivi di fuor si vennono accampando; e fingendo amicizia intera e buona, il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} insieme con Orlando vanno al Soldan con molti caporali, uomini degni, tutti i principali. Quando il Soldan costor vede venire e vede tanta gente alla pianura, sente stormenti, sentiva anitrire, comincia a sospettar con gran paura, e come savio nel suo core a dire: #_ Questa e\ troppo gran gente alle mie mura $_. Pur si mostrava allegro, ch' era saggio; e manda a Salicorno un suo messaggio (quel ch' avea con Orlando combattuto e che volea combatter con Rinaldo), che venga presto in la\ ben proveduto. E Salicorno mai non si fu saldo, che diecimila ordinava in suo aiuto; ed eron, perche/ e' son di luogo caldo, uomini neri e di statura giusti e portan per ispade mazzafrusti. Rappresentossi con questi al Soldano. Or ritorniamo a Rinaldo, ch' avea gia\ vinto il Veglio: un giorno quel pagano, che avea con lui mandato prima Antea, vide venir gran gente per un piano; e con Rinaldo e col Veglio dicea: #_ Che gente e\ questa che di qua ne viene? Non si conosce a' contrassegni bene $_. Rinaldo, come e' furono appressati, s' accosta e domandava uno scudiere: #_ Chi son costoro? Ove siete {t} avvi%ati {/t A; avviati R}? $_. Costui rispose: #_ E\ il mastro giustiziere, ch' a due cristian che sono imprigionati in Bambillona va a fare il dovere; son paladini, e l' un di lor marchese, ch' una figliuola del Soldan gia\ prese $_. In questo che Rinaldo domandava, giugneva il giustizier sopra Baiardo. Quando Rinaldo il caval suo guardava, e' divento\ come un leon gagliardo e 'l giustizier per la briglia pigliava. Disse il pagan: #_ Se non ch' io ti riguardo, che/ qualche bestia nell' aspetto {t} parmi, {/t R; pa\rmi, A} t' insegnerei per la briglia pigliarmi! $_. Rinaldo trasse Frusberta per dargli; poi dubitava a Baiardo non dare. In questo il Veglio, che vide appiccargli, {add} subito {/add; su\bito R A} corre Rinaldo aiutare; comincia con la mazza a tremezzargli: il giustizier non si pote/ parare, che con un colpo la testa gli spezza e casco\ giu\ come una pera me/zza. Allor Rinaldo in su Baiardo salta; e come e' fu sopra 'l caval salito, presto levava Frusberta {add} su {/add; su\ R A} alta ed un pagano in sul capo ha ferito, che del suo sangue la terra si smalta, e morto appie\ del cavallo e\ giu\ ito. E 'l Veglio presto sali\ in sul destriere di quel pagan, come il vide cadere, e tra la turba si mette pagana, tanto che molto Rinaldo il commenda: quanti ne giugne la sua mazza strana, tanti convien che morti giu\ ne scenda. Il mamalucco, ch' aveva l' alfana, non si stava anco, che/ v' era faccenda; e tutta quella gente si sbaraglia, che/, piu\ che gente, era o ciurma o canaglia. E 'l Veglio pur colla mazza del ferro ritocca e suona e martella e forbotta, ch' era piu\ dura che quercia o che cerro: alcuna volta n' uccide una frotta. Rinaldo si scagliava come un verro dove e' vedeva la gente ridotta, e rompe ed urta e taglia e straccia e spezza cio\ che trovava, per la sua fierezza. Chi fuggi\ prima se n' ando\ col meglio, ch' a tutti il segno faceva Frusberta, ed ogni volta con la mazza il Veglio diceva a molti che dava l' offerta: #_ A questo modo, chi dormissi, sveglio $_; e rilevava la mazza {add} su {/add; su\ R A} all' erta; e tutti in volta rotti si fuggie/no, anzi sparivon come fa il baleno. Poi comincio\ Rinaldo al Veglio a dire: #_ Io vo' ch' a Bambillona presto andiamo, perche/ 'l Soldan fara\ color morire $_. Rispose il Veglio: #_ Tuo servo mi chiamo: pero\ comanda, ch' io voglio ubbidire, e vo' che sempre insieme noi viviamo: dove tu andrai, io saro\ sempre teco, e basti solo un cenno o #" Vienne meco $" $_. Missonsi tutti a tre presto in camino, il Veglio con Rinaldo e 'l {t} mamalucco {/t R; mammalucco A}. Rinaldo, come al campo fu vicino, dicea: #_ Se del veder non son ristucco, io veggo tanto popol saracino, che non ne fu piu\ al tempo di Nabucco: d' insegne e padiglion coperto e\ il piano; non so se amici si son del Soldano; ma 'l campo ch' assedio\ Troia la grande, non ebbe la meta\ di questa gente, tante trabacche e padiglion si spande. Forse il Soldan vorra\ fare al presente a que' prigion gustar triste vivande; ma pel mio Iddio, ch' io lo faro\ dolente! $_. Questo con seco diceva Rinaldo, e veni\a tutto furi%oso e caldo. Orlando disse un giorno a Spinellone: #_ Io vo' che noi veggiamo i prigion nostri $_; (ch' era col re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} un gran barone) #_ andiamo e pregherren che ce gli mostri, sanza cavargli fuor della prigione $_. Disse il pagan: #_ Sempre a' comandi vostri saro\ parato; e se non c' e\ d' avanzo, sarebbe da menarvi il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A}; che/ so che gli fia caro di vedere due paladin di tanto pregio e fama $_. Orlando disse: #_ Troppo m' e\ in piacere $_. Ispinellone il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} chiama; nella citta\ ne vanno (a non tenere piu\ che bisogni lunga questa trama); e la licenzia lor de/tte il Soldano, e pon le chiavi al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} in mano. Alla prigion se n' andorno costoro. Come Ulivier sentiva aprir la porta, a Ricciardetto disse: #_ Ecco coloro che vengono arrecarci altro che {add} to/rta: {/add; torta: R A} questo sara\ per ultimo martoro $_; e molto ognun di lor se ne sconforta. Orlando, quando Ulivier suo vedea e Ricciardetto, parlar non potea. Il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} disse: #_ Or m' intendete: se voi volete adorar Macometto, della prigione scampati sarete; se non che domattina io vi prometto ch' al vento insieme de' calci darete $_. Rispose alle parole Ricciardetto: #_ Se ci dara\ pur morte il Soldan vostro, contenti sia\n morir pel Signor nostro. E se ci fussi il mio caro fratello Rinaldo, non saremo a questo porto, o 'l conte Orlando, ch' e\ cugino a quello. Ma spero, poi ch' ognun di noi fia morto, contro a questo crudel signore e fello vendicheranno ancor si\ fatto torto; e piangeranne Bambillona tutta, che/ so per le lor man sara\ distrutta. Ma ben mi duol che innanzi al mio morire non vegga il mio fratello e 'l cugin mio; e tuttavolta me gli par sentire, come forse spirato dal mio Iddio $_. Orlando non pote/ piu\ sofferire, che/ d' abbracciargli avea troppo disio, e mentre che cio\ dice Ricciardetto, alzava la visiera dell' elmetto; e disse: #_ Tu di' il ver ch' egli e\ qui presso Orlando, che non t' ha mai abandonato $_. Ulivier guarda e dice: #_ Egli e\ pur desso! $_, e Ricciardetto l' ha raffigurato: {add} subito {/add; su\bito R A} il braccio al collo gli ebbe messo, ed Ulivieri abbraccia il car cognato. Per tenerezza gran pianto facevano, e Spinellone e 'l re con lor piangevano. Poi molte cose insieme ragionaro: Orlando disse ignun non dubitassi, ch' a ogni cosa ordinato ha riparo; ch' ognun di buona voglia si posassi; e cosi\ insieme al Soldan riportaro le chiavi, che sospetto non pigliassi, e ringraziorno la sua Signoria della sua gentilezza e cortesia. Orlando non s' avea mai l' elmo tratto; onde il Soldano un giorno gli ebbe detto: #_ Deh, dimmi, cavalier che stai di piatto, per che cagion tu tien' sempre l' elmetto? Ch' io non posso comprender questo fatto: tu mi faresti pigliarne sospetto. Io vo' che tu mel dica a ogni modo, se non ch' io crederro\ che ci sia frodo $_. Diceva Orlando: #_ Certa nimicizia fa che questo elmo tengo cosi\ in testa, accio\ che non pigliassi ignun malizia di farmi a tradimento un di\ la festa $_. Disse il Soldano: #_ Qui e\ sotto tristizia; non si riscontra ben la cosa a sesta: sempre color che sconosciuti vanno, o per paura o per malizia il fanno. Io ho disposto in viso di vederti, se non che mal te ne potrebbe {add} inco^rre {/add; inco\rre R A} $_. Diceva Orlando: #_ In cio\ non vo' piacerti; d' ogn' altra cosa puoi di me disporre $_. Disse il Soldano: #_ E' convien ch' io m' accerti $_; e vollegli la mano al viso porre. Orlando gli menava una gotata, che in sul viso la man riman segnata. Quivi il Soldan con gran furor si rizza e grida a' mamalucchi: #_ {add} Su {/add; Su\ R A}, poltroni! $_. Orlando fuor la spada non isguizza, {t} che/ {/t R; che A} conosciuta non sia da' baroni: rivoltossi a costor con molta stizza e da lor si difende co' punzoni, e pe\sche sanza {t} no\cciolo {/t R; nocciolo A} appiccava, che si ritrasse ognun che n' assaggiava. Ispinellon, come fedel compagno, {add} subito {/add; su\bito R A} pose alla spada la mano e {t} fe' {/t A; fe/ R} di sangue con essa un rigagno, che/ nessun colpo non menava invano. Ma poi che vide e' non v' era guadagno, si fuggi\ in una camera il Soldano, e per paura si serrava drento. Orlando si ritrasse a salvamento, e Spinellone e 'l re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} e\ intorno, con lui ristretti, e son di fuori usciti di Bambillona e nel campo tornorno. I baron del Soldano, sbigottiti, chi qua chi la\ tutti si scompigliorno, maravigliati di que' tanto arditi; e fu per la citta\ molto romore che cosi\ fussi fatto al lor signore. Quando il Soldan rassicurato fue, fece venir tutta la baronia, e nella sedia si levava su\e, ne/ mai si {t} fe' {/t A; fe/ R} si\ bella diceria; e comincio\ con le parole sue: #_ Mai piu\ fu tocca la persona mia; ma a ogni cosa apparecchiato sono, e, come piace a voi, cosi\ perdono. Il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} ha tanti cavalieri, che cuopron, voi il vedete, il piano e 'l monte; non so qual si sien drento i suoi pensieri; ma per fuggir sospetto e maggiore onte, mostrato ho di vederlo volentieri. Or con colui che mi batte/ la fronte credo che buon sara\ forse far triegua, accio\ che maggior mal di cio\ non segua; e dare alla giustizia essecuzione, intanto, di que' due ch' io tengo presi, accio\ che il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} e Spinellone ritornin con lor genti in lor paesi. Morti questi baron ch' {t} abbiam {/t R; abbia\n A} prigione, noi saren poi da tanti meno offesi; che/, s' io mi fo nimico al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A}, per al presente non ci veggo avanzo. In questo mezzo Antea potre' pigliare quel Montalban che Gano ha consigliato. Rinaldo so che non de/' mai tornare: credo che 'l Veglio l' abbi ora ammazzato. A luogo e a tempo si potra\ mostrare al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} ch' e' m' abbi ingiuriato: ch' io non vo' far vendetta con mio danno, ma aspettar tempo, come i savi fanno $_. Salicorno riprese le parole: #_ E' non ha tempo mai chi tempo aspetta: per nessun modo triegua non si vuole; io vo' con queste man farne vendetta, prima che molti di\ ritorni il sole. Della giustizia, che in punto si metta, questo mi piace e facciasi pur presto $_ E tutti infine s' accordaro a questo. Al re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} va tosto una spia e dice cio\ che ordina il Soldano. Il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} a Orlando il dici\a. Orlando disse: #_ In punto ci mettia\no, ch' a' prigion fatto non sia villania $_; e tutti si schierorno a mano a mano. In questo tempo il Soldano ordinava cio\ che bisogna e 'l giustizier chiamava; e misse bandi per le sue citta\ ch' ognun ch' avessi armadura o cavallo venga a veder la giustizia che fa, che si fara\ il tal giorno sanza fallo. Un giovane ch' avea molta bonta\, sentendo questo, venne a vicitallo, chiamato Mari%otto, un gran signore, ch' era figliuol del loro imperadore. Trentamila meno\ quel Mari%otto, onde al Soldan fu questo molto caro, armati stranamente di cuoio cotto. Ben centomila a caval ragunaro, in punto, al modo lor, di tutto botto, e di mandar la giustizia ordinaro; e 'l giustizier con molta gente ando\e alla prigione e' due baron lego\e. Poi gli lego\ a cavallo in su la sella, pur sopra i lor destrier con le loro armi; perche/ il Soldano in tal modo favella: #_ Che tu gli meni amendue armati parmi $_; e 'l giustizier, ch' al suo dir non appella, rispose: #_ Cosi\ avea pensato farmi $_. Questo non era il giustiziere usato, che/ 'l Veglio, com' io dissi, l' ha ammazzato. Di nuovo un' altra spia ne va volando, che la giustizia uscira\ presto fore; Ispinellone insieme con Orlando rassetton le lor genti a gran furore. Il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} al conte vien parlando: #_ E' ci sara\ fatica, car signore, racquistar questi con ispada o lancia, tanto in sul crollo son della bilancia $_. Era a {t} vedere {/t R; veder A} molta {t} compassione {/t R; compassi%one A} i due baron come ciascun si lagna: #_ O conte Orlando, o Rinaldo d' Amone, dove e\ la tua possanza tanto magna? Non aspettar piu\, vien' col gonfalone, pero\ che noi daren tosto alla ragna $_. Queste parole van dicendo forte, che/ gran paura avevon della morte. Gia\ eron gli stendardi apparecchiati, e Mari%otto e\ innanzi alla giustizia; gia\ fuor della citta\ son capitati. E\vvi il Soldan, ch' avea molta letizia e sempre per la via gli ha svergognati: #_ Ribaldi, traditor pien di malizia! $_. Ma Ricciardetto a ogni sua parola diceva: #_ Tu ne menti per la gola, che/ tu se' tu, ribaldo e traditore; ma ne verra\ Rinaldo in qualche modo e caveratti con sue mani il core; che/ promettesti e rimanesti in sodo renderci a lui, crudele e peccatore $_. Dicea il Soldano: #_ Tu arai presto un nodo che ti richiudera\ cotesta strozza; ma prima ti sara\ la lingua mozza $_. Orlando e 'l re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} hanno veduto, e Spinellon, che la giustizia viene e che 'l Soldan con essa e\ fuor venuto; ognun la lancia in su la coscia tiene; fannosi incontro; e Spinellon saputo verso quel Mari%otto: #_ E' non e\ bene $_ dicea #_ che questa giustizia si faccia, accio\ ch' al nostro Iddio non si dispiaccia; perche/ il Soldan, secondo intender posso, promisse pure a Rinaldo aspettarlo: ed or, che cosi\ a furia si sia mosso, troppo mi par che sia da biasimarlo. Ed oltre a questo, e' vi verra\ qua addosso, come questo sapra\, {add} subito {/add; su\bito R A} Carlo, e ne verra\ Rinaldo e 'l suo fratello, e gran vendetta far vorra\ di quello. Ma pur se non venissi mai persona, {t} pa\rti {/t A; parti R} che questo al Soldan si convenga? Dove e\ la fede della sua Corona, che par che sotto se/ qua il mondo tenga? Ritorna, Mari%otto, in Bambillona, accio\ che scandol di cio\ non avvenga $_. Diceva Spinellone iratamente che 'l re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} non vuol per ni%ente. Rispose Mari%otto: #_ Tu se' errato: se ci fussi al presente Carlo Mano, Orlando e 'l suo cugin c' hai nominato, o se ci fussi il grande Ettor troiano, o con la scure il possente Burrato, non s' opporrebbe di questo al Soldano; e se tu se' in cotesta oppini%one, io ti disfido, e gua^rti, Spinellone $_. Ispinellon non istette a dir piu\: addrieto col caval presto si scosta, poi si rivolge e l' aste abbassa in giu\, si\ che del petto passava ogni costa a Mari%otto, si\ gran colpo fu. La turba ch' era dallato, si scosta, e Spinellon cacciava mano al brando; allor si mosse il re presto, ed Orlando. Orlando Vegliantin per modo serra, che 'l primo saracin che vien davante con l' urto e con la lancia abbatte in terra; poi misse mano alla spada pesante, e colpo che menassi mai non erra: convien che chi l' aspetta alzi le piante; e 'l re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} e\ nella zuffa entrato, e tutto il campo gia\ s' e\ sbaragliato. Quando il Soldano il romore ha sentito, {add} subito {/add; su\bito R A} disse: #_ Quel ch' io mi pensai sara\ pur vero alfin, ch' i' son tradito dal re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} com' io dubitai $_. Vede gia\ il popol tutto sbigottito: di questo caso dubitava assai; pur si {t} fe' {/t A; fe/ R} innanzi, e con la spada in mano va confortando ogni suo capitano. Orlando or qua or la\ si scaglia e getta, e dove e' vede la gente calcata, {add} subito {/add; su\bito R A} si metteva in quella stretta e con la spada l' aveva allargata; e tristo a quel che Durlindana aspetta! che/ gli facea sentir s' ella e\ affilata: quanti ne giugne, riscontra o rintoppa, faceva a tutti la barba di stoppa. Or dicia\n di Rinaldo, ch' e\ gia\ presso al campo e vede quel rabbaruffato per la battaglia, e dice fra se stesso: #_ O Ricciardetto mio, tu se' spacciato. Ove e\, Soldan, quel che tu m' hai promesso? $_. Poi disse al Veglio: #_ Io son suto ingannato: io veggo segno assai tristo di questo; pero\ quanto possiam, {t} corriam {/t R; corria\n A} la\ presto $_. Furno in un tratto nella zuffa questi; Rinaldo non sapea quel ch' abbi a farsi; un saracin prego\ che manifesti per che cagione il campo abbi azzuffarsi. Colui rispose: #_ Il Soldan ci ha richiesti per due baron che dove/n giustiziarsi; il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} non vuol che gli uccida: per questo il campo sol combatte e grida $_. Intanto Spinellon, ch' era caduto d' un colpo che gli avea dato il gigante, vede Rinaldo ch' e\ sopravvenuto e che del caso pareva ignorante; disse: #_ Baron, come tu hai saputo, vedi che va sozzopra qua Levante per due cristian, che 'l gran Soldano a torto volea ch' ognun di lor fussi oggi morto. Il mio signor {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} re non vuole, e sia\n qui tutti a lor difensi%one, perche/ di que' baron troppo ci duole, che/ l' un fratel di Rinaldo e\ d' Amone; e perch' io non ti tenga piu\ a parole, nella battaglia e\ il figliuol di Mellone, e fa gran cose per campar costoro; ed io combatto qui pedon per loro; ne/ posso ancor rimontare a cavallo, dond' io fu' tratto da un Salicorno. Tutti color del contrassegno giallo pel mio signor combatton questo giorno $_. Disse Rinaldo: #_ Io vorrei sanza fallo sapere il nome tuo, barone adorno $_. Disse il pagano: #_ Spinellon mi chiamo, e molto Orlando e Rinaldo suo amo $_. Allor grido\ Rinaldo: #_ O saracino, io son Rinaldo, e son qui capitato per ritrovare Orlando mio cugino. Monta a cavallo $_; e 'l pagano e\ montato. #_ Menami ove combatte il paladino $_. Ispinellon fu tutto consolato, e disse: #_ Vincitor saremo omai. Andianne dove Orlando tuo lasciai $_. E tanto per lo campo insieme vanno, che lo condusse ove combatte Orlando, ch' era pien tutto di sangue e d' affanno. Disse Rinaldo: #_ Posa un poco il brando; dimmi, i prigion, cugin mio, come stanno? $_. Allora Orlando il vien raffigurando: abbraccio\ questo e pianse per letizia, e del Soldan conto\e la sua tristizia. Poi disse: #_ Tempo non e\ farsi festa; qui si conviene i prigioni aiutare $_. Non va {t} li%on {/t A; lion R} per fame per foresta, come Rinaldo comincio\ a mugghiare, a questo e quello spezzando la testa, le strette schiere faccendo allargare; qui il Veglio e Spinellone e 'l conte sono, e paion tutti a quattro insieme un tuono. Ne/ prima de/tton tra le schiere drento, che si vedeva sbaragliar la gente, ch' egli eron quattro lupi in uno armento; e pur s' alcun non fugge, se ne pente, ch' ogni cosa abbattevon come un vento; e inverso il gonfalon subitamente, dove e\ il Soldan, con gran furor n' andorno: or qui le spade ben s' insanguinorno. Era il Soldan sopra un caval morello, co' mamalucchi suoi quivi ristretto; giunson costoro insieme a un drappello, gridando: #_ Muoia il Soldan maladetto! $_. Ma come il Veglio ha conosciuto quello, prese una lancia e posesela al petto e disse: #_ Io vo' veder se la tua morte si serba a me per distino o per sorte $_. Quando il Soldan vide abbassar la lancia, {add} subito {/add; su\bito R A} anco egli il suo caval moveva, perche/ e' vedeva che costui non ciancia, e nello scudo del Veglio giugneva; penso\ passargli la falda e la pancia: l' aste si ruppe, come il Ciel voleva, e in molti pezzi per l' aria trovossi, che/ quel che e\ distinato {add} to^r {/add; to\r R A} non puossi. Ebbe pur luogo alfin la visi%one ch' una montagna gli cadeva addosso: che/, come il Veglio allo scudo gli pone, {add} subito {/add; su\bito R A} lo passo\, ch' era pur grosso, e la corazza e lo sbergo e 'l giubbone, che e\ di catarzo, e poi la carne e l' osso; e con la furia del caval l' urto\e, tanto ch' addosso al Soldan rovino\e. Ma il caval si rizzo\ del Veglio tosto; quel del Soldan col suo signore e\ in terra, e morto l' uno e l' altro a giacer posto: cosi\ il giudicio del Ciel mai non erra; era cosi\ preveduto e disposto. Or qui fu quasi finita la guerra: morto il Soldano, ognun verso le porte correva, sbigottito di tal morte. Rinaldo, che 'l Soldan vide cadere, diceva al Veglio: #_ Per la fede mia, che non era di matto il suo temere! Vedi che luogo ha pur la profezia! Or oltre! In rotta si fuggon le schiere; dunque mostrian la nostra gagliardia $_. E vanno trascorrendo ove e' vedieno i saracin che indrieto si fuggieno. Rinaldo il giustizier trasse per morto di sella con un colpo di Frusberta; onde e' gli disse: #_ Tu m' hai fatto torto: a questo modo il mio ben far non merta, c' ho dato aiuto a' prigioni e conforto $_. Disse Rinaldo: #_ Dove e' sien m' accerta, e in questo modo camperai la vita; se non, da me tu non farai partita $_. Il giustiziere allor Rinaldo mena dove i prigion si stavon dall' un canto, afflitti, dolorosi, con gran pena, ed avean fatto quel giorno gran pianto, tanto che piu\ gli riconosce appena. #_ Che pagheresti voi, ditemi il quanto $_, dicea Rinaldo a lor #_ chi vi scampassi? $_. Ed Ulivier, come e' suol, cheto stassi. Ma Ricciardetto rispose: #_ Ni%ente: noi non abbia\n danar ne/ cosa alcuna; sia\n qui condotti si\ miseramente, sanza speranza, come vuol fortuna. Ma se qui fussi Rinaldo al presente, non temeremo di cosa nessuna o se ci fussi il conte Orlando appresso, che di camparci pur ci avea promesso $_. Disse Rinaldo: #_ Siete voi cristiani? $_. Rispose Ricciardetto: #_ Si\, messere, e paladin gia\ fumo alti e sovrani $_. Rinaldo piu\ non si potea tenere: alla visiera si pose le mani, accio\ che in viso il potessin vedere; donde ciascun lo riconobbe presto; ma, volendo, abbracciar non posson questo. Allor Rinaldo gli scioglie ed abbraccia, e dice: #_ Non sapete voi ch' Orlando e\ qui nel campo e questa gente scaccia per venir voi da morte liberando? Per mio consiglio mi par che si faccia, accio\ che vi vegnate riposando: col giustiziar qui ve n' andrete vostro al padiglion del re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} nostro $_. E tutti a tre n' andorno al padiglione. Ma in questo tempo quel gigante forte uccise il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} in su l' arcione, che molto pianse Orlando cotal morte; poi abbatte/ d' un colpo Spinellone. Qui sopravvenne Orlando a caso e sorte, e tanto {t} fe' {/t A; fe/ R} che si fece cristiano, e battezzollo con sua propria mano. E fu cosa mirabil quel che disse Ispinellone in questo suo morire: credo che 'l Ciel per grazia se gli aprisse, dove l' anima presto dovea gire; perche/ e' teneva in {add} su {/add; su\ R A} le {t} luce {/t R; luci A} fisse, che/ gli pareva gli angioli sentire, e disse con Orlando: #_ Orlando, certo io veggo il paradiso tutto aperto. Non vedi tu lassu\ quel che veggo io? Chi e\ colui ch' ognuno onora e teme, in sedia coronato e giusto e pio fra mille lumi e mille di%ademe? $_. Rispose Orlando: #_ E\ Gesu\ nostro Iddio, che pasce tutti di gaudio e di speme, colui ch' adora ogni fedel cristiano $_. Allor gli {t} fe' {/t A; fe/ R} reverenzia il pagano. #_ Chi e\ colei che siede allato a quello, che sopra tutte par donna serena, e presso a lei un angel cosi\ bello? $_. #_ E\ la sua Madre Virgin nazzarena; e l' angel che gli e\ appresso e\ Gabriello, colui che gli disse #" {it} Ave, gratia plena {/it} $" $_. Allor le braccia il saracino stende ed umilmente grazia a quella rende. E poi diceva: #_ Io veggo intorno a quella dodici in sedia tutti coronati $_. Rispose Orlando: #_ Questa brigatella son gli apostoli suoi glorificati $_. #_ Quell' altro con la croce in man si\ bella, che par che molto fisso Gesu\ guati e non si sazi di veder sua vista? $_. Rispose Orlando: #_ E\ il suo cugin Battista $_. #_ Quelle tre donne accosto si\ al Signore? $_. Rispose Orlando: #_ Son le tre Marie, ch' al suo sepulcro anda^r con tanto amore, poi che fu crocifisso il terzo {t} die {/t A; di\e R} $_. #_ Chi e\ colui che guarda il suo Fattore, quasi dicessi: #" Io ti disubbidie $"? $_. Rispose Orlando: #_ Sara\ il nostro Adamo, pel cui peccato dannati savamo $_. #_ Chi e\ quel vecchierel con tanta fede, che non si sazia di cantare osanna, e par che di Maria si goda al piede? $_. #_ Colui che fu con lei nella capanna $_. #_ Quell' altro vecchio ch' appresso si vede con la sua sposa? $_. #_ E\ Giovacchino ed Anna $_, rispose Orlando #_ il padre di Maria e la sua madre glori%osa e pia $_. #_ Color che paion si\ giusti e discreti, co' libri in man, sai tu quel che si sia? $_. Rispose Orlando: #_ Saranno i profeti che predisson l' annunzio di Maria; quivi e\ {t} David {/t R; Davidde A} e gli altri sempre lieti, e {t} Moi%se\ {/t A; Moise\ R} legista e Geremia $_. #_ L' altre corone ch' io vi veggo tante? $_. Rispose Orlando: #_ Gli altri santi e sante, e ma\rtir, patriarci e confessori $_. #_ Tante altre cose ch' io vi veggo belle? $_. Rispose Orlando: #_ Celesti splendori, come i pianeti, sole e luna e stelle $_. #_ Que' dolci gaudi e que' soavi odori, tante dolce armonie, tante fiammelle? $_. Rispose Orlando: #_ E\ il gaudio sempiterno e 'l sommo ben di quel Signore etterno $_. #_ Color che cantan, che paion di foco, con l' alie, intorno alla sedia vicini? $_. Rispose Orlando: #_ Qui ti ferma un poco. Sono altre spezie di spirti divini, ed ha ciascuno ordinato il suo loco: que' primi, Cherubini e Serafini, e gli altri, Tron, che cosi\ presso stanno; si\ che tre gerarchie que' cori fanno. Gli altri che seguon questo primo coro de' Serafin, Cherubini e de' Troni, Virtute e Potesta\ son con costoro, ma innanzi a questi le Dominazioni; poi Principati e gli Arcangel con loro ed Angel par che d' un canto risuoni $_. Disse il pagan: #_ Come tu m' hai diviso costor, cosi\ gli veggo in paradiso $_. #_ Ah $_, disse Orlando #_ e' non passera\ molto che tu gli potra' me' vedere in cielo: dirizza i tuoi pensier, la mente e 'l volto a quel Signor con puro amore e zelo, e 'ncre/scati di me, che resto involto in questo cieco mondo al caldo e al gelo $_. E poi gli die\ la sua benedizione, e l' anima spiro\ di Spinellone. Rimase Orlando tutto consolato del dolce fin che Spinellone ha fatto, e tutto collo spirito elevato, tanto che {t} Pau%l {/t A; Paul R} pareva al ciel ratto, chiamando morto chi in vita e\ restato. Intanto Salicorno e\ quivi tratto, e scaccia ognun che innanzi se gli affronta. Orlando in sul caval presto rimonta, e grida #_ Addrieto torna\te, canaglia: e\ altro ch' un pagan quel che vi caccia? $_. E' rispondieno: #_ Egli e\ nella battaglia, questo, gigante che Giove minaccia; e' ci divora, non ferisce o taglia, tanto ch' ognuno ha rivolta la faccia $_. Orlando pur gli sgrida e svergognava; e in questo quivi Rinaldo arrivava. E Salicorno avea gia\ domandato: #_ Dove e\ Rinaldo? Io vorrei pur trovarlo $_. Orlando, come lo vede appressato, diceva: #_ O Salicorno, or puoi provarlo: ecco colui c' hai tanto minacciato; questo e\ Rinaldo tuo, col quale io parlo $_. E volsesi a Rinaldo e disse seco: #_ Questo gigante vuol provarsi teco $_. Quando il gigante vedeva Rinaldo, parvegli un uom nell' aspetto gagliardo, e tutto stupefatto stava saldo: guarda il cristiano e guardava Baiardo, e raffreddossi, che parea si\ caldo; disse: #_ Baron, s' ogni tuo effetto guardo, non vidi mai il piu\ bel combattitore: ma tu se' il caffo d' ogni traditore. Tu uccidesti gia\ de' miei consorti quel Chiari%el che fu tanto nomato; de' miei fratelli due n' avete morti; e Brunamonte sai che l' hai ammazzato con mille tradimenti e mille torti; e Mambrin, ch' era del mio sangue nato, e {t} Gostantin {/t R; Costantin A} con inganno uccidesti, e meritato hai gia\ mille capresti. Noi sia\n rimasi sei frate' carnali; ma punirotti io sol, traditor fello $_. Rinaldo stava tuttavia in su l' ali come il terzuol, per dibattersi a quello; e disse: #_ Badalon, se tanto vali, come ti {t} fe' {/t A; fe/ R} cader qui il mio fratello? Dunque tu chiami traditor Rinaldo, che sai che tu se' il fior d' ogni ribaldo? $_. Disse il gigante: #_ Orlando, io mi ti scuso; non puo\ cio\ comportar nostra natura. Costui mi par co' giganti poco uso; che/ s' io comincio, per la sua sciagura, gli forbiro\ col mazzafrusto il muso $_. Rinaldo, che smarrita ha la paura, gli volle dar col guanto nel mostaccio; se non ch' Orlando gli pigliava il braccio, e disse: #_ Fate battaglia reale $_. Rispose Salicorno: #_ Io ho combattuto tutto di\ d' oggi, e fatto tanto male, e Spinellone e {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} abbattuto, che far con esso or battaglia campale o in altro modo, non sare' dovuto; ma domattina in sul campo saremo, e so che 'l lume e' dadi pagheremo $_. Rinaldo fu contento; e Salicorno in Bambillona si tornava drento, e cosi\ i nostri al padiglion tornorno. Diceva il Veglio: #_ Ignun mio guernimento non mi trarro\, Rinaldo, insino al giorno: cosi\ ti priego che tu sia contento $_. Rispose Orlando: #_ Il tuo consiglio parmi di savio $_; e non si vollon cavar l' armi. Il Veglio, come pratico, in agguato con una schiera quella notte sta. Or Salicorno, come addormentato crede sia il campo, usci\ della citta\; verso Rinaldo n' andava affilato, che/ di tradirlo pensato seco ha. Ma nell' uscir nella schiera scontrossi del savio Veglio, e la zuffa appiccossi, e cominciossi la gente a ferire. Questo romor ne va pel campo presto, ma pur Rinaldo si stava a dormire; Baiardo, che la notte stava desto, comincia presso a Rinaldo {t} anitrire {/t R; annitrire A}: non si sentendo, spezzava il capresto, e corse sanza sella, cosi\ ignudo, e de/ttegli del pie\ drento allo scudo. Rinaldo allor si fu pur risentito e Ricciardetto ed Ulivier desto\e: ognun s' armava tutto sbalordito. Orlando in sul caval presto monto\e; dove combatte il Veglio ne fu ito, e tutto il campo in la\ presto n' ando\e. A Salicorno par la cosa guasta, e pentesi aver messo mano in pasta; pur con Rinaldo domando\ battaglia; Rinaldo disse del campo pigliasse, e par con gran furor l' un l' altro assaglia; {add} subito {/add; su\bito R A} furno le lor lance basse. Era a veder la pagana canaglia, che si pensorno il mondo rovinasse quando Rinaldo s' accosta al gigante, perche/ e' tremava e la terra e le piante. E Salicorno la lancia spezzava; cosi\ Rinaldo; e' lor destrier passorno, e quasi il colpo di lor s' agguagliava; si\ che di nuovo due lance pigliorno e l' uno inverso l' altro ritornava; trovo\ Rinaldo al cimier Salicorno e con quel colpo dilaccio\ l' elmetto e 'l suo pennacchio gli spicco\ di netto. Rinaldo nello scudo pose a lui un colpo, ch' egli arebbe traboccato se fussin tutti insieme i frate' sui, e 'n sulla groppa a l' alfana e\ cascato. Gridava Salicorno: #_ Mai non fui a questo modo piu\ vituperato. O Macometto, becco can ribaldo, tu hai pagato la balia a Rinaldo! Credo che tu t' intenda co' cristiani! $_. E 'l me' che puo\ sopra l' arcion si rizza, e prese il mazzafrusto con due mani; verso Rinaldo va con molta stizza gridando: #_ Tu n' andrai con gli altri cani, se questa mazza di man non ischizza; che/ se tu campi da me questa notte, non tornero\ mai piu\ nelle mie grotte $_. E d' una punta gli de/tte nel fianco, che gli {t} fe' {/t A; fe/ R} rimbalzar l' elmetto in testa; e benche/ fussi il paladin si\ franco, per la percossa ebbe tanta molesta, che poco men che non si venne manco, e non volea la seconda richiesta; e Frusberta di man gli era caduta, se non che la catena l' ha tenuta; e l' elmetto pel colpo gli era uscito. Il saracin se gli scagliava intanto addosso, che/ penso\ che sia fornito. Orlando, ch' a vedere era daccanto, grido\: #_ Pagan, se' tu del senno uscito? Or che non ha piu\ l' elmo, o 'l brando al guanto, gli credi addosso andar co' mazzafrusti come un gaglioffo vil che sempre fusti? $_. E volle dargli un colpo con la spada. Quando il gigante Orlando irato vide, diceva: #_ E' non e\ buon che innanzi vada, che/ questa spada il {t} po\rfiro {/t R; porfiro A} divide $_. Quando Rinaldo a queste cose bada, per la vergogna il cuor se gli conquide; e ripigliato alquanto di vigore, verso il pagano ando\ con gran furore. Rizzossi in sulle staffe e 'l brando strinse, e Salicorno trovo\ in sul cappello; e fu tanto la rabbia che lo vinse, che lo taglio\ come il latte il coltello (non domandar quanto sdegno il sospinse) e spezza il teschio duro e poi il cervello e 'l collo e 'l petto, e fecene due parti, che cosi\ a punto non tagliano i sarti. Cadde il gigante dell' alfana in terra: fece un fracasso, come quando taglia il montanaro e qualche faggio atterra. I saracin che son nella battaglia, chi qua chi la\ per le fosse al buio erra; ognuno inverso le porte si scaglia, veggendo Salicorno giu\ cadere, che lo senti\ chi nol potea vedere. Combattevono a lumi di lanterne costor la notte, e fiaccole di pino; si\ che molti resta\r per le caverne, chi morto e chi ferito e chi meschino. Nostri cristian, quanti potien vederne, tanti uccidien del popol saracino: buon per colui che fu prima alle porte! che/ tutti que' da sezzo ebbon la morte. Nella citta\ chi puo\ si fuggi\ drento, e furon presto le porte serrate; e cominciorno a far provedimento come le mura lor fussin guardate, che/ d' uscir fuor non avean piu\ ardimento. Lascia\n costoro e l' altre gente armate: e' ci convien tornare un poco a Carlo, che non si vuol pero\ dimenticarlo. Carlo in Parigi nella sua tornata Meredi%ana volse rimandare a Carador, che l' ha tanto aspettata; e lei piu\ in Francia non volea gia\ stare, da poi ch' Ulivier suo l' avea lasciata. Morgante volle questa accompagnare, e finalmente, dopo alcun dimoro, rappresentolla al gran re Caradoro. E pochi giorni con lei dimoro\e, perche/ e' voleva andar verso Soria, dove era Orlando, e licenzia piglio\e e sol soletto si misse per via. Meredi%ana al partir lo prego\e che l' avvisassi d' Ulivier che sia, e ritornassi qualche volta a quella, che rimanea scontenta e meschinella. Giunto Morgante un di\ in su 'n un crocicchio, uscito d' una valle in un gran bosco, vide venir di lungi, per ispicchio, un uom che in {t} volto {/t A; vo/lto R} parea tutto fosco. De/tte del capo del battaglio un picchio in terra, e disse: #_ Costui non conosco $_; e posesi a sedere in su 'n un sasso, tanto che questo capito\e al passo. Morgante guata le sue membra tutte piu\ e piu\ volte dal capo alle piante, che gli pareano strane, orride e brutte: #_ Dimmi il tuo nome $_, dicea #_ viandante $_. Colui rispose: #_ Il mio nome e\ Margutte; ed ebbi voglia anco io d' esser gigante, poi mi penti' quando al mezzo fu' giunto: vedi che sette braccia sono appunto $_. Disse Morgante: #_ Tu sia il ben venuto: ecco ch' io aro\ pure un fiaschetto allato, che da due giorni in qua non ho beuto; e se con meco sarai accompagnato, io ti faro\ a camin quel che e\ dovuto. Dimmi piu\ oltre: io non t' ho domandato se se' cristiano o se se' saracino, o se tu credi in Cristo o in Apollino $_. Rispose allor Margutte: #_ A dirtel tosto, io non credo piu\ al nero ch' a l' azzurro, ma nel cappone, o lesso o vuogli arrosto; e credo alcuna volta anco nel burro, nella cervogia, e quando io n' ho, nel mosto, e molto piu\ nell' aspro che il mangurro; ma sopra tutto nel buon vino ho fede, e credo che sia salvo chi gli crede. E credo nella to/rta e nel tortello: l' uno e\ la madre e l' altro e\ il suo figliuolo; e 'l vero paternostro e\ il fegatello, e possono esser tre, due ed un solo, e diriva dal fegato almen quello. E perch' io vorrei ber con un ghiacciuolo, se Macometto il mosto vieta e biasima, credo che sia il sogno o la fantasima; ed Apollin debbe essere il farnetico, e Trivigante forse la tregenda. La fede e\ fatta come fa il solletico: per discrezion mi credo che tu intenda. Or tu potresti dir ch' io fussi eretico; accio\ che invan parola non ci spenda, vedrai che la mia schiatta non traligna e ch' io non son terren da porvi vigna. Questa fede e\ come l' uom se l' arreca. Vuoi tu veder che fede sia la mia? che nato son d' una monaca greca e d' un papasso in Bursia, la\ in Turchia. E nel principio sonar la ribeca mi dilettai, perch' avea fantasia cantar di Troia e d' Ettorre e d' Acchille, non una volta gia\, ma mille e mille. Poi che m' increbbe il sonar la chitarra, io cominciai a portar l' arco e 'l turcasso. Un di\ ch' io {t} fe' {/t A; fe/ R} nella moschea poi sciarra e ch' io v' uccisi il mio vecchio papasso, mi posi allato questa scimitarra e cominciai pel mondo andare a spasso; e per compagni ne menai con meco tutti i peccati o di turco o di greco; anzi quanti ne son giu\ nello inferno. Io n' ho settanta e sette de' mortali, che non mi lascian mai la state o 'l verno; pensa quanti io n' ho poi de' veni%ali! Non credo, se durassi il mondo etterno, si potessi commetter tanti mali quanti ho commessi io solo alla mia vita; ed ho per alfabeto ogni partita. Non ti rincresca l' ascoltarmi un poco: tu udirai per ordine la trama. Mentre ch' io ho danar, s' io sono a giuoco, rispondo come amico a chiunque chiama; e giuoco d' ogni tempo e in ogni loco, tanto che al tutto la roba e la fama io m' ho giucato, e' pel gia\ della barba: guarda se questo pel primo ti garba. Non domandar quel ch' io so far d' un dado, o fiamma o traversin, testa o gattuccia, o lo spuntone: e va per parentado, che/ tutti sia\n d' un pelo e d' una buccia. E forse al camuffar ne incaco o bado, o non so far la berta o la bertuccia, o in furba o in calca o in bestrica mi lodo? Io so di questo ogni malizia e frodo. La gola ne vien poi drieto a questa arte. Qui si conviene aver gran discrezione, saper tutti i segreti, a quante carte, del fagian, della starna e del cappone, di tutte le vivande a parte a parte dove si truovi morvido il boccone; e non ti fallirei di cio\ parola, come tener si debba unta la gola. S' io ti dicessi in che modo io pillotto, o tu vedessi com' io fo col braccio, tu mi diresti certo ch' io sia ghiotto; o quante parte aver vuole un migliaccio, che non vuole essere arso, ma ben cotto, non molto caldo e non anco di ghiaccio, anzi in quel mezzo, ed unto, ma non grasso {t} (pa\rti {/t A; (parti R} ch' i' 'l sappi?), e non troppo alto o basso. Del fegatello non ti dico niente: vuol cinque parte (fa ch' a la man tenga): vuole esser tondo, nota sanamente, accio\ che 'l fuoco equal per tutto venga, e perche/ non ne caggia, tieni a mente, la gocciola che morvido il mantenga: dunque in due parte dividia\n la prima, che/ l' una e l' altra si vuol farne stima. Piccolo sia, questo e\ proverbio antico; e fa che non sia povero di panni, pero\ che questo importa ch' io ti dico; non molto cotto, guarda non t' inganni! che/, cosi\ verdemezzo, come un fico par che si strugga quando tu l' assanni; fa che sia caldo; e puo' sonar le nacchere, poi spezie e melarance e l' altre zacchere. Io ti darei qui cento colpi netti; ma le cose sottil, vo' che tu creda, consiston nelle to/rte e ne' tocchetti: e' ti fare' paura, una lampreda, in quanti modi si fanno i guazzetti; e pur chi l' ode poi convien che ceda: perche/ la gola ha settantadue punti, sanza molti altri poi ch' io ve n' ho aggiunti. Un che ne manchi, e\ guasta la cucina: non vi potrebbe il Ciel poi rimediare. Quanti segreti insino a domattina ti potrei di questa arte rivelare! Io fui ostiere alcun tempo in Egina, e volli queste cose disputare. Or lascia\n questo, e d' udir non t' incresca un' altra mia virtu\ cardinalesca. Cio\ ch' io ti dico non va insino all' effe: pensa quand' io saro\ condotto al rue! Sappi ch' io aro, e non dico da beffe, col cammello e coll' asino e col bue; e mille capannucci e mille gueffe ho meritato gia\ per questo, o piu\e; dove il capo non va, metto la coda e quel che piu\ mi piace e\ ch' ognun l' oda. Mettimi in ballo, mettimi in convito, ch' io fo il dover co' piedi e colle mani; io son {t} prosuntu%oso {/t A; prosuntuoso R}, impronto, ardito, non guardo piu\ i parenti che gli strani; della vergogna, io n' ho preso partito, e torno, chi mi caccia, come i cani; e dico cio\ ch' io fo per ognun sette, e poi v' aggiungo mille novellette. S' i ho tenute dell' oche in pastura non domandar, ch' io non te lo direi: s' io ti dicessi mille alla ventura, di poche credo ch' io ti fallirei; s' io uso a munister per isciagura, s' elle son cinque, io ne traggo fuor sei; ch' io le fo in modo diventar galante, che non vi campa servigial ne/ fante. Or queste son tre virtu\ cardinale, la gola e 'l culo e 'l dado, ch' io t' ho detto; odi la quarta, ch' e\ la principale, accio\ che ben si sgoccioli il barletto: non vi bisogna uncin ne/ porre scale dove con mano aggiungo, ti prometto; e mitere da papi ho gia\ portate col segno in testa e drieto le granate. E trapani e paletti e lime sorde e succhi d' ogni fatta e grimaldelli e scale o vuoi di legno o vuoi di corde, e levane e calcetti di feltrelli che fanno, quand' io vo, ch' ognuno assorde, lavoro di mia man puliti e belli; e fuoco che per se/ lume non rende, ma collo sputo a mia posta s' accende. S' tu mi vedessi in una chiesa solo, io son piu\ vago di spogliar gli altari che 'l messo di contado del paiuolo; poi corro alla cassetta de' danari; ma sempre in sagrestia fo il primo volo, e se v' e\ croce o calici, io gli ho cari, e' crucifissi scuopro tutti quanti, poi vo spogliando le Nunziate e' santi. Io ho scopato gia\ forse un pollaio; s' tu mi vedessi stendere un bucato, diresti che non e\ donna o massaio che l' abbi cosi\ presto rassettato: s' io dovessi spiccar, Morgante, il maio, io rubo sempre dove io sono usato; ch' io non isto\ a guardar piu\ tuo che mio, perch' ogni cosa al principio e\ di Dio. Ma innanzi ch' io rubassi di nascoso, io fui prima alle strade malandrino: arei spogliato un santo il piu\ famoso, se santi son nel Ciel, per un quattrino; ma per istarmi in pace e in piu\ riposo, non volli poi piu\ essere assassino; non che la voglia non vi fussi pronta, ma perche/ il furto spesso vi si sconta. Le virtu\ teologiche ci resta. S' io so falsare un libro, Iddio tel dica: d' uno X farotti un Y, ch' a sesta non si farebbe piu\ bello a fatica; e traggone ogni carta, e poi con questa raccordo l' alfabeto e la rubrica, e scambiere' ti, e non vedresti come, il titol, la coverta e 'l segno e 'l nome. I sacramenti falsi e gli spergiuri mi sdrucciolan giu\ proprio per la bocca come i fichi sampier, que' ben maturi, o le lasagne, o qualche cosa sciocca; ne/ vo' che tu credessi ch' io mi curi contro a questo o colui: zara a chi tocca! Ed ho commesso gia\ scompiglio e scandolo, che mai non s' e\ poi {t} ravvi%ato {/t A; ravviato R} il bandolo. Sempre le brighe compero a contanti. Bestemmiator, non vi fo ignun divario di bestemmiar piu\ uomini che santi, e tutti appunto gli ho in sul calendario. Delle bugie nessun non se ne vanti, che/ cio\ ch' io dico fia sempre il contrario. Vorrei veder piu\ fuoco ch' acqua o terra, e 'l mondo e 'l cielo in peste e 'n fame e 'n guerra. E carita\ limosina o digiuno, orazi%on, non creder ch' io ne faccia. Per non parer prova\no, chieggo a ognuno, e sempre dico cosa che dispiaccia, superbo, invidi%oso ed importuno. Questo si scrisse nella prima faccia, che i peccati mortal meco eran tutti, e gli altri vizi scelerati e brutti. Tanto e\ ch' io posso andar per tutto 'l mondo col cappello in su gli occhi, com' io voglio: com' una schianceria son netto e mondo. Dovunque i' vo, lasciarvi il segno soglio, come fa la lumaca, e nol nascondo; e muto fede e legge, amici e scoglio, di terra in terra, com' io veggo o truovo, pero\ ch' io fu' cattivo insin nell' uovo. Io t' ho lasciato indrieto un gran capitolo di mille altri peccati in guazzabuglio; che/ s' i' volessi leggerti ogni titolo, e' ti parrebbe troppo gran mescuglio; e cominciando a {add} scio^rre {/add; scio\rre R A} ora {t} el {/t R; il A} gomitolo, ci sarebbe faccenda insino a luglio; salvo che questo alla fine udirai: che tradimento ignun non feci mai $_. Morgante alle parole e\ stato attento un' ora o piu\, che mai non mosse il {t} volto {/t A; vo/lto R}. Rispose e disse: #_ In fuor che tradimento, per quel ch' io ho, Margutte mio, raccolto, non vidi uom mai piu\ tristo a compimento; e di' che 'l sacco non hai tutto sciolto! Non crederrei con ogni sua misura ti rifacessi appunto piu\ natura, ne/ tanto accomodato al voler mio: noi staren ben insieme in un guinzaglio. Di tradimento gua\rdati, perch' io vo' che tu creda in questo mio battaglio, da poi che tu non credi in Cielo a Dio; ch' io so domar le bestie nel travaglio. Del resto, come vuoi te ne governa: co' santi in chiesa e co' ghiotti in taverna. Io vo' con meco ne venga, Margutte, e che di compagnia sempre viviamo. Io so per ogni parte le vie tutte. Vero che pochi danar ne portiamo; ma mio costume all' oste e\ dar le frutte sempre al partir, quando il conto facciamo; e 'nsino a qui sempre all' oste, ov' io fusse, io gli ho pagato lo scotto di busse $_. Disse Margutte: #_ Tu mi piaci troppo; ma resti tu contento a questo solo? Io rubo sempre cio\ ch' io {t} do {/t A; do\ R} d' intoppo, s' io ne dovessi portare un orciuolo; poi al partir son mutol, ma non zoppo. Se tu dovessi {add} to^rre {/add; to\rre R A} un fusaiuolo, dove tu vai to' sempre qualche cosa; ch' io tirerei l' aiuolo a una chiosa. Io ho cercato diversi paesi, io ho solcata tutta la marina, ed ho sempre rubato cio\ ch' io spesi. Dunque, Morgante, a tua posta camina $_. Cosi\ de/tton di piglio a' loro arnesi; Morgante pel battaglio suo si china, e col compagno suo lieto ne gi\a, e dirizzossi andar verso Soria. Margutte aveva una schiavina indosso ed un cappello a spicchi alla turchesca, salvo ch' egli era fatto d' un certo osso che gli spicchi eran d' altro che di pe\sca, ed era molto grave e molto grosso, tanto che par che spesso gli rincresca; un paio di stivaletti avea in pie\ gialli, ferrato e cogli spron come hanno i galli. Dicea Morgante, quando gli vedea: #_ Saresti tu di schiatta di galletto? Tu hai gli spron di drieto $_; e sorridea. Disse Margutte: #_ Questo e\ per rispetto, che/ spesso alcun, che non se n' accorgea, se ne trovo\ ingannato, ti prometto: campati ho gia\ con questi molti casi, e molti a questa pania son rimasi $_. Vannosi insieme ragionando il giorno; la sera capitorno a uno ostiere, e come e' giunson, costui domandorno: #_ Aresti tu da mangiare e da bere? E pa\gati in sull' asse o vuoi nel forno $_. L' oste rispose: #_ E' ci fia da godere: e' {t} c' {/t R; ci A} e\ avanzato un grosso e bel cappone $_. Disse Margutte: #_ {t} Oh, {/t R; E' A} non fia un boccone. Qui si conviene avere altre vivande: noi siamo usati di far buona cera. Non vedi tu costui com' egli e\ grande? Cotesta e\ una pillola di gera $_. Rispose l' oste: #_ Mangi delle ghiande. Che vuoi tu ch' io provvegga, or ch' egli e\ sera? $_. E comincio\ a parlar superbamente, tal che Morgante non fu pazi%ente. Comincial col battaglio a bastonare; l' oste gridava e non gli parea giuoco. Disse Margutte: #_ Lascia un poco stare. Io vo' per casa cercare ogni loco. Io vidi dianzi un bufol drento entrare: e' ti bisogna fare, oste, un gran fuoco, e che tu intenda a un fischiar di zufolo, poi in qualche modo arrostiren quel bufolo $_. Il fuoco per paura si {t} fe' {/t A; fe/ R} tosto; Margutte spicca di sala una stanga; l' oste borbotta, e Margutte ha risposto: #_ Tu vai cercando il battaglio t' infranga: a voler far quello animale arrosto, che vuoi tu {add} to^rre {/add; to\rre R A}?, un manico di vanga? Lascia ordinare a me, se vuoi, il convito $_. E finalmente il bufol fu arrostito; non creder con la pelle scorticata; e' lo sparo\ nel corpo solamente. Parea di casa piu\ che la granata: comanda e grida, e per tutto si sente; un' asse molto lunga ha ritrovata; apparecchiolla fuor subitamente, e vino e carne e del pan vi ponea, perche/ Morgante in casa non capea. Quivi mangioron le reliquie tutte del bufolo, e tre staia di pane o piu\e, e bevvono a bigonce; e poi Margutte disse a quell' oste: #_ Dimmi, aresti tue da darci del formaggio o delle frutte, che/ questa e\ stata poca roba a due, o s' altra cosa tu ci hai di vantaggio? $_. Or udirete come ando\ il formaggio. L' oste una forma di cacio trovo\e, ch' era sei libbre, o poco piu\ o meno; un canestretto di mele arreco\e, d' un quarto o manco, e non era anche pieno. Quando Margutte ogni cosa guardo\e, disse a quell' oste: #_ Bestia sanza freno, ancor s' ara\ il battaglio adoperare, s' altro non credi trovar da mangiare. E\ questo compagnon da fare a once? Aspetta, tanto ch' io torni, un miccino, e servi intanto qui colle bigonce: fa che non manchi al gigante del vino, che non ti racconciassi l' ossa sconce. Io fo per casa come il topolino: vedrai s' io so ritrovare ogni cosa, e s' io faro\ venir giu\ roba a iosa! $_. Fece la cerca per tutta la casa Margutte, e spezza e sconficca ogni cassa, e rompe e guasta masserizie e vasa: cio\ che trovava, ogni cosa fracassa, ch' una pentola sol non v' e\ rimasa; di cacio e frutte raguna una massa, e {t} po\rtale {/t R; portale A} a Morgante in un gran sacco, e cominciorno a rimangiare a macco. L' oste co' servi {t} impau%riti {/t A; impauriti R} sono ed a servire attendon tutti quanti; e dice fra se stesso: #_ E' sara\ buono non ricettar mai piu\ simil briganti: e' pagheranno domattina al suono di quel battaglio, e saranno contanti. Hanno mangiato tanto, che in un mese non mangera\ tutto questo paese $_. Morgante poi che molto ebbe mangiato, disse a quell' oste: #_ A dormir ce n' andremo; e domattina, com' io sono usato sempre a camino, insieme conteremo, e d' ogni cosa sarai ben pagato, per modo che d' accordo resteremo $_. E l' oste disse a suo modo pagassi; che/ gli parea mill' anni e' se n' andassi. Morgante ando\ a trovare un pagliaio ed appoggiossi come il {t} li%ofante. {/t A; liofante. R} Margutte disse: #_ Io spendo il mio danaio: io non voglio, oste mio, come il gigante, far degli orecchi zufoli a rovaio; non so s' io son piu\ pratico o ignorante, ma ch' io non sono astrolago so certo: io vo' con teco posarmi al coperto. Vorrei prima che' lumi sieno spenti, che tu traessi ancora un po' di vino; che/ non par mai la sera io m' addormenti, s' io non becco in sul legno un ciantellino, cosi\ per risciacquare un poco i denti; e goderenci in pace un canzoncino: e' basta un bigonciuol cosi\ tra noi, or che non c' e\ il gigante che c' ingoi $_. #_ Vedes' tu mai $_ Margutte soggiugnea #_ un uom piu\ bello e di tale statura, e che tanto diluvi e tanto bea? Non credo e' ne facessi un piu\ natura. E' vuol, quando egli e\ all' oste $_, gli dicea #_ che l' oste gli trabocchi la misura; ma al pagar poi, mai il piu\ largo uom vedesti: se tu nol provi, tu nol crederresti $_. Venne del mosto, e stanno a ragionare, e l' oste un poco si rassicurava; Margutte un canzoncin netto spiccare comincia, e poi del camin domandava, dicendo a Bambillona volea andare. L' oste rispose che non si trovava, da trenta miglia in la\, casa ne/ tetto per piu\ giornate, e vassi con sospetto. E disselo a Margutte, e non a sordo, che vi penso\ di {add} subito {/add; su\bito R A} malizia, e disse all' oste: #_ Questo e\ buon ricordo, poi che tu di' che vi si fa tristizia. Or oltre, a letto; e saren ben d' accordo, ch' io non isto\ a pagar con masserizia: io son lo spenditore, e degli scotti, come tu stesso vorrai, pagherotti: io ho sempre calcata la scarsella. Deh, dimmi, tu non debbi aver domata, per quel ch' io ne comprenda, una cammella ch' io vidi nella stalla tua legata; ch' io non vi veggo ne/ basto ne/ sella $_. Rispose l' oste: #_ Io la\ tengo appiattata una sua bardelletta, ch' io gli caccio, nella camera mia sotto il pimaccio. Per quel ch' io il faccia, credo che tu intenda: sai che qui arriva piu\ d' un forestiere a cena, a desinare ed a merenda $_. Disse Margutte: #_ Lasciami vedere un poco come sta questa faccenda, poi che noi siam per ragionare e bere, e son le notte un gran cantar di cieco $_. E l' oste gli rispose: #_ Io te l' arreco $_. Reco\ quella bardella il sempliciotto: Margutte vi {t} fe' {/t A; fe/ R} {add} su {/add; su\ R A} tosto disegno, che questa accordera\ tutto lo scotto; e disse all' oste: #_ E' mi piace il tuo ingegno. Questo sara\ il guancial ch' io terro\ sotto, e dormirommi qui in su questo legno: so che letto non hai dov' io capessi, tanto che tutto mi vi distendessi. Or vo' saper come tu se' chiamato $_. Disse l' ostier: #_ Tu saprai tosto come: io sono il Dormi per tutto appellato $_. Disse Margutte: #_ Fa come tu hai nome $_ cosi\ fra se/; #_ tu sarai ben destato quando fia tempo e innanzi {add} fi\en {/add; fien R A} le some $_. #_ Come hai tu brigatella, o vuoi figliuoli? $_. Disse l' ostier: #_ La donna ed io sia\n soli $_. Disse Margutte: #_ Che puoi tu pigliarci la settimana in questa tua osteria? Come arai tu moneta da cambiarci qualche dobbra da spender per la via? $_. Rispose l' oste: #_ Io non vo' molto starci, ch' io non ci ho preso, per la fede mia, da quattro mesi in qua venti ducati, che sono in quella cassetta serrati $_. Disse Margutte: #_ Oh, solo in una volta con esso noi piu\ danar piglierai! Tu la tien' quivi: s' ella fusse tolta? $_. Disse l' ostier: #_ Non mi fu tocca mai $_. Margutte un occhiolin chiuse, ed ascolta, e disse: #_ A questa volta lo vedrai! $_. E per fornire in tutto la campana, un' altra malizietta trovo\ strana. #_ Perche/ persona discreta e benigna $_ dicea coll' oste #_ troppo a questo tratto mi se' paruto, io mi chiamo il Graffigna; e 'l profferer tra noi per sempre e\ fatto. Io sento un poco difetto di tigna, ma sotto questo cappel pur l' appiatto: io vo' che tu mi doni un po' di burro, ed io ti donero\ qualche mangurro $_. L' oste rispose: #_ Ni%ente non voglio: domanda arditamente il tuo bisogno, che/ di tal cose cortese esser soglio $_. Disse Margutte allora: #_ Io mi vergogno: sappi che mai la notte non mi spoglio per certo vizio ch' io mi lievo in sogno; vorrei ch' un paio di fune m' arrecasse, e legherommi io stesso in su questa asse. Ma serra l' uscio ben dove tu dormi, ch' io non ti dessi qualche sergozzone; se tu sentissi per disgrazia {add} scio^rmi {/add; scio\rmi R A} e che per casa andassi a processione, non uscir fuor $_. Rispose presto il Dormi, e disse: #_ Io mi staro\ sodo al macchione. Cosi\ voglio avvisar la mia brigata, che non toccassin qualche tentennata $_. Le fune e 'l burro a Margutte giu\ reca, e disse a' servi di questo costume, ch' ognun si guardi dalla fossa cieca e non isbuchi ignun fuor delle piume. Odi ribaldo! Odi malizia greca! Cosi\ soletto si resto\ col lume, e fece vista di legarsi stretto, tanto che 'l Dormi se n' ando\ a letto. Come e' senti\ russar, ch' ognun dormiva, e' comincio\ per casa a far fardello: alla cassetta de' danar ne giva, ed ogni cosa pose in sul cammello; e come un uscio o qualche cosa apriva, ugneva con quel burro il chiavistello; e come egli ebbe fuor la vettovaglia, appicco\ il fuoco in un monte di paglia. E poi n' andava al pagliaio a Morgante: #_ Non dormir piu\ $_, dicea #_ dormito hai assai; non di' tu che volevi ire in Levante? Io sono ito e tornato, e tu il vedrai. Non istia\n qui, da\ in terra delle piante, se non che presto il fummo sentirai $_. Disse Morgante: #_ Che diavolo e\ questo? Tu hai pur fatto, per Dio, netto e presto $_. Poi s' {t} avvi%ava {/t A; avviava R}, ch' aveva timore, perche/ quivi era un gran borgo di case, che non si lievi la gente a romore. Dicea Margutte: #_ Di cio\ che rimase all' oste, un birro non are' rossore: ch' io non isto\ a far mai le staia rase, ma sempre in ogni parte dove io fui, sono stato cortese dell' altrui $_. Mentre che questi cosi\ se ne vanno, la casa ardeva tutta a poco a poco: prima che 'l Dormi s' avvegga del danno, era per tutto appiccato gia\ il foco; e non credea che fussi stato inganno. Quivi la gente correa d' ogni loco; ma con fatica scampo\ lui e la moglie: e cosi\ spesso de' matti si coglie. Quando fu giorno, che l' alba appari\e, Morgante vede insino alla grattugia, e fra se stesso dicea: #_ Tutto {t} die {/t A; di\e R} de' miglior certo s' impicca ed abbrugia: guarda costui quante ciabatte ha quie! Per Dio, che troppo il capresto s' indugia! $_. Disse Margutte: #_ E' {t} c' {/t R; ci A} e\ insino alla secchia: non dubitar, questa e\ l' arte mia vecchia. Noi abbiamo andar per un certo paese dove da se/ non ha chi non vi porta; e pure aren danar da far le spese $_; e tutta la novella dicea scorta della cassetta, e come il fuoco accese, come egli ebbe il cammel fuor della porta, e come il Dormi se n' ando\ a dormire, ma il fuoco l' ara\ fatto risentire. Morgante le mascella ha sgangherate per le risa talvolta che gli abbonda, e dicea pure: #_ O forche sventurate, ecco che boccon ghiotto o pe\sca monda! Non vi rincresca s' un poco aspettate. Costui pur mena almen la mazza tonda. Quanto piacer n' ara\ di questo Orlando, s' io lo vedro\ mai piu\, che non so quando! $_. Dicea Margutte: #_ In questo sta il guadagno: quanto tu lasci piu\ il brigante scusso. Tu puoi cercar per tutto d' un compagno che d' ogni cosa sia, come io, malfusso; ne/, per ghermire, altro sparvier grifagno non ti bisogna, o zingherlo, arbo o usso: quel che si ruba, non s' ha a saper grado; e sai ch' io comincio ora a trar pel dado. Io chiesi insino al burro, e dissi a quello oste ch' un poco di tigna sentivo, per ugner poi gli arpioni, e 'l chiavistello, che non sentissi quando un uscio aprivo, tanto ch' io avessi assettato il cammello. A ogni malizietta io son cattivo; del livido mi guardo quant' io posso, poi non mi curo piu\ giallo che rosso $_. #_ Or mi piacesti tu, Margutte mio! $_ dicea Morgante. E 'ntanto un, c' ha veduta quella cammella, diceva: #_ Per Dio! ch' ella e\ del Dormi ostier quella scrignuta $_. Disse Margutte: #_ Il Dormi saro\ io. Non vedi tu, babbion, che si tramuta, e sgombera qua presso a un castello? E maggior bestia se' tu che 'l cammello $_. Tutto quel giorno e l' altro sono andati per paesi dimestichi costoro; e 'l terzo di\ in un bosco sono entrati, dove aspre fere facevon dimoro; ed eron pel cammin tutti affannati, ne/ vin ne/ pan non avean piu\ con loro. Dicea Morgante: #_ Che farem, Margutte? Vedi che {t} mancon {/t R; mancan A} qui le cose tutte. Cerchiamo almen appie\ qua di quel monte se vi surgessi d' acqua alcun rampollo; che/ pur, se noi trovassin qualche fonte, la sete se n' andrebbe al primo crollo; che/ le parole piu\ spedite o pronte non sento, se la bocca non immollo: quel mi par luogo d' esservi dell' acque $_. Onde a Margutte il suo consiglio piacque. Vanno cercando tanto, che trovorno una fontana assai nitida e fresca: quivi a sedere un poco si posorno, perche/ e' convien che 'l caminar rincresca. Ecco apparir di lungi un {t} li%ocorno {/t A; liocorno R} che va cercando ove la sete gli esca. Disse Margutte: #_ Se tu guardi bene, quel {t} li%ocorno {/t A; liocorno R} in qua per ber ne viene. Questa sara\ la nostra cena appunto: e' si consuma di dar nella rete; pero\ t' appiatta tanto che sia giunto, che tragga a noi la fame e a se/ la sete $_. Il {t} li%ocorno {/t A; liocorno R} dalla voglia e\ punto, e non sapea le trappole segrete: venne alla fonte e 'l corno vi metteva, e stato un poco, a suo modo beeva. Morgante, che da lato era nascoso, arrandello\ il battaglio ch' egli ha in mano: de/ttegli un colpo tanto grazi%oso, che cadde stramazzato a mano a mano e non batte/ poi piu\ senso ne/ poso; e fu quel colpo si\ feroce e strano, che di rimbalzo in un masso percosse, e sfavillo\ come di fuoco fosse. Quando Margutte il vide sfavillare, disse: #_ Morgante, la cosa va gaia: forse che cotto lo potren mangiare. Per quel che di quel sasso la\ mi paia, noi gli faren del fuoco fuor gittare $_. Disse Morgante: #_ Ogni prieta e\ focaia dove Morgante e 'l battaglio s' accosta: sempre con esso ne fo a mia posta. Ma tu che se', Margutte, si\ sottile, ed hai condotte tante masserizie, come non hai tu l' esca col fucile? $_. Disse Margutte: #_ Tra le mie malizie ne/ cosa {t} virtu%osa {/t A; virtuosa R} ne/ gentile non troverrai, ma fraude con tristizie $_. Disse Morgante: #_ Piglia del fien secco; vienne qua meco $_. E Margutte disse: #_ Ecco $_. Vanno a quel masso, e Morgante martella, ch' arebbe fatto riscaldare il ghiaccio, tal ch' a Margutte intruona le cervella, si\ che quel fien gli cadeva di braccio. Allor Morgante ridendo favella: #_ Guarda se fuor le faville ti caccio $_. Margutte il fien per vergogna riprese e tennel tanto che 'l fuoco s' accese. Poi si cavo\ di dosso la schiavina, e scarico\ la cammella a giacere e trasse quivi fuori una cucina; apparecchio\ alle spese dell' ostiere, ch' avea recato insino alla salina, e tazze ed altre vasella da bere. Al {t} li%ocorno {/t A; liocorno R} abbrucio\ le caluggine, e fece uno {t} schidion {/t R; schidon A} d' un gran peruggine. Cosse la bestia e pongonsi poi a cena: Morgante quasi intera la pilucca, si\ che Margutte n' assaggiava appena; e disse: #_ Il sal ci avanza nella zucca. Per Dio, tu mangeresti una balena! Non e\ cotesta gola mai ristucca. Io ti vorrei per mio compagno avere a ogni cosa, eccetto ch' al tagliere $_. Disse Morgante: #_ Io vedevo la fame in aria come un nugol d' acqua pregno; e certo una balena con le squame arei mangiato sanz' alcun ritegno, ovvero un {t} li%ofante {/t A; liofante R} con lo stame. Io rido che tu vai leccando il legno $_. Disse Margutte: #_ S' tu ridi, ed io piango, che con la fame in corpo mi rimango $_. #_ Quest' altra volta io ti ristorero\ $_, dicea Morgante #_ per la fede mia! $_. Dicea Margutte: #_ Anzi ne spicchero\ la parte ch' io vedro\ che giusta sia, e poi l' avanzo innanzi ti porro\, si\ che e' possi durar la compagnia. Nell' altre cose io t' aro\ riverenza, ma della gola io non v' ho pazi%enza. Chi mi toglie il boccon, non e\ mio amico, ma ogni volta par mi cavi un occhio. Per tutte l' altre volte te lo dico, ch' io vo' la parte mia insino al finocchio, se s' avessi a divider solo un fico, una castagna, un topo o un ranocchio $_. Morgante rispondea: #_ Tu mi chiarisci di bene in meglio, e come oro affinisci. Racconcia un poco il fuoco, ch' egli e\ spento $_ Margutte ritaglio\ di molte legne, fece del fuoco ed uno alloggiamento. Disse Morgante: #_ Se quel non si spegne, per istanotte io mi chiamo contento. Tu hai qui acconcio mille cose degne, tu se' il maestro di color che sanno $_. Cosi\ la notte a dormir quivi stanno, e la cammella si pasceva intorno. Ma poi che l' au%rora si dimostra, disse Margutte a Morgante: #_ Egli e\ giorno: levianci e seguitian l' andata nostra $_. Cosi\ tutte lor cose rassettorno. Or, perche/ l' un cantar con l' altro giostra, quel che segui\ sara\ nell' altro canto; e lauderemo il Padre nostro intanto. Laudate, parvoletti, il Signor vostro, laudate sempre il nome del Signore! Sia benedetto il nome del Re nostro da ora a sempre insino all' ultime ore! Or tu che insin a qui m' hai il cammin mostro, del laberinto mi conduci fore, si\ ch' io ritorni ov' io lasciai Morgante, con la virtu\ delle tue opre sante. Partironsi costoro alla ventura: vanno per luoghi solitari e strani sanza trovar mai valle ne/ pianura; non senton cantar galli o abbaiar cani. Pur capitorno in certa parte oscura, ove e' sentiron di luoghi lontani venir certi lamenti afflitti e lassi, che parean d' uom che si ramaricassi. Dicea Morgante a Margutte: #_ Odi tue, come fo io, un certo suono, spesso, d' una voce che par che innalzi su\e, poi si raccheti? Ella debbe esser presso $_. Margutte ascolta ed una volta e due. e poi diceva: #_ Anco io la sento adesso. Questi {add} fi\en {/add; fien R A} malandrin ch' assalteranno qualcun che passa, e rubato l' aranno $_. Disse Morgante: #_ Studia un poco il passo; veggia\n che cosa e\ questa e chi si duole: al mio parere, egli e\ quaggiu\ piu\ basso, pero\ per questa via tener si vuole. Chiunque e' sia, par molto afflitto e lasso, quantunque e' non si scorgan le parole; e se son mascalzon, tu riderai, ch' io n' ho degli altri gastigati assai $_. Poi che furono scesi una gran balza, e' cominciorno dappresso a sentire, pero\ che sempre il lamento rinnalza. Una fanciulla piena di marti\re vidono alfine, scapigliata e scalza, ch' a gran fatica poteva coprire le belle membra sue, tanto e\ stracciata, e con una catena era legata; ed un {t} li%one {/t A; lione R} appresso stava a quella, che la guardava; e come questi sente, fecesi incontro la bestia aspra e fella. Vanne a Morgante furi%osamente, e cominciava a sbarrar la mascella e volere operar l' artiglio e 'l dente. Morgante un gran susorno gli appicco\e col gran battaglio, e 'l capo gli schiaccio\e; e disse: #_ Che credevi tu far, matto? I granchi credon morder le balene! $_. Poi verso la fanciulla ando\ di tratto: pargli discreta, nobile e dabbene; e domandolla come stessi il fatto, onde tanta disgrazia a questa avviene. Costei pur piange, e Morgante domanda; ma finalmente se gli raccomanda, dicendo non pigliassi ammirazione #_ se prima non risposi a tue parole, tanto son vinta dalla passi%one; ma se di me pur per pieta\ ti duole, io ti diro\ del mal mio la cagione, che per dolor vedrai scurare il sole: come tu vedi, stata son sett' anni con pianti, con angoscie e amari affanni. Il padre mio ha fra gli altri un castello che si chiama Belfior, presso alla riva del Nilo, e Filomeno ha nome quello. Un di\ fuor delle mura a spasso giva: era tornato il tempo fresco e bello di primavera, ogni prato fioriva; come fanciulla m' andavo soletta per gran vaghezza d' una grillandetta; e 'l sol di Spagna s' appressava all' onde e riscaldava Granata e 'l Murrocco, dove, poi, sotto all' occea\n s' asconde; e pur seguendo il mio piacere sciocco, un lusignuol sen gi\a di fronde in fronde, che per dolcezza il cor m' aveva {t} tocco {/t A; to/cco R} pensando come e' fu gia\ Filomena; ma del Nil sempre segnavo la rena. Mentre cosi\ lungo la riva andava, e 'l lusignuol si fugge in una valle; ed io pur drieto a costui seguitava, cogliendo {t} vi%olette {/t A; violette R} rosse e gialle; ma finalmente in un boschetto entrava, e' be' capelli avea drieto alle spalle, e posta m' ero in sull' erba a sedere, che/ del suo canto n' avea gran piacere. Mentre ch' io stavo come Proserpi\na co' fiori in grembo ascoltare il suo canto, giovane, bella, lieta e peregrina, il dolce verso si rivolse in pianto. Vidi apparire, ome\ lassa tapina! un uom pel bosco, feroce, daccanto; e 'l lusignuolo e' fior quivi lasciai, e spaventata a fuggir cominciai. E certo io sarei pur da lui scampata, ma nel fuggire a un ramo s' avvolse la bella treccia e tutta avviluppata. Giunse costui e per forza la svolse; quivi mi prese, e cosi\, sventurata, in questo modo al mio padre mi tolse; e strascinommi insino a questa grotta. dove tu vedi ch' io sono or condotta. Credo ch' ancora ogni selva rimbomba dov' io passai, quando costui per terra mi strascinava insino a questa tomba; e s' alcun satir pietoso quivi erra, questo peccato so ch' al cor gli piomba, o se giustizia l' arco piu\ disserra. Ome\, che mi graffio\ piu\ d' uno stecco, tal che risuona ancor del mio pianto Ecco! Le belle chiome mie tra mille sterpi rimason (de/' pensar!) tutte stracciate tra boschi e tra burrati e lupi e serpi, che fur, come Absalon, mal fortunate. Ome\, che par che 'l cor da me si scerpi! Ome\, le guance belle e tanto ornate furono a' pruni (e credo che tu 'l creda) troppo felice ed onorata preda, e' drappi d' oro e' vestimenti tutti al loto, al fango, a' sassi, a' rami, a' ceppi, che solo un bruscolin facea gia\ brutti; poi gli vidi stracciar per tanti greppi. Ne/ creder ch' io tenessi gli occhi asciutti, misera a me, comunque il mio mal seppi; ma sempre lacrimosi e meschinelli, dovunque io fu', lascioron due ruscelli. E fur pur gia\ nella mia giovinezza e lume e refrigerio a molti amanti: {add} aren {/add; are/n R A} giurato e detto per certezza che fussin piu\ che 'l sol belli e micanti; e molte volte per lor gentilezza venien la notte con suoni e con canti, e sopra tutto commendavan questi, che furon grazi%osi e 'nsieme onesti; ed or son fatti, come vedi, scuri: cosi\ potessi alcun di lor vede/gli, che/ non sarien si\ dispietati e duri ch' ancor pieta\ non avessin di quegli; anzi l' arebbon negli anni futuri, ricorderiensi gia\ che furon begli. Ma per me piu\ non e\ persona al mondo, cercando l' universo tutto tondo. E 'l padre mio di duol si sara\ morto, poi ch' alcun tempo ara\ aspettato invano; e la mia madre sanza alcun conforto non sa ch' io stenti in questo luogo strano, ne/ del gigante che mi facci torto e battami ogni di\ con la sua mano e faccimi a' {t} li%on {/t A; lion R} guardar nel bosco, tanto ch' io stessa non mi riconosco. O padre, o madre, o fratelli, o sorelle, o dolce amiche, o compagne, o parente; o membre afflitte, lasse e meschinelle, o vita trista, misera e dolente; o mondo pazzo, o crude e fere stelle, o distino aspro e 'ngiusto veramente! O morte, refrigerio all' aspra vita, perche/ non vieni a me? Chi t' ha impedita? E\ questa la mia patria dov' io nacqui? E\ questo il mio palagio e 'l mio castello? E\ questo il nido ove alcun tempo giacqui? E\ questo il padre e il mio dolce fratello? E\ questo il popol dov' io tanto piacqui? E\ questo il regno giusto, antico e bello? E\ questo il porto della mia salute? E\ questo il premio d' ogni mia virtute? Ove sono or le mie purporee veste? Ove sono or le gemme e le ricchezze? Ove sono or gia\ le notturne feste? Ove sono or le mie dilicatezze? Ove sono or le mie compagne oneste? Ove sono or le fuggite dolcezze? Ove sono or le damigelle mie? Ove son? dico. Ome\, non son gia\ quie. Ove sono or gli amanti miei puliti? Ove sono or le cetre e gli organetti? Ove sono ora i balli e' gran conviti? Ove sono ora i romanzi e' rispetti? Ove sono ora i proferti mariti? Ove sono or mille altri miei diletti? Ove son l' aspre selve e' lupi adesso, e gli orsi e' draghi e' tigri? Son qui presso. Che si fa ora in corte del mio padre? Che si fa or ne' templi e in su le piazze? Fannosi feste alle dame leggiadre, pruovansi lance e mille buone razze de' be' corsier tra l' armigere squadre; credo ch' ognun s' allegri e si sollazze; e pur se gia\ di me si pianse alquanto, per lungo tempo omai passato e\ il pianto. Misera a me, quanto ho mutato il vezzo! Esser solevo scalzata ogni sera, e porpore spogliar di tanto prezzo, che riluci\en piu\ che del sol la spera: or de' miei panni non si tien piu\ pezzo. Quante donzelle al servigio mio era! Che ricche pietre ho portate gia\ in testa! E stavo sempre in canti, in suoni e 'n festa. Ed or come tu vedi son condotta: sanza veder mai creatura alcuna, e 'l mio real palagio e\ questa grotta; dormo la notte al lume della luna. Or chi felice si chiama talotta, essemplo pigli della mia fortuna: cascon le rose, e reston poi le spine: non giudicate nulla innanzi al fine. Io fui gia\ lieta a mia consolazione, ed or con Giobbe cambierei mie pene: ogni di\ questo gigante ladrone mi batte con un mazzo di catene, sanza saper che sia di cio\ cagione: credo che sia perche/ da cacciar viene irato con {t} li%on, {/t A; lion, R} serpenti e draghi, e sopra me delle ingiurie si paghi. E vipere e cerastre e strane carne convien ch' io mangi, che reca di caccia, che mi solieno a schifo esser le starne; se non che mi percuote e mi minaccia, si\ che per forza mi convien mangiarne. Alcuna volta degli uomini spaccia, poi gli arrostisce e mangiagli il gigante col suo fratel che si chiama Sperante, e lui Beltramo; ed ogni giorno vanno per questi boschi come malandrini. E molte volte arrecato qui m' hanno, perch' io mi spassi, serpenti piccini, come color che' miei pensier non sanno; alcuna volta bizzarri orsacchini. E perche/ ignun non mi possi furare, da quel {t} li%on {/t A; lion R} mi facevon guardare. Cosi\ di paradiso sono uscita, e son condotta in queste selve scure. Gia\ si provo\ di camparmi la vita Burrato, e non pote/, con la sua scure, e con fatica di qui {t} fe' {/t A; fe/ R} partita, e so ch' egli ebbe di vecchie paure: tutto facea perche/ di me gl' increbbe; ed anco disse che ritornerebbe. Quand' io ti vidi al principio apparire, mi rallegrai, dicendo nel mio core: #" E' fia Burrato, che non vuol mentire ne/ esser di sua fede mancatore $". Per liberarmi da tanto marti\re, gia\ cavalieri erranti per mio amore combattuto hanno con questi giganti; ma morti son rimasi tutti quanti. Se voi credessi di qui liberarmi, il padre mio, se vivo fussi ancora (che/ forse spera pur di ritrovarmi), vi darebbe il suo regno ove e' dimora, che/ so con gran disio debbe aspettarmi: pero\ s' a questo nessun si rincora, io ve ne priego, io mi vi raccomando $_. Cosi\ dicea piangendo e sospirando. Morgante gia\ voleva confortarla, ma non potea, tanta pieta\ l' assale. Mentre ch' ancor questa fanciulla parla, ecco Beltramo, ch' aveva un cinghiale, e comincia di lungi a minacciarla: in su la spalla tenea l' animale, col braccio destro strascinava un orso, e sanguinava pe' graffi e pel morso. Vide costoro e la testa crollava, quasi dicessi a quella: #_ Io te ne pago $_. Ecco Sperante che quivi arrivava, e per la coda strascinava un drago: questo era maggior bestia e assai piu\ brava del suo fratello, e di far mal piu\ vago. Giunti a Morgante, a gridar cominciorno, tal che le selve intronavan dintorno. Morgante guata la strana figura de' due fratelli, e poi gli saluto\e, che/ gli de/tton capriccio di paura; ma l' uno e l' altro il saluto accetto\e pur tal qual concedea la lor natura; e poi Beltramo a parlar comincio\e: #_ Che fai tu qui con questo tuo compagno? Tu ci potresti far tristo guadagno. Io vo' saper chi quel {t} li%one {/t A; lione R} ha morto $_. Disse Morgante: #_ Il {t} li%one {/t A; lione R} uccisi io, che mi voleva, gigante, far torto $_. Disse Beltramo: #_ Al nome sia di Dio, io tel faro\ costar, datti conforto! Tu vai cosi\ qua pel paese mio; e so che quel {t} li%on {/t A; lion R} certo uccidesti per far poi con costei quel che volesti $_. Disse Morgante: #_ Amendue sia\n giganti: da te a me vantaggio veggo poco. Noi andian pel mondo cavalieri erranti, per amor combattendo in ogni loco: questa fanciulla che m' e\ qui davanti intendo liberar da questo gioco; dunque veggia\n chi sia di miglior razza: io proverro\ il battaglio, e tu la mazza $_. Non ebbe pazi%enza a cio\ Sperante: riprese meglio il drago per la coda ed una gran dragata die\ a Morgante, e disse: #_ Gaglioffaccio pien di broda, tu sarai ben, come dicesti, errante, se tu credi acquistar qua fama o loda. Rechian per preda i serpenti e' {t} li%oni, {/t A; lioni, R} ed or paura arem di due ghiottoni! Tu ci minacci, ribaldon villano: degli altri ci hanno lasciato gia\ l' ossa $_. Grido\ Morgante con un mugghio strano, quando e' senti\ del drago la percossa, e presto al viso si pose la mano, che/ l' una e l' altra gota aveva rossa; gitto\ il battaglio, tanta ira l' abbaglia, e con gran furia addosso a quel si scaglia. Ed abbraccia^rsi questi compagnoni, come i {t} li%on {/t A; lion R} s' abbraccian co' serpenti, guastandosi co' morsi e cogli unghioni. Morgante il naso gli strappo\ co' denti, poi fece degli orecchi due bocconi, dicendo: #_ Tu non meriti altrimenti $_. Beltramo addosso a Margutte si getta, e col baston le costure gli assetta. Non domandar se le trovava tutte e se le piana me' che 'l farsettaio: tocca e ritocca e forbotta Margutte, e spesso il volge come uno arcolaio, tanto ch' alfin gli avanzavan le frutte, e faceval sudar di bel gennaio. Saltato ari\a, per fuggir, ogni sbarra; pur s' arrostava colla scimitarra; ma Beltramo era si fiero e si\ alto, che, quando in giu\ rovinava il bastone, lo disfaceva e piegava allo smalto; se non che pur, come un gattomammone, Margutte spicca molte volte un salto per ischifar questa maladizione. Ma finalmente disteso trovossi come un tappeto, che piu\ atar non puossi; ch' una percossa tocco\ si\ villana, che parve una civetta stramazzata: alzo\ le gambe e 'n terra si dispiana. Quivi tocco\ piu\ d' una batacchiata, che 'l baston suona come una campana, e tutta la schiavina ha scardassata. Poi che sonata fu ben nona e sesta, Beltram chinossi a spiccargli la testa. Veggendosi Margutte mal parato, poso\ le mani in terra in un momento per trar due calci, com' egli era usato; e giunsel con gli spron di sotto al mento, e conficco\ la lingua nel palato al fer gigante: ond' egli ebbe spavento, e tutto pien d' ammirazion si rizza; allor Margutte in pie\ {add} subito {/add; su\bito R A} sguizza. Vede Beltram che si cerca la bocca, e 'l sangue che di fuor gia\ zampillava; e 'l capo presto tra gambe gli accocca, per modo che da terra il sollevava, e poi in un tratto rovescio il trabocca, e questo torri%on giu\ rovinava; e nel cader cio\ che truova fracassa, come se fussi caduta una massa. Questo galletto gli saltava addosso, che par che sia sopra una bica un pollo (dunque gli spron Margutte hanno riscosso), e 'l capo a questo levava dal collo, che/ la sua scimitarra taglia l' osso; e non pote/ Beltram piu\ dare un crollo, che/, quando in terra lo pose Margutte, si fracassorno le sue membra tutte. Gran festa ne facea quella fanciulla: ma in questo tempo che Beltramo e\ morto, Morgante con colui non si trastulla, che/ vendicar volea del drago il torto; ma d' atterrarlo ancor non era nulla, quantunque molto si fussi scontorto; e tanto a una balza s' appressorno, che insieme giu\ per quella rovinorno. E' si sentiva un romore, un fracasso, insin che son caduti in un burrone, come quando de' monti cade in basso qualche rovina o qualche gran cantone: non vi rimase ne/ sterpo ne/ sasso dove passo\ questo gran fastellone, che/ rimondorno insino alle vermene; e de/ttono un gran picchio delle schiene. Non si fermoron, che toccorno fondo; ma Morgante disopra rimanea: de/tte del capo in su 'n un sasso tondo tanto a Sperante, che morto il vedea. Poi si torno\ su pel bosco rimondo, e con Margutte gran festa facea, dicendo: #_ Io non pensai, Margutte mio, trovarti vivo, ond' io ne lodo Iddio. Noi sia\n qua rovinati in una valle, tal ch' io credetti lasciar le cervella, e tutto il capo ho percosso e le spalle $_. Poi si rivolse a quella damigella, ch' avea le guance ancor palide e gialle, pero\ che in dubbio e sospesa era quella, che/ non sapeva che morto e\ Sperante; se non che presto gliel dicea Morgante: #_ Non dubitar, non ti doler piu\ omai, ralle/grati, fanciulla, e datti pace: con le mie mani il gigante spacciai, rimaso e\ morto alle fiere rapace; e presto al padre tuo ritornerai, che/ libera se' or come ti piace; ed ha pur luogo avuto la giustizia $_. E tutti insieme faci\en gran letizia; e sciolse alla fanciulla la catena, e disse: #_ Andianne omai, dama gradita $_. Questa fanciulla d' allegrezza e\ piena, e spera ancor trovare il padre in vita. Morgante per la man sempre la mena, pero\ ch' ell' era ancor pure stordita e debol pe' disagi e per gli affanni ch' avea sofferti, misera, molti anni. Dicea Margutte: #_ Quel can traditore per modo le costure m' ha trovate, che non sarebbe cattivo sartore: io ho tutte le rene fracassate $_. Disse Morgante: #_ S' i' non presi errore, e' ti tocco\ di vecchie bastonate: io ti senti' spianare il giubberello, mentre ch' io ero alle man col fratello $_. Cosi\ tutto quel giorno ragionando vanno costoro insieme pel deserto; ma da {t} mangiare niente {/t R; mangiar ni%ente A} mai trovando, ognun di lor gia\ fame avea sofferto. Margutte vede, di lungi guardando, che/ il lume della luna era scoperto, una testuggin ch' un monte pareva, e quel che fussi ancor non iscorgeva; ma dubitava s' ella e\ cosa viva, o facea caso l' imaginazione; ne/ ancor dirlo a Morgante s' ardiva, non si fidando di sua {t} oppinione {/t R; opinione A}. Ma poi che presso a questa fera arriva, disse a Morgante: #_ Questo compagnone non vedi tu, che ti vien gia\ da fronte? Per Dio, ch' io dubitai che fussi un monte! $_. Disse Morgante: #_ Ella e\ una testuggine: e' mi parea di lungi un monticello $_; e cominciava a spiccargli la ruggine col suo battaglio e spezzargli il cervello. Non domandar se lieva le caluggine! Quella fanciulla godeva a vedello. Rotte le scaglie e fracassate tutte, disse: #_ Del fuoco si vuol far, Margutte $_. E fece al modo usato sfavillare un sasso, tanto ch' egli ebbon del fuoco. Quivi Margutte si dava da fare, dicendo: #_ L' arte mia fu sempre cuoco $_. Comincia la cammella a scaricare, e la cucina assetta a poco a poco; poi s' accostava a un gran cerracchione, e rimondollo e fenne uno {t} schidione {/t R; schidone A}. E poi ch' egli ebbe assettato l' arrosto e pien di certe gallozze e di ghiande, disse a Morgante: #_ E' ci manca ora il mosto. Asse\ttati qua a volger, cosi\ grande: io vo' veder come l' acqua e\ discosto, e 'ntanto tu arai cura alle vivande $_. Morgante rise e posesi a sedere, perche/ Margutte arrecassi da bere. Margutte, uscito un poco della via, un certo calpestio di lungi sente: fecesi innanzi a veder quel che sia: ode una bestia e 'nsieme parlar gente; volle assaltargli e far lor villania, onde costor fuggi^r subitamente; lascia^r la bestia e due otri di vino, ch' avean pel bosco smarrito il camino. Margutte si levo\ gli otri in ispalla, lascio\ la bestia andar dove volea; torna a Morgante, e d' allegrezza galla, pero\ che 'l mosto all' odor conoscea. Comincion la {t} testuggin ' assaggialla {/t R; testuggine assaggialla A}; Margutte disse ch' arsa gli parea: pargli mill' anni d' assaggiare il mosto; e finalmente cavorno l' arrosto. Come e' furno assettati insieme a desco, Morgante de/tte una gran tazza piena alla fanciulla c' ha 'l viso angelesco, di vin, che gli basto\ per la sua cena; poi si succio\, che parve un uovo fresco, quel che rimase, in men che non balena; e non pote/ Margutte esser si\ attento, che si succio\ quegli otri in un momento; e comincio\ a gridare: #_ Oi%me\, l' occhio! Morgante, tu non bei, anzi tracanni, anzi diluvi, ed io sono un capocchio, che/ so ch' a ogni giuoco tu m' inganni. Forse tu stesti aspettare il finocchio? Un altro arebbe badato mill' anni! Per Dio, che tu se' troppo disonesto! Noi partirem la compagnia, e presto. Se fussin come te fatti i moscioni, e' non bisognere' botte ne/ tino. E forse tu fai piccoli i bocconi? Ma questo non importa come il vino. Tu non se' uom da star tra compagnoni: non lasci pel compagno un ciantellino. Del {t} li%ocorno {/t A; liocorno R} mi rimase il torso; or di due otri te n' hai fatto un sorso $_. Morgante avea di Margutte piacere, e d' ogni cosa con lui si motteggia: dunque Margutte ceno\ sanza bere, e la fanciulla ridendo il dileggia. Dicea Margutte: #_ Gia\ di buone pere mangiato ha il ciacco $_; e sottecchi vagheggia, e cio\ che dice costei, sogghignava; ma con Morgante assai si scorrubbiava. Quando egli ebbon cenato, e' s' assettorno dintorno al fuoco, e quivi si dormie/no, per aspettar che ritornassi il giorno, su certe frasche e sopra un po' di fieno. L' altra mattina il cammel caricorno, e pure inverso il camin lor ne gie/no, sanza trovar o vettovaglia o tetto, tanto che pur la fanciulla ha sospetto; e dicea: #_ Questa selva e\ tanto folta, Morgante, ch' a guardalla non m' arrischio $_. Dicea Margutte: #_ Che sent' io? Ascolta: e' par ch' i' oda di lontano un fischio $_. Giunsono appresso ove la strada e\ volta: ecco apparir dinanzi un bavalischio, e cominciava gli occhi a sfavillare. Morgante {t} fe' {/t A; fe/ R} la fanciulla scostare. Arrandello\ il battaglio a quella fiera, e giunse per ventura appunto al collo, e spicco\ il capo che parve di cera, e piu\ di venti braccia via portollo. Margutte ando\ dove e' vide ch' egli era caduto, e presto a Morgante recollo: dodici braccia misuroron quello serpente crudo e velenoso e fello. Fecion pensier se fussi d' arrostillo. Diceva la fanciulla: #_ Io ho mangiato del tigre, del dragon, del coccodrillo; vero e\ che 'l capo e la coda ho spiccato $_. Disse Margutte: #_ Che bisogna dillo? Questo e\ un morselletto ben dorato: io tagliero\ solamente la coda, e poi l' arrostiremo, ed ognun goda $_. Cosi\ fu arrostito l' animale, pur colla pelle indosso come e' nacque, e divorato sanza pane o sale, e come un manicristo a tutti piacque: Lucifer non are' lor fatto male. Eravi appresso pel bosco dell' acque; quivi s' andorno la sete a cavare. Margutte piu\ non si volle fidare, e disse: #_ Piu\ da bomba non mi scosto, ch' io non mi fiderei di te col pegno, Morgante, da qui innanzi, a dirtel tosto, che/ tu fai sempre sopra a me disegno: come del vin, faresti dell' arrosto; pertanto io non mi vo' scostar da segno $_. Morgante ride, e la fanciulla scoppia, che par che' denti gli caschino a coppia. Dormiron come soglion, quella notte, e l' altro giorno al lor camin ne vanno per aspre selve e per si\ scure grotte, che dove e' sia da posarsi non sanno. Pur la fanciulla si ferma ta' dotte, pero\ che 'l caminar gli dava affanno; ma di dormire in cosi\ strano e scuro luogo non parve a Morgante sicuro, dicendo: #_ Io non ci veggo cosa alcuna da ber ne/ da mangiar ne/ da dormire: accio\ che non facessi la fortuna qualch' aspra fiera ci avessi assalire $_. Caminorono al lume della luna tutta la notte con assai marti\re e 'nsin che fu fornito l' altro giorno, che da mangiar ne/ da ber mai trovorno; ed erono affamati ed assetati e rotti e stracchi pel lungo camino. Margutte un tratto gli occhi ha strabuzzati, ch' era per certo il diavol tentennino. Dice Morgante: #_ Margutte, che guati? Io veggo che tu affisi l' occhiolino: aresti tu appostata la cena? $_. Disse Margutte: #_ Che ne credi, appena? Io veggo quivi appoggiato, Morgante, a un albero un certo compagnone che par che dorma, e non muove le piante: di questo non faresti tu un boccone $_. Morgante guarda: egli era un {t} li%ofante {/t A; liofante R} che si dormiva a sua consolazione, ch' era gia\ sera, ed appoggiato stava come si dice, e col grifo russava. Disse Morgante: #_ Dammi un poco in mano, Margutte, presto la tua scimitarra $_. Poi s' accostava all' albero pian piano; ma non arebbe sentite le carra, si\ forte dorme, l' animale strano. Morgante allor nelle braccia si sbarra e l' arbor sotto alla bestia taglio\e, che sbalordita rovescio casco\e; e cominciava a rugghiar tanto forte, che rimbombava per tutto il paese. De/tte alle gambe a Morgante due to\rte col grifo lungo; Morgante gliel prese e colla spada gli de/tte la morte, tanto che tutto in terra si distese. Dicea Margutte: #_ Questa e\ si\ gran fiera, ch' io cenero\ pure a macca stasera $_; e comincio\ assettarsi a cucinare. Morgante intanto del fuoco facea, e la fanciulla l' aiuta acconciare, pero\ che in aria la fame vedea. Margutte uno {t} schidion {/t R; schidon A} voleva fare; guardando, presso due pin si vedea, ch' erono insieme in un ceppo binati. Disse Morgante: #_ Iddio ce gli ha mandati $_; e fece l' un con un colpo cadere, dicendo: #_ Uno {t} schidion {/t R; schidon A} farai di questo; questo altro ne faremo un candeliere, e rimarrassi ritto qui in sul cesto $_. Alzo\ la spada e taglio\gli il cimiere e fece giu\ la ciocca cader presto; poi fe/sse in quattro il gambo a poco a poco ed appicco\gli in su la vetta il fuoco. Disse Margutte: #_ Noi {t} tri%onferemo! {/t A; trionferemo! R} Veggo la cosa stasera va ' gala, poi ch' a lume di torchio ceneremo; e 'ntorno a questo pin sara\ la sala, e sotto a questo lume mangeremo. Ma perch' io non v' aggiungo {t} colla {/t R; con la A} scala, Morgante, e tu v' aggiugni sanza zoccoli, e' converra\ stasera che tu smoccoli $_. Disse Morgante: #_ Col nome di Dio, attendi pur, Margutte, ch' e' sia cotto, ch' io vo' che questo sia l' uficio mio $_. Margutte acconcia l' arrosto di botto; poi disse: #_ Volgi: e' sara\ pur buon ch' io cerchi dell' acqua, se {t} c' {/t R; ci A} e\ ignun ridotto. Questo so io tu non trangugerai, ch' a tuo dispetto me ne serberai $_. Morgante disse arditamente: #_ Va, che/ insin che tu ritorni aspettero\, e 'l {t} li%ofante {/t A; liofante R} intero ci sara\ $_. Ma non gli disse: #_ In corpo il serbero\ $_. Margutte in giu\ e 'n {add} su {/add; su\ R A}, di qua, di la\, dell' acqua va cercando il me' che puo\, tanto che pur trovava un fossatello, e d' acqua presto n' empieva il cappello. Ma non fu prima dal fuoco partito, che Morgante a spiccar comincia un pezzo del {t} li%ofante {/t A; liofante R}, e disse: #_ Egli e\ arrostito $_, e tutto il mangia cosi\ verdemezzo, dicendo alla fanciulla: #_ Il mio appetito non puo\ piu\ sofferir, ch' e\ male avvezzo $_; e die\gli la sua parte finalmente, come si convenia, discretamente. Margutte torna, e Morgante trovava che s' avea trangugiato insino all' osse il {t} li%ofante {/t A; liofante R}, e' denti stuzzicava con lo schidon del pin dove e' si cosse: tra le giangi\e con esso si cercava come s' un gambo di finocchio fosse; le zampe sol vi restava e la testa: d' ogn' altra cosa era fatta la festa. Disse Margutte: #_ Dove e\ il {t} li%ofante {/t A; liofante R}, che tu dicesti di serbare intero? $_. #_ Egli e\ qui presso $_ rispose Morgante. Diceva la fanciulla: #_ E' dice il vero: e' l' ha mangiato dal capo alle piante, e non e\ stato, al suo parere, un zero $_. Disse Morgante: #_ Io non ti fallo verbo, Margutte, poi che 'n corpo te lo serbo. Tu non hai bene in {t} loi%ca {/t A; loica R} studiato: io dissi il ver, ma tu non m' intendesti $_. Margutte stava come trasognato, e dice: #_ Io penso come tu facesti: puo\ fare il Ciel tu l' abbi trangugiato? Io credo che ancor me mangiato aresti: forse fu buon ch' io non ci fussi dianzi, ch' io mi levai dalla furia dinanzi. Tu m' hai a mangiare un di\ poi, come l' Orco. Questa e\ stata una cosa troppo strana, un atto proprio di ghiotto e di porco, quel c' ha fatto la gola tua ruffiana. Tu non sai forse come io mi scontorco a comportar tua natura villana. Pensi ch' io facci gelatina o solci, che 'l capo drento o le zampe esser vuolci? Noi reggerem, Morgante, insieme poco: da ora innanzi tra noi sia divisa la compagnia, se tu non muti giuoco $_. Morgante smascellava delle risa; bevve dell' acqua, e poi se n' ando\ al fuoco. Margutte gli occhi a quella testa affisa, perche/ la fame non sentiva stucca, e 'l me' che puo\, come 'l can la pilucca. E borbottando s' acconcia a dormire; cosi\ Morgante, insin che in ori%ente il sole e 'l giorno comincia apparire; e vannosene insieme finalmente. Margutte si volea da lui partire, ma la fanciulla lo {t} fe' {/t A; fe/ R} pazi%ente: #_ Non ci lasciar $_ dicea #_ tra questi boschi, tanto ch' almen qualcun l' uom riconoschi $_. Dicea Margutte: #_ Io ho sempre mai inteso che gnun non si vorrebbe mai beffare: io mi vedea schernito e vilipeso, e costui stava il dente a stuzzicare come se proprio e' non m' avessi offeso. Questo non posso mai dimenticare: e' si poteva pur fare altrimenti che sogghignare e stuzzicarsi i denti. Questo faceva e' sol per piu\ dispetto, ch' era proprio il boccon rimproverarmi, come se fussi stato mio il difetto: pensa che conto e' facea d' aspettarmi $_. Dicea quella fanciulla: #_ Io ti prometto, se infino al padre mio vuoi accompagnarmi, io ti ristorero\ per certo ancora $_. Margutte pur si racchetava allora. A questo modo andati son piu\ giorni sanza trovare o case o mai persona. Ma finalmente un di\ busoni e corni senton sonar sanza saper chi suona: eron certe casette come forni, dove era una villetta, ch' e\ assai buona, all' uscir proprio delle selve fore, e Filomen tenevon per signore. Sentendo la fanciulla allor sonare, subitamente al ciel levo\ le mani, comincia Macometto a ringraziare: conobbe che que' suon poco lontani erano e gente vi debbe abitare, perche/ sapea i costumi de' pagani: #_ Laudato sia Macone in sempiterno $_, dicea #_ che/ tratti omai sia\n dello inferno $_. Morgante ne facea con lei gran festa, per venirla al suo padre rimenando, pero\ che molto gl' increscea di questa, e perche/ spera veder tosto Orlando. A poco a poco usci^r della foresta e vengono il dimestico trovando, e finalmente alle case arrivorno dove sentito avean sonare il corno. Ma la fanciulla non sapea che quello luogo il suo padre gia\ signoreggiassi. Eravi un oste vecchio e poverello; non avea tanto Morgante cenassi. Disse Margutte: #_ Togliamo il cammello! $_; ed ordino\ che questo si mangiassi, ed arrostillo come egli era usato, e innanzi al gran Morgante l' ha portato. Morgante die\ di morso nello scrigno e tutto lo spicco\ con un boccone. Margutte gli faceva un viso arcigno, dicendo: #_ Tu fai scorgerti un briccone, ed ogni volta mi paghi di ghigno; e fai, Morgante, dosso di buffone, pur che tu empia ben cotesta gola, e mai non fai a tavola parola $_. Poi ne spicco\ di quel cammel un quarto. e disse: #_ Io intendo il mio conto vedere: guarda s' io taglio appunto come il sarto. Tegna\no in man, ch' io veggo il cavaliere; ma pur dal giuoco pero\ non mi parto, ch' io so che l' ossa non ci ha a rimanere, e non e\ cosa da star teco a scotto: tu se' villano e disonesto e ghiotto $_. L' oste rideva e la fanciulla ride. Margutte, che fu tristo nelle fasce, col pie\ sotto la tavola l' uccide e coll' occhietto disopra si pasce. Morgante un tratto di questo s' avvide, e disse: #_ Tu se' uso con bagasce $_. Quella fanciulla onesta e {t} virtu%osa {/t A; virtuosa R} si ristrignea ne' panni vergognosa. Dicea Morgante: #_ Tu se' pur cattivo come tu mi dicevi, in detti e 'n fatti! Io credo che tu abbi argento vivo, Margutte, ne' calcetti e negli usatti: da questa sera in la\, s' a l' oste arrivo, accio\ che non facessi piu\ questi atti, farotti i pie' tener nella bigoncia, ch' io veggo che la cosa sare' acconcia $_. Disse Margutte: #_ Hai tu per cosa nuova ch' io sia cattivo con tutti i peccati, al fuoco, al paraone, a tutta pruova un oro piu\ che fine di carati? Io non fu' appena uscito fuor dell' uova, ch' i' ero il caffo degli sciagurati, anzi la schiuma di tutti i ribaldi; e tu credevi io tenessi i pie' saldi! $_. #_ Non vedi tu, Margutte, quanto onore $_ dicea Morgante #_ pel camin gli ho fatto, per rimenarla al padre ch' e\ signore? Guarda che piu\ non t' avvenga questo atto $_. Disse Margutte: #_ A ogni peccatore si debbe perdonar pel primo tratto: s' io ho fallato, perdonanza chieggio; quest' altra volta so ch' io faro\ peggio $_. Disse Morgante: #_ E peggio troverrai. Guarda ch' io non adoperi il battaglio: forse, Margutte, tu mi crederrai, s' un tratto le costure ti ragguaglio $_. Dicea Margutte: #_ S' tu non mi terrai legato sempre stretto col guinzaglio, prima che te, vedrai, Morgante, ch' io adoprero\ forse il battaglio mio $_. #_ Or oltre, {add} su {/add; su\ R A}, gove/rnati a tuo modo $_; rispose allor Morgante d' ira pieno: #_ io so che 'l mio battaglio fia piu\ sodo, e non bisognera\ guinzaglio o freno $_. Intanto la fanciulla disse: #_ Io odo alcun qua che ricorda Filomeno. Conoscilo tu, oste, o sai chi e' sia, e 'n qual paese egli abbi signoria? $_. Rispose l' oste: #_ Quel che tu domandi, io intendo Filomen sir di Belfiore. Accio\ che piu\ parole non ispandi, sappi che Filomeno e\ qui signore, e sia\n tutti parati a' suoi comandi per lunga fede e per antico amore; e regge il popol suo tranquillo e lieto, come giusto signor, savio e discreto. Vero e\ che lungo tempo e\ stato in pianto, pero\ che gli fu tolta una sua figlia, ne/ sa chi la togliessi; ed e\ gia\ tanto, che ritrovarla saria maraviglia. Poi che l' ebbe cercata indarno alquanto, vestissi a bruno lui e la sua famiglia, e non ci gridan poi talacimanni; e cosi\ son passati gia\ sette anni $_. Questa fanciulla divento\ nel viso subitamente piena di dolcezza, e parve il cor da lei fussi diviso, e pianse quasi di gran tenerezza, dicendo: #_ Or son tornata in paradiso, dove solea gioir mia giovinezza $_. Penso\e di troppo gaudio venir meno, quando senti\ che vivo e\ Filomeno. Morgante molto allegro fu di questo, e disse: #_ Io son si\ contento stasera, che, s' io morissi, non mi fia molesto. Margutte mio, noi faren buona cera, ed e\ pur buon ch' io t' abbi fatto onesto $_. Disse Margutte, che mal contento era: #_ Se tanta cosci%enzia pur ti tocca, ricu\citi una spanna della bocca $_. Non volle la fanciulla palesarsi; domanda della madre e de' parenti, e d' ogni cosa voleva accertarsi, di fratelli e sorelle e di sue genti. Quivi la notte stanno a riposarsi, poi si partirno dall' oste contenti. Non parve tempo a rubare a Margutte, che/ non gli dessi Morgante le frutte. E del camin l' ostier ne l' avvisava, se capitar volevono a Belfiore, che sempre lungo la riva s' andava del Nilo, e non potean pigliare errore. Morgante mentre la rena pestava, un coccodrillo dell' acqua esce fore: la bocca aperse e credette inghiottillo. Disse Margutte: #_ Che fia, coccodrillo? Cotesto e\ troppo gran boccon da te $_. Morgante in bocca il battaglio gli porse; e 'l coccodrillo una stretta gli die\ e' denti vi ficco\, si\ forte il morse. Allor Morgante ritirava a se/ presto il battaglio, e 'n bocca gliele storse, e spezza i denti, l' uno e l' altro filo; poi prese questo e scagliollo nel Nilo. Un miglio o piu\ drento al fiume gittollo, come un certo {t} au%ttor {/t A; auttor R}, che 'l dice, ha scritto; e se l' avessi preso me' pel collo, credo gittato l' arebbe in Egitto; e nel cader mori\ sanza dar crollo; e 'l gran battaglio da' denti e\ trafitto. Disse Margutte: #_ Io lo vedevo scorto ch' egli scoppiava, se non fussi morto $_. Era gia\ vespro e son presso a quel bosco dove fu presa gia\ questa fanciulla; e disse con Morgante: #_ Io riconosco il luogo ove io fu' sciocca piu\ che in culla, sanza pensar che dopo al me\le e\ il to\sco. Cosi\ va chi se stesso pur trastulla; ed e\ ragion s' alfin mal gliene coglie, chi vuol cavarsi tutte le sue voglie. O maladetto, o sventurato loco! Quivi senti', Morgante, il lusignuolo, cola\ fu' traportata a poco a poco dal suo bel canto d' uno in altro volo. A me pareva a sentirlo un bel giuoco: vedi che ne segui\ poi tanto duolo! Ringrazio te, che m' hai qui ricondotta; e saro\ savia, s' io non fui allotta; e mosterrotti ch' io non sono ingrata, ed aro\ sempre scritto nel mio core come tu m' abbi prima liberata, e con quanta onesta\, con quanto amore tu m' abbi per la via poi accompagnata, che non e\ stato il servigio minore: come fratel, come gentil gigante ti se' portato, e non come mio amante. Potevi di me far come Beltramo: non hai voluto; ond' io come fratello, come tu ami me, certo te amo: cosi\ ti trattero\ nel mio castello; cosi\ Margutte vo' che noi trattiamo, benche/ e' fussi alle volte tristerello $_. Disse Margutte: #_ S' io feci tristizia, tu de/i pensar ch' io nol feci a malizia $_. Ecco ch' egli eron gia\ presso alle mura di Filomeno, or ecco ch' e' son drento; e 'l popol guarda la grande statura di quel gigante, che dava spavento; ma la fanciulla ignun non raffigura. O padre suo, quanto sarai contento! Ch' ogni impreviso ben piu\ piacer suole, come il mal non pensato anco piu\ duole. Filomen, che veni\a, sente, il gigante colla fanciulla e con un suo compagno, e che e' si fa verso il palazzo avante, e che parea molto famoso e magno. In questo mezzo appariva Morgante; Filomen disse: #_ Iddio ci dia guadagno! Chi fia costui? E che fanciulla e\ questa? $_. (#_ Non mi trarro\ pero\ la bruna vesta, non {t} ri%aro\ {/t A; riaro\ R} pero\ la mia figliuola $_, dicea fra se/, che/ non la conosci\a). Maravigliossi ch' ella sia si\ sola, dicendo: #_ Questa e\ strana compagnia $_. Poi fermo\ gli occhi ove il disio pur vola, e grido\: #_ Questa e\ Florinetta mia $_. Ma la fanciulla, che di cio\ s' accorse, abbracciar Filomen {add} subito {/add; su\bito R A} corse. Or pensi ognun questo misero padre quanto in quel punto fussi consolato! A questo grido correva la madre; e benche/ Florinetta abbi mutato il viso molto e sue membra leggiadre, al primo tratto l' ha raffigurato; ed abbraccio\ costei pietosamente, e per dolcezza par fuor della mente. Il popol tutto con festa correva, pero\ che molto amato e\ Filomeno: cosi\ in un tratto la sala s' empieva. Morgante, ch' era d' allegrezza pieno, a Filomeno in tal modo diceva: #_ Ecco la figlia tua ch' io ti rimeno, e son contento piu\ ch' io fussi ancora $_. Il perche/ Filomen l' abbraccia allora. Ma Florinetta, postasi a sedere allato al padre, e riposata alquanto, diceva: #_ O Filomen, tu vuoi sapere del lungo errore e del mio grave pianto, e come io sia vivuta e 'n qual sentiere, e perche/ il mio tornar tardato e\ tanto. Io ti diro\ la mia disavventura, ch' ancor pensando mi mette paura $_. E comincio\, dal di\ ch' ella era uscita della citta\, quand' ella ando\ soletta, a contar come ella fussi rapita e strascinata trista e meschinetta; e quanto e\ stata afflitta la sua vita, e la catena che la tenea stretta, e come ella era dal {t} li%on {/t A; lion R} guardata: tanto che piange ognun che l' ha ascoltata. E tutto il popol se ne maraviglia: ognun verso Macon le mani alzava; la madre e 'l padre e l' altra sua famiglia d' orror ciascuno e capriccio tremava. Segui\ piu\ oltre la leggiadra figlia, e 'nverso il suo Morgante si voltava, ed ogni cosa narrava costei cio\ che Morgante avea fatto per lei: come al principio e' l' avea liberata da quel gigante crudel malandrino, e come sempre l' aveva onorata e vezzeggiata per tutto il camino, e sempre per la man l' avea menata si\ come padre o fratello o cugino, e che tanto onesta\ servata avea, che 'l nome suo, non ch' altro, non sapea. E tante cose dicea di Morgante, che 'l popol tutto correva a furore abbracciar questo e bacia\gli le piante; e Filomen gli pose tanto amore, che in ogni modo volea che 'l gigante con lui vivessi e morissi signore. Morgante Filomen ringrazia assai, dicendo: #_ Sempre tuo servo m' arai, e sempre saro\ teco vivo e morto, con l' anima e col corpo, pur ch' io possi. Io voglio a Bambillona esser di corto, e sol per questo di Francia mi mossi, ch' al conte Orlando farei troppo torto. Ma sempre mi comanda, dov' io fossi; e pur se Florinetta m' ama seco, io mi staro\ due giorni ancor con teco $_. Diceva Florinetta: #_ Almeno un anno con meco ti starai, Morgante mio $_. E cosi\ tutti grande onor gli fanno, anzi adorato e\ da lor come iddio. Margutte e Florinetta il gusto sanno; e perch' ella ha di piacergli disio, disse a Margutte: #_ Attendi alla cucina, che sia provisto ben sera e mattina $_. Non domandar se Margutte s' affanna e se parea di casa piu\ che 'l gatto; e dice: #_ Corpo mio, fatti capanna! ch' io t' ho a disfar le grinze a questo tratto: vedi che qui da ciel piove la manna! $_; e salta per letizia come un matto, e stava sempre pinzo e grasso ed unto, e della gola ritruova ogni punto. #_ Mentre ch' io ero $_ diceva #_ in Egina, non soleva questa esser la mia arte? Cosi\ ci fussi la mia concubina! ch' io gli porrei delle cose da parte. Ma come il cuoco lascia la cucina, cosi\ dalla ragion certo si parte; cosi\, come Margutte di qui esce, sara\ come a cavar dell' acqua un pesce $_. E finalmente e' provedeva bene la mensa di vivande di vantaggio; e d' ogni cosa che in tavola viene, sempre faceva la credenza e 'l saggio; e qualche buon boccon per se/ ritiene e 'n corbona metteva, come saggio; alcuna volta nella cella andava e pel cucchiume le botte assaggiava. E sapea sopra cio\ mille malizie: per casa cio\ che truova mal riposto e' rassettava con sue masserizie in un fardel che teneva nascosto. In pochi di\ vi {t} fe' {/t A; fe/ R} cento tristizie, e piu\ facea, se non partia si\ tosto: contamino\ con lusinghe e con prezzi : ischiave e more e moricini e ghezzi. A ogni cosa tirava l' aiuolo e faceva ogni cosa alla moresca. La notte al capezzal sempre ha l' orciuolo e pane e carne, in gozziviglia e 'n tresca; poi rimbeccava un tratto il lusignuolo, e ritrovava, accio\ che il sonno gli esca, tutti i peccati suoi di grado in grado; e sempre in mano avea il bicchiere o 'l dado, o broda che succiava come il ciacco; poi si cacciava qualche penna in bocca per vomitar, quando egli ha pieno il sacco; poi lo {t} ri%empe {/t A; riempe R}, e poi di nuovo accocca. Ma finalmente, quand' egli era stracco e che pel naso la schiuma trabocca, e' conficcava il capo in sul pimaccio unto e bisunto come un berlingaccio. E sapeva di vin come uno arlotto, che/ de/' pensar che n' appiatta Margutte; e quando egli era ubriaco e ben cotto, e' cicalava per dodici putte; poi ribaciava di nuovo il barlotto, e conta del camin le trame tutte; e diceva bugie si\ smisurate, che le tre eran sette carrettate. Or pur Morgante si volea partire, quantunque Florinetta assai pregassi, e comincio\ con Filomeno a dire che la licenzia oramai gli donassi, che/ di vedere Orlando ha gran disire. Subitamente un gran convito fassi, per dimostrar maggior magnificenzia al gran Morgante in questa dipartenzia. E poi ch' egli hanno tutti desinato e ragionate insieme molte cose, e la fanciulla a Morgante ha donato di molte gioie ricche e prezi%ose, e molto Filomen l' ha ringraziato; Morgante come savio anco rispose che accettava e l' offerte e 'l tesoro, per ricordarsi, ove e' fussi, di loro. Margutte, quando udi\ questa novella, diceva: #_ Io voglio andar per qualche ingoffo $_; e tolse uno {t} schidione {/t R; schidone A} e la padella, tinsesi il viso e fecesi ben goffo; e corre ove sedeva la donzella, e fece dello 'mpronto e del gaglioffo, e disse: #_ Il cuoco anco lui vuol la mancia, o io ti tignero\ tutta la guancia $_. Florinetta una gemma ch' avea in testa gitto\ nella padella a mano a mano. Margutte ciuffa, e la mano ebbe presta, e dice: #_ Io fo per non parer prova\no $_. Morgante fatta gli arebbe la festa, s' avessi avuto qualche cosa in mano, e vergognossi dell' atto si\ brutto, dicendo: #_ Tu m' hai pur chiarito in tutto $_. Margutte si torno\ in cucina tosto, e comincio\ assettare un suo fardello di cio\ ch' aveva rubato e nascosto, e quel che solea por gia\ in sul camello; e perche/ vide Morgante disposto di dipartirsi, si penso\ ancor quello {t} che {/t R; ch' e' A} fussi da fornirsi drento il seno di ghiottornie per due giornate almeno; e mangia e bee ed insacca per due erri, dicendo: #_ E' non si truova cotti e' tordi, quand' io saro\ per le selve tra' cerri $_. Morgante intanto al partir par s' accordi, e Florinetta con lui era a' ferri a pregar sempre di lei si ricordi, e che tornassi a rivederla presto, e non si parta che prometta questo. Morgante rispondea ch' era contento e in ogni modo per se/ tornerebbe, e fecene ogni giuro e sacramento: non potre' dir quanto il partir gl' increbbe; ed abbracciava cento volte e cento quella fanciulla; e non si crederrebbe la tenerezza che gli venne al core, e quanto Filomen gli ha posto amore. Margutte disse solamente #_ Addio $_, pero\ ch' egli era piu\ cotto che crudo. Morgante, poi che del castello usci\o, disse a Margutte: #_ Asse\ttati lo scudo, ch' io vo' sfogarmi, poltoniere e rio, che/ tu se' il cucco mio per certo e 'l drudo! Puo\ fare Iddio tu sia si\ sciagurato? Tu m' hai chiarito, anzi vituperato. Tu m' hai pur fatte tutte le vergogne. Io mi credevo ben tu fussi tristo e ladro e ghiotto e padre di menzogne, ma non tanto pero\ quant' io n' ho visto: tu nascesti tra mitere e tra gogne, come tra 'l bue e l' asin nacque Cristo $_. Margutte gli rispose: #_ E tra' capresti e tra le scope: tu non t' apponesti. Io credevo, Morgante, tu 'l sapessi ch' io abbi tutti i peccati mortali; e 'l primo di\, perche/ mi conoscessi, tel dissi pure a letter di speziali. Puo' mi tu altro appor ch' io ti dicessi? Questi son peccatuzzi veni%ali: lascia ch' io vegga da fare un bel tratto in qualche modo, e chiarirotti affatto $_. Morgante finalmente convenia che in riso e 'n giuoco s' arrechi ogni cosa; e vanno seguitando la lor via. Erano un di\ per una selva ombrosa, e perche/ pure il camino incresci\a, a una fonte Morgante si posa. Margutte, ch' avea ancor ben pien il sacco, s' addormento\ come affannato e stracco. Morgante, come lo vede a giacere, gli stivaletti di gamba gli trasse ed appiatto\gli, per aver piacere, un po' discosto, quando e' si destasse. Margutte russa, e colui sta a vedere; poi lo destava, perche/ e' s' adirasse. Margutte si rizzo\, come e' fu desto, e degli usatti s' accorgeva presto; e disse: #_ Tu se' pur, Morgante, strano: io veggo che tu m' hai tolti gli usatti, e fusti sempre mai sconcio e villano $_. Disse Morgante: #_ Apponti ov' io gli ho piatti: e' son qui intorno poco di lontano: questo e\ per mille oltraggi tu m' hai fatti $_. Margutte guata, e non gli ritrovava; e cerca pure, e seco borbottava. Ridea Morgante sentendo e' si cruccia. Margutte pure alfin gli ha ritrovati, e vede che gli ha presi una bertuccia, e prima se gli ha messi e poi cavati. Non domandar se le risa gli smuccia, tanto che gli occhi son tutti gonfiati e par che gli schizzassin fuor di testa; e stava pure a veder questa festa. A poco a poco si fu intabaccato a questo giuoco, e le risa cresceva, tanto che 'l petto avea tanto serrato, che si volea sfibbiar, ma non poteva, per modo e' gli pare essere impacciato. Questa bertuccia se gli rimetteva: allor le risa Margutte raddoppia, e finalmente per la pena scoppia; e parve che gli uscissi una bombarda, tanto fu grande dello scoppio il tuono. Morgante corse, e di Margutte guarda, dov' egli aveva sentito quel suono, e duolsi assai che gli ha fatto la giarda, perche/ lo vide in terra in abbandono; e poi che fu della bertuccia accorto, vide ch' egli era per le risa morto. Non pote/ far che non piangessi allotta, e parvegli si\ sol di lui restare, ch' ogni sua impresa gli par guasta e rotta; e comincio\ col battaglio a cavare, e sotterro\ Margutte in una grotta, perche/ le fiere nol possin mangiare; e scrisse sopr' un sasso il caso appunto, come le risa l' avean quivi giunto. E tolse sol la gemma che gli de/tte Florinetta al partir: l' altro fardello con esso nella fossa insieme mette; e con gran pianto si parti\ da quello, e per piu\ di\ come smarrito stette d' aver perduto un si\ caro fratello, e 'n questo modo ne' boschi lasciarlo, e non potere a Orlando menarlo. Ora e\cci uno au%ttor che dice qui ch' e' si condusse pur dov' era Orlando, ma poi da Bambillona si parti\ e venne in questo modo capitando: tanto e\, che la sua morte fu cosi\; di questo ognun s' accorda, ma del quando, o prima o poi, c' e\ varie oppini%oni e molti dubbi e gran disputazioni. Tanto e\, ch' io voglio andar pel solco ritto; che/ in sul {it} Cantar d' Orlando {/it} non si truova di questo fatto di Margutte scritto, ed e\cci aggiunto come cosa nuova: ch' un certo libro si trovo\ in Egitto, che questa storia di Margutte appruova, e l' au%tor si chiama Alfamenonne, che fece gli {it} Statuti delle donne {/it}. E fu trovato in lingua persi%ana, tradutto poi in arabica e 'n caldea; poi fu recato in lingua sori%ana, e dipoi in lingua greca, e poi in ebrea, poi nell' antica famosa romana; finalmente vulgar si riducea: dunque e' cerco\ la torre di Nembrotto, tanto ch' egli e\ pur fiorentin ridotto. Quel che e' si sia, e' seppe ogni malizia, e fu prima cattivo assai che grande, pero\ ch' e' comincio\ da puerizia a esser vago dell' altrui vivande; e fece abito si\ d' ogni tristizia, ch' ancor la fama per tutto si spande; e furon le sue opre e le sue colpe, non creder {t} le%onine {/t A; leonine R}, ma di volpe. Or lasciam questo con buona ventura, che/ la giustizia ha infin sempre suo loco. Morgante attraversando una pianura s' appressa a Bambillona a poco a poco, tanto che gia\ si scorgevan le mura; ed arde tutto, come il zolfo al foco, della gran voglia di vedere Orlando, che non credea gia\ mai trovare il quando. Era gia\ presso al campo a poche miglia, e fu veduto questo compagnone come un alber di nave di caviglia, e dava a tutto il campo ammirazione. Ma quando Orlando vi volse le ciglia #_ Questo e\ Morgante, per lo dio Macone! se ben le membra di questo ragguaglio $_, dicea fra se/ #_ ch' io conosco il battaglio $_. Fecesi presto menar Vegliantino, e nondimen la lancia tolse in mano, che non fussi gigante saracino, perche/ la vista inganna di lontano. Morgante, come vide il paladino, gli fece il cenno usato a mano a mano; gitto\ il battaglio cento braccia in alto, poi lo riprese in aria con un salto. E come al conte Orlando fu piu\ presso, subitamente ginocchione e\ posto. Orlando smonta e 'ncontro ne va a esso, e comincio\ le braccia aprir discosto, che si conosce un grande amore espresso, e disse: #_ Lieva, Morgante, {add} su {/add; su\ R A} tosto $_; e missegli le braccia strette al collo e mille volte e poi mille baciollo. Non si saziava a Morgante far festa, tanto che 'l collo ancor non abbandona, dicendo: #_ Che ventura e\ stata questa? Morgante, poi che {t} c' {/t R; ci A} e\ la tua persona, io non temo piu\ scogli ne/ tempesta: le mura triemon gia\ di Bambillona, anzi tremare il ciel sento e la terra, tanto ch' omai terminata e\ la guerra. Io non farei con Alessandro Magno, con Cesar, con Anibal, con Marcello, o patti o pace o triegua con guadagno, da poi che tu se' qui, caro fratello; ch' io pur non ebbi mai miglior compagno: io crederrei con te pigliar Babello, e Troia un' altra volta, e Roma antica. Or vo' che mille cose oggi mi dica. Che e\ d' Astolfo mio, d' Arnaldo, Uggieri, d' Angiolin di Baiona e del mio Namo e del mio caro e gentil Berlinghieri? Che e\ di Salamon mio, ch' io tanto amo? Che e\ d' Ottone, Avolio, Avin, Gualtieri? Che e\ de' miei fratei che noi lasciamo, Guicciardo con Alardo, a Montalbano? Che e\ di quel traditor del conte Gano? Quanto e\ che tu ti partisti da Carlo? Dimmi se Gano e\ tornato a Parigi, e s' egli attende, al modo usato, a farlo seguire i suoi consigli e' suoi vestigi, tanto che possi alla mazza guidarlo. Ha fatto l' arte il nostro Malagigi a questi tempi, e detto dov' io sia, e come io abbi qua gran signoria, e come Persia ho presa e l' amostante, dopo pur molta fatica ed affanno? $_. Allor si rizza e risponde Morgante che Carlo e' paladin ben tutti stanno; e Malagigi, come negromante, detto gli avea come le cose vanno; e che Gano era scacciato e in essilio, che/ Carlo nol vuol piu\ nel suo concilio; e come la figliuola del Soldano, che si chiamava la famosa Antea, si stava con Guicciardo a Montalbano, e grande onore il popol gli facea; e quel ch' ella avea fatto fare a Gano, della qual cosa Orlando si ridea. E cosi\ inverso il padiglione andorno, e molte cose ragionaro il giorno. Quivi Rinaldo, Ulivier, Ricciardetto abbraccian tutti Morgante lor caro. Morgante nuove di Francia ha lor detto; poi di Margutte molto ragionaro, come e' mori\ ridendo, il poveretto, e come insieme pria s' accompagnaro; e conta d' ogni sua piacevolezza, e lacrimava ancor di tenerezza. Quivi fecion consiglio di pigliare la citta\, poi che Morgante e\ venuto. Comincion la battaglia apparecchiare, ed ogni cosa che fanno e\ veduto: que' della terra cominciono armare le mura ed ordinar quel ch' e\ dovuto; e cominciossi una fiera battaglia, e per due ore duro\ la puntaglia. Morgante pur verso la porta andava, ch' era tutta di ferro e molto forte; e' saracini ognun forte gittava e sassi e dardi per dargli la morte; ma 'l fer gigante tanto s' accostava, che col battaglio bussava le porte; ma non poteva spezzarle a gnun modo, benche/ questo battaglio e\ duro e sodo. Piu\ e piu\ volte percuote e martella; ma poi che vide che poco valeva, e' s' appiccava a una campanella e con gran forza la porta scoteva. Ma i sassi gl' intronavan le cervella, che in sul cappel di sopra gli pioveva, e sente or questo, or quell' altro percuotere: allor piu\ forte cominciava a scuotere. Era una torre di mura si\ grossa sopra la porta, ch' un gran pezzo resse; ma quando e' dava Morgante una scossa, non e\ tremuoto che tanto scotesse, tanto che l' ha tutta intronata e mossa; e finalmente in piu\ parte si fe/sse, ch' era tenuta cosa inespugnabile; e parve a tutti sua forza mirabile. Orlando stupefatto era a vedello alcuna volta sue forze {add} racco^rre {/add; racco\rre R A}, ch' arebbe fatto cader Mongibello; e de/tte un tratto una scossa alla torre, che mai Sanson non la die\ come quello; e 'l campo tutto a veder questo corre; e fe/lla rovinar giu\ d' alto in basso, ne/ mai non si senti\ si\ gran fracasso; e 'l polverio n' ando\ insino alle stelle. Morgante colla porta si copria come si fa con palvesi o rotelle, che' sassi non gli faccin villania. Quelle gente di sopra meschinelle, chi morto, chi percosso si vedia, chi rotto il braccio e chi il teschio avea aperto e chi da' calcinacci e\ ricoperto; chi mostra il pie\ scoperto e chi gambetta, chi colle gambe all' erta e\ sotterrato, chi ha tra sasso e sasso qualche stretta avuto, e come morto e\ rovesciato, chi 'l sangue fuor per gli occhi e 'l naso getta, chi zoppo resta, chi monco e sciancato: era a veder sotto questa rovina morti costor come una gelatina. I terrazzan che difendon le mura, maravigliati fuggon tutti quanti, e paion tutti morti di paura. Nostri cristian si fecion tutti avanti. Ognun dicea: #_ Puo\ far questo natura? $_. Morgante non si muta ne' sembianti, e perche/ e' fussi la strada spedita, certi canton col suo battaglio trita; e grida al conte Orlando: #_ Andianne drento! Seguite me, non abbiate sospetto, che/ Bambillona e\ nostra a salvamento, per onta e disonor di Macometto $_. I saracin fuggi\en pien di spavento dinanzi a quel di%avol maladetto; Orlando e tutti gli altri drento entrorno, e tutti inverso la piazza n' andorno. Era all' entrare un gran borgo di case (vero e\ che tutte son di terra e d' asse): di queste ignuna non ve ne rimase, che 'l gran Morgante non le fracassasse. Or pensa a quanti le zucche abbi rase, prima che tante case rovinasse! Di qua, di la\ la mazza mena tonda; dovunque e' passa, ogni cosa rimonda. I cittadini alfin s' accorda^r tutti che piglin la citta\ sanza contesa, pur che non sien da Morgante distrutti: e cosi\ resta Bambillona presa, e fu posto silenzio a molti lutti, pero\ ch' egli era gia\ la fiamma accesa, e stavano i pagani a veder poco che col battaglio morieno e col fuoco. Orlando nel palazzo fu menato e posto in una sedia a grande onore, e quivi al modo lor fu coronato di Bambillona e Soldano e signore; e molto il Veglio suo ebbe onorato, pero\ che gli portava troppo amore, e fecel grande {t} arcaito {/t R; arcai\to A} in Soria, e governava lui la signoria. Un di\ ch' a spasso per la terra vanno, era salito in su 'n un torri%one, come e\ usanza, un buon talacimanno. Disse Morgante: #_ Udite il corbacchione che serra l' uscio ricevuto il danno, e viene a ringraziar teste/ Macone! Non domandate come io mi colleppolo di farlo venir giu\ sanza saeppolo $_. E detto questo, il battaglio gittava, e pose appunto la mira alla testa, e pure il corbacchion lassu\ gridava: ecco il battaglio con molta tempesta, che 'l capo inverso gli orecchi pigliava, come Morgante disegno\e, a sesta, e mentre che gridava, gliele schiaccia, e portollo alto piu\ di cento braccia. Or lasciam questi in Bambillona stare, e ritorniamo un poco a Monte Albano, dov' era Antea, c' ha fatto imprigionare, come in altri cantar dicemo, Gano. Ma per poter meglio il dir seguitare, preghiamo il Ciel ci tenga la sua mano, e diren tutto nel cantar futuro. Guardivi il figlio di Gioseppo puro. {t} #_ Magnifica {/t R; Magnifica A} il Signor l' anima mia, e rallegrato e\ nella sua salute lo spirto di quel ben ch' ognun disia; perche/ E' conobbe tra le mie virtute l' umilta\ di sua ancilla giusta e pia, etternalmente da Lui {t} prevedute $_. {/t R; prevedute. A} Cosi\ come in te fu sempre umiltade, aiuta or me per tua somma pietade. Era tanto la mente mia legata dal bel cantar dinanzi, ch' io trascorsi alquanto fuor della via prima usata; or dello error commesso mi rimorsi. Torno a laudar te, Virgine beata, {t} colla {/t R; con la A} cui grazia sol la penna porsi a questa storia, e tu m' aiuterai, e 'nsino al fin non m' abbandonerai. Gano scriveva un giorno a Malagigi che prieghi Antea che debba liberarlo; che/ sa che piu\ tornar non puo\ a Parigi, pero\ che sbandeggiato era da Carlo; e che Rinaldo e\ in guerra e in gran litigi, e grande amor lo sforza ire aiutarlo, e se dovessi lasciar ben la pelle, gli arrechera\ di lui buone novelle. Malgigi poi che la lettera lesse, la straccio\ prima, e beffe ne facea; poi gl' increbbe che in carcer tanto stesse; e finalmente un di\ pregava Antea che Ganellon liberar gli piacesse, e per suo amore Antea gliel concedea; e cosi\ Gan di prigion fu cavato e 'nverso Pagania presto n' e\ andato. Va discorrendo per molti paesi e cerca pur d' Orlando investigare. Orlando e tutti gli altri erano attesi di Spinellone il corpo a onorare; e rimandato l' ha con ricchi arnesi nella sua patria, e fatto imbalsimare; e da quattro destrier bianchi e\ portato alla sorella, ov' egli era aspettato. E 'l re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} ha fatto similmente, che/ si ricorda de' suoi {add} benifi\ci; {/add; benefi\ci; A; benifici; R} ed onorata tutta la sua gente, e dato a chi volea di loro ufici. In questo mezzo il traditor dolente, ch' era il padre di tutti i malifi\ci, per tutta Pagania ne va cercando; ma non poteva ancor trovare Orlando. Piangendo va la sua disavventura per molti mesi e per paesi strani. Entrato un di\ per una valle scura, quivi trovo\ certi pastor pagani, che si doleano d' una lor sciagura, perch' eran sassinati come cani, rubati a forza da un gran pastore, ch' era tra lor quasi fatto signore. Gan domando\ chi questo pastor sia; e' gli risposon: #_ Un ch' e\ si\ arricchito, che ci fa spesso mala compagnia: perch' un cristian fu gia\ da lui tradito, e tolsegli un caval, quando e' dormia, poi lo vende/; dond' egli e\ insuperbito, che/ ne tocco\ dal mastro giustiziere tanto, che sempre potra\ ben godere. E 'l cavallo era d' un certo Rinaldo de' paladin di Francia del re Carlo: e' lo 'nvito\ a mangiar, questo ribaldo, e non si vergogno\ poi di rubarlo; per questo egli e\ di que' danari or caldo, che si vorre' altrettanto comperarlo per impiccarlo poi $_. Gano ascoltava, e domando\ dove il pastore stava. E' gli mostrorno ove abitava questo. Diceva Gan: #_ Con meco ne verrete. Non si potrebbe trovare un capresto? ch' io vo' impiccarlo, e voi m' aiuterete $_. Un de' pastor gli rispondeva presto: #_ Noi torrem la maestra della rete $_. E finalmente trovorno il pastore: Gan lo minaccia e chiama il traditore. Dicea il pastor: #_ Traditor non fu' mai: sarei io forse mai Gan di Maganza? Che t' ho io fatto o chi cercando vai? Non e\ d' ignun de' miei tradire usanza $_. Rispose Ganellon: #_ Tu lo vedrai, poi che tu parli con tanta arroganza: tu se' colui che rubasti il cavallo; pertanto io ti faro\ caro costallo. Tu lo vendesti al mastro giustiziere $_. Disse il pastor: #_ Cotesto non si nega; io l' allevai puledro quel corsiere $_; e 'l me' che sa le sue ragione allega. Gan finalmente lo fece tenere da due pastori e 'l capresto gli lega, e sopra un alto sughero impiccollo e lascial quivi appiccato pel collo. De/tte di piede al suo Mattafellone e ritornossi in su la mastra strada. Trovo\ certi giganti in un vallone, e vollongli la man porre alla spada. Gan si scosto\. Diceva un compagnone: #_ Noi vorremo saper dove tu vada, e se tu se' saracino o cristiano $_; tanto che 'l nome suo disse allor Gano. Un di questi giganti gli rispose: #_ Tu suogli essere il fior de' traditori; tu hai gia\ fatte tante laide cose, che fia merce/ punirti de' tuoi errori $_. Gan presto la sua lancia in resta pose, e per disdegno par che si rincuori: e 'l primo de' giganti ch' egli afferra, lo traboccava morto in su la terra. Gli altri gli son co' mazzafrusti addosso; Gan con la spada da lor si difende, e taglia a uno il naso insino all' osso. Ma intanto l' altro di drieto lo prende, e finalmente dell' arcion l' ha mosso, tanto che Gan per forza se gli arrende; e portalo di peso in un palagio, per istraziarlo a lor modo per agio; e dicean tutti: #_ S' tu vuoi dire il vero, Rinaldo qua ti manda per ispia; ma non e\ {t} ri%uscito {/t A; riuscito R} il suo pensiero. Noi vogliamo or saper dove quel sia; perche/, passando per questo sentiero, a un nostro fratel {t} fe' {/t A; fe/ R} villania ed ammazzollo per uno stran modo: ma d' ogni cosa pagherai tu il frodo $_. Ganellon, ch' era malizioso e tristo, diceva: #_ Io son suo capital nimico, ed e\ gran tempo gia\ ch' io non l' ho visto. Di Carlo ha fatto ch' io non sia piu\ amico. Io lo perseguo come Pagol Cristo, pero\ che 'l nostro sdegno e\ molto antico. Dunque io mi dolgo se t' ha fatto torto, e molto piu\ del tuo fratel ch' i' ho morto; ma cio\ ch' uom fa per difender la vita e\ lecito e d' averne discrezione: perch' io mi vidi la strada impedita, io feci solo per mia difensione $_. E si\ bene ebbe questa tela ordita, che gli muto\ di loro oppini%one; ed accorda^rsi di conducer quello dove era la lor madre, in un castello. Era chiamata la madre Creonta; e Ganellone innanzi gli e\ menato, e cio\ ch' e\ stato ogni cosa si conta, e com' egli abbi il figliuolo ammazzato. E mentre ch' ogni cosa si raffronta, e\vvi un pastore a caso capitato, quel che provide si\ tosto al capresto; e riconobbe ben chi fussi questo. Quand' egli ha inteso cio\ che si ragiona, che Ganellone in carcer fussi messo, sapeva come Orlando e\ in Bambillona, ed accostossi quanto pote/ appresso e disse: #_ Io vo' camparti la persona: sappi ch' Orlando e\ in Bambillona; adesso io vo a trovarlo e saro\ presto seco; e son colui che impiccai colui teco $_. Gan fece vista non l' avere inteso, per che del suo parlar nessun s' accorse; e fu menato alla prigion di peso, perche/ la donna era rimasa in forse d' ucciderlo o tenerlo cosi\ preso. Questo pastor la notte e 'l giorno corse, tanto ch' a Bambillona trovo\ Orlando, e del suo Ganellon gli vien contando; e dice con Rinaldo: #_ Egli e\ dovuto, al mio parer, tu cerchi d' aiutallo, che/ per mio mezzo alle man gli e\ venuto colui che ti rubo\ gia\ il tuo cavallo; e per tuo amore anch' io gli de/tti aiuto e con lui insieme mi trovai a 'mpiccallo; e di questi giganti n' ha morto uno, che son pur tuoi nimici, e sallo ognuno. Per molte vie qui la ragion vi chiama di non dover costui lasciar morire; che/ pare un cavalier di molta fama ed ha mostrato d' aver grande ardire $_. Dunque il pastor bene ordina la trama, benche/ e' sia uso gli armenti a servire e star co' tori e co' porci in pastura, che/ {add} to^r {/add; to\r R A} non puossi quel che da\ natura. E molto piacque il suo dire a' baroni, e feciongli accoglienza grata e festa e de/ttongli cavallo ed altri doni, massimamente una leggiadra vesta; e disson che tornassi a' suoi stazzoni a dir che la brigata fia la\ presta, e confortassi da lor parte Gano, che presto sare' liber, lieto e sano. Fecion costoro insieme parlamento che si dovessi pur Gano aiutare; e la citta\ tutta ordinoron drento, chi si dovessi a governo lasciare; poi furon a cavallo in un momento, e parve loro il meglio andar per mare; e vannosene inverso la marina, e 'l gran Morgante alle staffe cammina. E portano un {t} li%on {/t A; lion R} nel campo nero nello stendardo e in ogni loro arnese: questo fu di Rinaldo un suo pensiero, per esser la\ all' usanza del paese. Arrivorno a un porto forestiero: e\vvi una nave stata forse un mese, che non voleva in mar mettersi drento perche/ 'l nocchier, ch' e\ savio, aspetta il vento. L' un de' padron si chiamava Scirocco, e l' altro Greco, di buona dottrina: questo era tanto dolce ch' egli e\ sciocco; quell' altro e\ tristo e di mala cucina. Rinaldo a quel ch' e\ tristo dava un tocco: #_ Lievaci tosto, e pa\gati e cammina $_. Costui {t} levare {/t R; levar A} non gli vuol per {t} niente {/t R; ni%ente A}, dicendo: #_ Il tempo reo non lo consente $_. E poi {it} salvum me {t} facche {/t A; fac R} {/it} vuol far, prima ch' egli entrin drento, insino a un quattrino. Morgante gli risponde per la rima: #_ Io mettero\ la nave e te a bottino $_. Questo Scirocco non ne facea stima; ma 'l buono e 'l bel come Pagol Benino, disse a Scirocco: #_ Di levargli e\ buono, ch' io so che cavalier discreti sono $_. Morgante fu per traboccar la nave quando il pie\ pose all' una delle bande, tanto era smisurato e sconcio e grave. Disse Scirocco: #_ Tu se' tanto grande, che non ti sosterrebbe dieci trave $_. Disse Morgante: #_ Aspetta alle vivande: che dirai tu, se tu mi vedi a scotto? E' converra\ che ci sia del biscotto $_. Come il sol sotto all' occea\n si cela parve a Scirocco che buon vento sia; e finalmente la nave {t} fe' {/t A; fe/ R} vela, e Greco intanto comanda la via. Lucea la luna come una candela, un nugoluzzo sol non si vedia: con gran diletto quella notte vanno, che/ del futuro, miseri, non sanno. L' altra mattina il vento traditore salta in un punto alla nave per prua: caricon l' orza con molto furore e vanno volteggiando un' ora o dua. Il vento cresce e ripiglia vigore, e 'l mar comincia a mostrar l' ira sua; cominciano apparir baleni e gruppi, e par che l' aria e 'l ciel si ravviluppi; e 'l mar pur gonfia e coll' onde rinnalza, e spesso l' una coll' altra s' intoppa, tanto che l' acqua in coverta {add} su {/add; su\ R A} balza, ed or saltava da prora, or da poppa: la nave e\ vecchia, e pur l' onda la scalza, tal che comincia a uscirne la stoppa; le grida e 'l mare, ogni cosa rimbomba; Morgante aggotta, ed ha tolta la tromba. I marinai chi qua chi la\ si scaglia, pero\ che tempo non e\ da star fermo. Mentre che 'l legno in tal modo travaglia, e' cristian forte chiamavan sant' Ermo, pregando tutti che 'l priego lor vaglia, che debba alla tempesta essere schermo; ma santo ne/ di%avol non accenna, e 'n questo l' arbor si fiacca e l' antenna. Grido\ Scirocco: #_ Aiutaci, Macone! $_ ed albera l' antenna di rispetto ed a mezza aste una cocchina pone, e per antenna e\ l' alber del trinchetto. Intanto un colpo ne porta il timone, e quel ch' osserva percuote nel petto, tanto ch' egli ha la nave abbandonata, e po\rtal morto via la mareggiata. Non si puo\ piu\ la cocchina tenere, ch' un altro gruppo ogni cosa fracassa e la mezzana ne porta giu\ a bere, bench' ella fussi temperata bassa. {add} Subito {/add; Su\bito R A} misson per poppa due spere; e 'l mar pur sempre disopra {add} su {/add; su\ R A} passa, e non s' osserva del nocchier piu\ il fischio, come avvien sempre in uno estremo rischio. Era cosa crudel vedere il mare: alzava spesso ch' un monte parea che si volessi a' nugoli agguagliare; la nave ritta levar si vedea, e poi sott' acqua la prora ficcare; talvolta un' onda si\ forte scotea, che sgretolar si sentia la carena; e cigola e sospira per la pena. Com' uno infermo si rammaricava; e 'l mar pur rugghia, e' dalfin si vedie/no ch' alcun talvolta la schiena mostrava, e tutto il prato di pecore e\ pieno. Morgante pur {t} colla {/t R; con la A} tromba aggottava, e non temeva ne/ tuon ne/ baleno, e non si vuol per nulla al mare arrendere, che/ non credea che 'l ciel lo possi offendere. Orlando s' era in terra inginocchiato; Rinaldo ed Ulivier piangevon forte; il Veglio e Ricciardetto s' e\ botato che, se scampar potran si\ crudel sorte, ognun presto al Sepolcro ne fia andato, e stavano in cagnesco {t} colla {/t R; con la A} morte; ma non valeva ancor prieghi ne/ {t} voti, {/t A; vo/ti, R} tanto il mar par che la nave percuoti. Senti\ Scirocco #_ Virgine Maria $_ un tratto ricordare a giunte mani; e disse a Greco una gran villania, dicendo: #_ Adunque questi son cristiani! Pero\ non va questa tempesta via mentre che ci saran {add} su {/add; su\ R A} questi cani: questo miracol sol Macon ci mostra per dimostrarci la ignoranza nostra $_. Non domandar, quando e' l' udi\ Rinaldo, se gli monto\ {add} su {/add; su\ R A} al naso il moscherino; e preselo, dicendo: #_ Sta qui saldo: vedren chi puo\ piu\, Cristo o Apollino o Macometto, pezzo di rubaldo! Tu de/i saper notar come un dalfino: o da te stesso fuor della nave esci, o io ti gittero\ nel mare a' pesci $_. Disse Scirocco: #_ Questa nave e\ mia $_. Disse Morgante a Rinaldo: #_ Ch' aspetti? Costui si vuol cavargli la pazzia: io il gittero\ ben io, se tu nol getti $_. Rinaldo gli monto\ la bizzarria, e de/ttegli nel capo due puccetti e fecelo balzar di netto in mare; e la tempesta comincio\ a quetare. Non vi fu marinaio ne/ ignun ch' ardisse volger verso Rinaldo sol la faccia; e per paura il mar parve ubbidisse, perche/ in un tratto si fece bonaccia. Morgante a prua dal trinchetto si misse e fece come antenna delle braccia ed appiccovvi la spazzacoverta; ed e\ si\ forte che la tiene aperta. Greco ridea quando e' vedeva questo, e tosto inverso la prua se ne venne, ed acconcio\ se nulla v' e\ di resto; e dice: #_ Qui non bisogna altre antenne; e forse tu non fai il servigio lesto? $_. Ne/ anco Orlando le risa sostenne, e dice: #_ Porti chi vuol per rispetto, che/ {t} c' {/t R; ci A} e\ l' antenna e l' arbor del trinchetto. Dove e\ Morgante non si puo\ perire $_. Morgante tanto la vela porto\e (e 'l vento e\ buon, che/ voleva servire), che finalmente la nave guido\e tanto che 'l porto comincia apparire (vero e\ ch' alcuna volta si poso\e); e son tutti condotti a salvamento, perch' era poco mare e fresco vento. Ma la Fortuna, che e\ troppo invidiosa, fece che, mentre che Morgante mena a salvamento il legno ed ogni cosa, {add} subito {/add; su\bito R A} si scoperse una balena; e {t} viene {/t R; vien A} verso la nave {t} furiosa {/t R; furi%osa A} e comincio\ a levarla con la schiena; e finalmente l' are' traboccata, se non l' avessi Morgante ammazzata. Eravi alcun che bombarde gli scocca, ma non potevon da lei ripararsi. Greco diceva: #_ La nave trabocca, e credo che' rimedi {add} fi\eno {/add; fieno R A} scarsi $_. E pur la bestia una scossa raccocca, tanto che piu\ non sapevon che farsi, perche/ la nave levava {add} su {/add; su\ R A} alta; se non ch' addosso Morgante gli salta; e perch' egli era molto presso al porto diceva: #_ Poi che la nave ho condotta insino a qui, s' i' restassi ben morto, io non intendo che la sia qui rotta $_. Allor Rinaldo il battaglio gli ha po\rto; Morgante su per la schiena gli trotta, e col battaglio gli da\ in su la testa, ed ogni volta la 'ncartava a sesta; e tanto e tanto in sul capo percosse, che gliel' ha tutto sfracellato e trito; donde la bestia di quivi si mosse, e come un barbio boccheggia stordito e morta si rovescia in poche scosse. Morgante prese per miglior partito saltar nell' acqua ed irsene alla riva, pero\ che l' acqua non lo ricopriva. Greco surgeva e varava la barca; Orlando lo pago\ cortesemente, tanto che Greco non se ne ramarca; e ritornossi indrieto prestamente, fra pochi giorni, d' altre merce carca la nave. Intanto Morgante possente a poco a poco alla riva s' appressa, tanto che' pesci non gli fan piu\ ressa. Ma non potea fuggir suo reo distino: e' si scalzo\, quando uccise il gran pesce; era presso alla riva un granchiolino, e morsegli il tallon; costui fuori esce: vede che stato era un granchio marino; non se ne cura; e questo duol pur cresce; e cominciava con Orlando a ridere, dicendo: #_ Un granchio m' ha voluto uccidere. Forse volea vendicar la balena, tanto ch' io ebbi una vecchia paura $_. Guarda dove Fortuna costui mena! Rimmollasi piu\ volte, e non si cura; ed ogni giorno cresceva la pena, perche/ la corda del nervo s' indura; e tanta doglia e spasimo v' accolse, che questo granchio la vita gli tolse. E cosi\ morto e\ il possente gigante; e tanto al conte Orlando n' e\ incresciuto, che non facea se non pianger Morgante; e dice con Rinaldo: #_ Hai tu veduto costui, c' ha fatto tremar gia\ Levante? Aresti tu pero\ gia\ mai creduto che cosi\ strano il fin fussi e si\ {add} subito {/add; su\bito R A}? $_. Dicea Rinaldo: #_ Io stesso ancor ne dubito. E' mi ricorda, sendo a Montalbano, quel di\ che noi vincemo Ermini%one, che fece cose col battaglio in mano ch' erono al tutto fuor d' ogni ragione. Di Manfredonio sai ch' ancor ridia\no, quando e' v' ando\ per {t} ri%aver {/t A; riaver R} Dodone, e che ravvolse Manfredonio e quello nel padiglion, che parve un fegatello. E 'l di\ che difendea Meredi%ana, gli vidi tanta gente intorno morta, che non fu cosa, al mio parere, umana. Ma dimmi, a Bambillona, a quella porta vedes' tu mai pero\ cosa si\ strana? Pensavi tu sua vita cosi\ corta? E' mi {t} fe' {/t A; fe/ R} ricordar quel di\ di Giove, quando i giganti fe^r l' antiche pruove; e dissi: #" Certo, se Morgante v' era, tu ti staresti ancor, Giove, in Egitto con Bacco, trasformato in qualche fiera, che/ costui certo t' arebbe sconfitto! $". Ma non sara\ tenuta cosa vera da chi lo troverra\ in futuro scritto; che/ io che 'l vidi non lo credo appena, di questo, ne/ d' uccider la balena. Che maladetto sia tanta sciagura! O vita nostra debole e fallace! $_. Cosi\ piangean la sua disavventura; ma sopra tutto a Orlando dispiace; ed ordino\ di dargli sepultura che/ spera che nel Ciel l' alma abbi pace, e termino\ mandarlo a Bambillona, ma prima imbalsimar la sua persona. Ed ebbe tanto mezzo coll' ostiere, dove e' si son piu\ giorni riposati, ch' e' gli faceva del balsimo avere; ed ha tutti i suoi membri imbalsimati; e fecelo segreto a quel tenere (e die\gli al modo lor cento ducati), tanto ch' a luogo e tempo e' lo mando\e a Bambillona, e quivi l' onoro\e. E' si chiamava Monaca, ove e\ il porto dove Orlando e costoro alcun di\ stanno; e l' oste dice: #_ Per un che fu morto, vedi che qui grande armate si fanno; e 'n verita\ che gli fu fatto torto; ma penso le vendette si faranno. Lo 'mperador di Mezza e\ qua signore, e veste il popol nero per suo amore. Un suo figliuol, chiamato Mari%otto, era andato in aiuto del Soldano; e come a Bambillona fu condotto, l' uccise Spinellone, un gran pagano: e fassi per costui tanto corrotto. Vero e\ che 'l gran signor di Monte Albano v' era, ed Orlando ed altri di sua setta, e sopra questi si cerca vendetta $_. Mentre che l' oste cosi\ ragionava, vi capito\ colui che fa l' armata: Can di Gattaia, un giovan, si chiamava, e domando\ chi sia questa brigata. Orlando disse a Can, che domandava, ch' eran di Persia e gente disperata, ch' amico non conoscon ne/ compagno, ma van cercando ventura e guadagno. Diceva Can: #_ Quanto soldo volete? $_. Disse Rinaldo: #_ Per cento baroni ognun di noi, se contento sarete $_. Rispose Can: #_ Per cento gran poltroni! Per Dio, che 'l soldo che voi mi chiedete (che mi parete cinque mascalzoni) sarebbe troppo a Rinaldo ed al conte, che sono il fior del sangue di Chiarmonte! $_. Disse Rinaldo: #_ Solda chi ti pare $_; e torna coll' ostessa a ragionarsi, pero\ ch' ell' era bella e fassi amare, e stava con lui molto a motteggiarsi; e fece un suo stendardo sciorinare, dove il {t} li%on {/t A; lion R} ch' io dissi puo\ mirarsi. Questo {t} li%on {/t A; lion R} fu veduto in effetto, ed allo imperador presto fu detto: #_ A casa un oste detto Chiari%one sono arrivati cinque viandanti, e porton per insegna il tuo {t} li%one; {/t A; lione; R} e non sappiam se si sono affricanti $_. Lo 'mperadore a certi servi impone: #_ Menategli qui presi tutti quanti; e chi non vuol di lor venirne preso, recatenelo a forza qui di peso $_. Giunsono all' oste questi saracini, e credonsi legar cinque cavretti o pigliar questi come pecorini, sanz' arme, colle punte degli aghetti: volle a Rinaldo un por le mani a' crini, e crede che costui il cappello aspetti; Rinaldo si disserra nelle braccia e con un pugno morto a' pie' sel caccia. L' altro, ch' aveva una bacchetta in mano, de/tte con essa a Rinaldo in sul {t} volto {/t A; vo/lto R}, dicendo: #_ Che fai tu, poltron villano? Adunque tu non credi, matto e stolto, ubbidir qui lo 'mperador pagano? $_. Rinaldo presto a costui si fu vo\lto, e ciuffalo per modo nella gola che l' affogo\, sanza dir mai parola. Eravene un che pon le mani addosso al conte Orlando; Orlando un poco il guata, e poi in un tratto da costui s' e\ scosso, e de/ttegli nel viso una guanciata che gli bruco\ la carne insino all' osso, e cerca se la sala e\ ammattonata. Intanto Ricciardetto, ch' a cio\ bada, ed Ulivier tiroron fuor la spada; e 'l Veglio il mazzafrusto adoperava, e non ischiaccia l' ossa, anzi le 'nfragne. Orlando Durlindana alfin pigliava, tanto ch' ognun che l' aspetta ne piagne. L' un sopra l' altro morto giu\ balzava; beato a chi mostrava le calcagne! che/ tutti gli affettavan come rape, tal che piu\ morti in sala non ne cape. Lo 'mperador senti\ come va il giuoco: {add} subito {/add; su\bito R A} venne bene accompagnato. Rinaldo ritornato s' era al fuoco; Orlando sta alla porta giu\ appoggiato, e perch' egli era pur ferito un poco Rinaldo, tutto pareva turbato, che/ non sono usi esser lor {t} tocco {/t A; to/cco R} il naso, e minacciava e sbuffava del caso. Ecco il signor con molta sua famiglia: Orlando non si muove dalla porta. Subitamente un de' pagan bisbiglia: #_ Vedi colui che la tua gente ha morta $_. Orlando al saracin volge le ciglia con una guatatura strana e {add} to\rta, {/add; torta, R A} tal che lo 'mperador n' ebbe paura, che/ gli pareva un uom sopra natura; e rimutossi di sua {t} oppinione {/t R; opinione A} (ch' Orlando molto negli occhi era fiero, tanto che alcuno auttore dice e pone ch' egli era un poco guercio, a dire il vero), e salutollo e dissegli: #_ Barone, qual fantasia t' ha mosso o qual pensiero, venire a far la mia gente morire e non voler chi governa ubbidire? Se tu se', come hai detto, persi%ano, tu de/i venire a far qua tradimento; o veramente se' qualche cristiano, e forse qualche cosa gia\ ne sento. Tu potevi venir con oro in mano a ubbidire, e restavo contento. Se tu venissi qua per farci inganno, fa che tu pensi alfin che fia tuo il danno. Quel che tu hai fatto, io me ne dolgo forte, e forse punirotti del tuo errore, di que' pagani a chi data hai la morte $_. Rispose Orlando: #_ Famoso signore, tutti saremo venuti alla corte, per fare il nostro debito e 'l tuo onore, a vicitar la tua magnificenzia, s' avessi avuta tanta pazi%enzia. Ma tu ci mandi all' albergo a pigliare come i ladron c' hanno con loro i furti; non ci lasci due di\ sol riposare, ch' appena nel tuo porto sava\n surti. Se Macon, certo, cio\ veniva a fare, morto l' aremo co' morsi e cogli urti, piu\ tosto che venir come ladroni a corte in mezzo di venti ghiottoni. Che noi sia\n persi%ani, abbi per certo; cercando andiam della ventura nostra, e non sappia\n s' ella e\ piu\ in un deserto che in un giardino, o nella terra vostra; e gia\ molto disagio abbia\n sofferto; {add} andian {/add; andia\n R A} per quella via che 'l Ciel ci mostra, ne/ tradimento facciamo a persona. Io lascio or giudicare a tua Corona $_. Lo 'mperador gli piacque Orlando tanto, quanto e' sentissi uom mai parlar discreto, e disse: #_ Io so ch' io ho trascorso alquanto. Ma se voi andate alla ventura drieto, io vo cercando doglia, angoscia e pianto, e non ispero omai d' esser piu\ lieto: io ho perduto tutto il mio conforto dall' ora in qua che 'l mio figliuol fu morto. E benche/ tutto il mondo qua in aiuto, come tu vedi, venga a mia vendetta (che vedi il popol gia\ che c' e\ venuto), e tante nave in punto qua si metta, non {t} ri%aro\ {/t A; riaro\ R} pero\ quel c' ho perduto, con tutto il mio tesoro e la mia setta, e vestiro\ pur sempre oscuro e negro come tu vedi, e mai piu\ saro\ allegro; salvo s' io saro\ mai di tanto sazio, ch' io possa al conte Orlando trarre il core. Io ne faro\ per certo tale strazio, che essemplo fia d' ogn' altro peccatore, se mi dara\ Macon tanto di spazio; che/ sento che si sta quel traditore in Bambillona in gran {add} tri%onfo {/add; trionfo R; tri%unfo A} e festa, ed io pur piango in questa scura vesta. Or {t} lasciam {/t R; lascia\n A} questo; se tu vuoi venire a corte tu {t} colla {/t R; con la A} tua compagnia a starti meco insino al tuo partire, io ti faro\, per Macon, cortesia; e cio\ ch' io ho sia tuo sanza piu\ dire: forse che quivi tua ventura fia $_. Orlando il ringrazio\ di quel c' ha detto, e tornasi a Rinaldo e Ricciardetto. Una fanciulla che il loro oste avea, medicava Rinaldo; e perch' ella era molto gentil, Rinaldo gli dicea che la voleva {add} to^r {/add; to\r R A} per sua mogliera. Di giorno in giorno l' armata crescea: re di Murrocco con sua gente fera, vestiti di catarzo duro e grosso, era venuto, e pareva Minosso; e di Caveria un feroce amostante, ch' aveva molta turba e gran canaglia, chiamato dalla gente Leopante, e tutti i cavalier suoi da battaglia eran coperti d' osso d' elefante, ch' era piu\ duro che piastra o che maglia; ed un {t} li%on {/t A; lion R} rampante molto fiero, come Rinaldo, avea nel campo nero. E per ventura passo\ per la strada di Chiari%on, dove dimora Orlando; ed alcun par che dinanzi gli vada, certi stormenti al lor modo sonando: allo stendardo di Rinaldo bada, e di chi e' fussi veni\a domandando; e 'n su 'n un carro da quattro destrieri facea tirarsi, piu\ che corbi neri; e disse: #_ Chiari%on, dimmi chi sia colui che porta cosi\ il mio stendardo $_. Orlando gli rispose: #_ Se tuo fia, io tel daro\, se tu sarai gagliardo $_. Disse il pagan: #_ Tu mi di' villania; egli e\ pur gentilezza aver riguardo a queste cose, e tu il debbi sapere, e che porti ciascun le sue bandiere. Io vo' saper donde tu abbi avuto questo stendardo; e s' tu l' hai guadagnato, tu puoi portarlo, che/ questo e\ dovuto; ma tu m' hai viso d' averlo rubato, piu\ tosto che d' averlo combattuto $_. Orlando disse: #_ In Persia l' ho acquistato. Or ti rispondo a quell' altra parola, ch' io non son ladro, e menti per la gola $_. Rispose Leopante: #_ Ed io rispondo che tu se' ladro e tristo, e ch' io non mento; ed amostante son degno e giocondo e miglior uom di te per ognun cento; e non fare' Macon ne/ tutto il mondo che tu spiegassi il mio stendardo al vento: io vo' che tu il guadagni con la lancia, s' tu fussi ben de' paladin di Francia $_. Orlando non are' temuto il cielo ne/ Giuppiter, quand' egli era bizzarro; rispose: #_ Egli e\ ben ver piu\ che 'l Vangelo che' pazzi come tu vanno in sul carro. Io vo' che chi mi morde lasci il pelo, ed oltre a questo la bocca gli sbarro. Esci del carro e monterai in arcione, e {t} proverren {/t R; proverre/n A} di chi sara\ il {t} li%one {/t A; lione R} $_. Dismonto\ con grande ira il saracino, e monto\ presto sopra un gran cavallo. Orlando fece sellar Vegliantino, e non istette pel freno a pigliallo, anzi salto\ di terra il paladino, tanto ch' ognun correva la\ a guardallo, e Leopante ammirato ne resta; e posono amendue la lancia in resta. Ricciardetto e Rinaldo ed Ulivieri e 'l Veglio tutti intorno sono armati; ognun guardava questi cavalieri per maraviglia, e stavan trasognati. L' amostante ed Orlando co' destrieri in questo tempo si sono accostati: le lance parvon due trombe di vetro; poi si rivolson con le spade addietro. Lo 'mperadore avea questo sentito, e per veder costor provarsi, venne, e sopra un bel giannetto era salito, che non correva, anzi batte le penne. Orlando Leopante ha gia\ ferito, tanto che spesso gran doglia sostenne; pur nondimen tuttavolta s' arrosta, e con la spada facea la risposta. Rinaldo, ch' era un diavolo incantato e vuol sempre veder cose terribile, diceva pure: #_ Tu non se' adirato $_, al conte Orlando #_ o far non vuoi il possibile $_. Orlando s' era per questo infocato, e facea cose che non son credibile, dando al pagan con si\ fatta tempesta, che in su l' arcion gli batteva la testa. Leopante era tra cattive mani; non sa che quella spada e\ Durlindana, che tanti n' ha gia\ morti de' pagani: e' si pentea della sua impresa strana, e dopo molti colpi assai villani volle veder come la strada e\ piana, e cadde tra sue gente in terra morto, e cosi\ ebbe del {t} li%one {/t A; lione R} il torto. Cosi\ vinse la forza la ragione, che ogni volta non si vuol difendere; e 'l savio sempre fugge la quistione, ed e\ pur bella cosa il mondo intendere. Ecco che Leopante ora ha il {t} li%one, {/t A; lione, R} che colla lancia lo volle contendere: la lancia e\ rotta e la vita gli costa: chi cerca briga ne truova a sua posta. E' si levo\ tra' saracin gran pianto, veggendo cosi\ morto il lor signore, e fu portato a seppellire; e 'ntanto un giovinetto, ch' avea gran valore fra tutti i saracini, esce da canto e dice: #_ Perch' io fui suo servidore, da poi che non c' e\ ignun che qua si metta, io vo' del mio signor far la vendetta. Io ti disfido, tu che l' uccidesti $_. Orlando disse: #_ La battaglia accetto; ma perche/ meco giovane saresti, combatterai con questo giovinetto; bench' io mi credo tu m' avanzeresti $_. E disse: #_ Fatti innanzi, Ricciardetto $_. E Ricciardetto accetta volentieri, e sanza altro parlar volse il destrieri. E l' uno e l' altro insieme riscontra^rsi; ma Ricciardetto alfin la sella vo\ta, che/ non pote/ dal colpo fiero atarsi, si\ forte par che lo scudo percuota. I pagan cominciorno a rallegrarsi; ma Ulivier se ne batte la gota, e volle vendicar lui Ricciardetto, e disfidava questo giovinetto; e ritrovossi infin fuor di Rondello. Armossi il Veglio allor della Montagna, e con la lancia si scontro\ con quello, tanto ch' alfin la morte vi guadagna, pero\ che 'l saracin pose a pennello e passo\ l' arme che parve una ragna: non si poteva por quel colpo meglio, poi ch' egli uccise un si\ famoso Veglio. Quando Rinaldo cadere ha veduto il Veglio suo, che tanto amava in vita, parve del petto il cuor gli sia caduto. L' anima sua nel Ciel si rimarita. E 'l conte Orlando gli e\ tanto doluto, che per piu\ di\ parea cosa smarrita: e fu mandato a Bambillona questo a sepellir, come Morgante, presto. Rinaldo si sfido\ col giovinetto che 'l Veglio aveva morto, a mano a mano, con tanto sdegno e con tanto dispetto, che giuro\ d' ammazzar questo pagano. Ruppon le lance l' uno all' altro al petto, poi s' affrontorno con la spada in mano; e tutto il popol ragunato s' era a veder la battaglia acerba e fiera. Il saracino era molto gagliardo, e sopra l' elmo percosse Rinaldo, tal che in sul collo cadde di Baiardo, e con fatica si sostenne saldo. Orlando, quando al colpo ebbe riguardo, sudo\ piu\ volte, e non gli facea caldo. Rinaldo si rizzo\ pur finalmente, e bestemmiava il Ciel divotamente; e trasse con tanta ira allor Frusberta, che, se non che 'l pagan lo scudo alzava quando vide la spada andare all' erta e conobbe il furor che la portava, Rinaldo gli are' allor la testa aperta: trovo\ lo scudo e netto lo tagliava; l' elmo sono\ come una cemmamella, e come morto usci\ fuor della sella. E gran romor tra' saracin si leva. Rinaldo, poi che gli passo\ il furore, di questo giovinetto gl' incresceva, perche/ e' conobbe in lui molto valore e che quel fussi morto si credeva; {add} subito {/add; su\bito R A} salta fuor del corridore. Lo 'mperador grido\: #_ Non gli far torto, non lo toccare: e' basta ch' egli e\ morto $_. Disse Rinaldo: #_ Per lo dio Macone, ch' assai m' incresce costui morto sia, che/ mai non montera\ forse in arcione un uom si\ degno in tutta Pagania. Io vo' cercar per la sua salvazione qualche rimedio, s' alcun ce ne fia $_. Ed abbracciollo, ch' era in terra steso, poi nel portava all' osteria di peso. E fu da tutto 'l popol commendato. Quivi lo pose a giacere in sul letto, e il polso in ogni parte ha stropicciato, e cosi\ fa il marchese e Ricciardetto; tanto ch' alfin s' e\ tutto risvegliato a poco a poco questo giovinetto; e risentito, caramente abbraccia Rinaldo, e 'nsieme si baciorno in faccia, e chieson l' uno all' altro perdonanza. Orlando ponea mente una sua spada, come di cor magnalmo e\ sempre usanza, veder com' ella pesa o s' ella rada: pargli che sia da uom d' alta possanza; e di vedere il pome poi gli aggrada; guardando il pome, letter vi vedea, e per diletto queste anco leggea. Le lettere dice/n come costui era nato del sangue di Chiarmonte; il perche/ Orlando ritornava a lui al letto, e domando\ con umil fronte, se si ricorda degli antichi sui come dicevon le lettere pronte, che gliel dicessi, se 'l priego era onesto, che/ sol per ben di lui vuol saper questo. E' gli rispose: #_ Gentil cavalieri, la madre mia chiamata e\ Rosaspina, ed io mi chiamo per nome Aldighieri, e generommi, dice, alla marina. Del padre mio non ho i termini interi, perche/ e' non fu di stirpe saracina; ma quel che inteso n' ho dalla mia madre, da Rossiglion Gherardo fu il mio padre. Per che cagione tu vuoi ch' io tel dica non vo' cercar, ma {t} parmi {/t R; pa\rmi A} un uom gentile, ne/, per piacerti, mai mi fia fatica essaudire il tuo priego tanto umi\le: di Chiaramonte e\ la mia schiatta antica, e non e\ sangue che sia punto vile, ma forse il piu\ gentil ch' al mondo sia, e tiene in Francia regno e monarchia. Rinaldo, quel gran sir da Montalbano, di questo e\ nato, e quel famoso Orlando di cui fa tanta stima Carlo Mano, ch' altro pel mondo non si va parlando. E lungo tempo n' ho cercato invano, di questi due baroni, e vo cercando; e tanto in ogni parte cerchero\e, che innanzi la mia morte io gli vedro\e. E se ci fussi ignun di loro stato quando tu mi gittasti del cavallo, so che m' arebbe di te vendicato $_. Orlando non poteva piu\ ascoltallo: per tenerezza e\ tutto travagliato; e tutti cominciavano abbracciallo; per che 'l pagan, veggendosi abbracciare, quel che cio\ fussi gliel parea sognare. E disse: #_ In cortesia, ditemi tosto per che cagion sia tanto abbracciamento $_. Orlando innanzi a tutti gli ha risposto: #_ O Aldighier, quanto sono io contento! In quanta pace ogni mio affanno e\ posto! Quanta dolcezza drento al petto sento! Ecco color di chi tu vai cercando: questo e\ Rinaldo nostro, io son Orlando, e questo e\ Ulivier, nostro parente, quest' altro e\ Ricciardetto, tuo cugino $_. Quando Aldighier queste parole sente, dicea fra se/: #_ Qual grazia o qual distino, d' aver costor trovati qui, consente? $_. Abbraccia Orlando degno paladino, ed Ulivier, Rinaldo e Ricciardetto, e per letizia fuor salta del letto. Comincia a ragionar di Carlo Mano, e del Danese quanto e' sia gagliardo, che/ lo conobbe quando era pagano; comincia a ragionar del suo Gherardo, e dice: #_ Io intendo al tutto esser cristiano e rinnegar Macon nostro bugiardo; e in Francia bella con voi vo' venire, e cosi\ sempre vivere e morire. Egli e\ qui tra costor di mia brigata dieci mila a caval sotto mio segno. Lo 'mperadore apparecchia l' armata per vendicar del suo figliuol lo sdegno, e contro a voi la furia e\ apparecchiata. Io mi parti' con questi del mio regno perche/ senti' savate a Bambillona, per ritrovarmi la\ con voi in persona; ed ho mandato lettere segrete a dirvi come qua si fa apparecchio: non so se voi ricevute l' avete, o se cio\ pervenuto v' e\ all' orecchio. Costor minaccian, come voi vedete, come involti v' avessin tra 'l capecchio. Se noi vogliam, questa citta\ fia nostra, {t} colla {/t R; con la A} mia gente e {t} colla {/t R; con la A} virtu\ vostra. Rinaldo e tu per tutta Pagania se\te tanto temuti e nominati, che come il grido tra la turba fia, e' fuggiranno tutti spaventati. Non son costor guerrier, ma son gini\a: sempre al principio assai si son vantati ed hannovi in un solcio i paladini; poi fuggon tutti come spelazzini $_. Rinaldo gli piacea questa pensata, ed Aldighier vien sua gente assettando. In questo tempo giunse una ambasciata, come lo 'mperador mandato ha il bando che tutta in piazza sia la gente armata; e tutto il popol si veniva armando, come nell' altro dir vi sara\ detto. Di mal vi guardi Gesu\ benedetto. Dio ti salvi, Maria di grazia piena, e il Signor teco in sempiterno sia, o benedetta, o santa, o nazarena, fra tutte l' altre donne, tu, Maria, sanza la qual la mia barchetta arrena, se non aiuti nostra fantasia, che insino a qui fatta hai tanto veloce: non mi lasciar, ch' i' veggo omai la foce. I forestieri e tutti i terrazzani ognun si rappresenta in su la piazza. Era, a veder, la ciurma de' pagani cosa parte mirabil, parte pazza: mai non si vide tanti uomini strani, di tante lingue e d' ogni nuova razza. Disse Rinaldo: #_ In piazza ce n' andiamo, e tutta questa gente sbaragliamo $_. Mettono in punto l' arme e' lor destrieri. Lo 'mperador fa intanto diceria: #_ Chi si vanta di voi, buon cavalieri, di vendicarmi della ingiuria mia, io gli daro\ citta\ che {add} fi\eno {/add; fieno R A} imperi, e sempre ara\ di qua gran signoria, gente e tesoro a tutte le sue voglie, e la mia figlia sposera\ per moglie $_. Levossi ritto il gran Can di Gattaia, e disse: #_ Io saro\ quello, imperadore, che, s' io dovessi ucciderne a migliaia, al conte Orlando vo' cavare il cuore $_. E cosi\ gli altri ognun si vanta e abbaia uccider pure Orlando il traditore, ed alza il sangue in parole dua braccia, e chi piu\ teme e\ quel che piu\ minaccia. Rinaldo in su la piazza il primo viene. Can di Gattaia, come l' ha veduto, disse: #_ Baron, s' io ti conosco bene (ch' al soprassegno t' ho riconosciuto), per Macometto, ancor rider mi tiene che tu credevi e' ti fussi creduto, a chieder soldo con quattro poltroni a misura di crusca e di carboni $_. Disse Rinaldo: #_ S' io chiesi per cento, a questa volta io ne vo' due cotanti; e s' egli e\ ver quel che da molti sento, tu se' fra questi il primo che ti vanti di far tante vendette, o fummo o vento, se vuoi giostrar con meco, fatti avanti! $_. Can di Gattaia, come questo intese, turbato tutto, una gran lancia prese, e va inverso Rinaldo, acceso d' ira. Rinaldo riscontro\ questo arrabbiato, al gorzaretto gli pose la mira, e 'l collo {t} colla {/t R; con la A} lancia gli ha infilzato, si\ che pel gorgozzul l' anima spira. Lo 'mperador di cio\ molto e\ crucciato, e dice: #_ Troppe volte offeso m' hai, ma d' ogni cosa te ne pentirai $_. Disse Rinaldo: #_ A non tenerti a tedio, io son Rinaldo, quel di Chiaramonte, venuto per tuo danno e per tuo assedio; e questo e\ quel famoso Orlando conte contra al qual sai che non arai rimedio; e questo e\ Ulivier, che t' e\ qui a fronte; e questo e\ Ricciardetto, mio fratello, ed Aldighieri, e a me cugino e a quello. Tutti sarete morti a questo tratto $_. Ne/ prima ebbe Rinaldo cosi\ detto, che comincio\ a fuggir quel popol matto. Lo 'mperador, sentendo tale effetto, {add} subito {/add; su\bito R A} disse come stupefatto: #_ Puo\ far questo fortuna o Macometto? Piglia del campo come reo nimico, ch' io ho a purgar piu\ d' un peccato antico $_. Rinaldo si volto\ pien di furore, e ritornato addrieto assai piu\ fiero, si riscontro\ col detto imperadore, che non istima piu\ vita ne/ impero, e con la lancia gli passava il cuore, e ritrovo\ il gran Can poi in cimitero. Or qui tutta la turba si sbaraglia, e cominciossi una crudel battaglia. Ed Aldighier con sua gente da\ drento, e 'l conte Orlando fa incredibil cose, ed Ulivier non serba il suo ardimento, ne/ Ricciardetto il suo certo nascose. Ma 'n piccol tempo il gran furor fu spento, che/, veggendo tante arme sanguinose, e ricordare Orlando ed Ulivieri e 'l prenze, ognun si fugge volentieri. E per arroto Orlando aveva morto nella battaglia il gran re di Murrocco: questo fu quel che die\ tanto sconforto, che 'l popol si fuggi\, bestiale e sciocco. Ognun la nave sua ritruova al porto sanza aspettar piu\ greco che scilocco; e 'n questo modo finiva la guerra, e' cristian nostri pigliorno la terra. E nel palazzo ove lo 'mperio stava, vanno Rinaldo, Orlando ed Aldighieri; e Ricciardetto ed Ulivier v' andava, e di Rinaldo un gentile scudieri, il qual con Aldighier si battezzava, e da costoro e\ chiamato Rinieri; e battezzati questi, hanno ordinato che Aldighier sia imperador chiamato, benche/ Aldighier per nulla non voleva: poi battezza^r quell' oste Chiari%one ed una bella figlia ch' egli aveva, che medico\ con tanta affezi%one Rinaldo, e ristorar costei voleva. E per ventura Greco, il lor padrone, che gli condusse gia\ per la marina, vi capito\, quel di buona dottrina. E come e' fu dismontato di nave, senti\ come costor son coronati e che tenien dello imperio la chiave: non si pente/ che gli aveva onorati; e con parole benigne e soave umilemente gli ebbe vicitati, dicendo, come savio uomo e discreto, di lor prosperita\ troppo esser lieto. Ed abbracciato fu si\ allegramente come se fussi lor carnal fratello. Rinaldo presto gli corse alla mente di dar la figlia del loro oste a quello, e dissegli: #_ Fanciulla mia piacente, ascolta e 'ntendi ben quel ch' io favello. Io ti promissi di {add} to^r {/add; to\r R A} per isposa: questo sarebbe a me impossibil cosa, ch' io ho lasciato altra mogliera in Francia; ma vo' che Greco qui tuo sposo sia; e darotti tal dota e si\ gran mancia, che sempre ognun di voi contento fia $_. Un poco rossa si fece la guancia quella fanciulla, e poi gli rispondia ch' era contenta alle sue giuste voglie: e cosi\ Greco la tolse per moglie; ma innanzi che la tolga, e\ battezzato. Rinaldo gli dono\ poi tanto avere, che del servigio l' ha ben meritato, e sanza navicar potra\ godere. Pero\ questo proverbio e\ pur provato, che mai non si perde/ nessun piacere, e bench' a molti uom serva sanza frutto, per mille ingrati un sol ristora il tutto. Poi fecion Chiari%on governatore di tutto il regno, che/ si ricordorno che di sua poverta\ {t} fe' {/t A; fe/ R} loro onore. E riposati in Monaca alcun giorno, per aiutar infin quel traditore del conte Gan, da lui s' accomiatorno; e non potrebbe lingua o penna dire qual fussi il pianto in questo lor partire. Piangea il padron che pareva battuto; piangea la dama dolorosamente; piangea l' ostier, ch' assai glien' e\ incresciuto; piangeva 'l popol tutto unitamente; piangea Rinaldo, e non sare' creduto; piangeva Orlando e 'l marchese possente; piangeva Ricciardetto ed Aldighieri; piangeva insino al povero Rinieri. Ma gli {t} autori {/t R; au%tori A} si scordon qui con meco: chi vuol che Greco al governo restassi; chi dice Chiari%one e Greco seco, e l' uno e l' altro insieme governassi. Ma, a mio parere, e\ Chiari%on, non Greco, accio\ ch' ognun Rinaldo ristorassi, e perch' egli era della citta\ nato e de' costumi lor piu\ ammaestrato. Orlando e gli altri insieme se ne vanno, tanto che son presso a Castelfalcone; e due pastori appresso trovati hanno: l' uno era quel che mando\ Ganellone a Bambillona, e gran festa gli fanno, e domanda^r se Gan vivo e\ in prigione, o s' egli e\ morto, o quel ch' era seguito; se lo sapeva, o quel ch' e' n' ha sentito. Il pastor disse ch' egli e\ vivo e sano nella prigion, ma con assai disagio. Poi prese del caval la briglia in mano d' Orlando, e tutti gli mena al palagio dove stava il pastor che impicco\ Gano, dicendo: #_ Qui solea star quel malvagio ch' avea il corsier di Rinaldo imbolato: noi c' imbucamo, come e' fu impiccato $_. Quivi son tutti i cristiani smontati; e' pastor certi capretti uccidie/no, e certi lor lattonzi hanno infilzati; del latte v' e\ da versarsi pel seno; e' destrier son come lor vezzeggiati: gran sacca d' orzo e gran fasci di fieno. Rinaldo disse: #_ Al mio date orzo e paglia: e poi si dice caval da battaglia $_. Quivi mangiorno e riposa^rsi alquanto. Orlando que' pastor vien domandando come il castel pigliar si possi, intanto. E' pastor tutto venien disegnando: come guardato sia da ogni canto, e per sei porte vi si viene entrando, ed ogni porta a sua difensi%one aveva un fiero e selvaggio {t} li%one; {/t A; lione. R} e la lor madre, chiamata Creonta, come un dragon gli unghioni avea affilati, barbuta e guercia e maliziosa e pronta, e sempre aveva spiriti incantati, e par piena di rabbia, d' ira e d' onta, e per paura non e\ chi la guati; pilosa e nera, arricciata e crinuta, gli occhi di fuoco e la testa cornuta; mai non si vide piu\ sozza figura, tanto ch' ella pareva la versiera, e Satanasso n' arebbe paura, e Tesifo/ne ed Aletto e Megera; e gran fatica fia drento alle mura entrar, per questa spaventevol fiera: e de' giganti, ogni cosa contavano di lor costumi e quel che in man portavano. Or questo e\ quel ch' a Rinaldo piaceva, quanto e' sentia piu\ cose oscure e sozze; e dove far qualche mischia credeva, e' gli pareva proprio andare a nozze. Non domandar come il cuor gli cresceva! E dice: #_ Se le man non mi son mozze, io ne faro\ come torso di cavolo: {add} vedren {/add; vedre/n R A} chi fia di noi maggior di%avolo $_. Non mangia a mezzo, che sello\ Baiardo; Orlando e gli altri seguitavan quello. Rinaldo se ne va sanza riguardo {add} subito {/add; su\bito R A} a una porta del castello: fecesi incontro un fier {t} li%on {/t A; lion R} gagliardo, che si pensava abboccare uno agnello. Rinaldo e gli altri eran tutti smontati e i cavalli a Rinieri avevon dati. Questo {t} li%on {/t A; lion R} di terra un salto spicca ed a Rinaldo si scagliava addosso e' fieri artigli nello scudo ficca, la bocca aperse e 'l capo un tratto ha scosso. Rinaldo un colpo alle zampe gli abbricca e tagliagli la carne e 'l nervo e l' osso, donde il {t} li%on {/t A; lion R} die\ in terra della bocca: allor Rinaldo alla testa raccocca, e spicco\ il capo dallo 'mbusto a questo, e morto si rimase in su la soglia. Disse Aldighieri: #_ Io mi ti manifesto: uccider vo' quest' altro, ch' io n' ho voglia $_. Rinaldo gli rispose: #_ Uccidil presto, accio\ che non ti dessi affanno e doglia $_. Dunque Aldighier non dicea piu\ parola, ma missegli la spada nella gola, e {t} ri%usci\ {/t A; riusci\ R} la punta nelle rene. Orlando disse: #_ Il terzo uccidro\ io $_. Ecco il {t} li%on {/t A; lion R} che inverso lui ne viene, e 'nginocchiossi {add} mansu%eto {/add; mansueto R; mansue%to A} e pio. Orlando Durlindana sua ritiene, e disse: #_ Questo e\ misterio di Dio. Seguite me, che/ 'l Ciel ci spigne drento, e non arem dagli altri impedimento $_. E cosi\ fu: che/ il {t} li%on {/t A; lion R} si rizzava, e tutti gli altri de/tton lor la via, e questo come scorta innanzi andava. Orlando inverso i giganti ne gi\a; maraviglia^rsi, e l' un di lor parlava: #_ Che gente e\ questa, e donde entrata fia? Puo\ fare il Ciel che' {t} li%on {/t A; lion R} non gli udissino e tutti a sei a un' otta dormissino? Questo mi par pure il piu\ nuovo caso $_. Subitamente uscir fuor del palazzo; fecesi innanzi l' un ch' e\ sanza naso, e va inverso Rinaldo come un pazzo; la barba lunga aveva e 'l capo raso. Rinaldo guarda quel viso cagnazzo che non parea ne/ d' uom ne/ d' animali, e disse: #_ Dove appicchi tu gli occhiali? O con che fiuti tu l' anno le rose? Tu par' bestia dimestica a vedere $_. Questo gigante a Rinaldo rispose: #_ Io tel faro\, ghiotton, tosto sapere $_. Rinaldo un colpo alla zucca gli pose, ch' arebbe ben dimezzate le pere, e cacciagli Frusberta insino agli occhi, tanto che morto convien che trabocchi. Come e' fu in terra questo fastellaccio, l' altro s' avventa addosso ad Aldighieri; volle menargli d' un suo bastonaccio, ma e' prese un salto che parve un levrieri e schifa il colpo, e menavagli al braccio, tal che, se sa schermir, gli fa mestieri, e netto lo taglio\ come un mellone, e cadde in terra il braccio col bastone, ed anche poi il gigante per la pena. Aldighier, quando lo vide caduto, subitamente un gran colpo gli mena; al collo del gigante s' e\ abbattuto e {t} colla {/t R; con la A} spada tagliente lo svena. L' altro fratel, come questo ha veduto, si scaglia a Ulivier, di furia acceso, ed abbracciollo e {t} po\rtanel {/t R; portanel A} di peso come farebbe il lupo un pecorino. Ma 'l buon pastore Orlando lo soccorse, e disse: #_ Posa, posa, saracino, posalo giu\: tu non credevi forse che fussi presso il guardian ne/ 'l maschino $_. Di che il gigante per ira si morse, che/ 'l sangue a Ulivier voleva bere, ma per paura sel lascia cadere. Ulivier ritto si levo\ di terra, e trasse a quel pagan con Altachiara, e nella trippa una punta disserra, dicendo: #_ Tu berai la morte amara $_; e con quel colpo morto giu\ l' atterra, e bisogno\e che trovassi la bara. Eron gia\ morti tre; restavane uno, ch' era piu\ fiero e forte che nessuno. Orlando disse: #_ La battaglia e\ mia, e tocca a me quest' altro che ci resta $_; e 'l fer gigante, pien di bizzarria, d' un mazzafrusto gli die\ in su la testa, che poco men ch' Orlando non cadia. Grido\ Rinaldo: #_ Ed anco tua fia questa picchiata, come hai detto la battaglia. Non se' tu Orlando, o 'l brando piu\ non taglia? $_ Allora Orlando lo scudo abbandona e 'l pome della spada appoggia al petto, e 'nverso il saracin se stesso sprona, quando e' senti\ quel che 'l cugino ha detto; e termino\ passargli la persona: giunse la punta al bellico al farsetto, ch' era di ferro, ed ogni cosa infilza, e passo\ il ventre e 'l fegato e la milza; e {t} ri%usci\ {/t A; riusci\ R} di drieto un braccio o piu\e il brando, che di sangue e\ fatto rosso; e questo pilastron rovina giu\e, e manco\ poco non gli cadde addosso, se non ch' Orlando molto destro fue; e parve che 'l terren si sia riscosso. Della qual cosa in gran superbia monta la fiera madre incantata Creonta. Corse al romor come una spiritata; prese Aldighieri, e tutto lo deserta cogli unghion, com' una bestia arrabbiata; travolge gli occhi e la bocca avea aperta: non fu tanto Ericon mai {t} infuri%ata. {/t R; infuriata. A} Rinaldo l' aiutava con Frusberta, ma di tagliarla la spada s' infigne; allor Rinaldo la gola gli strigne. Ell' aveva Aldighier ghermito in modo che sare' me' abbracciare un orsacchino, e {t} po\rtanelo {/t R; portanelo A} a forza e tiello sodo. Orlando gli ponea le mani al crino, ma non poteva ignun disfar tal nodo; ed Aldighier gridava pur, meschino: #_ Io credo che 'l di%avol m' abbi preso e nello inferno mi porti di peso! $_. Orlando allor gli mena della spada, ma indrieto si ritorna Durlindana, quantunque ella sia forte e ch' ella rada. Dicea ridendo la donna pagana: #_ Voi date al vento i colpi o la rugiada, a ferir me, ch' ogni fatica e\ vana; non ne potete aver di questo vello per nessun modo, o uscir del castello $_. Orlando tutto allor si raccapriccia, e vede che costei gli dice il vero; a tutti in capo ogni capel s' arriccia veggendo quel demo\n cotanto fiero, la faccia brutta, affummicata, arsiccia: non si dipigne tanto il diavol nero quanto ha Creonta la lana e la pelle, e piu\ terribil boce che Smaelle. Ella vedeva innanzi i figliuol morti: pensa quanto dolor la misera abbia e come questo in pace mai comporti, massime avendo i suoi nimici in gabbia! Poi si ricorda di mill' altri torti pur de' suoi figli, e per grand' ira arrabbia, come fa {t} Salay\ {/t A; Salay/ R} del cadimento, ch' udendol ricordar par si\ scontento. Poi divento\ piu\ che Niello gentile; non parve piu\ Beritte o Salyasse o Squarciaferro, anzi si fece umi\le; ne/ creder come Bocco tartagliasse, che/ come Nillo parlava sottile; non par Sotti\n, che in francioso parlasse, non Obysi\n per certo alla favella, o Rugiada\n, che ne porto\ l' anella; e non parea nel suo parlar Bilette, che {t} vi%olo\e {/t A; violo\e R} il {t} manda\l {/t R; mandal A} con certe chiocciole, o {t} Astaro\t {/t R; Astarot A}, che nel cavallo stette, e sotto un besso gitto\ tante gocciole; non Orata\s, quel che i pippion ci de/tte, tanto ben par che sue parole snocciole; ed Aldighier lascio\ tutto dolente, e comincio\ a parlar discretamente: #_ Io vi perdono, io vo' con tutti pace, tanto m' aggrada vostra gagliardia; e libero sia Gan come vi piace: disposta son non vi far villania. De' miei figliuol, quantunque e' mi dispiace, altra vendetta non vo' che ne sia, se non che mai di qui non uscirete; e fate tutti cio\ che far sapete $_. Era ciascun tutto maravigliato, e trasson di prigion {add} subito {/add; su\bito R A} Gano, ch' era in una citerna incarcerato, nell' acqua, in luogo molto oscuro e strano; e come e' fu di prigion liberato, e' pose presto alla spada la mano e vuol Creonta a ogni modo uccidere; e finalmente e' la vedeva ridere. Orlando ed Ulivier si riprovorno, e gli altri, se potessino ammazzalla, e molti colpi alla donna menorno: ella rideva, e 'l lor pensier pur falla. Alcuna volta alla porta n' andorno: quivi persona non era a guardalla; ma per se stessa, come ignun s' accosta, si riserrava ed apriva a sua posta. Dunque e' si reston pur drento al castello, ognun da questo error molto confuso. Intanto Malagigi lor fratello, gittando l' arte un giorno, come era uso, vide e conobbe finalmente quello come Rinaldo suo si sta rinchiuso, e che questo e\ per forza di malia, e {add} subito {/add; su\bito R A} a Guicciardo lo dici\a; ed a Parigi presto ' Astolfo scrisse che {add} subito {/add; su\bito R A} venissi a Montalbano. Astolfo per camin tosto si misse, tanto che tocca a Malgigi la mano, quale ogni cosa di punto gli disse; ed accorda^rsi tutti a mano a mano, Guicciardo, Alardo, ire a trovar costoro; per la qual cosa Antea volle ir con loro, dicendo: #_ Io rivedro\ Rinaldo mio $_. E poi che molti giorni sono andati, anzi volati, come fa il disio, tre cavalier pagani hanno scontrati, e saluta^rsi nel nome di Dio. L' un di costor, come e' si son trovati, guardava pur d' Astolfo il suo cavallo, e non si vergogno\ di domandallo. Era chiamato il saracin Liombruno, nipote di Marsilio re di Spagna; e dice: #_ Mai caval non vidi alcuno che non avessi in se/ qualche magagna; salvo ch' io n' ho pure oggi veduto uno, e 'ntendo che con meco si rimagna $_. Diceva Astolfo: #_ Odi pensier fallace! Quanto piu\ il lodi, tanto piu\ mi piace $_. Ecco ch' ognun questo caval vorrebbe. #_ Ah $_, disse {t} Li%ombrun {/t A; Liombrun R}, #_ tu non vuoi intendere! $_ Diceva Astolfo: #_ E chi t' intenderebbe? $_. Disse il pagan: #_ Chi ti facessi scendere $_. Rispose Astolfo: #_ Piu\ di me potrebbe $_. #_ O s' tu nol vuoi giucar, donar ne/ vendere, vo' che tu l' abbi {t} colla {/t R; con la A} lancia in mano: prendi del campo allor $_, disse il pagano. Sanza piu\ dir, rivoltati i cavalli, abbassaron le lance con gran fretta; ma, perche/ la sua regola non falli, Astolfo si trovo\ sopra l' erbetta tra mille odori e fior vermigli e gialli. Alardo che 'l vedea: #_ Sia maladetta $_, diceva, #_ Astolfo, la tua codardia! Mai piu\ cadesti, per la fede mia! $_. {t} Li%ombruno {/t A; Liombruno R} il caval voleva allora. Alardo disse: #_ Io il credo, tu il torresti! E' c' e\ di molta via sassosa ancora. Vedi che non se' oca, e beccheresti. E' ti convien con meco giostrar ora, e s' tu m' abbatti, vo' che tuo si resti; ma non istimo come lui cadere, ch' io non ismonto prima ch' a l' ostiere $_. {t} Li%ombrun {/t A; Liombrun R} disse: #_ Tu fai villania, ma non la stimo perch' io non ti prezzo. {t} Veggiam {/t R; Veggia\n A} come tu smonti all' osteria: tu ne potresti scender prima un pezzo. Piglia del campo, e disfidato sia, ch' io so di chi sara\ il caval da sezzo $_. Alardo si volto\ si\ destro e snello, che ben parea di Rinaldo fratello. #_ Ah $_ disse Antea, #_ e' si conosce bene la prodezza del sangue di Chiarmonte! $_. Or ecco {t} Li%ombrun {/t A; Liombrun R} che innanzi viene, e {t} colle {/t R; con le A} lance si truovono a fronte; ma il saracin d' Alardo non sostiene il colpo, ch' egli ari\a passato un monte: la lancia gli trapassa il cor pel mezzo, e morto cadde tra' fioretti al rezzo. Diceva l' un coll' altro suo compagno: #_ Questo sarebbe troppo a' paladini: qui e\ poca civanza e men guadagno; costor non son per certo saracini: e' sara\ buon mostrar loro il calcagno e ritornarci ne' nostri confini $_; e fecion come e' disson, tosto e netto, pero\ che tolson {add} su {/add; su\ R A} presto il sacchetto. Astolfo si tenea vituperato, massimamente perche/ e' v' era Antea, e 'l me' ch' e' puo\ del cader s' e\ scusato: #_ Questo destrier ch' io cavalco $_, dicea, #_ da poco in qua e\ restio diventato: mentre la lancia correr mi credea, mi dibatte/, perche/ e' giuco\ di schiena; io mi lasciai cader giu\ per la pena $_. Diceva Antea: #_ Che ti bisogna scusa? Non ho io bene ogni cosa veduto? E se tu fussi pur cascato, e' s' usa $_. Guicciardo, poi che molto ebbe taciuto, non pote/ piu\ tener la bocca chiusa, e disse: #_ Mai piu\, Astolfo, se' caduto: questo caval si vorrebbe impiccare, che/ mille volte t' ha fatto cascare $_. Malagigi tagliava le parole; Astolfo sopra 'l suo caval rimonta. Cavalcono alla luna tanto e al sole, che capitorno al castel di Creonta. Malgigi certo incanto, come e' suole, fece all' entrar, che/ l' arte aveva pronta, e innanzi a tutti gli altri fa la scorta; e dove e' giugne, s' apriva ogni porta. Giunsono in piazza, e l' abbracciate fanno; non conosceva Aldighier, Malagigi: e' gli dici\en come trovato l' hanno, e che volevon menarlo a Parigi; poi di Creonta tutto cio\ che sanno. Malgigi guarda i suoi brutti vestigi, e lei pur lui, e par piena d' angosce, che/ l' un di%avol ben l' altro conosce. Dicea Malgigi: #_ Io ero a Montalbano, e vidivi qua tutti in gran periglio, e mandai per Astolfo a mano a mano, e d' aiutarvi facemo consiglio $_. Rinaldo intanto tenea per la mano Antea, che 'l volto avea tutto vermiglio, e sente amaro e dolce e freddo e caldo, e non si sazia di guatar Rinaldo. #_ Perche/ intendiate $_, seguitava poi Malgigi, #_ e' ci sara\ da far pur molto, disse colui che non ferrava i buoi ma l' oche, e gia\ lo 'ncastro aveva tolto. Questa crudel con certi incanti suoi (dicia\n piu\ pian, ch' io la veggo in ascolto) ha fatta certa imagine di cera, come colei c' ha l' arte tutta intera; e 'n certa parte sta di quel palagio, ed un dragone appresso v' e\ a guardalla. Tanto e\ che piu\ di lei saro\ malvagio; ma questa donna bisogna piglialla e tenerla qui tanto, ch' a bell' agio io possa, questa imagine, guastalla; e nel guastar questa figura orribile, vedrete a costei far cose terribile. Rinaldo sol con meco ne verra\, che/ mi bisogna un compagno menare, e {t} colla {/t R; con la A} spada il dragone uccidra\. Or oltre, tempo non e\ qui da stare $_. Orlando inverso Creonta ne va, che cominciava gli occhi a sfavillare e far certe carattere gia\ in terra; ed Ulivieri e gli altri ognun l' afferra. A gran fatica tener la potie/no: ella metta talvolta certe strida che par che dello inferno proprio sie/no. Malgigi intanto Rinaldo {add} su {/add; su\ R A} guida dove getta il dragon fuoco e veleno, e dice quanto puo\ presto l' uccida. Rinaldo, senza fargli altra risposta, a quel dragon con Frusberta s' accosta. Non domandar come il drago si cruccia e come e' vide Rinaldo, si rizza. Rinaldo trasse, e la spada gli smuccia al collo, tal che gli cava la stizza, ch' appena sol si tenev' a la buccia; tanto che poco la coda piu\ guizza. Dunque Rinaldo e\ quel ch' uccise il drago, e {t} fe' {/t A; fe/ R} di sangue e di veleno un lago. Malgigi a quella imagine s' accosta, ch' era fatta di cera pura e bella delle prime ape, molto ben composta sotto costellazion d' alcuna stella, con tutti i membri insino a una costa; e sopra il destro pie\ si posa quella, sospeso avendo la sinistra gamba di scorcio, strana, orribil, {t} to\rta {/t R; torta A} e stramba. La faccia aveva sopra tutto fiera. Malgigi, che sapea di punto il giuoco, fece per arte, che/ l' aveva vera, presto apparire un gran lampo di fuoco che s' appicco\ di tratto a quella cera, e struggela e consuma a poco a poco. E mentre che cosi\ la cera scema, l' aria e la terra ed ogni cosa triema. Rinaldo piu\ d' un tratto s' e\ riscosso, per la paura che gli entro\ nel cuore; Malgigi gli facea sigilli addosso, e disse: #_ Non aver di cio\ timore; fa che per nulla tu non ti sia mosso: vedrai che presto cessera\ il furore $_. Ma in questo che l' imagin si struggea, mirabil cose la donna facea. Ella si storce, rannicchia e raggruppa, poi si distende come serpe o bisce, poi si raccoglie e tutta s' avviluppa; ella si graffia e percuote e stridisce; e tutta l' aria in un tratto s' inzuppa di piogge e venti e co' tuoni squittisce, e grandine e tempeste e 'ncendii e furie cominciono apparir con triste agurie. Orlando, benche/ ognuno abbi paura, ed Ulivieri e gli altri tenien forte colei, che si divora per l' arsura ch' a poco a poco la conduce a morte: come si distruggea quella figura (tanto che tosto aperte {add} fi\en {/add; fien R A} le porte), parea ch' a forza l' anima si svella, e come Meleagro ardessi quella. E finalmente morta si distende come fu quella imagine distrutta. Allor Malgigi del palagio scende, e l' aria rischiarata era gia\ tutta; e ciascun grazia a Malagigi rende che spenta ha questa cosa cosi\ brutta e liberati da tormento e affanno: ed alcun giorno a riposarsi stanno. Un di\ non si pote/ tenere Alardo che non dicessi come il fatto era ito d' Astolfo, che facea si\ del gagliardo. Rinaldo, quando questo ebbe sentito, lo dileggiava e chiamaval codardo; tanto ch' Astolfo si tenne schernito, e per isdegno e per grand' ira caldo, trasse la spada per dare a Rinaldo. Rinaldo si scosto\, dicendo: #_ Matto! che vuoi tu fare? Io intendo riguardarti, com' io t' ho riguardato piu\ d' un tratto; ma da qui innanzi di questo atto gua^rti $_. Orlando gli dispiacque questo fatto, e disse con Rinaldo: #_ Tu ti parti, per Dio, dalla ragion, ch' Astolfo nostro piu\ che fratello amor sempre ci ha mostro $_. E manco\ poco che non l' appiccava Orlando con Rinaldo, la schermaglia; se non che pur Rinaldo si chetava, che/ sa, quando e' s' adira, quel che e' vaglia. Astolfo tanto di cio\ s' infiammava, che in qua ed in la\ come un {t} li%on {/t A; lion R} si scaglia; e dipartissi la seguente notte, e tutte loro imprese ha guaste e rotte. Pero\ noi non facciam mai ignun disegno, ch' un altro non ne faccia la Fortuna; e da\ sempre nel brocco a mezzo il segno sanza pieta\, sanza ragione alcuna: questa persegue i buon, perche/ gli ha a sdegno, insin che v' e\ delle barbe solo una; e fa de' matti savi e i savi matti, e chi prestar vorrebbe, ch' egli accatti. Astolfo va per un luogo deserto, di qua, di la\, come avvien gli smarriti. Era di notte; un lume s' e\ scoperto, dove abitavan tre santi romiti, ch' avien piu\ tempo disagio sofferto per riposarsi agli etterni conviti. Astolfo, come vide il lumicino, {add} subito {/add; su\bito R A} inverso quel prese il cammino. Giunto a' romiti, la porta bussava e ricettato fu nel romitoro. La notte certi pagan v' arrivava e 'mbavagliorno e ruborno costoro; e perche/ pure il bottin magro andava, d' Astolfo anco il caval vollon con loro. Astolfo si destava; essendo desto, di questo caso s' accorgeva presto; e sciolti que' romiti e sbavagliati, e' domando\ donde e' preson la via color che gli hanno cosi\ mal trattati. Un di costoro ' Astolfo rispondia: #_ Lasciagli andar, che/ saran ben pagati de' lor peccati e d' ogni colpa ria da quel Signor che etterno ha stabilito che 'l ben sia ristorato e 'l mal punito. Questi son rubator che sempre stanno per questi boschi, e son gente bestiale, ed altra volta gia\ rubati ci hanno. Ma non ci manca il pane celestiale, e sempre ci ristora d' ogni danno. Se gli trovassi, e' ti potrien far male: lasciagli andar, che/ Iddio ragguaglia tutto e rende a' servi suoi merito e frutto $_. Rispose Astolfo: #_ A cotesta mercede non intend' io di star, del mio destriere; ch' io so ch' io me n' andrei sanz' esso a piede, e 'l Signor vostro si staria a vedere. Questa vostra speranza e questa fede a me non de/tte mai mangiar ne/ bere: io intendo ritrovare il mio cavallo, e faro\ forse lor caro costallo $_. E missesi a cercar tanto, che pure e' gli trovo\ che sono in su 'n un prato, e stanno a riposarsi alle verzure, e 'l caval si pascea cosi\ sellato: avean chi lance, chi spade e chi scure. Astolfo a un di lor si fu accostato, gridando: #_ Traditor, ladron di strada! $_, e 'nsino al mento gli caccio\ la spada. L' altro gli mena con una giannetta; Astolfo vede la punta venire, e con un colpo taglio\ l' aste netta, poi con un altro lo fece morire. Addosso agli altri compagni si getta, tanto che tutti gli ha fatti stordire: quattro n' uccide di dieci pagani, agli altri il collo legava e le mani. E rimonto\ sopra 'l suo palafreno, e inverso il romitoro si tornava. Quando i romiti i mascalzon vedie/no, ognun d' Astolfo si maravigliava, e ringraziorno lo Iddio nazareno. Astolfo a questi romiti parlava: #_ Io vo' che voi impicchiate a ogni modo questi ladron pien di malizia e frodo $_. Dicevano i romiti: #_ Fratel nostro, Iddio non vuol che giustizia si faccia: pertanto questo uficio si fia vostro $_. Diceva Astolfo: #_ Io credo ch' a Dio piaccia piu\ questo assai che dire il paternostro, se vero e\ che i cattivi gli dispiaccia. Cavate fuor le cappe, e fate presto, e tutti gli appiccate a un capresto $_. Questi romiti fanno del vezzoso e par ch' ognun di lor si raccapricci. Astolfo, ch' era irato e dispettoso, comincia a bastonargli come micci, dicendo: #_ Al cul l' ara\ chi fia ghignoso! $_, tanto che fuor balzorono i cilicci, sentendo fra Mazzon che scuote i panni, e parean tutti all' arte usi cent' anni. Astolfo se ne va pur poi soletto per questa selva, ove la via lo porta, sanza certo proposito o concetto. Lasciallo andar, che l' angiol gli sia scorta. Orlando si reco\ questo in dispetto, ed una notte usci\ fuor della porta e vassene soletto di nascosto, che/ ritrovare Astolfo avea disposto. Rinaldo alla sua vita mai non fue peggio contento, quanto a questa volta. Diceva Antea: #_ Che faccia\n noi qui piu\e? Ogni nostra speranza veggo tolta. Io v' accomando al vostro Iddio Gesu\e, e inverso Bambillona daro\ volta $_. Rinaldo e gli altri ognun presto dici\a che gli volean far tutti compagnia. E piangon tutti quanti il conte Orlando, e' ne 'ncresceva insino al traditore di Ganellone, e sempre lacrimando: #_ Dove se' tu $_, dicea #_ mio car signore? $_. E cosi\ giorno e notte cavalcando, avendo Orlando pur fitto nel core, a Bambillona condotta hanno Antea, che del suo mal piu\ da presso piangea. Non v' ha trovato il suo misero padre, che lo lascio\ contento e si\ felice; non vi rivede piu\ l' usate squadre, e molte cose lamentabil dice. Rinaldo con parole assai leggiadre diceva: #_ Qui regina e imperatrice ti lascero\ della tua patria antica; e so che Orlando vuol che cosi\ dica $_. Adunque in Bambillona Antea si resta, e fu da tutto il popol vicitata, e non si potre' dir con quanta festa da' cittadin costei fussi onorata; e la corona real tiene in testa e la citta\ parea risucitata. Rinaldo si poso\ quivi alcun giorno, e tutti insieme poi s' accomiatorno. E con molti sospir cercando vanno se potessin trovar per Pagania Orlando, e dove e' cerchin gia\ non sanno. A Monaca n' anda^r di compagnia, e Greco e Chiari%on qui trovato hanno e domanda^r quel che d' Orlando sia; Rinaldo rispondea che 'l suo fratello si parti\ per disdegno dal castello. Molto di questo Greco e Chiari%one si dolfono, e cosi\ la damigella; e mandono spiando assai persone per le citta\, per ville e per castella, se si trovassi il figliuol di Mellone, ne/ altro mai che di lui si favella; e Greco e Chiari%on molto onoravano Rinaldo e gli altri, perche/ assai gli amavano. Cosi\ con Chiari%on lasciamo un poco in Monaca costoro a riposare. Astolfo andava d' uno in altro loco sanza saper dove egli abbia arrivare, come falcon che s' e\ levato a giuoco ed ha disposto paese vagare e non tornare al suo signor piu\ a segno, come spesso addivien per qualche sdegno. Cosi\ faceva il nostro paladino, tanto che in Barberia gia\ si ritruova, dove era una citta\ d' un saracino ch' avea trovata una sua fede nuova: non crede in Cristo, non in Apollino, non Macometto o Trivigante appruova, anzi adorar fa se/, ch' era gigante molto superbo e detto Chiaristante; e la citta\ Corniglia si dicea, e Filiberta si chiama la moglie: dipinti questi due nella moschea erano iddii; e 'l popol quivi accoglie, e per paura adorar si facea. Volea cavarsi tutte le sue voglie, e virgine ogni di\ per forza prende, poi le metteva ove il buon vin si vende. Avea gia\ fatte tante crudeltade, che tutto il regno suo l' odiava a morte. Astolfo, capitando alla cittade, dismonta a un ostier fuor delle porte, e 'ntese da costui la veritade, come il signor governava sua corte con tanta infamia, ingiustizia e vergogna; e riposossi, perche/ e' gli bisogna. Or non lascia\n pero\ per sempre Orlando. E' si parti\ donde mori\ Creonta; a que' romiti veni\a capitando, dove alcun ghiotto i buon bocconi sconta. Un de' romiti gli vien raccontando di que' ladroni (e la storia avea pronta), come impiccar gli fece un cavaliere, perche/ gli avevon rubato il destriere. Ma e' si dolieno ancor delle mazzate, ch' Astolfo aveva lor le schiene rotte, un poco le schiavine rassettate; ma de' ladron che rimisson le dotte, lo ringraziavon per la sua bontate. Orlando si poso\ quivi la notte e fece carita\ di quel che v' era il me' che puo\ co' romiti la sera. E poi ch' ognun di lor fu addormentato, l' angiol di Dio apparve in visi%one a un romito, ed hallo salutato, dicendo: #_ Sappi che questo barone e\ il conte Orlando, ch' avete albergato: fategli onor, ch' egli e\ il nostro campione. Quel che impicco\ color, fu il suo cugino chiamato Astolfo, un altro paladino $_. E 'l simigliante a Orlando appari\ l' angiol dicendo: #_ Orlando, che farai? Sappi ch' Astolfo tuo capito\ qui, e presto sano e salvo il troverrai, non passera\ da ora il sesto di\; che/ domattina di qui partirai. Non ti dolere, o baron giusto e pio, come tu fai, che/ cio\ non piace a Dio $_. Orlando la mattina, risentito, {add} subito {/add; su\bito R A} a Vegliantin mette la sella. Intanto a lui ne veniva il romito e dicegli dell' angiol la novella, si\ come in visi%on gli era apparito mentre ch' e' si dormia nella sua cella; e molta {t} riverenzia {/t R; reverenzia A} gli faci\a: Orlando l' abbraccio\, poi si partia. E dirizzossi giu\ per un vallone, dove ha trovato un orribil serpente che s' azzuffava con un bel grifone. Orlando a questo fatto pose mente, e piacegli veder la lor quistione; ma quel grifone alfin resta perdente, perche/ il serpente gli avvolge la coda un tratto al collo e con esso l' annoda. Parve il grifone a Orlando si\ bello (e mai piu\ forse non n' avea veduto), che termino\ d' aiutar questo uccello; e con un ramo di faggio fronduto de/tte al serpente, e liberato ha quello, e 'l suo nimico giu\ morto e\ caduto: donde il grifon ne va per l' aria a volo, Orlando al suo cammin pensoso e solo. Poco piu\ oltre quattro gran {t} li%oni {/t A; lioni R} trovava, e Vegliantin tutto e\ aombrato quando ha veduto questi compagnoni. L' uno a Orlando ne vien difilato, apre la bocca e distende gli unghioni. Orlando Durlindana nel costato gli caccio\ tutta, fuor che l' elsa e 'l pome: gli altri l' assalton non ti dico come. Orlando i colpi allor misura e 'nsala, pero\ ch' a mal partito si vedea. Ecco il grifon che per l' aria giu\ cala con tal furor che non si conoscea se fussi un vento oppur uccel con l' ala; ed un {t} li%on {/t A; lion R} che piu\ pressa facea al conte Orlando, con gli unghion ghermia agli occhi, tal che schizzar gliel faci\a. Questo {t} li%on {/t A; lion R} dalla zuffa si spicca; Orlando un altro col brando n' uccide; e poi col quarto il grifon si rappicca per aiutare Orlando, e in aria stride, e poi in un tratto gli artigli gli ficca nel capo e strinse insin che morto il vide, che/ gli caccio\ gli unghion fino al cervello: adunque buon amico e\ questo uccello. Non si perde servigio mai nessuno: servi qualunque, e non guardar chi sia, dice il proverbio; e s' tu disservi alcuno, pensa che a tempo la vendetta fia; ma semina tra' sassi o sotto il pruno, sempre germuglia alfin la cortesia; e noti ognun la favola d' Isopo, che il {t} li%one {/t A; lione R} ebbe bisogno d' un topo. Vuolsi servire insino agli animali, che/ qualche volta merito si rende, come dicono i {it} Detti de' morali {/it}, e fassi schiavo chi il servigio prende; e tanto e\ degno piu\, quanto piu\ vali: sempre il servigio il cuor d' amor raccende, e vien da generoso animo e magno, e torna alfine a casa con guadagno. Quel {t} li%on {/t A; lion R} cieco, il grifon non l' offese per gentilezza, e cosi\ fece Orlando; e finalmente le grande ale stese e dipartissi per l' aria volando; e cosi\ il suo camino Orlando prese, Astolfo pure all' usato cercando. E cavalcando giorno e notte questo, giunse a Corniglia, abbrevi%ando il testo. E dismontato a uno oste pagano, attese Vegliantino a ristorare, ch' era piu\ giorni per coste e per piano andato, ed apparato a digiunare. Or {t} lasciam {/t R; lascia\n A} riposarlo lieto e sano: ' Astolfo ci bisogna ritornare, che col suo oste fuor della cittate si stava, e molte cose ha ragionate. Videl turbato un di\ tutto nel volto, e la cagion di cio\ volle sapere; e' gliele disse sanza pregar molto: che 'l signor vuol la sua figlia tenere, se non che gli sara\ l' albergo tolto con essa insieme, e la vita e l' avere; ma che piu\ tosto morire e\ contento, che ubbidir questo comandamento; e la figliuola di sua mano uccidere, innanzi che veder tanta vergogna, che/ si sentia di duolo il cor dividere. Astolfo disse: #_ Questo non bisogna: forse ch' ancor di cio\ potresti ridere. Or manda a Chiaristante a dir se sogna; o, se ci manda piu\ suo messaggiero, fa ch' io lo vegga, e lascia a me il pensiero $_. Ben sai che Chiaristante non soggiorna: a mano a mano un messo gli raccocca. Disse l' ostiere: #_ Il messaggier ritorna $_. Rispose Astolfo: #_ Non ci aprir tu bocca $_. Costui dicea che la fanciulla adorna si mandi a corte presto, e pur ritocca. Astolfo allo scudier quivi s' accosta, e disse: #_ Io ti faro\ per lui risposta. Rispondi in questo modo a Chiaristante: che 'l popol suo l' ha troppo comportato, ma che e' potrebbe farne tante e tante, che d' ogni cosa sara\ poi purgato. Non si dice altro per tutto Levante se non di questo tristo scelerato: guarda con quanta faccia pur sollecita, come se fussi qualche cosa lecita! $_. Quel messaggio le stimite faceva, e dice: #_ Tu debbi esser qualche pazzo $_. Astolfo un' altra volta gli diceva: #_ Rito/rnati al signor, dico, al palazzo $_. L' oste si tacque e nulla rispondeva. Disse colui: #_ La cosa va di guazzo! Questo poltron riprende il signor nostro! Lascia ch' io torni, e fiagli l' error mostro $_. Vanne al signor come un gatto arrostito {add} subito {/add; su\bito R A}, e 'nginocchiossi il damigello e dice cio\ ch' egli aveva sentito. Disse il signor: #_ Chi fia quel ladroncello? E' sara\ qualche matto che e\ smarrito. Ma l' oste non rispose nulla a quello? $_. Disse il sergente: #_ E' s' intendea con lui; e non mi pare un matto anco, costui $_. Rispose Chiaristante: #_ Or torna tosto: digli che vengan lui e l' oste a me; ma e' si sara\ o fuggito o nascosto $_. Dicea il messaggio: #_ Non fia, per mia {t} fe/, {/t R; fe', A} fuggito, in modo ti dico ha risposto $_. Astolfo stava armato e sopra se/, e disperato va cercando guerra. E 'ntanto il messo torna dalla terra, e dice: #_ Tu, che rispondesti dianzi, dice il signor che l' oste e tu vegnate a corte presto: {t} avvi%atevi {/t A; avviatevi R} innanzi $_; e {add} vuogli {/add; vuo\gli R A} mandar fuor con le granate. Rispose Astolfo: #_ Accio\ che tempo avanzi, {add} di' {/add; di\ R A} al signor m' aspetti alla cittate, se meco vuol provarsi; e digli come, se e' nol sapessi, Galli%ano ho nome; e ch' io faro\ forse costargli caro questa imbasciata, e vengo ora a trovallo $_. Il messo torna con un viso amaro, e disse: #_ E' viene a trovarvi a cavallo, e dice e\ {t} Gallian {/t R; Galli%an A}, per farti chiaro (e' mi faceva paura a guardallo), e che se voi volete la donzella, la vuol con voi giostrar sopra la sella $_. A Chiaristante parve il fatto strano, e disse: #_ {add} Di' {/add; Di\ R A} che venga in su la piazza a ritrovarmi questo Galli%ano, o vuol con lancia o con ispada o mazza: {add} vedren {/add; vedre/n R A} chi fia questo poltron villano, ch' io non intendo questa cosa pazza $_. Il messo ' Astolfo all' ostier ritorno\e. Astolfo armato alla terra n' ando\e. L' oste gli pare Astolfo uom molto degno, e dice: #_ Forse Iddio l' ha qui mandato. Ma sia chi vuol, ch' io vo' con questo sdegno morir, piu\ tosto che essere sforzato $_; e disse: #_ Va, Macon sia tuo sostegno $_. Astolfo in su la piazza e\ capitato, ed ognun corre a vedere il giostrante; e in questo tempo s' arma Chiaristante. Orlando che sentito ha gia\ il romore come in piazza era venuto un guerriere il qual provar si volea col signore, presto s' armo\ per andare a vedere. Ma l' ostier suo, per non pigliare errore, volle che pegno lasciassi il destriere, che/ non ista\ degli scotti alla fede; poi gliene increbbe veggendolo a piede; e disse: #_ Torna, e 'l caval tuo ne mena come persona libera e discreta $_. Orlando scoppia di duolo e di pena, che/ da pagar non aveva moneta, e Vegliantin non si reggeva appena; questo gli fa tener la bocca cheta: non gli par tempo a contender gli scotti, e disse: #_ Per Macon, ristorerotti! $_; che solea sempre dar bastoni o spade all' oste, quando i danar gli mancavano. Mentre ch' Orlando va per la cittade, e' fanciulli a diletto il dileggiavano, che/ Vegliantino a ogni passo cade, e le risa ogni volta si levavano, dicendo, insin che in su la piazza e\ giunto: #_ Chi e\ questo uccellaccio cosi\ spunto? Questo caval bisogno are' d' un maggio che fussi almeno un anno, non un mese $_. Orlando se n' andava a suo {t} vi%aggio {/t A; viaggio R}, e cio\ che si dicea per tutto intese, pero\ che e' sapea bene ogni linguaggio. Un saracin per la briglia lo prese, come alcun si diletta di far male, e sfibbia a Vegliantino il barbazzale, e per ischerno gli trasse la briglia. Orlando non pote/ sofferir piu\, e con un pugno la gota e le ciglia e 'l naso e gli occhi gli cacciava giu\: ognun che 'l vide n' avea maraviglia, che/ mai tal pugno veduto non fu; poi scese in terra, di disdegno pieno, e racconciava a Vegliantino il freno. Colui, ch' avea del viso forse il terzo, trasse la spada ch' aveva a' galloni, pero\ che questo non gli pare scherzo. Orlando lo deserta co' punzoni: pensa che s' egli avessi avuto il berzo, morto l' arebbe con due {t} rugioloni {/t R; ruggioloni A}. Un tratto nella tempia un glien' accocca, che gli facea il cervel uscir per bocca: e risalto\ di netto in sul cavallo sanza staffa operar, coll' armadura, tanto ch' ognuno stupiva a guardallo e scostasi dallato per paura. Intanto Chiaristante viene al ballo, e se sapra\ ballar, porrenvi cura. Astolfo lo minaccia e svergognava, e poi si scosta e del campo pigliava, e l' uno e l' altro sollecita e sprona. Il saracino Astolfo riscontrava: l' aste non resse, benche/ fussi buona; quella d' Astolfo non si dicrollava, e tutto il petto al saracino intruona, tanto che nulla lo scudo approdava, e pose lui e 'l cavallo a giacere, ed una staffa perde/ nel cadere. Poi si rizzo\, lui e 'l destrier, {add} su {/add; su\ R A} presto. Diceva Astolfo: #_ Tu se' mio prigione $_. Disse il pagano: #_ E' non sarebbe onesto, che/ fu difetto del caval rozzone $_. Rispose Astolfo: #_ E chi giudica questo? $_. #_ Colui ch' uccise un qua con un punzone $_, disse il pagan, ch' Orlando avea veduto, e molto gli era quell' atto piaciuto. Rispose Astolfo: #_ Sia quel delle pugna $_. Orlando de/tte a Chiaristante il torto. Disse il pagan: #_ Tedesco pien di sugna, vedi ch' io non t' avevo bene scorto, che de/i succiar piu\ vin ch' acqua la spugna. Io veggo ben che tu mi guati torto: non fu mai guercio di malizia netto, ch' io ti conosco insin drento all' elmetto $_. Rispose Orlando: #_ Tu mi domandasti: non vuoi tu ch' io risponda al parer mio? Tu sai che l' una staffa abbandonasti: ognun giudichera\ come ho fatto io. Ma s' a tuo modo, pagan, non cascasti e di cader di nuovo hai pur disio, cosi\ cattivo e guercio come hai detto, con teco giosterro\, per Macometto! Vero e\ che 'l mio caval, come ognun vede, e\ molto magro e stracco e ricaduto; ma noi possiam provar le spade a piede $_. Rispose Astolfo: #_ Questo e\ ben dovuto $_; e quel, che fussi Orlando, mai non crede. Orlando avea ben lui gia\ conosciuto, ma perche/ e' parla come saracino, non si conosce lui, ne/ Vegliantino. #_ E se tu vuoi ch' io ti presti il cavallo $_, diceva Astolfo, #_ io son molto contento $_. Rispose il saracin: #_ Se vuoi accettallo, noi proverrem questo tuo ardimento, da poi che m' ha invitato un vil vassallo; che/ de' tuoi par ne vo' dintorno cento $_. Rispose Orlando: #_ E' bastera\ forse uno $_. Tanto e\ che preson del campo ciascuno. Chiaristante credette un uom di paglia trovar, che si lasciassi il mantel {add} to^rre {/add; to\rre R A}, e con gran furia par ch' Orlando assaglia, e ruppe la sua lancia in una torre. Orlando gli passo\ corazza e maglia d' un colpo che non {t} fe' {/t A; fe/ R} mai tale Ettorre, ch' arebbe ben passato una giraffa; e non si disputo\ piu\ della staffa. Come caduto fu giu\, Chiaristante disse: #_ Baron, per grazia ti domando, chi tu ti sia, cristiano o affricante, il nome tuo mi venga palesando. Io tolsi a un signor qua di Levante, ch' andato e\ per lo mar poi tapinando, Greco appellato, di buona dottrina, questa citta\ per forza e per rapina. Credo ch' io muoia per questo peccato, che/ cosi\ vuol la divina giustizia; e Macometto e\ quel che t' ha mandato per punir questo ed ogni mia tristizia $_. Orlando del cavallo e\ dismontato (e 'l popol pieno intorno e\ di letizia) e disse nell' orecchio al saracino: #_ Sappi ch' io sono Orlando paladino $_. Rispose Chiaristante: #_ Io ti perdono, da poi che, s' io dovevo pur morire, dal piu\ franco guerrier del mondo sono ucciso $_; e non pote/ piu\ oltre dire. Il popol si levo\ tutto a un tuono, come e' fu morto, quel corpo a schernire, e non pareva ignun contento o sazio se non faceva di lui qualche strazio. Chi gli mordeva il braccio e chi le mani, chi lo pelava, chi il petto gli straccia: pareva una lepretta in mezzo a' cani, come veggiam talvolta presa a caccia; cosi\ mordean costui questi pagani: chi lo calpesta e chi gli sputa in faccia, dicendo: #_ Ora e\ venuta l' ora e 'l punto che 'l tuo peccato t' ha, traditor, giunto. Ecco che tu non hai goduto il regno che tu togliesti al signor nostro antico, ch' andato e\ per lo mar con un sol legno gia\ tanto tempo, povero e mendico $_. Or vedi quanta forza ha il giusto sdegno! Guardisi ognun da popol suo nimico, ch' io credo che sia pur piu\ {add} su {/add; su\ R A} che 'l tetto Chi vede e 'ntende ogni nostro concetto. Poi si levo\ fra tutti un gran romore, e fu levato da caval di peso Orlando, e volean pur farlo signore. Orlando quanto puo\ s' e\ vilipeso, dicendo: #_ Io non sono uom da tanto onore; e questo cavalier v' ha lui difeso, che venne il primo a combattere al campo, poi mi presto\ il caval per vostro scampo. Io non gli sarei buon drieto ragazzo $_. Adunque il duca Astolfo fu menato, e fatto lor signor, drento al palazzo, e vuol con seco Orlando sempre allato; e tutto lieto e\ questo popol pazzo, ed Astolfo e\ da tutti molto amato; un' altra volta il crucifiggeranno e chiameran crudel questo e tiranno. Tant' e\ che spesso e\ util disperarsi e fassi per isdegno di gran cose. Astolfo si sta ora a riposarsi, non va piu\ per le selve aspre e nascose; e non potea con Orlando saziarsi di commendar sue opre alte e famose, e non conosce ancor chi sia costui, e parla tuttavia con esso lui. Diceva Orlando: #_ Io voglio in cortesia che tu mi dica se tu se' pagano, e 'l nome tuo $_. Astolfo rispondia: #_ Chiamar mi fo per tutto Galli%ano, e nacqui di buon sangue in Barberia. Cercato ho tutto 'l mondo, il poggio e 'l piano, e 'nsino a qui poca ventura avuto, se non che tu vedi or quel ch' e\ accaduto $_. Orlando, d' uno in altro ragionare, {t} ri%esce {/t A; riesce R} finalmente dove e' vuole; comincia molto Orlando a biasimare, dicendo: #_ E' non e\ uom piu\ sotto il sole che come lui cercassi rovinare $_. Astolfo si turbava alle parole, e finalmente gli conchiuse questo: che si partissi di sua corte presto. Orlando seguito\ pure il suo detto, tanto ch' Astolfo tutto furi%ava; per la qual cosa e' si cavo\ l' elmetto. Astolfo d' allegrezza lacrimava; e disson l' uno all' altro ogni suo effetto, dal di\ ch' Astolfo con lor s' adirava, come eran capitati quivi e quando, baciando mille volte Astolfo Orlando. Orlando mando\ poi per quello ostiere che gli rende/ il caval cortesemente; di Chiaristante gli dono\ il destriere. Astolfo all' oste suo similemente e la fanciulla dono\ molto avere, ch' onorato l' avean si\ lietamente; e ringraziavon tutti di buon cuore che Chiaristante e\ morto, il lor signore. Astolfo facea lor larga l' offerta. Or lasceremo Astolfo e 'l suo fratello, e ritorniamo un poco a Filiberta, ch' era fuggita a un certo castello. Essendo un di\ la porta in bando aperta, due pellegrini entrati sono in quello, e dicon ch' a costei voglion parlare e vanno Filiberta a vicitare; e disson: #_ Donna, fa che tu sia saggia e quel che ti fia detto intenda bene, ch' una parola in terra non ne caggia. A tutti incresce di tue tante pene e piangonne le fiere in ogni piaggia; ma tutto questo in tuo aiuto non viene. Per non tenerti, Filiberta, a tedio, pensato abbiam solamente un rimedio. Rinaldo, quel cristian c' ha tanta fama, con Ulivieri, Alardo e Ricciardetto e Gan cui traditore il mondo chiama, Guicciardo, Malagigi ed un valletto, come e' si sia noi non sappiam la trama, a Monaca si truovano in effetto; vanno pel mondo, e sai quanto sien forti e soglion dirizzar sempre ta' torti. Forse conoscon questo Galli%ano. Io me n' andrei a Rinaldo, e ginocchione direi di dargli la citta\ in sua mano se venissi a punir questo ghiottone: egli e\ tanto gentil, benigno, umano, e molto partigian della ragione, che ne verra\ {t} colla {/t R; con la A} sua compagnia e renderatti la tua signoria. E se bisogna, accoccala ' Apollino e Macometto; e quel che noi diciamo, che/ ogni cosa e\ per voler divino, pensa sanza cagion non lo facciamo. Non guardar piu\ scudier che pellegrino: amici antichi di tua stirpe siamo, forse ciriffi ch' andiam nella Mecche; questo ti de/e bastar. {it} Salamalecche {/it} $_. E diparti^rsi, anzi spariti sono. Filiberta resto\ maravigliata e parvegli il consiglio di lor buono, tanto che infino a Monaca n' e\ andata, ch' ogni speranza ha messa in abbandono; e giovera\gli d' esser disperata, come avvien sempre, e che pensar bisogna, chi cerca truova e chi si dorme sogna, e la Fortuna volentieri aiuta, come dice un proverbio ch' ognun sa, gli arditi sempre, e' timidi rifiuta. Filiberta a Rinaldo se ne va, e volentier da tutti fu veduta, e racconto\ la sua calamita\; e 'ncrebbe tanto di questa a Rinaldo, che della impresa par piu\ di lei caldo. Greco, guardando Filiberta in volto, subitamente conosciuta ha quella, e grida: #_ Il regno mio che mi fu tolto, vedi che piu\ nol tieni, o meschinella! ne/ Chiaristante l' ha tenuto molto. Andato son {t} colla {/t R; con la A} mia navicella per molti mar, per lunghi e gravi errori, da poi ch' io son della mia patria fuori; e la ragione avuto ha poi pur loco. Questo gia\ non credette il tuo marito, di dimorar nel mio regno si\ poco, ch' e' si penso\, quando e' l' ebbe rapito, signoreggiar la terra e l' aria e 'l fuoco con sua superbia, e del mare ogni lito, tanto che sai ch' adorar si facea e 'l simulacro {t} fe' {/t A; fe/ R} nella moschea. E' si penso\ di far come {t} fe' {/t A; fe/ R} Belo; e' si penso\ per sempre essere iddeo; e' si penso\ pigliar {add} su {/add; su\ R A} Giove e 'l cielo; e' si penso\ aver fatto Prometeo; e' si penso\ poter far caldo e gelo; e' si penso\ {add} to^r {/add; to\r R A} fama a Campaneo; e' si penso\ di vincer la fortuna e far tremare il sol, non che la luna. La spada di lassu\ vedi che taglia, ma sempre a luogo e tempo e con misura; ogni cosa di sopra si ragguaglia. Ecco ch' io piansi della mia sciagura, ed or fortuna il tuo legno travaglia; dunque cosa non c' e\ che sia sicura: pero\ non si vorria mai nulla a torto, massimamente in questo viver corto. La giustizia di Dio non puo\ fallire; dove tu vai ti verra\ sempre appresso: non l' hai potuto, misera, fuggire; dove e\ il tuo scettro e la corona adesso? $_. Rinaldo stupefatto sta a udire, e maraviglia n' avea seco stesso; e Filiberta non risponde a Greco, ma del peccato antico piangea seco. Rinaldo non avea piu\ questo inteso, che Greco fu di Corniglia signore; non gli risponde mentre il vide acceso, perche/ e' potessi sfogar tutto il core; poi disse a Greco: #_ Chi t' ha tanto offeso, che si rinnuova tanto tuo dolore? $_. Greco gli disse: #_ Io vo' che tu lo 'ntenda, accio\ ch' ancor di me pieta\ ti prenda $_. E dal principio ogni cosa dicea. Disse Rinaldo: #_ Perche/ non l' hai detto il primo giorno? $_. E costui rispondea: #_ Non volli rinnovar tanto dispetto, che/ la Fortuna ingiuri%osa e rea non avessi di me questo diletto $_. Disse Rinaldo: #_ Or che la cosa ho intesa, tanto piu\ volentier faro\ la 'mpresa. Vedi che pur tu non degeneravi, che/ non si perdon gli antichi costumi: e' si conosce i modi onesti e gravi, benche/ Fortuna la roba consumi, che/ non ha questi sotto le sue chiavi, e non gli spegne il vento questi lumi; per mille vie, in ogni opera nostra, dove fia gentilezza alfin si mostra $_. E rispondeva a Filiberta allora che {add} subito {/add; su\bito R A} verra\ verso Corniglia e che di lui si lodera\ ancora; e con Gano e con gli altri si consiglia che vi si debba andar sanza dimora; e finalmente e' si truova la briglia, e tutti in compagnia sono a cavallo, che non ci misson di tempo intervallo. E cavalcorno tanto, abbrevi%ando, che sono un giorno a Corniglia arrivati; e mandon cosi\ a dir, pur minacciando, ' Astolfo come e' son diliberati di render questa terra a suo comando a Filiberta, come suoi pregati; e mille cavalieri hanno da guerra: che in ogni modo volevon la terra. Astolfo e 'l conte Orlando rispondevano che non {add} avien {/add; avi\en R A} di lor gente paura, e che con giusto titol possedevano, e che verrebbon fuor delle lor mura a provarsi con lor, che/ non temevano di lor minacce o di maschera scura; come nell' altro cantar vi riserbo. Guardivi Quello a chi presso era il Verbo. Sia benedetto il figliuol d' Israel che fece cielo e terra e luna e sole, e poi mando\ giu\ in terra Gabriel, tanto gl' increbbe della umana prole; dintorno al quale e\ sempre Micael, e canta fra l' angeliche carole: cosi\, per grazia, etterno e giusto e santo, aiuta, Padre, il mio futuro canto. Era gia\ il carro di Febo fra l' onde dell' occea\no e va verso altra gente, se vero e\ pure, quando a noi s' asconde, e gia\ la notte fuori nell' oriente, quand' io lasciai Astolfo, che risponde al messo di Rinaldo iratamente; ovver pur finse per aver diletto: poi se n' andorno, Orlando e lui, a letto. L' altra mattina Astolfo s' e\ armato e dice con Orlando: #_ A spasso andiamo dove Rinaldo fuori s' e\ accampato; e vo' con lui quattro lance rompiamo $_. Orlando disse: #_ Io son sempre sellato: parmi mill' anni Rinaldo veggiamo $_. Usciron fuor della citta\ armati, dove sapean color sono alloggiati. Rinaldo disse col suo Aldighieri: #_ Colui che vien dinanzi e\ Galli%ano; quell' altro c' ha si\ magro il suo destrieri non so chi sia. Incontro loro andiano $_. Vanno costoro, Alardo ed Ulivieri, Guicciardo e Malagigi e Greco e Gano; e salutato in linguaggio francesco, Astolfo e 'l conte risposon moresco. Rinaldo comincio\ prima a parlare: #_ Se tu se' Galli%an, com' io mi stimo, che Chiaristante facesti ammazzare, perch' io domando, a parlar sono il primo: con che ragion puoi tu giustificare, e cominciam da sommo o vuoi da imo, che Chiaristante a ragion fussi morto? Chi non conosce tu gli hai fatto torto? Ma lascia\n questo; la sua meschinella Filiberta pel mondo spersa mandi: dimmi, che ha fatto o meritat' ha quella? Or vo' che sappi, pria che tu domandi, che la citta\ con tutte sue castella, se tu non vuoi che questa lor comandi, anticamente son qui di costui ed ogni cosa s' appartiene a lui. Da tutte parte tu non puoi tenere questa citta\, che/ la ragion non vuole; e bench' io sia cristian, pur pel dovere mi muovo a questa impresa, che/ mi duole. Piglia del campo a tutto tuo piacere, e cosi\ sien finite le parole $_. Astolfo gli rispose: #_ Aspetta un poco; non ti partir si\ tosto ancor da giuoco. Non si dic' egli: #" Ascolta l' altra parte $"? Rinaldo, tu de' aver poca faccenda; e vien' con certa astuzia e con certa arte, che tu non credi Galli%ano intenda: la lancia suol valer piu\ che le carte. Questa pieta\ non so donde ti prenda, se cio\ non fussi per amor di dama: questa fia la cagion che qua ti chiama. Tu non guardi cristiana o saracina, e Filiberta ha l' occhio del ramarro, e stata e\ sempre di buona cucina, e basta solo un cenno a far bazzarro. Noi non temia\n tua gente malandrina, benche/ tu faccia viso di bizzarro. Costui, che Chiaristante uccise, or vedi; con teco giosterra\; forse nol credi? $_. Rispose Orlando: #_ Anzi, di mezza notte del letto n' uscirei, dico, ben caldo. Parole assai, ma poche lance rotte: non credi tu ch' io conosca Rinaldo e queste gente ch' egli ha qua condotte? Ch' a Monaca ha raccolto ogni rubaldo, e stato la\ con Filiberta in tresca; or vuol mostrar della ragion gl' incresca $_. Or chi avessi Rinaldo veduto, e' non capea nell' arme per la stizza: piu\ volte inverso lor s' e\ dibattuto come sparvier se la merla fuor guizza; e rivolto\ Baiardo e fece il muto, che/ gli occhi in testa per rabbia gli schizza: non puo\ parlar per l' ira che l' affolta. Orlando a Vegliantin de/tte la volta; e {t} colle {/t R; con le A} lance a ferir si tornorno. Non domandar con che furia veni\a Rinaldo; e l' aste agli scudi appiccorno; ma non pensar che vantaggio vi sia: rupponsi tutte, e' destrier via volorno. Rinaldo non pote/ la bizzarria disfogar {t} colla {/t R; con la A} lancia: prese il brando e ritorno\ per assalire Orlando. Orlando trasse Durlindana e grida: #_ Puo\ far pero\ Macon che Filiberta ami tanto, cugin, che tu m' uccida? $_. Rinaldo presto ritenne Frusberta, perche/ e' conobbe la voce alle strida, e Durlindana come e' l' ha scoperta; ed abbracciar correa l' un l' altro presto; Rinaldo dicea pur: #_ Puo\ esser questo? $_. {add} Subito {/add; Su\bito R A} tutti vanno alla cittate; Astolfo nel palagio gli menava, e molte cose insieme hanno trattate e quel che sia da far si disputava: cosi\ son trapassate piu\ giornate. Ecco Dodon ch' un di\ quivi arrivava, e de/tte a tutti presto ammirazione, dicendo: #_ Che novelle hai tu, Dodone? $_. Disse Dodon: #_ Cattive e dolorose $_: e posesi a seder; poi lacrimando diceva: #_ La Fortuna in tutte cose, poi che di corte ti partisti, Orlando, con mille ingiurie palese e nascose troppo vien Carlo tuo perseguitando; ed ha scoccato a tempo or piu\ che mai la trappola; ogni cosa sentirai. Il gran Calavri%on della Montagna, fratel del Veglio, il qual si dice e\ morto, passato e\ in Francia pel mezzo di Spagna, e dice che 'l fratel l' uccise a torto un cavalier ch' e\ or di tua compagna, ma che fara\ le vendette di corto. Centoquaranta migliaia numerati sono i pagan che con seco ha menati; ed ha menato un altro suo fratello, quale Archilagio si fa nominare, e molto conto la\ si fa di quello. Pensa che Carlo non sa che si fare. E' ti convien volar come un uccello: e Montalban bisogna anco aiutare, che/ e' v' e\ sessantamila cavalieri, e tutti Maganzesi e da Pontieri; e 'l capitan di tutti a Montalbano al tuo piacer, Rinaldo, e\ Grifonetto $_. Disse Rinaldo : #_ Alla barba mia Gano, tu hai pur fatto a questa volta netto! $_. Disse Dodone: #_ E' v' e\ drento Viviano $_. Rinaldo disse: #_ E' non v' e\ Ricciardetto $_. Dodon soggiunse: #_ E' v' e\ il franco Danese $_. Gan si turbo\ quando tal cosa intese; e rispose: #_ Di questo menti tu, Rinaldo, ch' io son nuovo a questo fatto: quanto e\ che di prigion cavato fu'? $_. Disse Rinaldo: #_ Tu non parli a matto. Tu tel vorresti un giorno beccar {add} su {/add; su\ R A}, quel Montalbano, e fara' vi un bel tratto; ma sia che vuole, al dito leghera' ti ch' io nacqui per punire i tuoi peccati. I' vo' giucar piu\ oltre ch' uno scotto, che, la venuta di Calavri%one, ogni cosa ha questo fellon condotto, non che di Montalbano e di Grifone $_. Diceva Orlando: #_ Tu se' troppo rotto; e' non si vuol cosi\ chiamar fellone: tu non sai ancor come la cosa stia, e siam pur tutti insieme in compagnia $_. Gan s' appiccava alle parole allora, e diceva: #_ Rinaldo, tu se' uomo ch' io non ti posso conoscere ancora; ma 'l tempo ti fara\ cogli altri domo. Di cio\ che contro a me tu ti dica ora, io non te ne farei in sull' erba un tomo: so che tu parli quel che ti vien detto; e basta solo a me di viver retto. Se i Maganzesi a Montalban saranno, io saro\ il primo che gli vo' punire; e Grifonetto, s' egli ha fatto inganno, colle mie mani il cuor gli vo' partire, pero\ ch' a me questa vergogna fanno; ed ho disposto insino al mio morire esserti amico fedel, giusto e buono, che/ tu sai ben s' obrigato ti sono. Non son piu\ Gan che pel passato fui, che/ 'l tempo m' ha tarpate in modo l' ale, ch' io mi comincio accordare or con lui, pero\ ch' io sono ogni giorno mortale; e che poi altro se ne porta altrui di questa vita, se non bene e male? Bene e\ cattiva frutta acerba e dura quella che 'l tempo mai non la matura. Per quel ch' io ci abbi a star $_, dicea il fellone, #_ io lo vo' consumar quasi in {t} vi%aggi {/t A; viaggi R}: io ho al Sepolcro andar, poi al gran Barone, e cosi\ fare altri peregrinaggi. Io mi botai quand' io ero in prigione. Ben so ch' a Cristo ho fatto degli oltraggi e sopr' al capo m' e\ la penitenzia; dond' io n' ho in me vergogna e consci%enzia $_. Disse Rinaldo: #_ Si\ che tu hai vergogna! Questo a gnun modo piu\ tacer non posso. Deh, dimmi s' ella e\ cosa che si sogna. Vedi come tu se' nel viso rosso! Con meco questo spender non bisogna. Tu m' hai ben, Gano, scorto per uom grosso, e cosi\ m' hai trattato sempre mai. Io ti conosco, mio ser Bellesai! Io gli ho per alfabeto i tuoi difetti. Guarda chi ciurma con meco e mi%agola! Non ti bisogna meco bossoletti, ch' io non ne comperrei cento una fragola. E veggo tuttavia tu ti rassetti: che pensi tu, mostrarmi la mandragola? Io ciurmerei piu\, Gan, con un sermento, che tu colle tue serpe. Or sia contento $_. Diceva Astolfo: #_ Io non ti credo, Gano, ch' io so pur tu nascesti traditore: e' non s' accorda il contro col sovrano, e molto piu\ si discorda il tinore. Lascia pur dire a lui di mano in mano, chi vuol {add} co^rre {/add; co\rre R A} il bugiardo e 'l peccatore. Ecco costui che teme la vergogna, che salterebbe in aria a una gogna! Ecco la consci%enzia di Gioseffe, di Abraam cola\, d' Isac e di Giacobbe! Ha fatto a Carlo mille inganni e beffe, tanto ch' egli e\ condotto un altro Giobbe; ed or che trae pel dado e dice aleffe, dice ch' ancor Rinaldo mai cognobbe. Fatto sarebbe a conoscer te, tristo, distruggitor della fede di Cristo. Tu l' hai piu\ volte che Giuda tradito: ecco chi vuol parer buona persona! Di Carlo non m' incresce rimbambito, che sempre ogni segreto ti ragiona, e non s' accorge d' essere schernito mentre che sente in capo la corona, e non si crede al cacio rimanere se non sente la trappola cadere; ma m' incresce d' Orlando mio cugino e d' Ulivier, che ti credon ciascuno che il lupo voglia andar per pellegrino, che di' c' hai fatto de' boti forse uno. Se tu trovassi a caso un pecorino, torrestil tu? Si\, forse per digiuno. Tanto t' aiuti Iddio quant' io tel credo: io non ti crederrei s' tu fussi il {it} Credo {/it}. Cosi\ sia tu tagliato a pezzo a pezzo come tu hai fatto questo tradimento: e non e\ il primo e sara\ forse il sezzo. Tu di' che se' maturo un poco a stento: tu fusti il primo di\ fracido e {add} me/zzo {/add; mezzo R A} di tradimenti; e s' tu se' mal contento di questo fatto, io credo che tu scoppi non esser la\ per farla in cento doppi. Che dico io cento? In piu\ di cento mila. Non ti par forse a tuo modo ordinata? Ma se vi manca a questa tela fila, tu n' hai pien la scarsella e la farsata; e tuttavia la mente ne compila insin che fia fornita la ballata. Vedrai che questo ancor ricorderotti: andiamo in Francia, e la\ gastigherotti. Io t' ho a 'mpiccar, ribaldo rinnegato, come tu sai che me impiccar volesti $_. Orlando, poi che molto ebbe ascoltato, diceva ' Astolfo: #_ Ve' che lo dicesti: tu ti se' pure a tuo modo sfogato; io vo' che la quistione omai qui resti $_. Gan si doleva, e non gli parea giuoco, ma cio\ che dice e\ stuzzicare il fuoco. Fecion consiglio tutti di partire. Rinaldo volle Filiberta sia reina e 'l popol la debba ubbidire e tenga in vita sua la signoria, poi sia di Greco dopo il suo morire. Greco parti\ {t} colla {/t R; con la A} sua compagnia, e fu contento; e Filiberta resta {t} colla {/t R; con la A} corona del marito in testa. Rinaldo mai si vide sbigottito alla sua vita quanto a questa volta; e dice pur che Gan l' avea tradito per far, or che non v' era Orlando, co\lta. E cosi\ tutti hanno preso partito pigliare in verso Parigi la volta; e vanno giorno e notte alla stagliata, non creder sempre per la calpestata, per boschi e selve, alla ricisa, a stracca, donde e' credien raccortare il camino. Come fa spesso la dolente vacca ch' ode di lungi smarrito il boccino, e rami e sterpi ed ogni cosa fiacca e mugghia insin che lo vede vicino, cosi\ faci\en costor per valle e piano, e sempre traditor gridano a Gano. Ma non si sono apposti gia\ di questo, che/ colpa non ci avea ser Tuttesalle, e Malagigi il dicea manifesto: #_ Aspetta pur che sieno in Roncisvalle $_; quantunque il tradimento fia per resto, perche/ la penitenzia ara\ alle spalle, e Carlo, come e' buon tre volte e sciocchi, quando fia piu\ che morto aprirra\ gli occhi, piangera\ tardi il suo caro nipote e penterassi aver sempre creduto a Ganellon, graffiandosi le gote; ma che val tardi l' essersi pentuto? Lascia pur volger le volubil rote a Quella che nel Ciel tutto ha veduto, ed anco al traditor d' ogni fallenzia serbera\ a tempo la sua penitenzia. Una citta\ chiamata Villafranca vidon costor, che parea molto bella; attraversorno, ch' era alla man manca, e finalmente passavan per quella: gente parevon valorosa e franca, e quel signor (Dili%ante s' appella) vide costor per la piazza passare e fecegli invitar seco a mangiare, perche/ brigata gli parea pur magna. Rinaldo non volea rifiutar posta, tanto che tutti appannorno alla ragna. Feciono in sala a costui la risposta. Nipote del Veglio e\ della Montagna, ardito e franco per piano e per costa; e rispondeva a questi a' lor saluti: #_ Voi siate in ogni modo i ben venuti. Chi siete voi? Dove siete {t} avvi%ati {/t A; avviati R}? $_. Orlando rispondea: #_ Degna Corona, noi sia\n di nostra terra sbandeggiati poi che 'l Soldan mori\ di Bambillona; che/ cavalier suoi fumo, or sia\n cacciati, e l' arme ne portiamo e la persona $_. Diceva Dili%ante: #_ E' mi dispiace, ma d' ogni cosa alfin si vuol dar pace $_. Posonsi insieme tutti a desinare. Quivi era un buffoncello, un tale ignocco: comincia con Rinaldo a motteggiare; Rinaldo gli parea buffone sciocco, ed attendeva pure a pettinare; e 'l signor ride di questo balocco; tanto e\ che d' una in un' altra novella e' chiese di Rinaldo la scodella. Rinaldo la scodella per se/ vuole, e disse con Orlando: #_ Odi capocchio! Sempre in ogni buon luogo aver si suole questi buffoni all' ultimo, al finocchio $_. Poi volse a Dili%ante le parole, e pure alla scodella aveva l' occhio; disse: #_ Io dicevo in linguaggio tedesco che mi ragioni sparecchiato il desco $_. Mangiava una scodella di tartufi, Rinaldo, bene acconcia in un guazzetto: non si penso\ che costui gliela grufi; questo buffon gliela ciuffo\ di netto, e non si vuol calar perch' egli strufi; e succiala e la broda va in sul petto. Rinaldo si cruccio\ con questo matto di perder la profenda e di quell' atto. Corsegli addosso come un bertuccione, e disse: #_ Io ti faro\ schizzar la micca: tu se' pazzo malvagio e non buffone $_; ed una pe\sca nel capo gli appicca per modo che sel pose a' pie\ boccone, che/ con l' orecchio una tempia gli spicca; donde il signor rizzossi iratamente, che/ come savio non fu pazi%ente; e disse: #_ C' hai tu fatto, poltoniere? Dunque tu batti la famiglia mia? E\ questa usanza di buon cavaliere? Tu mi ristori della cortesia! $_. Disse Rinaldo: #_ Io gli ho fatto il dovere $_. Orlando disse al fratel villania: Rinaldo aveva alzata gia\ la mano per far come al buffone al re pagano. Dili%ante ebbe infine pazi%enzia, e disse: #_ Io vo' che in pace desiniamo; poi, desinato, per magnificenzia, che insieme in su la piazza ci proviamo, poi che tu m' hai si\ poca {t} riverenzia {/t R; reverenzia A}, e la pazzia del capo ci caviamo $_. Rinaldo rispondea: #_ Pur tosto all' aste! Ch' aspettiam noi piu\ qui? Le pere guaste? $_. Disse il pagano: #_ Ogni volta fia tosto, basta che di giostrar tu se' contento; e ci ha forse a venire ancor l' arrosto: vo che 'l convito anco abbi compimento, per riverenzia di que' ch' io ci ho posto $_. Diceva Orlando: #_ Alla giostra io consento, ch' io so che tu se' uom possente e magno; ne/ anco spiaceratti il mio compagno $_. Come egli hanno mangiato, Dili%ante {add} subito {/add; su\bito R A} allo scudier suo fece cenno, e tutte l' arme sue vennon avante; e poi ch' armato si vide a suo senno, e' monto\ sopra un feroce afferrante, dicendo: #_ Sia mio il danno, s' io mi spenno $_. Rinaldo in su Baiardo in piazza e\ armato, e Dili%ante a morte l' ha sfidato. Preso del campo e ritornati indrieto, Rinaldo e Dili%ante si rintoppa, e nel colpirsi ognun parve discreto; ma la potenzia di Rinaldo e\ troppa e parra\gli piu\ forte che l' aceto al saracin, pero\ che in su la groppa si ritrovo\ rovescio al suo destriere e fece di stran cenni di cadere. Rinaldo staffeggio\ del pie\ sinestro, e le lance per l' aria vanno in pezzi, e passan via i destrier come un balestro, come color ch' a l' arte sono avvezzi. Rizzossi Dili%ante alfin pur destro, e parvegli del caso anco aver vezzi; e ritornato a Rinaldo di {add} subito {/add; su\bito R A}, disse: #_ Baron, che tu sia Marte dubito. Io non vidi mai uom correr me' lancia, io non trovai mai uom tanto possente, e non si {t} fe' {/t A; fe/ R} mai colpo tale in Francia. Deh, dimmi il nome tuo cortesemente; che/ s' tu mi dessi omai nell' una guancia, io volgero\ poi l' altra allegramente: di tua prodezza innamorato sono, e cio\ ch' e\ stato fra noi ti perdono $_. Disse Rinaldo: #_ E piu\ che volentieri: sappi ch' io son Rinaldo, e {t} questo {/t R; questo e\ A} Orlando, questo e\ Guicciardo, Alardo ed Ulivieri, e questo e\ Ricciardetto, al tuo comando; questo e\ quel traditor Gan da Pontieri (io vo talvolta la lingua accoccando); questo e\ Dodon, quest' altro e\ Malagigi, e questo Astolfo; e tornianci a Parigi. Quest' altro giovinetto e\ mio cugino, ed e\ssi nuovamente battezzato; non lo conosci: egli era saracino $_; ed Aldighier non ebbe ricordato. Gan traditor vi pose l' occhiolino ed ebbe il tradimento gia\ pensato. Diceva Dili%ante: #_ A ogni modo d' avervi fatto onor, per Dio, ne godo. Ma s' io non erro, non se' tu colui che uccidesti il gran Veglio, mio zio? $_. Disse Rinaldo: #_ Io fui mandato a lui dal gran Soldan; ma poi non piacque a Dio ch' io l' uccidessi, e gran suo amico fui, e battezza' lo e vendicai poi io: uccisi chi l' uccise, un gran gigante; dunque tu di' il contrario, Dili%ante $_. Rispose Dili%ante: #_ Assai m' incresce che questo caso e\ stato male inteso, e veggo quanto mal di cio\ {t} ri%esce {/t A; riesce R}, pero\ che molto fuoco e\ in Francia acceso per questo fatto e tuttavolta cresce: Calavri%on di voi si tiene offeso e con gran gente a Parigi n' e\ ito, com' io son certo ch' avete sentito $_. In questo tempo si lieva un romore, che tutta la citta\ sozzopra va e tutto il popol fuggiva a furore. Diceva Orlando: #_ Questo che sara\? $_. Disse il pagan: #_ Non abbiate timore: un {t} li%one {/t A; lione R} e\ che spesso cosi\ fa, e molta gente in questa terra ha morta e spesso se ne vien drento alla porta. E duolmi ch' io ci ho colpa in questo fatto, tanto ch' io n' ho grande odio con costoro. Io allevai un {t} li%on {/t A; lion R} bianco un tratto, che mi parea gentil, benigno e soro; e' si fuggi\, dond' io ne son disfatto, pero\ che e' ci ha poi dato assai martoro: a poco a poco la mia gente manca e son segnato ancor della sua branca $_. Rinaldo si vanto\ d' uccider questo, che/ di vedere ognun fuggir gl' increbbe. Disse il pagan: #_ Se tu farai cotesto, questa citta\ per dio t' adorerebbe $_. Rinaldo raffermo\ di farlo, e presto, se non che mai caval cavalcherebbe. Era il {t} li%on {/t A; lion R} gia\ della terra uscito e 'n certo bosco ove e' si stava e\ ito. Rinaldo a questo bosco se n' andava e molta gente drieto se gli avvia; ma poi, come Zaccheo, s' innalberava ognun, come al {t} li%on {/t A; lion R} presso {t} giugnia {/t R; giugni\a A}. Vede Rinaldo, questa fiera brava; vennegli addosso a fargli villania. Rinaldo del caval giu\ presto smonta e {t} colla {/t R; con la A} spada col {t} li%on {/t A; lion R} s' affronta. Questo {t} li%one {/t A; lione R} a Baiardo si getta; Rinaldo volle Baiardo aiutare; ma quella bestia il colpo non aspetta e poi in un tratto si vede scagliare: Rinaldo abbraccia e da\ si\ grande stretta che non si puo\ {t} colla {/t R; con la A} spada aiutare; allor Rinaldo Frusberta ricaccia {add} subito {/add; su\bito R A} drento e quel {t} li%one {/t A; lione R} abbraccia, ed abbracciati l' un l' altro scoteva. Questo {t} li%on {/t A; lion R} gli de/tte in terra un botto e sopra l' arme graffiava e mordeva; Rinaldo un tratto ricaccia lui sotto e per la gola il {t} li%one {/t A; lione R} strigneva. E 'l popol tutto a vederlo e\ ridotto e son di saracin pien gli arbucelli, tal che parevon mulacchie e stornelli. Rinaldo si scarmiglia col {t} li%one {/t A; lione R}; ma poi che molto si fu voltolato, un tratto gli meno\ si\ gran punzone che 'l guanto tutto in man s' ha sgretolato (pensa se 'l pugno levera\ il moscone!) e 'l capo a questa bestia ha sfracellato, tanto che morto le gambe distese; e tutto il popol con gran festa scese. Ritornossi Rinaldo alla cittate ed ha drieto la ciurma de' pagani; fino alle donne in terra inginocchiate #_ Benedette ti sien $_ dicean #_ le mani! $_. Eran per tutto le strade calcate; era adorato da que' terrazzani come Davitte Golia abbi morto: cosi\ di quel {t} li%on {/t A; lion R} preson conforto. Dili%ante ringrazia il paladino, dicendo: #_ Schiavo etterno ti saro\e; benedicati il nostro iddio Apollino! Quando tu sai che il romor si levo\e $_, diceva questo savio saracino, #_ quel ch' io ti dissi ti replichero\e: che mi doleva che in Francia sia guerra, poiche/ Calavri%on questo caso erra. Calavri%on si crede che 'l fratello tu l' uccidessi o tenessi al trattato, e sol per questo vendicar vuol quello e non sa ben che tu l' hai vendicato. S' io gli scrivessi e' parre' tutto orpello. Guarda se quel ch' io dico e\ ben pensato: io ti daro\ trentamila baroni nelle battaglie ammaestrati e buoni. Altro non ho se non la mia persona. Or odi un poco un altro mio disegno: il re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} mori\ a Bambillona; alla figliuola sua rimase il regno ed ha gran gente sotto sua corona che si son ritornati per disdegno da Bambillona poi ch' ' Antea la {t} desti {/t R; de/sti A}, pero\ che molto mal trattava questi; e tutti soldo so cercando vanno. Uliva, la fanciulla, e\ mia parente: credo che tutti a mio modo faranno; e s' tu non hai danar da soldar gente, io n' aro\ tanti che si pagheranno, che centomila son, s' io ho bene a mente; e so che 'l re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} v' era amico, che/ col Soldano avea grande odio antico $_. Rinaldo assaporava le parole del saracin, che una non ne cade; e disse: #_ Dili%ante, a me sol duole ch' a ringraziar tua tanta umanitade sare' prima da noi partito il sole. Cio\ che tu di' mi par la veritade, e tempo e\ d' accettar quel c' hai promesso e di mandare presto a Uliva un messo $_. Diceva Orlando a Dili%ante allora: #_ Questa fanciulla ch' Uliva e\ chiamata, credo di noi ben si ricorda ancora. Perche/ tu intenda, ella fu via menata uscendo un di\ della sua terra fuora: certi giganti l' avean trafugata; noi gli uccidemo e liberamo quella, ch' era condotta mal, la meschinella; e poi la rimenamo a casa al padre; e 'l re {t} Gostanzo {/t R; Costanzo A} ne venne per questo a Bambillona con tutte sue squadre, come tu sai, che/ so c' hai inteso il resto; e quanto le sue opre fur leggiadre, credo ch' a tutto 'l mondo e\ manifesto; e la sua morte piu\ ch' Uliva piansi, e quel ch' io fe' nella penna rimansi. Io rimandai il suo corpo imbalsimato con grande onor, cosi\ di Spinellone: non volli a' {t} benifi\ci {/t R; benefi\ci A} esser ingrato; ed anco uccisi il gigante ghiottone ch' uccise lui, si\ ch' io l' ho vendicato. Mettasi al tuo consiglio essecuzione e mandisi a Uliva adunque il messo $_. Disse Rinaldo: #_ Ed io saro\ quel desso. Intanto qui la gente ordinerete; e tu, Orlando, a Parigi n' andrai per ispannar qui di Gano ogni rete $_. Rispose Orlando: #_ A tuo senno farai; credo per mar piu\ presto vi sarete $_. Aldighier disse: #_ Anco me menerai $_. Rinaldo disse: #_ Io vo' sol Ricciardetto, Guicciardo, Alardo $_; e missesi in assetto, ed {t} avvi%ossi {/t A; avviossi R} inverso la marina. Lascia\llo andar, che Dio gli dia buon vento: Orlando adopra ogni sua disciplina di dare intanto al fatto compimento, ed ordina la gente saracina e di partirsi fa provedimento. Gano avea fisso nel mezzo del cuore di far quel che poi fece, il traditore; e come e' vide Rinaldo partito, un di\ ch' Orlando da lui si dismaga vedesi il campo libero e spedito, di tradimenti anzi e\ nel mar di Baga. A Dili%ante in camera n' e\ ito e di parole cortese l' allaga; disse: #_ Pagan, chi mi fa cortesia, non gli farei mai inganno o villania. Perche/ da te ben servito mi tegno, non posso far ch' io non ti dica il vero; ed anco parte il faro\ per isdegno, ch' i' voglio aprirti tutto il mio pensiero. Ma la tua fede mi darai per pegno, se vuoi ch' io dica il fatto appunto intero: tu giurerai nol dir per Macometto $_. Disse il pagano: #_ E cosi\ ti prometto $_. #_ Or nota quel ch' io dico, Dili%ante: Calavri%one in Francia e\ ito in fretta e va sozzopra il Ponente e il Levante per far del Veglio vostro la vendetta, al qual s' amico fui, sa Trevigante; e tal c' ha 'l fico in man ne cerca in vetta, e portera\ di questo fatto pena molti che ricordar l' udirno appena; e chi l' uccise bee col tuo bicchiere e mangia sempre e dorme e parla teco e come Giuda e\ teco a un tagliere e nel catin tuo intigne, e tu se' cieco. Pensai che tu fingessi non sapere: quel cavalier ch' Orlando ha qui con seco, conoscil tu ancora, o sai il suo nome, o volleti Rinaldo mai dir come? Di tutti gli altri sai ti disse appunto; di costui tacque e trovo\ certa scusa: #" Tu nol conosci $", disse, #" un mio congiunto $", ed ebbeti la bocca cosi\ chiusa. E' mi dispiace tu resti qui giunto, gonfiato come palla o cornamusa, e che tu creda cosi\ a Rinaldo e non t' avvegga e' t' inganna, il ribaldo. Or sappi ch' Aldighier costui si chiama. Essendo un giorno a Monaca, giostrando uccise il Veglio tuo di tanta fama; poi disse ch' era parente d' Orlando; ed ordinorno la piu\ sciocca trama di legger certe lettere nel brando, le qual dici\eno in parlar saracino come d' Orlando e Rinaldo e\ cugino. Questo credo io che sia la verita\: tanto e\ che questo inganno v' ando\ sotto, e battezzossi e de/tte la citta\; che/ tutto avean per lettere condotto, mostrando di venir, come si fa, per la vendetta far di Mari%otto, ed avean prima questa tela ordita, si\ che il tuo Veglio vi misse la vita. Prima fece giostrar, questo fellone di Rinaldo, il fratello ed Ulivieri, e lascioron cadersi dell' arcione, che non soglion cader tal cavalieri; tanto che 'l Veglio fu preso al boccone e disfidossi con questo Aldighieri: non lo stimo\ veggendol giovinetto; tanto e\ che questo l' uccise in effetto. Rinaldo fu cattivo insino in fascia, e gia\ per ammazzarlo ando\ in persona, e fe/llo a petizion d' una bagascia, Antea, ch' egli ha lasciata a Bambillona, perche/ e' non crede che vi sia piu\ grascia (guarda chi tien del Soldan la corona!); ma nol pote/ uccider con {t} suo {/t R; sua A} mano, pero\ che 'l Veglio si fece cristiano. La nostra legge cio\ non ci consente, che, quando un si volessi battezzare, noi lo debbiamo uccider per ni%ente. Non sel potendo dinanzi levare, per questo ch' io ti dico, onestamente, e pure ' Antea volendo satisfare, condusselo alla mazza a questo inganno; e' pesciolini a Monaca lo sanno. Pero\ troppo mi son maravigliato come voi siate stato in tanto errore a creder cio\ che Rinaldo ha parlato. Or non bisogna insegnare al signore, massime avendo il nimico ingabbiato. Io vi conforto a tutti fare onore e sopra tutto a questo esser discreto: che cio\ ch' io ho detto, tra noi sia segreto $_. E dipartissi questo maladetto e disse fra suo cuor: #_ S' io non son matto, credo che sgocciolato sia il barletto $_. Dili%ante rimase stupefatto e fece sopra cio\ piu\ d' un concetto come piu\ netto ri%uscissi il tratto, che rimanessi alla lasca la lontra, che/ cio\ che Gan gli ha detto si riscontra. E come savio, una sera, cenando, disse cosi\, che/ e\ malizioso e tristo: #_ Questo baron come si chiama, Orlando? Forse che 'l nome ha ancor {t} mau%mettisto? {/t A; maumettisto? R} $_; e poi piu\ oltre veni\a seguitando: #_ Non disse nella cena il vostro Cristo: #" Colui che meco nel catino intigne mi de' tradire, anzi ha tradito e figne $"? $_. Rispose Orlando: #_ Questo che vuol dire? $_. Disse il pagan: #_ Sanza cagion nol dico. Colui c' ha a far non suol molto dormire, ma sempre investigar del suo nimico. Ben sapea ben chi ci dovea venire, ch' a Monaca e Corniglia ho qualche amico. Colui ch' uccise il Veglio, quel gigante, mi par poco maggior che Dili%ante. Ah, credi tu, Orlando, ch' io non sappi per che cagione io v' abbi qui invitati, e quel che disse Rinaldo mi cappi? E se di qui voi non fussi passati, egli eron ben piu\ la\ tesi i calappi. Voi siete nella trappola ingabbiati: non uscirete mai di queste porte s' a tutto il popol mio non date morte. E so che Gano e\ un, quel, c' ha tradito tra questi il Veglio mio della Montagna. E s' alcun tordo da me s' e\ fuggito, quando e' son troppi egli sforzon la ragna. Lascia pure ir Rinaldo, se n' e\ ito; io vo' che qualcun preso ne rimagna: questo e\ Aldighier, che 'l mio parente uccise. E so che Gano ogni ingegno vi mise, come colui che n' ha forse un gia\ fatto, de' tradimenti e 'nganni, alla sua vita; ma per tornar si\ spesso al lardo il gatto la penitenzia sua non ha fuggita $_. Guarda se questo colpo fu di matto, e se Gan ben la tela aveva ordita! Orlando si turbo\ quando ode questo e giudico\ di Gan nel suo cor presto, e volle al saracin far la risposta: ma Aldighier rispose innanzi a lui, e disse: #_ Dili%ante, la proposta perche/ a me si dirizza, io son colui ch' uccisi il tuo parente; ed a tua posta ti proverro\ che traditor mai fui: uccisil con la lancia e realmente, e chi dice altro per la canna mente. Da ora innanzi, Dili%ante mio, come col Veglio a Monaca giostrai (che fu sanza peccato, e sallo Iddio!), io giosterro\ ancor teco, s' tu vorrai $_. Rispose Dili%ante: #_ Quel voglio io; e s' tu m' abbatti, libero sarai e tutti in pace di qui ve n' andrete, ed anco le mie gente menerete $_. #_ Ah $_ disse Orlando, #_ cosi\ far mi piace! Ma che tu ci facessi alcun oltraggio in altro modo, il pensier tuo fallace sarebbe e poco onor del tuo legnaggio. A questo modo si fara\ la pace, e parli, Dili%ante, or come saggio, che/ Aldighieri e\ ver ch' uccise il Veglio, ma la battaglia non pote/ andar meglio: non vi fu inganno ignun ne/ tradimento e vendicato fu, per Macometto! $_. Disse Aldighieri: #_ Io il so, che/ me ne sento, che fu' portato per morto in sul letto $_. #_ Adunque, Dili%ante, sia contento $_ diceva Orlando #_ far come tu hai detto, e 'n questo modo sarai commendato, pero\ che 'l Veglio ci resta obligato, ed ebbe in Bambillona sepultura, come e' fu certo, al mio parer, uom degno, e piango ancor la sua disavventura. Io ho cercato del mondo ogni regno per mar, per terra, e spesso l' armadura, per non aver danar, lasciato pegno; ma tradimento mai ne/ inganno o frodo non troverrai ch' io facessi a gnun modo. Non si costuma tradimenti in Francia. Come Aldighier t' ha detto, e\ proprio il vero, e chi dice altro, {add} di' {/add; di\ R A} che sogna o ciancia. Costui vi venne come forestiero; nol conosceva; uccisel con la lancia a corpo a corpo come buon guerriero, ed era saracino e lui cristiano: dunque Aldighier non ci ha colpa ne/ Gano. Domattina provate insieme l' armi, se pure alcuna ruggine ci resta $_. Rispose il saracin: #_ Mille anni parmi che noi siam {t} colla {/t R; con la A} lancia in {t} sulla {/t R; su la A} resta: a questo modo almen potro\ sfogarmi $_. Diceva Gano, e crollava la testa: #_ Tu mi di' traditor, ma sia in buon' ora: forse con meco giosterrai ancora $_. Disse il pagano: #_ E teco giosterro\e: io ti senti' chiamar cosi\ a Rinaldo $_. Gan traditor col capo minaccio\e: non domandar se finger sa il ribaldo! Ognun la sera a letto se n' ando\e, e 'n questo modo l' accordo fu saldo; e come e' sono in camera serrati, addosso a Gan si son tutti voltati. Diceva Orlando: #_ Onde ha questo segreto costui, che par gittato proprio in forma appunto a quante carte a l' alfabeto? Questo e\ pur lupo della nostra torma. Qui si bisogna, Astolfo, esser discreto: io vo' ch' ognun coll' arme indosso dorma; un occhio alla padella, uno alla gatta, ch' io so che qualche trappola c' e\ fatta $_. Rispose Astolfo: #_ Tanti billi billi! Che/ nol di' tu che Gan l' ha imburiassato? Perche/ pur trarci il vin con questi spilli? Un tratto il zaffo avessi tu cavato! $_. Rispose Gan: #_ Tu hai il capo pien di grilli e fusti sempre pazzo e sbardellato $_. Diceva Astolfo a Malagigi allora: #_ Deh, fa che questa lepre balzi fuora $_. Malagigi non volle gittar l' arte, pero\ che ne facea gran consci%enzia e non si puo\ far sempre in ogni parte: convien ch' a molte cose abbi avvertenzia, e veste consecrate, e certe carte essorcizzate con gran diligenzia, pentacul, candari\e, sigilli e lumi e spade e sangue e pentole e profumi. Questo dich' io, ch' i' so ch' alcun direbbe: #_ Quando costoro avevon Malagigi, d' ogni cosa avvisar gli doverrebbe: #" Cosi\ fa il tal; cosi\ Carlo in Parigi $" $_. Dunque costui come un iddio sarebbe, se sapessi d' ognun sempre i vestigi: i negromanti rade volte fanno l' arte e non dicon cio\ che sempre sanno. Tutta la notte vi si borbottava: ognun volea pur Gano in gelatina, ma sopra tutti Astolfo vel tuffava. Dili%ante si lieva la mattina e in su la piazza armato se n' andava; ed Aldighier, che questo s' indovina, venne in sul campo, e non si salutorno; ma come e' giunse, del campo pigliorno. Quivi era Orlando e' suoi compagni armati. Dili%ante rivolse il suo cavallo ed ha tutti gli sproni insanguinati: come un {t} cerviatto {/t R; cervietto A} faceva saltallo; e quando insieme si son riscontrati, ognun pareva un Marte sanza fallo. La lancia del pagan par che si cionchi e quella d' Aldighier va in aria in tronchi. Ritornon colle spade alla battaglia: dunque costor non facean per motteggio. Lo scudo l' uno all' altro assai frastaglia, ma veramente ignun non avea il peggio: due ore o piu\ la zuffa si ragguaglia. Diceva Orlando: #_ Ond' io lievi non veggio, o dove io ponga in su questa bilancia, o vuoi col brando, Astolfo, o {t} colla {/t R; con la A} lancia. Io giurerei ch' ognun fussi un Acchille: odi la spada d' Aldighier che fischia; guarda il pagan se raccende faville! $_. Ma poi che molto e\ durata la mischia, trasse Aldighieri un colpo, e valse mille, che/ la Fortuna crudel non cincischia: due parte al saracin del capo fece, che non si rappicco\ poi {t} colla {/t R; con la A} pece. Ecco che tu se' morto, Dili%ante, ch' era pur buono a Rinaldo credessi che morto avesse il tuo Veglio il gigante e Ganellon discacciato l' avessi: tu fusti, come giovane, ignorante e furi%oso; or lo piangi tu stessi; aspetta luogo e tempo alla vendetta, che/ non si {t} fe' {/t A; fe/ R} mai nulla bene in fretta. I terrazzan tra lor son consigliati, e poi {t} faci\eno {/t R; faci\en A} questa {t} conclusione {/t R; conclusi%one A}: #_ Da poi che voi ci avete liberati da quel malvagio e superbo {t} li%one {/t A; lione R} che tanti e tanti n' avea divorati e tratti delle man di Faraone del signor tristo, obligati vi siamo, e tutti in Francia con voi ne vegnamo $_. E finalmente, ordinate le schiere in pochi di\, con Orlando ne vanno, con quel {t} li%on {/t A; lion R} nelle bianche bandiere che insin di Bambillona arrecato hanno; tanto che presto potranno vedere Calavri%on co' suoi, che cio\ non sanno; il qual Parigi faceva tremare, e vuol suggetto il ciel, la terra e 'l mare. Gia\ era Orlando sopra una montagna donde si vede il campo de' pagani che cuopre le pendice e la campagna e pien di padiglion veggono i piani. Diceva Orlando {t} colla {/t R; con la A} sua compagna: #_ Tosto con questi saremo alle mani $_. Ed Aldighier parea troppo contento: pensa quando in Parigi sara\ drento! Carlo la notte dinanzi sognava ch' un gran {t} li%one {/t A; lione R} in Parigi era entrato per una porta e per l' altra passava, e tutto il campo aveva scompigliato. Orlando gia\ alle mura s' accostava. Carlo si stava tutto addolorato; senti\ che nuova gente ne veni\a e per dolor non sa dove e' si sia; e diceva al suo Namo: #_ Piu\ non posso; a questa volta so ch' io son deserto: credo che 'l mondo ci verra\ qua addosso $_. In questo tempo Orlando ha gia\ scoperto il segno del quartier suo bianco e rosso, e conosciuto da tutti fu certo; e tutto il popol corre con gran festa, ch' un testimone in Parigi non resta. Tutta la corte con lo imperadore incontro va, come Orlando fu visto: parea, veggendo la furia e 'l romore, quel di\ ch' a Gerosolima ando\ Cristo, ch' ognun correva a vederlo a furore. Ah, popol cosi\ presto ingrato e tristo! Cosi\ correva il di\ questo gridando: #_ Non dubitate omai, che/ torna Orlando! $_. Orlando, al modo usato, umilemente a' pie' di Carlo Man s' e\ inginocchiato e fatte l' abbracciate, e finalmente nel gran palazzo il popol tutto e\ andato. Lo 'mperadore ' Aldighier pose mente e domando\ chi fussi e donde e\ nato. Orlando disse come di Gherardo era figliuolo e quanto era gagliardo. Poi domando\ quel ch' era di Rinaldo. Orlando gli dicea com' egli era ito, come colui ch' a questa impresa e\ caldo, per gente e presto sara\ comparito. Poi domandava del suo Gan ribaldo. Disse Orlando: #_ Dinanzi m' e\ sparito; a Montalban disse oggi voleva ire per far di la\ Grifonetto partire $_. Carlo rispose: #_ Questo fia ben fatto: forse Grifon fa pur contro a sua voglia $_. Astolfo rispondeva al primo tratto: #_ O Carlo, tu mi fai morir di doglia a creder Ganellon si sia ritratto da' tradimenti e non sia quel che soglia: fa che tu creda a Gano insino a morte, e scaccia pure Orlando di tua corte. Vuoi ch' io ti dica quel tristo del vero? Io tel diro\, ma egli e\ un ladroncello, e fassi malvolere al forestiero, al terrazzano, all' amico, al fratello. Tu non se' uom da regger, Carlo, impero, e fai come si dice l' asinello, che sempre par che la coda conosche quando e' non l' ha, che sel mangion le mosche. Mentre che in corte e\ il tuo caro nipote, tu pensi qualche ingegno da cacciarlo; come e' non c' e\, tu ti graffi le gote; che doverresti per certo adorarlo sappiendo quanto e' t' ama e quanto e' puote. Io vo' che tu mi creda questo, Carlo: che se ci fussi stato il nostro conte, questi pagan non passavano il monte $_. Mentre che molte cose ognun ragiona, Calavri%on nel campo aveva inteso ch' Orlando in Parigi e\ {t} colla {/t R; con la A} Corona, e bestemmiava il Ciel di rabbia acceso; sentia che la citta\ tutta risuona, che si pensava aver gia\ Carlo preso. {add} Subito {/add; Su\bito R A} fece il campo rafforzare ed Archilagio a consiglio chiamare. Non si vantava piu\ questo Archilagio, come prima ogni giorno far soleva, di pigliar Carlo insin drento al palagio; ognun d' un altro paese pareva e cominciava a far le cose adagio; ognun d' Orlando paura gia\ aveva. Sempre chi piglia i {t} li%oni {/t A; lioni R} in assenzia, vedrai che teme d' un topo in presenzia. Dunque Archilagio non e\ quel che e' suole. Or ritornianci in Parigi a Orlando. Diceva Orlando: #_ Carlo, qui si vuole presto ogni cosa venir disegnando, ch' egli e\ tempo a far fatti e non parole. Questo Aldighier va il suo padre cercando: con diecimila a Montalban ne vada e Berlinghier gli mosterra\ la strada: tu di' che v' e\ Gherardo, il padre, drento $_. {add} Subito {/add; Su\bito R A} in punto si misse Aldighieri e fu di questa andata assai contento; e va con esso il gentil Berlinghieri. Ben sai che, detto e fatto, un tradimento aveva in punto gia\ Gan da Pontieri: a Montalban di tratto si difila con forse di suoi amici ventimila, e sconosciuto ne va con costoro: e\vvi Beltramo, un de' suoi di Maganza, e di Lusanna il conte Pulidoro. Di prender Montalbano avea speranza e d' ingannar Gherardo come soro e 'l Danese e Vivian sotto amistanza. E Berlinghier di lungi l' ha veduto e 'l segno del falcon riconosciuto; e 'ndovinossi, ch' era scozzonato e le malizie conosce di Gano, che questo traditor ne va affilato, per far qualche trattato, a Montalbano; ed ha tanto il cammin sollecitato, che costor raggiugneva in un gran piano, e domando\ chi sia questa brigata e chi sia il capitan di tale armata, e s' egli e\ Gan con loro, e dove e' vanno. Beltramo una risposta gli {t} fe' {/t A; fe/ R} strana: #_ Chi e' si sien nol dicon, che/ nol sanno; ma vanno per la via perch' ella e\ piana $_. In questo Ganellon conosciuto hanno, che faceva le mummie, anzi befana; ed Aldighier grido\: #_ S' io ben ti squadro, non se' tu Ganellon, traditor ladro? Traditor doloroso, can ribaldo, traditor, padre e capo d' ogni male, traditor nato per tradir Rinaldo, traditor frodolente e micidiale, traditor degno dello etterno caldo, traditor crudo, iniquo e disleale, traditor falso scacciato da corte, traditor, gua^rti, io ti disfido a morte! $_. Ed abbasso\ la lancia con gran fretta. Gan gli rispose: #_ Aldighier tu ne menti, che/ traditor se' tu {t} colla {/t R; con la A} tua setta, e fusti sempre, e tutti i tuoi parenti $_. Beltramo e Pulidor quivi si getta: feriron tutti co' ferri pungenti Aldighier, tal che gli fororno il petto, perch' eron tre, e lui sol, giovinetto; ed uccisongli sotto il suo cavallo. Intanto Berlinghier la lancia abbassa: vede Beltramo che veni\a a trovallo, e con un colpo l' arme e 'l cuor gli passa. Pulidor, quando vedeva cascallo disteso a piombo che parve una massa, addosso ad Aldighier si scaglia presto, perche/ e' conobbe ben che morto e\ questo. Aldighier cosi\ in terra, poveretto, gli misse tutta ne' fianchi la spada e morto il fece cadere in effetto. E Berlinghier gentile anco non bada: parea di diaccio a' suo' colpi ogni elmetto, ed ha calcata di morti la strada e tutto sanguinoso in mano il brando, tanto che parve a questa volta Orlando. Credo ch' egli ebbe Berlinghier vergogna di se medesmo, ed altro spron non volle, si\ come a gentil cor gia\ non bisogna, quando e' giostro\ quel di\ con Mattafolle, che gli gratto\ dove non fu mai rogna; ed oggi a tutti gli altri fama tolle. Ognun che tocca, alla terra giu\ balza morto, che/ in fallo la spada mai alza. Qual Cesar, qual Anibal, qual Marcello, quale Affrican, qual {t} Pau%l, {/t A; Paul, R} qual Cammillo, quale Ettor comparar potriesi a quello? Quanti ne pugne par ch' abbin l' assillo; ha fatto un lago di sangue, un fragello di cavalier, ch' io mi vergogno a dillo; sempre il balen si vede e 'l tuono scoppia, e tuttavolta la furia raddoppia. Pareva questo giorno lui il falcone, e peregrino, e non parea il colombo, che/ quanti ne feriva con l' unghione, tanti giu\ morti ne caggiono a piombo; talvolta si chiudea con un rondone, tanto ch' ognun si sbaraglia a quel rombo; come il {t} li%on {/t A; lion R} tra gli armenti si scaglia e pare a' colpi suoi rete ogni maglia, anzi parea delle tele d' aragne; guardisi ognun dove col brando aggiunga, che/ le corazze pare/n di lasagne; guarda che questa pecchia non ti punga; lo scudo e l' arme tue sien le calcagne, che/ non varra\ qui incanto o che tu unga; fuggitevi, ranocchi, ecco la biscia che fischia forte quando il brando striscia. Avea lui sol tenuto, come Orazio al ponte, Berlinghier la pugna il giorno e non si potre' dir qual sia lo strazio de' morti gia\ ch' egli aveva dintorno. Io non sarei per me mai stanco o sazio a dir di questo paladino adorno, tanto mi son sempre di lui piaciute tutte sue opre colme di virtute. Mentre che Berlinghier questo facea, ecco Gherardo e 'l Danese e Viviano, che con tremila a caval vi giugnea e tutti a tre venien da Monte Albano, che/ Grifonetto ogni di\ lo strignea, e vanno per aiuto a Carlo Mano. Giunto Gherardo, Berlinghier conosce, e domando\ donde sien tante angosce. Berlinghier disse ogni cosa a Gherardo, come quel traditor gli avea ingannati. Diceva il sir di Rossiglione: #_ Io guardo colui che intorno a se/ tanti ha ammazzati cosi\ pedon, che par baron gagliardo $_. Rispose Berlinghier: #_ Fa che tu guati come scacciar si possa questa gente ed ammazzar quel traditor dolente $_. Gherardo allor la sua lancia abbassava subitamente e Viviano e 'l Danese: cosi\ questa battaglia rinforzava. Ma Ganellon, che 'l giuoco presto intese, veduto Uggieri a fuggir cominciava e di ritrarsi per partito prese; cosi\ tutta sua gente in poca d' otta si misse in fuga sbaragliata e rotta. Poi che partiti i Maganzesi sono, Aldighier nostro si veni\a gia\ manco, ed avea dato a Berlinghieri un suono, dicendo: #_ Io ho passato tutto il fianco: aiutami, fratel discreto e buono $_. Gherardo dicea pur: #_ Chi e\ il giovan franco? $_ Il perche/ Berlinghier con molto duolo rispose: #_ E\ Aldighier, ch' e\ tuo figliuolo $_. Gherardo quando questo ebbe sentito, iscese in terra e vanne al giovinetto; ed Aldighier, c' ha Berlinghieri udito, s' inginocchio\ e trassesi l' elmetto, e sforzasi il meschin, cosi\ ferito, d' abbracciare il suo padre poveretto, e mille volte gli bacio\ la fronte ed ha fatta di lacrime una fonte. Gherardo anco piangea d' affezi%one; domando\ della madre Rosaspina; disse Aldighieri: #_ Nella sua regione lasciata l' ho tra' saracin reina. Sappi che m' ha ferito Ganellone. L' anima mia al suo regno cammina $_; e non pote/ parlar piu\ oltre scorto e cadde a' pie\ del padre in terra morto. O padre al tutto misero in etterno! O padre afflitto! O padre sconsolato! O padre in paradiso e poi in inferno! O padre che gia\ tanto l' hai bramato, o padre, or l' hai perduto in sempiterno! O padre, ecco il figliuol che tu hai trovato! O padre, che mai piu\ ti darai pace, ecco Aldighier che morto a' tuo' {t} pie\ {/t R; pie' A} iace! Tu non sarai piu\ lieto alla tua vita. Gherardo tramorti\ sopra 'l suo figlio, come e' vide quell' anima partita; e risentito e vo\lto intorno il ciglio, una cosa parea pazza e smarrita, un uom perduto fuor d' ogni consiglio. Uggier molto e Vivian lo confortorno e giusto il poter lor racconsolorno. Ed ordinorno in su quattro destrieri un cataletto, dove porton quello, ed a Parigi van con Aldighieri; e 'l padre suo si\ tristo e tapinello lo fa portare innanzi allo imperieri; e tutto il popol corre la\ a vedello. Dicea Gherardo innanzi a Carlo Mano: #_ Questo e\ Aldighier, ch' ucciso m' ha il tuo Gano $_. Quivi piangeva amaramente Carlo, quivi piangeva tutta la sua corte; quivi Gherardo ignun puo\ consolarlo, quivi si duole ognun della sua morte; quivi pur Gano ognun volea squartarlo, quivi bestemmia alcun si\ crudel sorte; quivi l' essequie s' ordina e 'l mortoro, quivi veniva tutto il concestoro. Quivi Aldighieri nel triunfal palagio di porpora coperto e\ riccamente, di drappi d' oro ornati di doagio. Calavri%on questa novella sente {add} subito {/add; su\bito R A} in campo, e 'l fratello Archilagio, e molto fu di tal caso dolente perche/ e' sapea della sua gagliardia, che/ l' avea conosciuto in Pagania. E non sapeva che 'l Veglio uccidessi; amava questo assai gia\ per antico: ma che dich' io? quando ben lo sapessi, le virtu\ l' ama a forza ogni nimico; e scrisse a Carlo Man che gli piacessi, per vedere Aldighier morto, suo amico, conceder la venuta e la partita, pero\ ch' amato assai l' aveva in vita. Carlo rispose molto grazi%oso che tutto il campo e lui libero vegna, come degno signor, magno e famoso, in cui molta eccellenzia sa che regna. Calavri%on, con {t} volto {/t A; vo/lto R} assai doglioso, con certi principal della sua insegna ed Archilagio suo tanto stimato, venne a Parigi e fu molto onorato; e pianse molto e conforto\ Gherardo, e de/tte questo vanto ad Aldighieri, che se viveva il giovane gagliardo, non fu mai al mondo il miglior cavalieri (non so se questo vanto fu bugiardo, perche/ e' si dice di Risa Riccieri). Dunque Aldighier piangevano i cristiani per le sue gran virtu\; cosi\ i pagani. Carlo di questo caso assai si duole; non vi rimase un sol non lacrimassi: e 'l vecchio padre diceva parole da far pianger le fiere e' monti e' sassi e per pieta\ fermar la luna e 'l sole: non e\ si\ duro cor non si schiantassi, tanto commiserevol cosa e scura era a vederlo in questa sua sciagura. E seppellito fu con tanto onore, che tanto mai non ebbe Ettor troiano. Poi nel palazzo il magno imperadore Calavri%on meno\ sempre per mano; e volle Carlo Man ch' un tal signore andassi da man destra; ma il pagano non volle in modo alcun accettar questo, ch' era gentil, costumato ed onesto. Posti a sedere, Orlando comincio\e innanzi a tutti una bella orazione, e tanto ben le parole acconcio\e che fece amico suo Calavri%one ed ogni suo proposito muto\e, come fa il savio udendo la ragione, e d' ogni cosa lo facea capace; ed abbraccia^rsi, e fu fatta la pace. Non bisogna che venga quel d' Arpina, Quintiliano, Demostene o nessuno, per insegnare a Orlando dottrina: e contro a Ganellon si volse ognuno. Calavri%on sua gente saracina offerse e molto giuravan ciascuno di fare aspra vendetta d' Aldighieri e che si debba a campo ire a Pontieri. Ognuno a questa impresa s' accordava. Gan, come questo sentiva, il fellone, {add} subito {/add; su\bito R A} verso Pontieri arrancava e {t} fe' {/t A; fe/ R} da Montalban levar Grifone e quanto puo\ la sua terra agorzava. Carlo, giugnendo con Calavri%one, senti\ che 'l traditor di Gano e\ drento e che faceva gran provedimento. Con tutta questa gente vi pose oste: da ogni porta una parte ne caccia e piglion tutti i pian, montagne e coste: ognuno il traditor pigliar minaccia e stanno tutti co' cani alle poste; ognun vuol questa lepre, ognun la traccia, e sanno dove ella e\ posta a giacere e non si curan pertica o levriere. Lascia\n costoro intorno e in mezzo Gano. Rinaldo nostro se/guita il suo corso, e per fortuna in un paese strano s' avvide il padron suo ch' era trascorso, e disse: #_ Mal condotti un giorno sia\no: e' ci convien pigliare o 'l graffio o 'l morso; noi ci troviam sotto il segno di Marte, dove val poco del nocchier qui l' arte. O e' ci bisogna correr per perduti, o e' ci bisogna afferrar questo porto; se noi surgiam, come noi sia\n veduti e\cci un signor ch' ognun si puo\ dir morto: non credo di natura si rimuti; vive di ratto e di rapina a torto, di nau%fragi e d' ogni cosa trista, e chiamasi per nome l' Arpalista. Quella citta\ si chiama Saliscaglia; disopra alla citta\ sta in un castello donne che son tutte use ire in battaglia e stanno tutte al servigio di quello; come quelle Amazzo/ne veston maglia; son per natura coperte di vello, pilose, setolute, strane e brutte, ma molto fiere per combatter tutte $_. Rinaldo rispondea: #_ Tu mi solletichi, padrone, appunto dove me ne giova, ch' io so guarire i pazzi de' farnetichi: parmi mill' anni d' essere alla pruova; e molti, che non credon come eretichi, hanno veduto spesso cosa nuova. Surgia\n pur presto e fuggia\n via fortuna; poi non temer piu\ di cosa nessuna. L' ira del mare e\ d' averne paura pero\ che contro a lei forza non vale; ma di combatter poi coll' armadura con quel signor crudele e micidiale, io lo faro\ saltar per quelle mura e proverro\ se sa volar sanza ale $_. E conforto\ il padron tanto e minaccia, che surse finalmente e 'l ferro spaccia. Era quella citta\ sopra una ripa che soprasta\ dalla banda del mare, piena di scogli e di rocce e di stipa che non vi posson le {t} ca\pere {/t R; capere A} andare; tanto che 'l cuore al padron se gli scipa. Rinaldo dicea pur: #_ Non dubitare. Io voglio andar, padrone, in Saliscaglia, ed arrecar giu\ roba e vettovaglia; manda con meco qualche marinaio $_. Disse il padron: #_ Cotesto son contento: e' ne verra\ con teco qualche paio $_. Rinaldo alla citta\ se ne va drento e ruba il cuoco e saccheggia il fornaio e sgombera e ritra' si a salvamento, e nell' uscir fu la spada la chiave; e ritornossi al padrone alla nave. E disse: #_ Come il becco un poco immollo, sicuro vo per boschi e per padule; il monte Sinai\ porterei in collo, come e' trabocca il vin fuor pel mezzule; io intendo di voler morir satollo $_; e comincio\ a grattarsi il gorgozzule, e pettina e sollecita il barlotto, tanto che fece di prete lo scotto. All' Arpalista vanno le novelle ch' un forestier la terra ha saccheggiata: {add} subito {/add; su\bito R A} fece armar quelle donzelle ed ordino\ la porta abbin guardata; e la capitanessa fu di quelle una, quale era Arcalida chiamata. Rinaldo alla citta\ gia\ tornato era e sfuma fuori il vin per la visiera. Arcalida si {t} fe' {/t A; fe/ R} innanzi alla porta, e disse: #_ Dove vai tu, cavaliere, che par' cosi\ sicuro sanza scorta? $_. Disse Rinaldo: #_ Io tel faro\ sapere. Aspetta ch' io t' infilzo: tu se' morta $_. Alardo intanto spronava il destriere e 'nfilza presto un' altra damigella e posela a giacer giu\ della sella. Guicciardo un' altra di queste rintoppa ed una lancia arrestata gli accocca e tutta la foro\ sotto la poppa e come Alardo a giacer la rimbocca. Ricciardetto una ne punse alla groppa, che non porto\ mai piu\ spada ne/ ro/cca. Cosi\ tra queste donzelle e' cristiani si comincio\ a menare altro che mani. Arcalida s' appicca con Guicciardo e finalmente sotto se lo caccia: volle veder come egli era gagliardo; quantunque poco mal costei gli faccia, {add} subito {/add; su\bito R A} addosso a lei correva Alardo, tanto ch' alfin questa donzella spaccia, pero\ che la passo\ nel pettignone, ch' arme ch' avessi non valse un mellone. Le porte d' ogni parte fur serrate, tanto ch' al buio in mezzo combattevano; e tutte le donzelle hanno spacciate, ch' a una a una in terra le ponevano; e le porte hanno rotte e sgangherate e 'l borgo a saccomanno poi correvano. Rinaldo e\ stato a diletto a vedere quelle fanciulle rovescio cadere e Ricciardetto e Guicciardo dileggia: #_ Io non pensai che voi fornissi mai di spacciar quattro femine $_; e motteggia. Alardo disse: #_ Provato non hai: non si conosce ogni volta l' acceggia al becco lungo, non so se tu il sai; tu non sai ben com' elle s' aiutavano: co' colpi in aria, per Dio, ci levavano! Elle son tutte ammaestrate al giuoco, e bisogno\ molta acqua si versasse prima che fussi spento questo fuoco. Basta che netto ciascun si ritrasse. Tu porteresti, s' tu provassi un poco, le lance alle bandiere poi piu\ basse: una di lor ti parrebbe bastante, non ch' aversi a provar con tutte quante $_. Ma l' Arpalista, inteso tutto il fatto, un suo cugino Archilesse la\ manda; e disse, come e' giunse, questo matto: #_ Apollin vi sconfonda d' ogni banda! $_. e con Guicciardo si sfido\ di tratto. Guicciardo al suo Gesu\ si raccomanda, e bisognava, che/ non priega invano: ch' erano in monte e ritrovossi al piano. Ed Archilesse nel portava via e come il lupo al bosco la da\ all' erta. Rinaldo, come lo vide, dici\a: #_ Aspetta, che/ la guardia s' e\ scoperta $_; e finalmente Archilesse {add} giugnia {/add; giugni\a R A} e minaccio\ di dargli con Frusberta; donde il pagan: #_ Tu mi fai torto! $_, grida; lascio\ Guicciardo e con lui si disfida. Abbassaron le lance e furon rotte, e colle spade a ferirsi tornaro dandosi insieme di villane {t} botte {/t A; bo\tte R}. Il saracin, non veggendo riparo, volle Baiardo guarir delle gotte: de/ttegli un colpo che gli parve amaro, che/ s' egli avessi preso meglio il collo, credo che forse non dava piu\ crollo. Grido\ Rinaldo: #_ Ome\, Baiardo mio, e' sare' meglio esser con quelle dame che con questo pagan crudele e rio che cosi\ scardassato t' ha lo stame. Io ti vendichero\, pel nostro Iddio! $_. Baiardo il ciuffo\ presto colle squame; Rinaldo un colpo gli die\ in su la testa, che gliel parti\ pel mezzo appunto a sesta. Dunque convien che l' Arpalista sbuchi: venne coperto d' arme, e poi di seta la sopravvesta, che par che riluchi come 'l sol fra le stelle o la cometa. Rinaldo, quando vide tanti bruchi, disse: #_ Costui persona par discreta: recata ha questa per sua cortesia, ch' al mio padron della nave la dia $_. Poi disse all' Arpalista: #_ Io son venuto per purgarti d' ogni opra tua cattiva: che sempre se' di tirannia vivuto o s' alcun legno si rompe alla riva per tutti questi mar, detto m' e\ suto; ch' io me n' andavo ove si posa Uliva, ma volsi in questa parte il mio cammino per gastigar si\ ingiusto saracino; che/ so ch' ella fia opera famosa e piacera\ a Macon nel Ciel per certo $_. Il saracino, ascoltato ogni cosa, disse: #_ Ribaldo, io t' ho troppo sofferto, che/ d' impiccarti piu\ tosto pietosa sarebbe opera suta e giusto merto, come si fa a' tuoi par corsar che vanno faccendo prede e ruberie e danno $_. Disse Rinaldo: #_ Io non fu' mai pirrato $_; e de/tte presto al caval degli sproni; e l' uno e l' altro si fu discostato, e tornonsi a ferir con due stangoni: che/ l' Arpalista un abete ha recato, dicendo: #_ Questa svegliar fa i poltroni: con essa n' ho gia\ desti piu\ d' un paio, e tu sarai per questo di\ il sezzaio $_. Rinaldo al saracino aveva detto: #_ Cotesta lancia mi par troppo grave: e pur si debbe aver qualche rispetto di non giostrar pero\ con una trave; se tu ti pon' cotesta lancia al petto, io torro\ quaggiu\ l' arbor della nave $_; ma poi che vide il pagan cosi\ volse, un' altra simigliante a quella tolse. Questi stangon nel petto si percossono, tanto che tutto lo scudo intronorno, e l' uno e l' altro di sella si mossono, perche/ le lance sol non si piegorno, e sofferire il colpo ben non possono; vero e\ che in sulla terra non cascorno: il saracin rovescio in sulla groppa si ritrovo\, quando il colpo rintoppa; Rinaldo si piego\ tutto e scontorse, e del sinistro pie\ gli usci\ la staffa e quasi di cader la misse in forse; pur si sostenne e d' arcion non iscaffa. Poi presto in su la spada la man porse, e 'l saracin la sua dal fianco arraffa; e per un' ora o piu\ gran colpi ferno, ma l' Arpalista regge a ogni scherno. Pure alla fin volendo riparare un colpo, un tratto lo scudo {add} su {/add; su\ R A} alza; Rinaldo vide un bel colpo da fare e che scoperta avea la mana e scalza: un colpo trasse, e quella ebbe a trovare, e collo scudo alla terra giu\ balza; donde un gran mugghio metteva il pagano, quando e' si vide tagliata la mano; e disse: #_ Io mi t' arrendo: or mi perdona! Io ho perduto ogni cosa a un colpo: tu m' hai ferito, e guasta la persona, e fu il difetto mio, cosi\ m' incolpo. Dimmi, baron, come il tuo nome suona, ch' omai d' ogni peccato a te mi scolpo. Io son prigion tuo vero, anzi son morto: non mi toccar, po' ch' io m' arrendo, a torto $_. Disse Rinaldo: #_ Io son cugin del conte Orlando, il qual sentito hai ricordare; Rinaldo son chiamato di Chiarmonte $_. L' Arpalista, sentendol nominare, coll' altra man si percosse la fronte: #_ O Macon $_, disse, #_ ben ti puoi sfamare: dunque tu m' hai condotto, can ribaldo, traditore, a combatter con Rinaldo? Sia maladetto ch' io t' ho mai creduto! Sia maladetto la tua {t} dei%ta\! {/t A; deita\! R} Sia maladetto chi t' ha mai piaciuto! Sia maladetto chi t' adorera\! Sia maladetto il Ciel, ch' io lo rifiuto! Sia maladetto la tua crudelta\! Sia maladetto chi il tuo nome onora! Sia maladetto il di\ ch' io nacqui e l' ora! Sia maladetta la disgrazia mia, ch' io non conobbi te, Rinaldo, prima che la Fortuna troculente e ria mi cacciassi nel fondo dalla cima! Io ti {t} do {/t A; do\ R} la mia terra in tua bali\a; di me come tu vuoi puo' fare stima. Lasciami andar meschino e sventurato, ch' io vo' cercar la morte in altro lato, e non ara\ Macon questo piacere ch' io muoia in Pagania sotto suo regno $_. Disse Rinaldo: #_ Io non ti vo' tenere a forza, con dispetto e con isdegno; ma vo' che ti rassegni, che/ e\ dovere, al mio cugin famoso Orlando degno: cosi\ la fede or mi prometterai, ed a tua posta libero n' andrai $_. Rispose l' Arpalista: #_ E cosi\ giuro; io ho sempre bramato di vedello: di questo in ogni modo sta sicuro $_. E cosi\ si parti\ quel meschinello: pensa quanto il partir gli fussi duro! Rinaldo la citta\ prese e 'l castello, e 'l suo signor ne va peregrinando per ritrovar, come e' giuro\e, Orlando. E cosi\ vuol la giustizia divina; cosi\ tutte le cose al mondo vanno, chi vive con tristizia e con rapina. Avea sognato il suo futuro danno la notte costui presso alla mattina, come l' anime nostre spesso fanno, che in Saliscaglia un serpente veniva e per paura di lui si fuggiva. Ando\ questo Arpalista assai cercando la morte e prima a Parigi arrivo\. Carlo non v' era e non vi truova Orlando, per la qual cosa a Pontier se n' ando\. Gano ha trovato, che 'l vien domandando: #_ Dimmi chi sia, e soldo ti daro\ $_. E' gli diceva di sua crudel sorte e come andava cercando la morte. Rispose Gan: #_ Tu debbi esser mandato da Carlo o da Orlando per ispia; e perch' io son piu\ di te disperato, tra disperato e disperato fia: piglia del campo, ed arai qui trovato la morte che tu cerchi tuttavia $_; e de/tte volta al suo Mattafellone, e minacciava e chiamalo {t} spi%one {/t A; spione R}. L' Arpalista toccava il ciel col dito poi che trovato avea con chi contendere; subitamente a trovarlo n' e\ ito, tanto che Gan non si puo\ alfin difendere e cadde del caval tutto stordito che non ne volea forse ancora scendere, si\ forte colpo gli die\ l' Arpalista che gli appicco\ la lancia nella vista. Molti baron di Gan che sono in piazza volson tutti le punte al saracino; ma perch' egli e\ di piu\ che buona razza, si difendea cosi\ col moncherino, tanto ch' a molti frappo\ la corazza. Ma Ganellon, tornato in suo domi\no, grido\ che' cavalier suoi si scostassino e piu\ col saracin non contastassino. E parvegli dover, ch' era malvagio, operar col pagano un altro unguento; e con parole cortese al palagio lo 'nvita, e l' Arpalista fu contento, dicendo che parlar gli vuole ad agio; e comincio\ con lui ragionamento: #_ Chi tu ti sia, pagano, o di qual banda, non vo' cercare, o se Carlo ti manda; ma perche/ mi pari uom discreto e forte, mi fidero\ di te liberamente. Benche/ tu dica che cerchi la morte, so che cerchi altro e fai come prudente. Carlo sbandito m' ha della sua corte, ed e\ qui il campo che vedi al presente. La ingratitu\ fu sempre ne' signori, e 'nvidia, come sai, tra' servidori. S' io non fussi io e' non terrebbe il regno, Carlo, e perduto ho infin cio\ ch' i' gli ho fatto: come e' non m' e\ {t} ri%uscito {/t A; riuscito R} un disegno, chiamato traditor son tristo e matto, tanto che per invidia m' ha in disdegno, che/ si da\ ben di gran colpi di piatto; per troppo amor ch' io ho portato a quello, a torto sono scacciato e ribello. Egli ha con seco certi susurroni che penson contro a me sempre lacciuoli, voglionsi tutti per loro i bocconi; questi sono i fedel, questi i figliuoli: certi buffon fraschier, certi ignatoni dipinti in mille logge e in mille orciuoli; questi governan Carlo imperadore; io sono il ladro e 'l tristo e 'l traditore. Hannol condotto qua come un bambino, ed e\ venuto drieto a' lor consigli come al pane insalato il pecorino. Vero e\ ch' un savio ha sol fra molti figli: questo e\ Orlando degno paladino; ma poco il suo parer par che si pigli, e come me lo discaccia ogni giorno, tanto che sempre va pel mondo attorno. Io sono un uom c' ho in sommo della bocca un poco troppo il vero alcuna volta e dicolo e non guardo a chi cio\ tocca. Tu sai che il ver malvolentier s' ascolta: non domandar se la invidia trabocca e se 'l suo stral contro a me poi fa co\lta. Io vo' piu\ oltre dirti ogni mio effetto, che/ insin a qui non par nulla abbi detto. Tu sai che come un l' uom s' arreca a noia, non puo\ mai piu\ far cosa che ti piaccia: se dice il ver, tu di' che da\ la soia; se ti lusinga, e tu di' che minaccia, e' suoi cagnetti gridon tutti: #" Muoia! $". Cosi\ fanno anco i can che vanno a caccia: percuotine un: come tu l' hai percosso, gli altri gli corron tutti quanti addosso e tutto fanno per parer fedeli e torna prima a te chi l' ha piu\ morso perche/ tu vegga ch' egli ha in bocca i peli. Per me non e\ ne/ scusa ne/ soccorso con questi non fedeli, anzi crudeli; e son piu\ di mille oche in su 'n un torso; e se trovassin miglior patto altrove, ti lascerieno in sul terzo di nove. Dico cosi\, che quanto io facci bene convien che interpetrato sia alfin male e {t} po\rtone {/t R; portone A} assai volte ingiuste pene: guarda questo odio e 'nvidia quanto vale! Certo Aldighieri a questi giorni avviene ch' andando a Montalban per via m' assale, e dice: #" Io ti conosco, isconosciuto! $", come se mai non m' avessi veduto; e vuolsi vendicar d' una novella che mi levorno con un Dili%ante, che me n' aveva tenuta favella sempre a camin costui come ignorante. La lancia abbassa, ch' era armato in sella. Quand' io mi vidi venirlo davante (tu sai ch' ognun la morte va schifando), uccisi lui che se l' ando\ cercando. Ogni animal per non morir s' aiuta. Per questo Carlo m' ha posto l' assedio, per questo tanta gente e\ qua venuta. Io non vo' piu\, pagan, tenerti a tedio; credo che sia di Dio volonta\ suta che tu venissi qua per mio rimedio: vo' che tu vadi insino alla Corona per fare opera giusta e santa e buona, e riconoscer la vita da te; e {add} di' {/add; di\ R A} ch' io vo' venir {t} colla {/t R; con la A} correggia al collo e ginocchion chieder merze/ come 'l fanciul talvolta che scioccheggia; e se mai cosa per lui grata fe', che di levar questa gente proveggia; e vo' che mi perdoni sol la morte e mai piu\ poi non mi vedra\ in sua corte $_. Quando ebbe cosi\ detto il traditore, all' Arpalista par la impresa giusta, e per andare a Carlo imperadore pargli mill' anni in punto aver la fusta, e sella immedi%ate il corridore. Diceva Gano: #_ Il savio intende e gusta; e pero\ sempre il sapi%ente manda. Al conte Orlando mio mi raccomanda, che ti parra\ un uom ch' ogn' altro ecceda: questo e\ colui ch' e\ buon, discreto e degno e della gloria del suo sangue ereda, e sol per lui tien Carlo scetro e regno; e suo patrigno son, vo' che tu creda $_. Guarda se misse qui tutto il suo ingegno! Tutto facea perche/ e' gliel ridicessi accio\ ch' Orlando a pieta\ si movessi. L' Arpalista n' andava imburiassato che la camicia non gli tocca l' anche. Dinanzi a Carlo Man s' e\ inginocchiato, e dice come Gan le carte bianche gli manda, e cio\ che gli avea ragionato, e che esser gli parea tra male branche; e replicava appunto cio\ ch' e' disse d' Orlando, accio\ che 'l fatto {t} ri%uscisse {/t A; riuscisse R}. E seppe tanto ben ceramellare, che Carlo gli perdona e cosi\ Orlando, con questo, che Rinaldo perdonare gli voglia e che ne debba andar cercando tanto ch' a lui si possi appresentare. Poi l' Arpalista veniva narrando come e\ prigion di Rinaldo mandato al conte Orlando e cio\ che gli e\ incontrato; e mostro\ a tutti il caso della mano, che gran compassi%on ne veni\a loro; e ritornossi di {add} subito {/add; su\bito R A} a Gano. Ganellon venne e innanzi al concestoro s' inginocchio\ piangendo a Carlo Mano, e disse: #_ Io troverro\, s' anzi non moro, Rinaldo e purghero\ gli sdegni e l' onte: cosi\ tu, Carlo, mi perdoni, e 'l conte! S' io dovessi cercar per tutto il mondo, io troverro\ dove che sia Rinaldo $_. Cosi\ fu liberato e netto e mondo. Calavri%on, inteso e 'l patto e 'l saldo, diceva a Carlo Man: #_ Nulla rispondo. Ma te gastighero\, monco ribaldo, che detto hai qua la tua santa parola, che si vorre' impiccarti per la gola! Venuto son da Parigi volando con tanta gente e con tanto furore, lasciato ogni mio sdegno con Orlando, per trovarmi a punir quel traditore, che ne venivo al ciel le mani alzando! Piglia del campo, pagan peccatore, ischiavo, ragazzon, prigione e monco, ch' io vo' che l' altro braccio anco sia cionco $_. L' Arpalista una lancia ch' avea, abbassa. Or guarda se Fortuna lavoro\e! Ognun col suo cavallo oltre trapassa, ognun l' un l' altro allo scudo trovo\e, ognuno il petto l' uno all' altro passa, ognun giu\ della sella rovino\e, ognun di questi moriva a un tratto, che mai si vide un colpo cosi\ fatto. Calavri%on a contanti la briga compero\ dunque, che non gli toccava: ecco che la giustizia lo gastiga; l' Arpalista trovo\ quel che cercava: pel fil della sinopia e per la riga a questa volta questa cosa andava. Ed Archilagio per partito prese di rimenar sue gente in suo paese. Carlo torno\ {t} colla {/t R; con la A} corte a Parigi. Gan per lo mondo in cammin si mettea; dove e' sentiva o discordie o litigi o guerre: #_ Quivi e\ Rinaldo $_ dicea: cosi\ cercava l' orme e' suoi vestigi. Or ritorniamo a Rinaldo ch' avea ridotta Saliscaglia a divozione di Cristo, e rinnegato ognun Macone. Poi che son battezzati i saracini, e statosi alcun tempo a dimorare, e grande onor gli fanno i cittadini, in visi%one una notte gli appare un angelo che fu de' cherubini, e disse: #_ Qui, Rinaldo, non puoi stare. A' pellegrini impedito e\ il passaggio, non posson far del Sepulcro il {t} vi%aggio {/t A; viaggio R}. Quel che tu hai fatto, molto a Dio {add} su {/add; su\ R A} piace, ma fa ch' a questa impresa or non sia molle. Sappi ch' egli e\ un uom molto rapace, che nel deserto sta di Caprafolle; non lascia i {t} pellegrini {/t R; peregrini A} andare in pace: fa che tu vadi a pie\ di colle in colle fin che tu truovi questo fiero matto che fa di la\ chiamarsi Fuligatto $_. Rinaldo la mattina, risentito, {add} subito {/add; su\bito R A} a Ricciardetto e gli altri disse come l' angiol di Dio gli era apparito e quel che gli avea detto e dove e' gisse. Ognun di lor n' e\ molto sbigottito: non che non dichin che Dio s' ubbidisse, ma che di questo sol sentivan duolo, che l' angel gli comanda e' vadi solo. Rinaldo il me' che sa da\ lor conforto, dicendo: #_ Abbiate alla terra riguardo e dirizzate a ragione ogni torto. E raccomando a tutti il mio Baiardo. E presto tornero\, s' io non son morto, che/ d' ubbidire Iddio nel cor tutto ardo. Sievi raccomandata la giustizia; tenete in pace la terra e 'n dovizia $_. E fece apparecchiar presto la nave, che/ quel padron con Rinaldo si stava e d' ogni cosa gli fida la chiave. E per ventura romei v' arrivava; e benche/ la partenza fussi grave, con questi finalmente s' {t} avvi%ava {/t A; avviava R}; e tutti prima in bocca si baciorno, di stare al ben e 'l mal la notte e 'l giorno. E cosi\ si commette alla marina, e l' armadura tien sotto coperta: disopra si vedeva una schiavina; e non dimentico\ pero\ Frusberta. Il vento e\ buono e la nave cammina, tanto che Barberia hanno scoperta; e dirizza^rsi verso una cittade donde saran per terra poi le strade. E come drento al porto surti sono, Rinaldo dal padron fa dipartita, e dice: #_ Fra un mese sara\ buono che questa nave in qua sia comparita; e 'ntanto io tornero\ dal mio perdono. Cristo t' aiuti e la tua calamita, che non val men che la stoppa e la pece! $_. Donde il padron con lui gran pianto fece, e disse: #_ Il di\ ch' io me n' andro\ sotterra, non sentiro\ nel cuor la meta\ pena, dico in quel punto che l' alma si sferra. Vattene in pace ove il cammin ti mena! Aiutiti il tuo Iddio se tu vai in guerra, aiutiti Maria di grazia piena! Io tornero\ qui {t} colla {/t R; con la A} nave presto $_; e non pote/ piu\ oltre dir che questo, e 'nginocchiossi e bacio\gli le piante. Rinaldo co' compagni se ne vanno nella citta\ che vi sta l' amirante, e giostre e feste alla piazza si fanno, e molto ben si portava un amante d' una fanciulla: a veder quivi stanno: questa era molto bianca e molto bella, e molto bruna un' altra, sua sorella, e come bruna si chiama Brunetta (adunque il nome suo non si disdice); quell' altra e\ bianca e pare un' angioletta, e molto il di\ si chiamava felice perche/ {t} el {/t R; il A} suo amante ognun per terra getta; e la sorella rincorreva, e dice: #_ Non c' e\ per te chi rompa due finocchi, e 'l drudo mio d' ogni lancia fa rocchi $_. Diceva la Brunetta sventurata: #_ Che colpa ho io di quel che {t} fe' {/t A; fe/ R} natura e s' io non nacqui bella e fortunata? S' io avessi avuto a far questa figura, io mi sarei per modo disegnata che sculto nol farebbe o dipintura. Ringrazia Iddio che degli amanti truovi, e presso ch' io non dissi anco gli pruovi. Io vi conforto della giostra, amanti, e la Brunetta vi torni a memoria; io vi ricordo e dico a tutti quanti che {t} colla {/t R; con la A} lancia s' acquista vittoria e fassi spesso colpi di giganti; e ch' ogni dama del suo drudo ha boria, e piace insin da Campi a mona Onesta che e' tenga ben la lancia in su la resta $_. E detto questo gittava il falcone verso Rinaldo e pargli molto bello; e ricordossi d' una visi%one che fatta avea, ch' un {t} pellegrin {/t R; peregrin A} novello ognun quel giorno abbatteva d' arcione; e disse fra suo cor: #_ Costui fia quello $_. A un suo balio lo fece chiamare: #_ {add} Di' {/add; Di\ R A} a quel {t} pellegrin {/t R; peregrin A} ch' io gli ho a parlare $_. Rinaldo ando\ ma non sapea la trama. Ella gli disse con destre parole del sogno e la cagion perch' ella il chiama. Rinaldo disse far cio\ ch' ella vuole, che/ cio\ ch' uom facci per amor di dama e\ gentilezza ch' osservar si suole; che si voleva armar segretamente dove piacessi alta dama piacente. Brunetta gli ordino\ dove s' armassi e impose al balio ch' un destrier gli mostri. E la sorella di lei beffe fassi, e dice: #_ Che vuoi tu che costui giostri? $_, e ridea, quasi in sua lingua parlassi: #_ Costui t' arrechera\ de' paternostri dal suo perdon quando e' sara\ tornato $_. Rinaldo al campo n' e\ venuto armato. Disse l' amante di quella piu\ bella: #_ Hai tu veduto qua questo uccellaccio? Che dirai tu s' io il traggo della sella? Al primo colpo in terra te lo caccio $_. Rispose la Brunetta meschinella: #_ Si\, se tu stimi ch' un uom sia di ghiaccio $_. Rinaldo le parole appunto intese e tutto quanto di sdegno s' accese, e disfidossi con questo saccente. La bianca e bella confortava il drudo, e la Brunetta facea similmente; e l' uno e l' altro si truova lo scudo; ma 'l saracin pel gran colpo e possente alzo\ le gambe e cadde a culo ignudo quanto potea con ogni sua vergogna; e fu pur ver quel che Brunetta sogna. Quivi le grida intorno si levorno. Non domandar se la dama galluzza! E dice alla sorella per iscorno: #_ Truova dell' acqua e nel viso la spruzza, che/ la mia visi%on fu presso al giorno $_. La bianca addolorata si raggruzza pero\ ch' un braccio il suo amante si spezza. Non domandar se Brunetta la sprezza! Vollonsi alcun con Rinaldo provare; ognuno in terra alla fine e\ caduto. Il padre di costor si fece armare e venne sopra 'l campo sconosciuto; Rinaldo il gitto\ in terra, e nel cascare l' elmo gli usciva, onde e' fu conosciuto. E come fatta e\ la festa, a bell' agio Rinaldo ne meno\ seco al palagio, che/ di sua forza si maravigliava; e' suoi compagni con lui {t} fe' {/t A; fe/ R} venire ed un convito solenne ordinava; e le fanciulle stavano a servire e l' una e l' altra Rinaldo guardava, innamorate del suo grande ardire. E poi mangiato, in una zambra vanno e le fanciulle gran disputa fanno e dice ognuna ch' era la piu\ bella; e che Rinaldo giudicassi questo contente son l' una e l' altra sorella. Rinaldo: #_ La Brunetta! $_ disse presto, e ch' aveva il suo amor donato a quella; il che fu tanto alla bianca molesto, ch' a un balcon con un laccio di seta s' impicco\ in una camera segreta; della qual cosa ciascun si lamenta. Rinaldo co' compagni si partia e la Brunetta riman mal contenta, #_ Macon $_ dicendo #_ ti mostri la via. Dove tu sia, peregrin, ti rammenta della Brunetta, che tua sempre fia $_; e de/ttegli un fermaglio la Brunetta per ricordanza di lei meschinetta. E volle prima il suo nome sapere: quando senti\ com' egli era Rinaldo, s' accese tanto del suo gran potere che non si spense mai poi questo caldo: benche/ mai piu\ nol dovea rivedere, pur si rimase nel suo petto saldo. Rinaldo al suo {t} vi%aggio {/t A; viaggio R} ne va ratto per essere alle man con Fuligatto. Gia\ era capitato nel deserto. Ecco apparire un cavaliere armato, e 'l caval tutto di piastre ha coperto, col falcon nello scudo e in ogni lato, tal che Rinaldo il conobbe di certo: questo era Gan che l' ha tanto cercato, e 'nginocchiossi e {t} perdon {/t A; perdo/n R} gli chiedea e d' Aldighier con gran pianto dicea. Rinaldo d' Aldighier gl' incresce tanto che non potea sua morte perdonare; alla risposta soprastette alquanto. I pellegrin cominciorno a pregare: #_ Poi che tu vedi, barone, il suo pianto, piacciati il cor volere umili%are veggendo quanto umi\l si raccomanda per quello Iddio che peregrin ti manda $_; tanto che alfin Rinaldo gli perdona. Gan si torno\ per la via ch' e\ venuto. Ecco un romor che per l' aria risuona: gente che fuggon domandando aiuto; e innanzi a tutti un cavaliere sprona; e come egli ebbe Rinaldo veduto, gridava: #_ {t} Pellegrin {/t R; Peregrin A}, fuggite addrieto, pero\ che in qua si va contro a divieto. A gran fatica noi scampati sia\no dalle man di quel diavol maladetto; ed io che innanzi fuggo, son cristiano, e son ferito a morte drento al petto $_. Disse Rinaldo: #_ Cavalier sovrano, chi e\ questo di%avol che tu hai detto? $_. #_ E\ Fuligatto; $_ rispondeva quello #_ se vai piu\ oltre, potresti sapello. Egli ha fatto oggi cose troppo strane. E' porta sotto un cuoio serpentino, ed una spada che e\ piu\ ch' a due mane, lo scudo d' osso, questo malandrino; e da\ picchiate, ti so dir, villane ed ha gia\ morto forse un pellegrino; un baston porta che pare una trave, che dicon trentacinque libbre e\ grave $_. Poco piu\ disse che si venne meno e cadde come morto in terra cade. Rinaldo monta in sul suo palafreno, perche/ e' conobbe egli aveva bontade, e disse a' suoi compagni: #_ Che fareno? Io veggo poco innanzi una cittade: andiamo a quella e 'ntenderemo il vero dove e\ questo arrabbiato uom tanto fiero $_. Questa citta\ Sardonia si chiamava e d' un bel fiume e\ circundata intorno. Rinaldo a questa alla porta arrivava, e poi che in alto le mura mirorno, a ogni merlo due impiccati stava; e finalmente la porta bussorno. Rispose una fanciulla, e 'l caval vede, e che sia forse Fuligatto crede: #_ Se' tu quel Fuligatto ladroncello? Se' tu quel Fuligatto micidiale? Se' tu colui che di noi fai macello? Se' tu colui c' hai fatto tanto male? Se' tu quel lupo a cui non campa agnello? Se' tu colui che i pellegrini assale? Se' tu quel traditor, che se' a cavallo? Se' tu venuto di sangue a 'ngrassallo? $_. Disse Rinaldo: #_ No, non son quel desso. Non vedi tu che noi sia\n pellegrini? Tu doverresti conoscere, appresso, che il lupo non va mai cogli agnellini. Aprici adunque, damigella, adesso, che/ stanchi sia\n per piu\ lunghi cammini $_. Questa fanciulla, del ver fatta certa, venne alla porta ed a tutti l' ha aperta; e disse: #_ {t} Pellegrin {/t R; Peregrin A}, Dio vi dia pace e guardi dalle man di quel tiranno che tanto e\ sopra noi fatto rapace e per cui morti color quivi stanno! Venite alla reina, se vi piace $_. E mentre per la terra costor vanno, altro che donne non veggono in quella, e domandorno questa damigella: #_ Dove sono i mariti e' fratei vostri, i padri e' figli e' servi e l' altre genti? $_. Ed ella: #_ Or che bisogna io ve gli mostri? Vedetegli lassu\, cosi\ dolenti, vedetegli i mariti e' fratei nostri e' padri e' figli e' servi e poi i parenti: quivi staranno morti in sempiterno. E' gl' impicco\ quel diavol dello inferno. Non domandate, {t} che/ {/t R; ch' e' A} non e\ possibile, quanto e' sia mala bestia Fuligatto: pure a dir #" Fuligatto $" e\ cosa orribile; non si potrebbe dir quel ch' egli ha fatto, e s' io il dicessi e' non sare' credibile; tanto e\ che questo paese ha disfatto: prese la terra e {t} fe' {/t A; fe/ R} impiccare a' merli tutti color che pote/ vivi averli. Io vidi qui pigliargli un giovinetto, che nol potre' mai piu\ rifar natura, e con sua mano il cuor trargli del petto, poi lo fece impiccar sopra le mura. Vedete il mio marito poveretto, ch' a riguardarlo mi mette paura. Qui vidi il sangue alzar di sopra al ciglio, tanto che 'l fiume divento\ vermiglio. {t} Quando {/t R; Quand' io A} ripenso a tanta crudeltate de' pianti, de' lamenti e delle strida, le donne e le fanciulle scapigliate percuotersi e graffiarsi con gran grida e chi per terra morte e strascinate, e' par che 'l cuor pel mezzo si divida: era cosa crudele e {t} pau%rosa {/t A; paurosa R} veder tutta la terra sanguinosa $_. Mentre cosi\ la donzella dicea, giunson in piazza ov' era un uom armato ch' era di bronzo ma vivo parea, sopra un caval ch' e\ tutto covertato, ed una lancia in su la coscia avea. Rinaldo chi sia questo ha domandato; disse la dama: #_ La scrittura il dice: questa citta\ per lui fu gia\ felice; e fu di Chiaramonte il cavaliere $_. Rinaldo legge, e diceva: #_ D' Angrante Orlando, nel tal tempo, quel guerriere, ci libero\ dal gran re Galigante che in campo d' oro portava un cerviere; e per memoria dell' opre sue sante d' uccider quel crudel nimico ed acro, gli fece il popol questo simulacro $_. Rinaldo lacrimo\, veggendo Orlando, per tenerezza e con lui si ragiona, dicendo: #_ Ovunque io vo peregrinando per tutto il mondo, la tua fama suona $_; e dipartissi da lui lacrimando. Rappresentossi innanzi alla Corona. Questa reina e\ bella e giovinetta e chiamasi per nome Filisetta. Vide Rinaldo, e dopo le salute lo domando\ dove il camin suo tiene: che/, cosi\ peregrino, uom di virtute giudico\ questo e parvegli uom dabbene. Rinaldo rispondea le cagion sute del suo venire e di che parte viene e come egli e\ Rinaldo, che e\ mandato dall' angel che cosi\ gli ha comandato. Filisetta sapea la sua prodezza; veggendolo, stupia di maraviglia dell' atto fiero e della sua grandezza; e disse: #_ Orlando tuo ben ti simiglia: re Galigante per la sua fierezza, come tu vedi, abbandono\ la briglia; che/ so che in piazza la statua vedesti di bronzo e quelle lettere leggesti. Questa citta\ da lui fu liberata, ed a perpetua di questo memoria l' imagine sua qui vedi scultata, che fia del vostro sangue etternal gloria. Ma Fuligatto m' ha ben ristorata, che tutto questo paese martoria. Non vuol che ignun si spicchi di coloro, ed e\vvi il mio marito tra costoro; che s' io il potessi almen pur seppellire, io gli perdono il resto a Fuligatto. Ha fatto a strazio il mio popol morire. Guarda ch' a lui non vadi come matto $_. Disse Rinaldo: #_ Non ti dar marti\re e spicca il tuo marito innanzi tratto; e' miei compagni teco rimarranno, e poi vedrai come le cose andranno. Non dubitar, che/ quel che vuole Iddio non puo\ fallir per accidente alcuno. Di mangiar, Filisetta, abbiam disio, pero\ ch' ognun di noi so ch' e\ digiuno. E poi ch' io partiro\, per amor mio ti raccomando di costor ciascuno $_. E la reina lietamente onore a tutti fece, e con aperto amore. Rinaldo solo un giorno riposossi, poi fece da costor la dipartenza e non sanza gran pianto accomiatossi, perch' ubbidir di Dio volea la intenza, e pel deserto soletto {t} avvi%ossi {/t A; avviossi R}. Ma Filisetta per magnificenza la lancia che fu gia\ del suo marito gli de/tte, ed uno scudo assai pulito; e disse: #_ Questo per amor mio porta, poi che portar non lo puo\ piu\ colui che sospeso e\ tra la sua gente morta. Dio t' accompagni cogli angioli sui, e cosi\ spera e cosi\ ti conforta $_. Lasciamo andare al suo cammin costui: nell' altro vi diro\ quel che ara\ fatto. Cristo vi scampi da quel Fuligatto! {it} Deus, in adiutorium meum intende {/it}, che sofferisti per noi dura croce che la tua grazia e 'l tuo regno ci rende, non mi lasciar perir presso alla foce, poi che noi siamo al levar delle tende; io te ne priego con sommessa voce, che/ tutto loda il fin d' ogni opra nostra: dunque il cammin fino in porto mi mostra. Rinaldo pel deserto se n' andava. Aveva il sol coperto il marin suolo, la luna il lume suo tutto mostrava, cedevon gli squadranti all' ori%uolo, quando Rinaldo la notte trovava dove si sta quel Fuligatto solo, e picchio\ l' uscio d' un suo stran palagio fin che rispose il traditor malvagio, e disse: #_ Chi se' tu? Che vai cercando? $_. Disse Rinaldo: #_ A te mandato sono $_. Fuligatto gli aperse minacciando, dicendo: #_ Se tu vai qui pel perdono, io tel daro\ {t} colla {/t R; con la A} croce del brando $_. Dicea Rinaldo: #_ Dirti il vero e\ buono. Sappi, ladron, che fuor di queste porte non usciro\, ch' io ti daro\ la morte. Io vengo per provar mia forza teco $_. Rispose Fuligatto: #_ Tu n' andrai, s' io ti {t} do {/t A; do\ R} qualche mazzata di cieco. Ecco, per Dio! la serpe ch' io sognai, che mi parea s' avviluppassi meco, e per paura di cio\ mi destai; non mi parea poterla sviluppare: tu se' la serpe, che non vuoi sbucare $_. Disse Rinaldo: #_ Pel contrario fia che tu sarai la serpe, io lo spinoso, che 'l misse un tratto per la sua follia nella sua buca, chiedendo riposo; poi lo voleva costei cacciar via perche/ e' si voltolava, il doloroso; onde e' rispose: #" A non tenerti a bada, chi non ci puo\ star, serpe, se ne vada $" $_. Fuligatto era tutto maraviglia: #_ Chi fia costui? $_ dicea, #_ che cosa e\ questa? $_. Prese al caval di {add} subito {/add; su\bito R A} la briglia e mena un colpo a Rinaldo alla testa. Rinaldo un salto della sella piglia quando e' sentiva toccarsi la cresta: de/ttegli un pugno e sbrucagli l' orecchio e {t} fe' {/t A; fe/ R} di sangue un lago di Fucecchio; e Fuligatto balza giu\ stordito. Rinaldo nol tocco\ che s' e\ levato: e come e' fu tutto in se/ risentito, diceva: #_ Io credo che tu sia incantato, qualche di%avol dell' abbisso uscito. Io son per questo pugno smemorato: per questa notte vo' che ci posiamo e domattina insieme combattiamo. Non dubitar di tradimento o inganno $_. Disse Rinaldo: #_ Non temer pur tu $_. Cosi\ la notte in cagnesco si stanno, e come il giorno in ori%ente fu, armati fuori a campo se ne vanno, e disfidati, sanza parlar piu\ ognun del campo a suo senno si tolse e {t} colla {/t R; con la A} lancia al nimico si volse, e riscontrati, le lance volorno in pezzi in aria, e 'l caval di Rinaldo non resse {t} e i {/t R; e' A} pie' dinanzi sinestrorno, quantunque in sella si tenessi saldo; si\ che d' accordo pedon s' affrontorno, perche/ Rinaldo, per la stizza caldo, diceva: #_ Scendi in su la terra piana, o io t' ammazzero\ sotto l' alfana $_. Fuligatto smonto\ subitamente. Quivi si da\nno colpi di maestro. Rinaldo per un colpo che si sente s' inginocchiava dal lato sinestro; poi si rizzo\. Fuligatto pon mente: parvegli tanto nel rizzarsi destro e ne' suoi colpi si\ fiero e si\ forte, che comincio\ a dubitar della morte. E quando egli ebbe un pezzo combattuto, disse: #_ Baron, l' un di noi de/e morire. Dimmi il tuo nome, ch' almen conosciuto t' abbi, s' io debbo alla fine perire $_. Disse Rinaldo: #_ Questo par dovuto. Da Montalban Rinaldo mi fo dire $_. #_ Ah $_, disse Fuligatto, #_ se' tu desso colui ch' a tutto 'l mondo e\ noto esplesso? Odo che se' di casa di Chiarmonte; odo che hai tre buon fratei carnali; odo che tu uccidesti Fieramonte; odo se' il fior de' guerrier naturali; odo se' nievo a Buovo d' Agrismonte; odo in battaglia piu\ che gli altri vali; odo che hai Frusberta, il nobil brando; odo che se' cugin del conte Orlando. Io son della tua fama innamorato $_; e disse tanto, che Rinaldo va, amico suo, fratello e congiurato, drento al palagio, e grande onor gli fa. Poi s' accordorno mutar luogo e fato; e Fuligatto il suo palagio arso ha, dicendo: #_ Mai piu\ uom vo' che qui vegna, dove stata e\ la tua persona degna. Andianne ove ti piace alla ventura $_. In questo un gran serpente ch' era piatto si scuopre, quando al cul sente l' arsura; aggraticciossi al collo a Fuligatto, tanto {t} ch' e' {/t R; che A} tramorti\ per la paura. Rinaldo {t} colla {/t R; con la A} spada tanto ha fatto che finalmente gliel levo\ da dosso, ma prima gli taglio\ la carne e l' osso; ed anco poi {t} colla {/t R; con la A} coda pur guizza. Fuligatto parea che fussi morto, donde Rinaldo avea gran duolo e stizza restar soletto; e dolevasi a torto, che/ Fuligatto alla fine si rizza. E risentito e ripreso conforto e ringraziando que' che in Cielo stanno, pel gran deserto alla lor via ne vanno. E poi che molto furon cavalcati, due {t} li%on {/t A; lion R} morti in un luogo foresto nel mezzo della strada hanno trovati. Disse Rinaldo: #_ Che vorra\ dir questo? Questi {t} li%on {/t A; lion R} chi ha cosi\ ammazzati? $_. Ma Fuligatto se n' accorse presto, e disse: #_ E' fia Spinardo sanza fallo, che dicon ch' e\ mezzo uom, mezzo cavallo. Nel Monte Periglioso suole stare: per certo noi dobbiamo esservi presso; una fromba e tre dardi suol portare $_. Disse Rinaldo: #_ E' sara\ stato desso. Non si potre' questa bestia trovare? $_. Rispose Fuligatto: #_ E' suole spesso tra questi boschi andar cercando prede $_; e intanto una bandiera appresso vede, con certi Macometti, molto strana. Cominciono a studiare allora il passo. Questo Spinardo stava in una tana nascoso come l' orso o come il tasso. Sente venire il cavallo e l' alfana: {add} subito {/add; su\bito R A} misse nella fromba un sasso e prese i dardi ed assalto\ costoro e mugghia e soffia che pareva un toro. L' alfana per le mugghia e\ spaventata; non la potea Fuligatto tenere; poi disse, quando e' l' ha rassicurata: #_ Io vo', Rinaldo, mi facci un piacere: s' io uccidro\ questa bestia sfrenata, tu creda in Macometto, che/ e\ dovere; se tu l' uccidi, la tua fede vaglia; ma che mi doni la prima battaglia $_. Rinaldo rispondea ch' era contento. Ma ogni cosa ha sentito Spinardo: rise fra se/ di tal ragionamento e de/tte a Fuligatto con un dardo, nel braccio tutto gliel ficcava drento. Rinaldo s' arrecava a Bellosguardo e vide Fuligatto sbigottito cader giu\ dell' alfana tramortito. Grido\: #_ Pagan traditor, c' hai tu fatto? Tu se' bestia per certo e traditore. Ma, per Dio! che, se morto e\ Fuligatto, io ti trarro\ colle mie mani il core $_. Non gli rispose Spinardo a quel tratto: diserra un dardo con molto furore e tra le gambe passa di Rinaldo e fischia come serpe quando e\ in caldo. Rinaldo grida: #_ Io ne faro\ vendetta. Se tu se' pazzo, io non son Salamone $_. Questo Spinardo il terzo dardo getta: Rinaldo trasse d' uno stramazzone, e poi che l' aste taglia, con gran fretta si difilava a lui come il falcone quando ha veduto i colombi o le starne, ovver come il {t} li%on {/t A; lion R} che vuol far carne; e fu tanto il furore e la tempesta, che 'l po\rfiro affettato arebbe allora. e {t} colla {/t R; con la A} spada gli fe/sse la testa, perche/ la furia e la rabbia lavora; ed anco quivi Frusberta non resta: fe/ssegli il collo e tutto il busto ancora, dove la bestia e\ congiunta coll' uomo. e morto fece in su la terra un tomo, e nel cader, con ira molto acerba grido\: #_ Macon, s' io non son vendicato, Lucifero il suo luogo giu\ ti serba $_. Rinaldo a Fuligatto e\ ritornato e la ferita gli sano\ con erba, come piacque a Colui che gli ha insegnato. Ma Fuligatto, come e' fu guarito, era a veder come un cieco smarrito, e come pazzo a Rinaldo n' andava e {t} colla {/t R; con la A} spada lo vuol ristorare del beneficio ed un colpo menava. Rinaldo il colpo non ista\ aspettare, perche/ e' conobbe colui vagillava, e lascialo a suo modo disfogare. Ma Fuligatto si ravvide presto e chiese perdonanza assai di questo. Disse Rinaldo: #_ Chiedi pur merzede a quel Signor che la grazia t' ha fatto $_; e comincio\gli a predicar la Fede, tanto che fu contento Fuligatto e disse che in Gesu\ si fida e crede, ed osservo\, come e' promisse, il patto. Rinaldo a una fonte lo battezza e quivi co' dottor si scandalezza: ed uno e tre e Padre e Figlio e Verbo, e lo Spirito Santo poi incarnato e preso come noi carne osso e nerbo, e crocifisso e poi nel Limbo entrato per liberarci dal peccato acerbo del primo padre pel pome vietato, e disse di Giosef e di Maria, e fece un lago di teologia. Poi rimontorno a cavallo ed a alfana. Ora e\ qui stato alcun ch' ebbe credenzia che Rinaldo il gitto\ nella fontana, disavveduto, per la gran potenzia, che/ non pote/ ritener ben la mana: non so s' io me l' appruovo per sentenzia, che dicon ch' e' vi bevve piu\ d' un sorso, se non che e' fu da Rinaldo soccorso. Lascia\gli pure andare al lor cammino. Avevon gia\ passata una montagna di notte e come apparve poi il mattino vidon molti pagan per la campagna. Disse Rinaldo: #_ O giusto Iddio divino, che gente e\ questa si\ feroce e magna? Or ti conosco, car mio Fuligatto: non mi lasciar, fratello, a questo tratto $_. Disse colui: #_ Non creder ch' io ti manchi: morte da te mi puo\ divider solo; dove tu andrai sarotti sempre a' fianchi. {add} Andian {/add; Andia\n R A} pur presto assaltar questo stuolo, che/ io per me gli stimo men che i granchi $_. Ecco il signor che innanzi viene a volo; fannosi incontro a questo capitano e salutorno e cosi\ {t} fe' {/t A; fe/ R} il pagano. Domandorno il pagan com' egli ha nome. Rispose: #_ Io son d' Ulivante Pilagi. A Saliscaglia vo a posar le some, perche/ Rinaldo e' suoi fratei malvagi offeso m' hanno non ti dico come, datoci morte e tormenti e disagi, ed or si vanno colle dame a spasso; ma insin di qua si sentira\ il fracasso. Cotesta alfana, per Macon! m' attaglia $_. Disse Rinaldo: #_ Ed a me il tuo cavallo $_. Disse il pagan: #_ Provia\gli alla battaglia $_. Disse Rinaldo: #_ Suona pur, ch' io ballo $_. #_ Io vo' ch' ella mi porti a Saliscaglia $_. #_ Tu farai, innanzi vi sia, piu\ d' un callo $_. #_ Io vi saro\ e faro\ mia vendetta $_. Disse Rinaldo: #_ Come n' hai tu fretta! $_. #_ E' fu sempre un ribaldo, un traditore $_. Disse Rinaldo: #_ Io me ne maraviglio; sentito ho ragionar del suo valore: non gli saresti, Pilagi, famiglio $_. #_ Dunque tu vuoi pigliarla per suo amore? $_. Disse Rinaldo: #_ E per suo amor la piglio $_. #_ Piglia del campo $_, rispose il pagano; e volse un suo morel tutto balzano. Rinaldo non istette a pigliar lucciole; volto\ il cavallo in aria con un salto per dare al saracino altro che succiole, ma come e' giunse in sul bel dell' assalto, o che 'l destriere inciampi o ch' egli sdrucciole, si ritrovo\ con esso in su lo smalto, e quando e' vide pur che non si rizza, l' uccise con un pugno per istizza. #_ Maladetto sia tu $_, dicea, #_ rozzone! Maladetto sia l' orzo ch' io t' ho dato! Maladetto sia il fien, caval poltrone! Maladetto sia io che t' ho stregghiato! Maladetto sia il tuo primo padrone! Maladetto sia mai chi t' ha allattato! Maladetto sia l' erba c' hai pasciuto! Maladetto sia il di\ ch' io t' ebbi avuto! $_. Intanto Fuligatto grida forte e {t} colla {/t R; con la A} lancia in su la resta viene e disfidato avea Pilagi a morte e {t} cogli {/t R; con gli A} spron sollecitava bene; e come dato per fato era e sorte, la lancia gli cacciava per le rene e traboccato morto e\ in su la terra: donde per questo appiccata e\ la guerra. Egli avea diecimila combattenti; addosso a Fuligatto ognun si volse. Rinaldo d' ira diruggina i denti e di Pilagi il balzan presto tolse; e come l' orso irato tra gli armenti, il sacco in tutto di sua furia sciolse, e mai non fu quanto quel di\ gagliardo, ma e' si dolea che non avea Baiardo. #_ Dove se' tu Baiardo mio? $_, diceva; e sempre tonda menava Frusberta; a mosca cieca quel tratto faceva; tristo a colui ch' aspettava l' offerta! E braccia e capi balzar si vedeva; tutta la terra pareva coperta di gente smozzicata saracina, da poter far mortito o gelatina. L' un sopra l' altro a traverso giu\ balza; non si {t} fe' {/t A; fe/ R} mai di bestie tanto strazio, tanto che 'l sangue alle cinghie quivi alza e pur Rinaldo non pare ancor sazio. Gia\ per fuggire era piano ogni balza, ma non avevon con lui tanto spazio; e Fuligatto assai n' avea distrutti, tanto che morti o fuggiti son tutti. E poi che fu la battaglia finita, e Fuligatto una vesta vedia ch' avea Pilagi, ed halla a se/ vestita, che in campo bianco un {t} li%on {/t A; lion R} nero {add} avia. {/add; avi\a. R A} Rinaldo tanto gli parve pulita, ch' un' altra presto per se/ ne volia. E lascian questa gente morta e afflitta, e ritornorno alla lor via diritta. Tutto quel giorno cavalcato avie/no per boschi, per burron, per mille chiane, e non s' avevon messo nulla in seno; saltato in aria arebbono a un pane, che/ vi vedean come l' arcobaleno la fame. In questo e' senton due campane e scorson dalla lunga un romitoro, che non facea mai festa sanza alloro; piu\ tosto sanza pane o cacio o carne; de' pesci avea, ch' egli sta sopra un fiume. Al romitoro si studiano andarne, che/ per la fame non veggon gia\ lume: parranno loro i pesci piu\ che starne; la porta bussan, come era costume. Venne un romito e disse: #_ {it} Ave Maria {/it} $_. Disse Rinaldo: #_ Se del pan ci fia; se non, lodato sia quello agnol nero $_. Disse il romito: #_ Se\te voi cristiani? $_. Disse Rinaldo: #_ Questo abbi per vero. Aresti tu da darci almen due pani, per Dio, romito? Ch' abbiamo il sentiero per questi boschi smarrito si\ strani $_. Disse il romito: #_ Di voi assai m' incresce ch' io non ci ho pan, ma e' ci sara\ del pesce $_. E poi toglieva una sua rete in collo, e disse: #_ Intanto qui vi poserete e fate il fuoco mentre ch' io m' immollo; so che de' pesci io n' empiero\ la rete, tanto ch' ognun di voi sara\ satollo; e de' sermenti pe' cavalli arete $_. Cosi\ smontorno, e de/ttono a' cavalli certi sermenti dur piu\ che coralli. Questo romito molti pesci prese ed {t} e/mpiene {/t R; empiene A} la zucca e 'l pellicino. Rinaldo e Fuligatto il fuoco accese. Torna il romito e va per trar del vino; un angel presto dal Ciel giu\ discese, e disse: #_ Porterai {add} su {/add; su\ R A} al paladino, quale e\ Rinaldo, questa mia vivanda, e {add} di' {/add; di\ R A} che il suo Gesu\ dal Ciel la manda $_. Torna il romito e presenta a costoro questa vivanda piena di dolcezza e dice come Iddio la manda loro, donde ciascun ripien fu d' allegrezza; ben parea certo dello etterno coro: vedi che Cristo i suoi fedeli apprezza! Dicea il romito: #_ Statevi a vostro agio; ma a mio parer vi sara\ assai disagio $_. La casa cosa parea bretta e brutta, vinta dal vento, e la natta e la notte stilla le stelle, ch' a tetto era tutta; del pane appena ne de/tte ta' dotte; pere avea pure e qualche fratta frutta; e svina e svena di botto una botte; poscia per pesci, lasche prese all' {t} e/sca {/t R; esca A}; ma il letto allotta alla frasca fu fresca. Lascia\gli come il bruco in su le frasche, Rinaldo e Fuligatto, insino al giorno, ch' a questo modo smaltiran le lasche e il mosto e cio\ che la sera mangiorno; perch' altra fantasia par che mi nasche: sento di lungi chiamarmi col corno, e suona quel che chiama, quanto puote, che/ qui comincian le dolenti note. O Ricciardetto, ove t' ho io lasciato? Tu non sai, lasso, del futuro ancora. Ome\, ch' io veggo il mondo avviluppato! Un serpente esce della terra fora con sette bocche, e fuoco ara\ gittato, e molta gente con esse divora: fara\ tremar le mura di Parigi, e Montalban, che v' e\ sol Malagigi. Non creder vendicato il Veglio sia; ben surgera\ di lui qualche rampollo e tanta gente per lui morta fia, ch' ognun di sangue si vedra\ satollo. Andra\ sozzopra tutta Pagania; io sento gia\ della rovina il crollo; e fia sentito insin giu\ d' Acheronte, perche/ spianar si vedra\ piu\ d' un monte. Parra\ che in Giusaffa\ dica la tromba: #_ Venite tutti all' etterno giudicio; uscite del sepulcro e della tomba; recate il bene scritto e 'l malificio $_. Ome\, gia\ negli orecchi mi rimbomba! Io veggo rovinare ogni edificio, ne/ pietra sopra pietra rimanere, tanto che Giove potrebbe temere. Veggo i {t} li%oni {/t A; lioni R} uscir delle spilonche e tigri e l' altre fiere aspre arrabbiate, e tante lance andar per l' aria tronche e pianger le fanciulle scapigliate, uscir gli spirti delle infernal conche e degli abissi l' anime mal nate. Tu ti darai ancor pace, ome\, meschina Gerusalem, se 'l tuo {t} Si%on {/t A; Sion R} rovina? Io veggo tutta in arme Bambillona e gli stendardi gia\ levati al vento: non e\ contenta Antea della corona, non e\ del padre suo lo sdegno spento: gia\ mosso e\ il campo e la tuba risuona. O Carlo, presto sarai in gran tormento. O Iddio, la terra gia\ triema e l' abisso: credo Tu sia di nuovo crocifisso. Io veggo il sole oscurare e la luna, e, come a Giosue\, fermarsi accenna. Oh, quanta gente in Francia si raguna! Correra\ sangue il gran fiume di Senna. Ben si sfoga a suo modo la Fortuna e fiacca in terra e in mar piu\ d' una antenna. {t} Diren {/t R; Dire/n A} quel che segui\ nel nuovo canto con la virtu\ del Santo, Santo, Santo. Non chi comincia ha meritato, e\ scritto nel tuo santo Evangel, benigno Padre: convien che tu mi tragga fuor d' Egitto, per gire in parte di salute madre. Il popol de' cristian fia presto afflitto: aiuta tu le tue fedele squadre, ch' io non posso altro far che la mia penna tosto non bagni nel sangue di Senna; e benche/ il ver malvolentier qui scriva, convien ch' io scriva pur come altri scrisse, per non far come all' alta storia argiva: Omer troppo essalto\ gli error d' Ulisse, e del figliuol famoso della diva non so se il vero appunto anche si disse. Accetta il savio infin la vera gloria: e cosi\ seguiren la nostra istoria. Rinaldo e Fuligatto e Ricciardetto, Guicciardo, Alardo si ritroverranno, ne/ so quando si fia; non l' ho ancor detto: per molti error pel mondo insieme andranno. Non fu questo al principio mio concetto; pertanto a Montalban si torneranno e quivi finiran gli ultimi giorni, e chi non vuol tornar di lor, non torni. Non so se Fuligatto Montalbano vedra\, che/ pel cammin forse fia morto. Io cominciai a cantar di Carlo Mano: convien che 'l mio cantar pur giunga in porto, e ch' io punisca il traditor di Gano d' un tradimento gia\ ch' io veggo scorto cogli occhi della mente in uno specchio; e increscemi di Carlo, che e\ pur vecchio. O Carlo, avventurato presto in Cielo, tu sarai tribolato al mondo ancora, che pur pensando al cor mi nasce un gelo! Tornato e\ Gano e notte e di\ lavora, che/ il mal del traditor ne va col pelo; e Carlo al modo usato crede, e ignora che il traditor si stia maggese o sodo e non pensassi ogni malizia e frodo. Del Veglio, il gran sir gia\ della Montagna, rimase un figliuol detto Buiaforte, e per paura si fuggi\ in Ispagna e il re Marsilio lo tenne in sua corte, perche/ l' alta regina egregia e magna Antea cercava di dargli la morte e molto il persegui\ colle sue squadre, recordata dell' odio del suo padre. Venne costui nell' arme valoroso, ma molto fu superbo ed arrogante, e in piccol tempo divento\ famoso e fece assai per la fede affricante. Portava un baston duro e ponderoso ed avea membra quasi di gigante; e molto amava il re Marsilio questo, come altra volta fia piu\ chiaro il testo. Intanto la gran fama in tutto suona della reina glori%osa Antea, che adorar si facea in Bambillona, ne/ piu\ Semiramisse si dicea. Ella tenea lo scettro e la corona dell' Oriente e pur nel cor avea la morte del suo padre e tempo aspetta contra a' cristian per far crudel vendetta. Ed ogni volta ch' ell' andava a mensa, gli era il pan sottosopra innanzi {t} vo\lto {/t R; volto A}, che denotava del Soldan l' offensa e l' odio che nel petto avea sepolto. Proverbio e\: chi ben siede, alfin mal pensa. Ebbe pur loco il suo pensiero stolto, che/ nel cor femminil puo\ molto sdegno; e Ganellon vi misse ogni suo ingegno. Era tornato, come io dissi, Gano e molte volte lettere avea scritto e rinnovato l' odio del Soldano, e che Rinaldo si sta per lo Egitto, e come molto vecchio e\ Carlo Mano, ch' omai si potea dir per gli anni afflitto: ch' addirizzassi sua famosa insegna in Francia, e presto con sua gente vegna. Teneva Antea gran corte e baronia: e chi piu\ crede poi poter, piu\ erra. Chi una cosa, chi altra dici\a, che si dovessi a' cristian muover guerra; e ricordava ognun la villania come Morgante avea guasta la terra e come Orlando pose il campo a torto e fu cagion che il lor signor sia morto. E tutti infine un di\ fecion concilio, dove l' alta regina ed ognun disse; ed accorda^rsi scrivere a Marsilio che inverso Francia con gente venisse, apparecchiassi tutto il suo navilio e dalla parte di Spagna assalisse; e intanto Antea a Parigi verrebbe e gran vendette ognun di lor farebbe. A Siragozza questa impresa piace; e perche/ egli era in Francia imbasciatore re Bianciardino e trattava la pace tra re Marsilio e Carlo imperatore, poi che questo altro parer fu capace, fu rimandato per esso a furore e che tornassi battendo le penne; e colle trombe nel sacco ne venne. Ed ordino\ gran popol saracino il re Marsilio e per terra e per mare; ma ritornato, il savio Bianciardino comincio\ questa impresa a sconfortare, e seppe insino a' tempi di Pipino tante cose a Marsilio ricordare, che gli mostro\ la guerra assai dubbiosa e consigliollo alfin di stare in posa. Era pur savio il re Marsili%one e molto a Bianciardin prestava fede e raffreddossi, intese le ragione; e scrisse ' Antea che 'l tempo nol concede, ch' avea da Carlo Man buona intenzione (e cosi\ Bianciardin diceva) e crede che in piccol tempo sua Corona magna fara\ la pace e rendera\ la Spagna. Avea Carlo la Spagna racquistata per coronarne il suo nipote e conte, e di tutta Araona e di Granata; e Ferrau\ morto era gia\ in sul ponte; ma perche/ questa e\ cosa assai vulgata e tante lunghe istorie ne son conte, ritorneremo alla reina Antea, che di nuovo a Marsilio rescrivea. Ma poi che in mezzo di tutto il consilio aperte e lette le lettere furno, fu la risposta fatta da Marsilio, che teneva e di piombo e di coturno e molto piacque a tutto il suo concilio; e disse, come Diomede a Turno, che si penteva del tempo passato, che/ poco aveva con Carlo acquistato. Iscrisse adunque la reina a Gano che dovessi aguzzar tutti i suoi ferri e come il re Marsilio spera invano e Bianciardin gli par di lunga l' erri che rendessi la Spagna Carlo Mano e mostragli per datter men che cerri; che il confortassi a dargli aiuto e presto, che/ il tempo accomodato proprio e\ questo. Or chi vorra\ insegnare al traditore commetter qualche scandol, qualche frodo, sara\ come chi insegna al buon sartore tener l' anello in dito o fare il nodo. Non e\ guarito Gan del peccatore, e scrisse al re Marsilio in questo modo: #_ Salute in prima al gran signore ispano manda il suo caro umi\l servitor Gano. Tu vuoi, Marsilio, far come fa quello che giuoca a scacchi e pensa d' un bel tratto, e poi che l' ha veduto, d' un piu\ bello ricerca e non gli basta scaccomatto. Il lupo vuol far pace con l' agnello e che si scriva per suo dato e fatto, e statico il monton sia dato e' cani: e tu sarai quel desso e' tuoi pagani. {t} Loi%ca {/t A; Loica R} non e\ questa; ognun la intende, salvo che Bianciardin che tu mandasti, il qual forse costi\ del senno vende, ma qui non n' arreco\ tanto che basti. Non so come le cetere or distende, ma perche/ molto me lo commendasti, io feci piu\ che tu non hai richiesto e conferi' quel che non era onesto, e dissi pur che non credessi a Namo e molto meno al duca di Brettagna, ch' ognun ha sotto l' esca il fuoco e l' amo. E' si penso\ recarne in man la Spagna: e m' incresce che qua noi ne ridiamo; e presto arai la pace alle calcagna, cioe\ Orlando, il nipote di Carlo, che/ tutti siam d' accordo a coronarlo. Tu hai pur tanto tempo combattuto con Carlo che oramai debbi sapere che vorrebbe dal Ciel qualche tributo, poi che Fiovo suo ebbe le bandiere; o forse Bianciardino e\ troppo astuto e non ti lascia ogni cosa vedere: pero\ se appresso a te quel savio tiensi, fa che tu anche come savio pensi: ch' io non ho Bianciardin per uom si\ grosso che e' creda che la Spagna si rendesse, e pero\ il capo ritrovar non posso del filo a questa tela che si tesse; ma so che presto Orlando ti fia addosso, che/ molto son qua larghe le promesse di dargli in ogni modo la corona di Granata e di Spagna e d' Araona. Vero e\ che a questi giorni intesi cosa che allor te giudicavo piu\ che saggio, e come Antea, la reina famosa, con molta gente in qua facea passaggio; ed era il tempo, a voler {add} co^r {/add; co\r R A} la rosa, appunto come al principio di maggio; e credo ancor tu sentirai lo scoppio: pensa, col tuo favor, se egli era a doppio. Tanto e\ che Carlo non fu poi piu\ lieto, e credo ancor che Orlando abbi paura; ma e' sa simular come discreto e tuttavolta a' remedii procura; e se vuoi pur ch' io dica ogni segreto, e' triemon qua di Parigi le mura, ed ognun gia\ se gli arriccia la chioma, che 'l barbaro Aniba\l par vadi a Roma. Or non bisogna al prudente consiglio. Io so che tu cognosci il {t} Mai%netto {/t A; Mainetto R}: tu lo tenesti in corte come figlio e riscaldasti la serpe nel petto: io veggo il regno tuo con gran periglio, ed arai presto a pigliar pel ciuffetto un gran {t} li%on {/t A; lion R} che ti parra\ rapace: questo fia forse e la Spagna e la pace. Or {add} di' {/add; di\ R A} a Bianciardin dunque a tua posta, ch' io non so ben se ti consiglia o sogna, e non mandare indrieto altra risposta. Iscrivi ' Antea, che/ so che ti bisogna; e pensa ben che, se Orlando s' accosta, la sua corona e\ tua mitera e gogna e tutto il popol tuo veggo in essilio. Ora io t' ho detto il mio parer, Marsilio $_. La lettera a Marsilio porta un messo, il qual trovo\ dove era, a Siragozza; bacio\e la mano, in terra genuflesso, che presto gli vorrebbe veder mozza. Marsilio cognoscea il sigillo impresso, e lesse, e il messo impicca per la strozza, che/ intese, come pratico e discreto, quel #_ Non mandare altra risposta indrieto $_. E scrisse a Bambillona alla reina ch' avea mutata nuova opini%one e tutta la sua gente saracina apparecchiava sotto il gonfalone, e parte ne fia presto alla marina e centomila o piu\ sopra l' arcione e Balugante fia suo capitano; e mando\gli la lettera di Gano. #_ Ah $_, disse Antea, #_ tu se' pure il maestro de' tradimenti, Gan! Ma s' io ritorno in Francia piu\, t' appicchero\ il capestro! $_. E tutte le sue gente s' assettorno, si\ che gli arcier, sanza numero equestro, dugentomila o piu\ si rassegnorno, di Persia e quasi di tutta Soria, d' una bella e forbita compagnia. Non si ricorda Antea piu\ di Rinaldo: sapea che per lo Egitto era gia\ vecchio; era passato quel si\ ardente caldo e tuttavolta attende al suo apparecchio. Intanto Gano ostinato e ribaldo, attento sempre teneva l' orecchio e dubitava di cio\ che gli e\ detto, che/ e' non e\ traditor sanza sospetto; ed ordinava ogni di\ feste e giostra accio\ che ognuno attenda a sollazzare, e sempre il primo, caldo si dimostra ch' Orlando si dovessi coronare: #_ Questo e\ pure il campion della fe/ nostra! $_, dicea con Carlo, e sapea simulare, e cio\ che e' dice in mezzo il cor gli tocca, che par che gli esca San Matteo di bocca e Luca e Marco e Giovanni e poi Cristo. O traditor malvagio, o Scari%otto, tu n' hai pur fatte piu\ che Giuda a Cristo! Ma non sanza cagion si dice un motto: che il sabato non paga sempre Cristo: e' non vi fia poi infine un quattrin rotto; non e\ del pagamento il tempo giunto: Colui che il tempo {t} fe' {/t A; fe/ R}, sa il tempo appunto. Carlo si stava in Parigi contento; era gia\ vecchio e pur canuto e bianco; pensa che in Gano il mal seme sia spento e pur se non e\ sazio, almen sia stanco; ma egli aveva a ogni piaga unguento e 'l coltel tossicato sempre al fianco; e lascera\ la pelle omai col vezzo, e non e\ peggior mal che quel da sezzo. Intanto le novelle son venute come Marsilio raguna gran gente e molte nave in mar gia\ son vedute che s' apparecchion continovamente; ma non son le malizie cognosciute di Gano: ancora ignun non sa ni%ente; vero e\ che la partita cosi\ su\bita di Bianciardin fa ch' ogni savio dubita. Carlo {t} fe' {/t A; fe/ R} tutto il consiglio chiamare, e Ganellone il primo fu in bigoncia e seppe come e' suol ceramellare e le sue maliziette in modo acconcia, che Carlo ancor se ne lascia menare. Ma Turpin savio la ballata sconcia, e disse: #_ Gan, tu puoi dire a tuo senno, che/ non s' accordan le parole e 'l cenno $_. Riprese adunque Namo le parole: ando\ per molte vie girando quello e {t} ri%usci\ {/t A; riusci\ R} poi infine dove e' vuole e rovescio\gli in capo un gran cappello. Il duca Astolfo fece come e' suole; non aspetto\e che si tocchi il zimbello, e disse: #_ Ganellon, tu ne fai troppe e non sai ben che le bugie son zoppe e pero\ si cognosce a quelle il vero $_. Ma dopo Astolfo il conte Orlando disse: #_ O Gan, questo ermellin sara\ poi nero. Meglio era il primo di\ che tu morisse, anzi nato non fussi al nostro impero! Quanto mal, quante guerre, quante risse son per te seguitate, orrendo mostro, nimico a Dio ed infamia al secol nostro! $_. Aveva il signor prima di Brettagna consigliato: #_ A me par che innanzi tratto, sanza saper se ci e\ dolo o magagna, s' impicchi Ganellon; che/ fia pur fatto noi daremo un di\ tutti in una ragna come stornegli in qualche luogo piatto $_. Ma non fu ben questa parola intesa, che/ presto in Roncisvalle sara\ tesa. Rizzossi dopo Salamone Avino, perche/ Gan si scusava, e disse: #_ Aspetta: non ti vidi io parlar con Bianciardino nell' orto e in qua e in la\ far la civetta? Che dicevi tu i salmi o il mattutino? Va impi\ccati tu stesso alla giubbetta, ch' io non so come la terra sostienti! Non se' tu sazio ancor di tradimenti? $_. Disse il Danese: #_ Ascolta un poco, Gano: quel di\ che Bianciardin ti disse: #" Taci $", e strinseti (io ti vidi pur) la mano, per certo tu trattavi altro che paci! E' m' incresce tu ciurmi Carlo Mano, che non cognosce ancor di Giuda i baci; ed io gia\ veggo le lanterne e' fusti, come reo traditor che sempre fusti $_. Gano alfin pure al Danese rispose: #_ Io son sempre il berzaglio a ogni mira; ognun fa sopra me sue belle chiose. Non mi riprenda il mio signor con ira. Con Bianciardino io dissi molte cose, come l' una parola un' altra tira e balza a' testamenti nuovi e vecchi: tu ci sentisti perche/ avevi orecchi. E nel giardino un di\ sendo rimasi, dove Avin m' ha veduto civettare, mi conferi\ suoi fatti e certi casi, come suol l' uno amico all' altro fare, per consigliarsi; e non vi stemo quasi. Colui che e\ giusto non suol dubitare: al peccator suol ben parer l' un, due, e ch' ogni mosca sia per l' aria un grue. Io mi son Carlo a sofferire avvezzo ed ho fatto buon gusto e buon orecchio; e quando il falso attorno e\ ito un pezzo, convien che il vero appaia in ogni specchio. Cosi\ fussi quel giorno stato il sezzo ch' i' venni in corte, ov' io mi trovo vecchio, lasciata la mia patria e qualche regno, per riportarne ingratitudo e sdegno! Io me n' andro\ cosi\ vecchio in Maganza, e qualche volta, poi ch' io saro\ morto, cognosciuta sara\ questa arroganza che mille volte m' ha incolpato a torto. Tu hai dato a costor troppa baldanza, o Carlo, o Carlo; e la pena io ne porto. Ma infin tra' can si restera\ la rabbia, ch' io faro\ ben: chi pensa mal, mal abbia! $_. Disse Ulivieri: #_ Ah, traditor ribaldo! Io scoppio, Carlo, io non posso tacere. E' si par ben che non c' e\ piu\ Rinaldo, ch' e' ti farebbe ancor l' olio tenere $_. E non pote/ per ira star piu\ saldo, e levossi turbato da sedere e de/tte al conte Gano una guanciata che nel viso e nel cor riman segnata. Ah, Ulivier, tu il piangerai ancora in Roncisvalle e sarai mal contento! Questo e\ quel di\ che Maddalena adora e sparge a' piedi il prezi%oso unguento: questa ceffata e\ foco che lavora, che fia col sangue de' cristiani spento; vedrai che in Ganellon puo\ questo sdegno tanto, che 'l Cielo ancor ne fara\ segno. Era Ulivieri alle volte superbo. Gan bisogno\e ch' avessi pazi%enzia, e disse: #_ Va pur la\, ch' io te la serbo. Carlo, questo m' e\ fatto in tua presenzia $_ e dipartissi sanza dir piu\ verbo. Carlo gridava: #_ Ah, poca reverenzia! Superbo, arroganton, bestiale e matto! Io ti faro\ quel che tu cerchi, un tratto $_. Disse Ulivieri: #_ A te si vorre' dare tanto in sul cul che diventassi rosso, e farti a Gano, il tuo mignon, frustare, che t' ha sempre trattato come uom grosso $_. Carlo si volle di sedia levare e trasse il pugnal fuor per irgli addosso: se non che Orlando al marchese di Vienna che si levassi dalla furia accenna. Poi disse a Carlo Magno il suo parere: che tempo non gli par da perder tempo, ma che si debba al caso provedere accio\ che i lor {t} remedii {/t R; remedi A} sieno a tempo, e che il consiglio dovessi a sedere l' altra mattina ritornar per tempo, da poi ch' egli era la sera adirato, che/ chi s' adira non e\ consigliato. E perche/ molti {t} au%ttori {/t A; auttori R} hanno detto che Ulivier die\ la ceffata a Gano quando e' fu poi con Bianciardino eletto, parmi che il lor giudicio sia qui strano a mandar con isdegno e con dispetto a trattar pace col gran sire ispano un traditor come era Ganellone, e scambian Bianciardin da Falserone. In questo tempo arrivava a Marsilia una nave {t} transcorsa {/t R; trascorsa A} per fortuna, e raccontava una trista vigilia di mala festa, che non si digiuna; e come Antea gia\ ben trecentomilia a Bambillona e per tutto rauna, e come in Francia la guerra e\ giurata e tuttavia s' apparecchia l' armata. Il perche/ Carlo il consiglio chiamo\e e i paladini e il lor parere intese; e parve a tutti, e cosi\ si fermo\e, che si mandassi in Ispagna il Danese, perche/ gia\ Macometto la\ adoro\e e sapeva il costume del paese; e che menasse per ogni respetto Astolfo e Berlinghieri e Sansonetto. Ed ordino\ per tutta Francia Orlando le citta\, le fortezze e le castella, insino alla marina capitando, accio\ che fussi preparata quella; e fece in ogni parte andare il bando ch' ognun presto sia in punto in su la sella e tutti i franchi arcier sieno a Parigi dinanzi a Carlo il di\ di san Dionigi. E in poco tempo raccozzato fue della Franca Contea, di Normandia, Silanda, Ilanda e l' altre isole sue, da Rossiglion, Navarra e Piccardia e d' altri luoghi, centomila o piu\e. Giunse a Parigi questa compagnia di molte lingue e di molti paesi, conti, pri\ncipi assai, duchi e marchesi. Ma innanzi che i cristian sieno assembrati, arrivata e\ la gente saracina in molti porti e per forza smontati ed occupavan tutta la marina: verso Parigi si son dirizzati sotto l' insegne della lor reina e cuopron le montagne e' colli e' piani, guastando tutti i paesi cristiani. Aveva Antea menati dua giganti ch' eran venuti del mar della rena, che non si vide mai maggior briganti: dodici braccia lunga era la schiena; pensa che il resto poi sia due cotanti; e portavan due coste di balena, e dove e' giungon, dinanzi o di dietro, ogni arme sgretolavan come vetro. Eran questi giganti molto fieri Cattabriga chiamati e Fallalbacchio: gli uomin parean fantaccini di ceri; e tristo a quel ch' aspettera\ il batacchio, che/ e' levera\ la mosca di leggieri e sopra l' elmo schiaccera\ il pistacchio; e innanzi a tutta la turba venie/no e par che triemi lor sotto il terreno. Vengon costor, saccheggiando e scorrendo, verso Parigi, ogni cosa rubando, castelli e ville e borghi e case ardendo come e\ usanza e le donne sforzando, uomini e bestie e fanciulli uccidendo; della qual cosa e\ mal contento Orlando quando senti\ la lor bestiale ingiuria e rassettava le sue gente a furia. Diceva Gano: #_ Or non sono io quel desso c' ho fatto questa volta i tradimenti! Fa sempre bene e giudica te stesso $_. Ah, traditor, tu sai che tu ne menti! E sempre intorno a Carlo era il piu\ presso, dicendo: #_ Imperator, di che spaventi? Non dubitar quando e' c' e\ il conte nostro $_; e piu\ fedel parea che il paternostro. Gia\ eron presso a quattro leghe o manco i saracini e i giganti con loro, e il capitano e\ innanzi, ardito e franco, che si faceva chiamar Sicumoro; e gli stendardi il campo avevon bianco, dove era un Macometto, in alto, d' oro; ed Antea lieta si veni\a appressando, ch' avea gran voglia rivedere Orlando. Era apparito in que' di\ gran prodigi, portenti, auguri e segni e casi strani, piovuto sangue per tutto Parigi, urlavan giorno e notte tutti i cani. Intanto a Montalbano e\ Malagigi e vide in gran pericolo i cristiani; venne a Orlando e l' arte sua gittorno e tutte queste cose interpetrorno, e ben cognobbon come Gano e\ quello c' ha fatto questa volta al modo antico per vedere a suo modo un bel macello; ma non e\ tempo or farselo nimico. Intanto Antea s' appressa e 'l suo drappello, che non aggiugne a' giganti al bellico, ma sopra gli stendardi son veduti e dalla lunga due monti tenuti. Diceva Orlando: #_ Questi gigantacci, puo\ far cose si\ grande la natura? Per Dio, Malgigi, fa che tu gli spacci, perche/ e' non son come gli altri a misura $_. Disse Malgigi: #_ Che vuoi tu ch' i' facci? Or non aver de' giganti paura: che dira' tu s' io gli piglio alla pania e tutto il campo per le risa smania? Manda Ulivieri incontro alla reina a saper la cagion del suo venire e perche/ tanta gente saracina condotta ha in Francia per farla morire, che/ cosi\ mostra la nostra dottrina e non potersi a sua posta partire; ma serba nella mente, Orlando, questo, e fa pur che Ulivier cavalchi presto $_. Ulivier, come Orlando disse, ando\e dove era Antea e scese di Rondello e inginocchiossi e poi la saluto\e e cosi\ fece la reina a quello; e poi che si fu ritto, l' abbraccio\e, perche/ Ulivieri ancor gli par pur bello, e disse, poi che per la mano il prese: #_ Ben sia venuto il mio gentil marchese. O Ulivier tu non invecchi mai; ancor dipinta par questa persona! Non ti ricorda quand' io ti lasciai mal contento una volta in Bambillona? E molte volte di te sospirai, benche/ il Soldan ne perde/ la corona e seguito\, come tu sai, la guerra e guasta e\ ancor per Morgante la terra. Cosi\ va questo mondo, Ulivier mio. Or la vendetta d' un tanto signore, lecito e giusto par ch' io la facci io; per la giustizia e pel debito amore combatto, per la fede e pel mio Iddio, per cercar fama e riportare onore; poi mi ricordo di Semiramisse di cui tante gran cose il mondo scrisse. Or lascia\n questo. Che e\ del nostro Orlando? Ch' io non credo, Ulivier, veder quell' ora ch' io sia con seco un poco ragionando, tanto ancor sua prodezza m' innamora. Rinaldo per lo Egitto tapinando sento sen va, che mi dispiace ancora: che/, s' io l' avessi ritrovato in Francia, forse che piu\ non gittava la lancia come quel di\ che tu n' avesti sdegno e tanto spiacque al figliuol di Mellone. E s' io potessi acquistar questo regno, io lo faro\, che/ cosi\ vuol ragione; ma sempre Carlo col suo titol degno istara\ in sedia con reputazione; pero\ che questa alfin non e\ mia opra, ma cosi\ dato, Ulivieri, e\ disopra: prima che noi giu\ combattiamo in terra, e\ fatta su nel Ciel questa battaglia e gia\ fra lor terminata la guerra dove tutto in un tempo si ragguaglia che il futuro e 'l preterito non erra. E increscemi, Ulivier, se Dio mi vaglia, d' aver fatto a cammin pure assai danno; ma tu sai ben come le guerre fanno. Io ho di tanti paesi e si\ strani, gente che Anibal non ne meno\ tante quando e' venne alla guerra de' Romani; qui son linguaggi di tutto Levante, sanza intender l' un l' altro, come i cani. Ma se ci fussi, Ulivieri, or Morgante, noi proverremo questi compagnoni con quel battaglio e con questi bastoni $_. E disse a lor che toccassin la mano a Ulivier, perch' egli e\ buon compagno, e come egli era un famoso cristiano, de' primi paladin di Carlo Magno. Ma l' uno e l' altro gigante villano gli fece prima uno sguardo grifagno e con un atto superbo piegossi e con fatica alla mano accostossi. Ulivier rise e guardo\ in viso Antea ed alzo\ quanto puo\ la mano in suso accio\ che Fallalbacchio non sel bea s' egli avessi piu\ giu\ chinato il muso, perche/ la bocca d' un forno parea; e disse: #_ Io son co' giganti pur uso, ma questi sono, Antea, si\ smisurati, che non mi paion bacalar da frati. Non bisognava, con questi, Nembrotto facessi, per toccare il ciel, la torre, che/ bastava l' un sopra e l' altro sotto, se si potessi in su le spalle porre; ma non l' arebbe un argano condotto. E perche/ insieme ragionare occorre, se vuoi ch' io dica, mandagli via tosto, che/ bestiame mi par da star discosto $_. E poi che molte cose furon dette e partiti costor, disse il marchese: #_ Dunque tu vieni infin per far vendette del gran Soldan, se le parole ho intese. Io non voglio allegarti un #" ben gli stette $" (che/ il vero a tutto il mondo fu palese), perche/ e' m' increbbe di vederlo morto; ma sai ch' egli ebbe della guerra il torto, e Ricciardetto ed io manco\ per poco che da lui non avemo ingiusta pena. Tu eri a Monte Alban qua in festa e in gioco e noi stavamo in carcere e in catena sanza speranza in tenebroso loco dove lume non vien se non balena. Non parve opera degna del Soldano, sendo pur paladin di Carlo Mano. Lasciam la storia star di Marcovaldo e il tradimento che {t} fe' {/t A; fe/ R} l' amostante, che/ sai ben come la notte il ribaldo a torto prese il tuo signor d' Angrante; se non che venne il suo fratel Rinaldo. Or perche/ di' dalle potenzie sante procedon nostre risse al mondo giu\e, cosi\ la morte del Soldan tuo fue. Tu sai che il Veglio fu vostro nimico. Rinaldo per tuo amore ando\ ammazzallo, ma non pote/, che/ a Cristo si {t} fe' {/t A; fe/ R} amico; poi fu quella montagna, egli e 'l cavallo, che predetto al Soldan fu per antico che l' uccidrebbe, e tutto il mondo sallo: pero\, se cosi\ dato era per sorte, incolpa i fati e 'l Ciel della sua morte. Pur, se tu se' cosi\ diliberata di voler del tuo padre vendicarti, non fia la nostra eccellenzia mancata; e se vuoi con Orlando riprovarti, ti mandero\ del guanto la giornata, e credo a questa parte satisfarti; e per tua parte lo salutero\e ed a tua posta mi dipartiro\e $_. Rispose Antea: #_ In ogni modo voglio di nuovo con Orlando riprovarmi, e so ch' io perdero\ pur come io soglio; e del Soldano intendo vendicarmi. Non so se a torto o ragion me ne doglio, ma sia che vuol, che/ debito mio parmi che qualche lancia pur per lui sia rotta, da poi che tanta gente ho qua condotta. Pertanto al tuo signor farai ritorno: saluta per mia parte tutti quanti, massime Orlando; e {add} di' {/add; di\ R A} che elegga il giorno della battaglia, e noi verremo avanti $_; e di nuovo l' un l' altro rabbracciorno. Ma nel partire, i superbi giganti usoron molto i cristian minacciare e che volevon Parigi spianare. Ulivier ritorno\ con la risposta e referi\ ogni cosa a Orlando e come Antea e\ parata a sua posta, e de' giganti veni\a disegnando ch' ognuno avea di balena una costa e quel ch' al partir disson minacciando e che natura gli avanzo\ matera quando ella fece questa tantafera. E come egli ebbe ogni cosa contato, Orlando conferi\ con Malagigi. Disse Malgigi: #_ Fa che al tempo dato in punto sien la gente di Parigi e la battaglia si facci in sul prato, come altra volta gia\, di San Dionigi, ch' io so che Antea con la gente pagana vorra\ fare alto presso alla fiumana. E de' giganti tu ne riderai; tu gli vedrai impaniati come tordi, cosa che piu\ non si vide ancor mai. Fa che in sul fatto tu me lo ricordi, che/ certo so ti maraviglierai. Un' altra cosa fa che non ti scordi: che con Gan nulla non ne ragionassi, che qualche malizietta e' non pensassi $_. Il campo a San Dionigi diputossi, e il di\ che la battaglia era futura con que' giganti Antea rappresentossi, ch' a Marte e gli uomin facevon paura. Carlo si fece la croce e segnossi, e disse: #_ Questo non puo\ far natura: questi son mostri si\ feroci e strani, che poco val qui gli argumenti umani $_. Cosi\ diceva Salamone e Namo: #_ Io credo che gli mandi Satanasso. Per mio consiglio, drento ci torniamo, che non facessin d' uomini un fracasso; facciam che con Orlando noi intendiamo, ch' a lasciar que' baston cader giu\ basso, chi sara\ quel che sotto a lor si ficchi, se fussi bene Atlante o Stambernicchi? $_. Carlo {t} fe' {/t A; fe/ R} presto il nipote chiamare, e disse: #_ A que' giganti hai tu pensato? Che/ l' uno e l' altro a vederlo mi pare qualche corpo fantastico incantato $_. Rispose Orlando: #_ Non ne dubitare, che/ Malagigi ha due volte affermato ch' io lasci a lui de' giganti la briga, e l' un di%avol sai l' altro gastiga $_. Carlo pur gli occhi a' giganti tenea e volentier tornerebbe in Parigi; e per paura ognun si ristrignea, che/ sopra il prato gia\ di San Dionigi vengono innanzi alla gente d' Antea. Orlando s' accostava a Malagigi: vide che quello incantava e borbotta, perche/ e' voleva gittar l' arte allotta. Disse Malgigi: #_ Aspetta un poco, Orlando, tirati addrieto $_. Orlando si scostava. Allor Malgigi veni\a disegnando carattere e sigilli e preparava le {t} candari\e {/t R; candarie A} e' pentaculi: ma quando vennon gli spirti ch' egli scongiurava, tremo\ la terra come vento fossi a l' ai%r tutto in un punto turbossi. In questo in mezzo il prato hanno veduto un uom che parea stran piu\ che Margutte e zoppo e guercio e travolto e scrignuto, e di gigante avea le membra tutte, salvo che il capo era a doppio cornuto; saltella in qua e in la\ come le putte e scherza e ride e piu\ giuochi fa quello ch' un Fracurrado o un Arrigobello; e suona una zampogna o zufolino, ed accostossi a que' giganti e tresca e fa certi atti come scuccobrino e intorno a lor la piu\ strana moresca e spesso toma come un {t} babbui%no {/t A; babbuino R} o come scimia fa la schiavonesca: si\ che e' guardava questa maraviglia l' un campo e l' altro, e ritenea la briglia. A poco a poco questa filostroccola questi giganti tabaccava e sdrucciola, e quel fantin, come chi spesso smoccola, si vede or si\ or no come la lucciola, si\ che comincia a girar lor la coccola, che/ non parea che gli stimi una succiola; ed ognun ride a veder questa chiappola, quantunque ancor non s' intendea la trappola. Hai tu veduto il can con la cornacchia come spesso beffato indarno corre? Ella si posa e poi si lieva e gracchia: cosi\ costor non si poteano apporre (dunque Malgigi ne trarra\ la macchia), ed ogni volta che gli volean porre le mani addosso, egli spariva o sguizza, tal che i giganti scoppion per la stizza. Ma come Antea questo vide, di botto fra suo cor disse: #_ Que' giganti matti non intendon l' inganno che v' e\ sotto: questo e\ di Malagigi de' suoi tratti, che certo il mio disegno m' ara\ rotto $_. Intanto colui pur facea certi atti, e per tentargli nella pazi%enzia le chiappe squaderno\ con reverenzia. Guarda se vuole il Marguttin la baia! E va lor tra le gambe per dispetto, impronto piu\ ch' una mosca culaia. Ecco apparire intanto un bel boschetto, tondo, impaniato come una uccellaia, non falsa illusi%on ma con effetto: le frasche natural, la pania e 'l vischio e la civetta e gli schiamazzi e 'l fischio. Il gigantin nel boschetto si tuffa come il tordo talvolta o altro uccello; poi gli dileggia e fa coppino e struffa, e faceva con bocca e con l' anello. Questi giganti, irati per la buffa, come sparvier si chiuson drieto a quello, e in qua ed in la\ pel boschetto s' avvolsono, tanto che tutte le frasche raccolsono e diventoron due gran cerracchioni co' rami intorno dal vento fiaccati. Or fate lima lima a' mocciconi, che cosi\ tosto si sono impaniati! E' volevon menar pure i bastoni, ma non potean che/ sono avviluppati; gridavon forte con urla feroce, che tutto il campo stordiva alla voce. Disse Malgigi: #_ Andate loro addosso, ch' io non posso altro far con la mia arte $_. Il perche/ Orlando il primo si fu mosso e drieto a lui molta gente si parte, ed accosta^rsi al macchion folto e grosso con lance e dardi e frugavan da parte ed ognun par che si studi e punzecchi; ma bisognava turarsi gli orecchi. Gia\ era tutto il popol di Parigi corso di fuori al romore a vedere; ma poi che pure alla fine Terigi questi giganti non vede cadere, {t} fe' {/t A; fe/ R} come savio e corse in San Dionigi, e sanza in terra scender del destriere calo\e giu\ presto una lampana e prese un torchio e 'l fuoco in un tratto v' accese. Or chi sentissi mugghiare i giganti giurato arebbe, tanto erano in cruccio, che fussin quivi i demo\n tutti quanti. Ma ritornato Terigi in un succio col torchio, ognun s' allargava davanti; ed accostato, come al capannuccio il fuoco a questi appiccava dintorno, e cosi\ in fummo in un punto n' andorno. Questi non furon Sidrac o Misacche, a mio parere, al tempo di Nabucco, che/ 'l fuoco al cul non rispiarmo\ le lacche, come Dio volse, e non parve ristucco da portar l' acqua con le salimbacche. Dunque Terigi e\ de' cristiani il cucco, che/ se' giganti rovinavan giu\e arebbon morti cento uomini o piu\e. Ora e\cci un punto qui, che mi bisogna allegar forse il verso del Poeta: #_ sempre a quel ver c' ha faccia di menzogna $_ e\ piu\ senno tener la lingua cheta, che/ spesso #_ sanza colpa fa vergogna $_; ma s' io non ho gabbato il bel pianeta, come Cassandra gia\ non e\ dovuto che il ver per certo non mi sia creduto. Io veggo tuttavia questi giganti con gli occhi della mente e so ch' i' ho scritto appunto i loro effetti e i lor sembianti, si\ ch' io non parlo simulato o fitto. Venga chi vuol con sue ragioni avanti, ch' io lo faro\ poi alfin contento e zitto, e dira\: #_ Cio\ che l' {t} au%ttor {/t A; auttor R} qui scrisse, par che sia tratto della {it} Apocalisse {/it} $_. Chi mi dicessi: #_ Or qui rispondi un poco: se Malagigi avea questa arte intera, potea pur far, come il boschetto, il fuoco e strugger que' giganti come cera $_; nota che l' arte ha modo e tempo e loco, che/, se la oppini%on qui fussi vera, sare' troppo felice un negromante, anzi signor dal Ponente al Levante. Ma quello Iddio che impera a tutti i regi, ha dato termine, ordine e misura, e non si puo\ passar piu\ la\ che i fregi, pero\ che a ogni cosa egli ebbe cura; e fatture, {t} au%ruspi {/t A; auruspi R} e sortilegi non posson far quel che non puo\ natura, e le imagin piu\ oltre son di ghiaccio, perche/ e' {t} fe' {/t A; fe/ R} la potenzia nel suo braccio. E se Paulo gia\ vide {it} arcana Dei {/it}, fu per grazia concesso a qualche fine, accio\ che quel potessi i farisei confonder con le sue sante dottrine; ma gli spirti infernal malvagi e rei privati son delle virtu\ divine; ma perche/ pur molti segreti sanno, per virtu\ natural gran cose fanno. Vanno per l' aire come uccel vagando altre spezie di spiriti folletti, che non furon fedel ne/ rei gia\, quando fu stabilito il numer degli eletti. Non so se 'l mio Palmier qui venne errando, che par di corpo in corpo ancor gli metti, onde e' punge la mente con mille agora, esser prima Eu%forbio e poi Pittagora. E forse qui s' inganna il Ti%aneo, che si ricorda, dice, esser pirrato e come e' prese un altro in mar piu\ reo e come gentilezza gli ebbe usato. Or tu potresti dir qui d' Asmodeo; ed io rispondo ch' egli e\ figurato il detto della Bibbia dove e' narra come egli uccise que' mariti a Sarra. Dunque Malgigi e gli altri nigromanti ci posson cogli spiriti tentare, ma non poteva uccidere i giganti per arte o il fuoco i demo\ni appiccare; potea ben fare apparir lor davanti il bosco e lor vi potevano entrare e non entrar, ch' a nessuno e\ negato libero arbitrio, che da Dio c' e\ dato; potean gli spirti ben portare il fuoco, ma non poteano accenderne favilla. Cosi\ vo discoprendo a poco a poco ch' io sono stato al monte di Sibilla, che mi pareva alcun tempo un bel giuoco: ancor resta nel cor qualche scintilla di riveder le tanto incantate acque dove gia\ l' ascolan Cecco mi piacque; e Moco e Scarbo e Marmores, allora, e l' osso biforcato che si chiuse, cercavo come fa chi s' innamora. Questo era il mio Parnaso e le mie Muse; e dicone mia colpa e so che ancora convien che al gran {add} Mino\s {/add; Minos R; Minosse A} io me ne scuse e ricognosca il ver cogli altri erranti, piromanti, idromanti e geomanti. Or ritorniamo a' pagan, che stupiti per maraviglia tenean gli occhi all' erta. Diceva Antea: #_ Costor, dove sono iti? $_ (che/ la fiamma dal fummo era coperta). #_ Son cosi\ tosto due monti spariti? $_. E non poteva ignuna cosa certa sapere ancor della lor morte su\bita, se non che pur di Malagigi dubita. Ma poi che vide il segno del quartiere e intese ben che il conte Orlando e\ questo e ricognobbe l' elmetto e 'l cimiere, fecesi innanzi con sue gente presto e dismontata in terra del destriere, abbraccia Orlando quanto parve onesto, che gia\ di Vegliantino smontato era ed alzato dell' elmo la visiera. Poi gli diceva con destre parole: #_ Che caso e\ questo de' giganti strano! Malagigi puo\ tanto quanto e' vuole (non so se s' e\ in Parigi o in Monte Albano) e far fermare in ciel le stelle e 'l sole: ma questo e\ poco onor di Carlo Mano. Io mi credea co' paladin di Francia combatter con la spada e con la lancia: non son venuta qua, come Michele, a combatter, Orlando, con gli spirti; che/ se col fuoco infernale e crudele ci struggi, a me bisogna acconsentirti, calar le sarte e raccoglier le vele; ma non e\ certo di lauro e mirti questa corona che tu metti a Carlo, che si vuol d' altra gloria coronarlo $_. Rispose Orlando: #_ Il marchese di Vienna mi saluto\ per tua parte, madama, e che tu se' ritornata m' accenna per acquistare in Francia onore e fama e far che corra di sangue ancor Senna. Veggia\n se giusta cagion qua ti chiama. Io so che del Soldan mi dolse e duole, ma voler si convien quel che 'l Ciel vuole. Tu sai ch' io ti condussi a Bambillona e rende' del tuo padre in man lo scetro e di mia man ti missi la corona, che si soleva dar pel tempo addietro a chi con l' arme l' acquista in persona: pero\ le ragion tue son qui di vetro, sendo per me regina coronata, dond' io pensai tu mi fussi obligata. Se Malagigi come negromante ucciso ha Fallalbacchio e Cattabriga, uccider gli poteva anche in Levante, s' avessin, come qua, cercato briga e non avevon forma di gigante: cosi\ matto con matto si gastiga; ed e\ ragion che 'l giuoco qui s' intavoli, ch' egli uccise i di%avol co' di%avoli. Or ti diro\ quel che Ulivier m' ha detto: che meco terminar vuoi questa guerra e che combatte Cristo e Macometto prima {add} su {/add; su\ R A} in Cielo e noi qua giu\ poi in terra; pertanto io son parato, e ti prometto per quello Iddio che e\ giusto e mai non erra, se tu m' abbatti per forza di lancia, tu arai tutto il reame di Francia $_. Rispose Antea: #_ E cosi\ ti giuro io inverso Bambillona far ritorno se tu se' vincitore, e sallo Iddio quant' io ho desi%ato questo giorno per veder tua prodezza, Orlando mio $_. E l' uno e l' altro a caval rimontorno, e rimontati e girato la briglia, del prato ognuno a suo modo ne piglia. Non e\ spento il valor certo d' Antea, ma molto men d' Orlando e\ la fierezza. Rivoltato il caval ciascuno avea e nello scudo la lancia gia\ spezza, ma l' uno e l' altro una torre parea che folgor, non che forza umana, sprezza: cosi\ la lancia pareggiata fue da ogni parte per la lor virtu\e. Trasson le spade e de/ttonsi ben mille colpi in sull' arme e fe^r mirabil prove e non si vide mai se non faville che volavan talvolta insino a Giove; ma la battaglia e\ fra 'l troiano e Acchille, che/ l' uno e l' altro d' arcion non si muove; si\ che laudar si potea questa e quello, che/ molto e\ pareggiato il lor duello. Intanto tutto il campo s' abbaruffa, comincia d' ogni parte la battaglia; e bisogno\ che {t} lasciassi {/t R; lasciassin A} la zuffa, che/ gia\ tutta la gente si travaglia. Orlando allor fra le squadre si tuffa de' saracini e chi frappa e chi taglia, tanto ch' ognun gli volgeva le chiappe pero\ che il cul gli facea lappe lappe. Gia\ era Antea nella battaglia entrata, lasciato Orlando e trovato Ulivieri ed avea seco la mischia appiccata; ma sempre non si cade del destrieri, e benche/ l' arme sua abbi incantata, si spicco\ dalla zuffa volentieri, e riscontrossi con Gan di Maganza, che fece il tristo e il cagnaccio all' usanza e lasciossi cader come un ribaldo. Guarda se sa ancor far la bagattella o se questa e\ ben serpe di ceraldo! Ma presto fu riposto in su la sella. Gualtieri da Mulione, Avolio, Arnaldo, Angiolin, tra' pagani ognun martella; Avino, Ottone e 'l signor di Brettagna ognun nel sangue volentier si bagna. E chi arebbe creduto che il vecchione Carlo tener non si potessi in posa? Credo che da Dio fussi spirazione: la bella spada chiamata Gioiosa tanti ne fe/sse il di\ sopra l' arcione, che la terra e se/ fece sanguinosa; e da quel giorno poi lo imperatore questa spada mai piu\ non trasse fore. Era stato un uom Carlo molto degno: natura intese un uom pien di virtute, di gran fortezza e di predito ingegno; avea molte gran cose gia\ vedute, di nobil sangue, tenuto gran regno; ma non fur le sue opre cognosciute e non ebbe la tuba di Lucano, che/ sarebbe una Roma, un Carlo Mano. Cosi\ faceva il duca di Baviera, a cui l' ultimo giorno e\ pur vicino; ma perche/ il suo valore allo estremo era, facea come fa il lume a mattutino, e rompe ed urta e sbaraglia ogni schiera; insino all' arcivescovo Turpino uccide anch' egli e faceva ogni male, pur con la spada, non col pasturale. Orlando, poi che si parti\ d' Antea, avea del sangue de' pagani un guazzo fatto, che gia\ verso il fiume correa, tanti n' uccide di quel popol pazzo: sempre in alto la spada si vedea, si\ che di morti copriva lo spazzo e Vegliantino alle volte si serra ed urta e caccia assai gente per terra. Bene e\ questo caval quel Vegliantino, accio\ che error non pigli chi m' ascolta, che fu d' Almonte degno saracino; cosi\ quando Baiardo alcuna volta si dice, non e\ falso il mio latino, che/ e' fia col signor, lor la vita tolta: ed e\ ragion che la grazia del Cielo conservi ognun che conserva il Vangelo. Gran cose il di\ faceva Sicumoro, il capitan ch' aveva lo stendardo, ch' era fra tutti il primo barbassoro, e grida a' saracin: #_ Popol gagliardo, morte, sangue, vendetta, carne, a loro! Fatevi innanzi, ignun non sia codardo! Tagliate tutti costor come cani $_; e cosi\ rincorava i suo' pagani. E' si vedeva in alto tante spade rosse, che l' aria anche pareva rossa; e come spesso ne' campi le biade si piegono a quel vento c' ha piu\ possa, poi rinforza piu\ l' altro e quel giu\ cade, cosi\ par sempre la battaglia mossa; ma insino a qui la prefata battaglia equalmente fortuna ancor travaglia. Feciono infine i pagan tanto assalto, che i cristian non poteron sostenere, tanto che 'l sangue dua braccia fu alto e fecion Carlo per forza cadere e ritrovossi nel sangue allo smalto, e corsono insin sotto alle bandiere e quivi in modo la zuffa appiccorno che ogni cosa per terra gittorno. Baldovino, il figliuol di Ganellone, ch' avea ben l' occhio per tutto tenuto, poi che vide per terra il gonfalone e come Carlo di sella e\ caduto, cercando va del figliuol di Mellone e domandava chi l' abbi veduto; e tanto in qua ed in la\ s' ando\ aggirando, che e' ritrovo\ nella battaglia Orlando e comincio\ di lungi a gridar forte: #_ E' ti convien soccorrere i cristiani o ritornarci di drento alle porte: noi sia\n qua minuzzati come cani ed ognun fugge dinanzi alla morte e corron verso Parigi i pagani e tutte le bandiere son per terra; caduto e\ Carlo, e perduta e\ la guerra $_. Non altrimenti il fer leon si scaglia c' ha veduto di nuovo qualche armento, ch' Orlando si gitto\ per la battaglia inverso gli stendardi come un vento. Or se qui Durlindana punge e taglia tosto vedrassi, o se bisogna unguento. I paladini eran per terra tutti, nel sangue imbrodolati, strani e brutti. Avea gia\ Sicumoro, il capitano, il bel vessillo e voleva fuggire; Orlando gli taglio\ netta la mano, che per la pena credette morire e ritrovossi disteso in sul piano, si\ che Zaccheo vi potea ben salire; poi si rivolse a quella gente pazza, tanto che presto la campagna spazza. Credo che Marte il di\ dicessi a Giove: #_ Tu non avevi questo paladino quando i giganti fe^r l' ultime prove, che/ e' non tremava lo scettro e 'l domi\no $_. Orlando a Baldovin disse poi: #_ Dove di' che lasciasti il figliuol di Pipino? $_. Baldovin lo meno\ dove era Carlo e fecion sopra il caval rimontarlo. Ulivieri era in una pressa stretta di mammalucchi, e fatto gli hanno cerchio; ma tristo a quel che non fa la civetta, che/ non valeva di scrima coperchio: l' un sopra l' altro attraversato getta: qui si nuota nel sangue e non nel Serchio; e tanto adopero\ con la sua possa, ch' a piu\ di cento la barba {t} fe' {/t A; fe/ R} rossa. Aveva Orlando a caval gia\ rimesso Namo e molti altri, che smontati sono sanza aver quivi lo staffiere appresso. I pagan cominciorno in abbandono a fuggir come uccelli in aria spesso per vento o grandin, per folgore o tuono; e non dicevon l' uno all' altro #_ Vienne $_. che/ per paura mettevon le penne. E tanto fu per l' aiuto d' Orlando, de' cristian nostri il furore e la rabbia, che si vennon le squadre rassettando ed ognun par che gli spirti {add} ri%abbia, {/add; riabbia, R A} da ogni parte i pagan ributtando; e spesso Antea si trovo\ quasi in gabbia. E cosi\ fecion queste bestie matte i tafani ingrassare e le mignatte. E se non fussi venuta la notte, non fu mai de' pagan si\ gran macello. Eran tutte le squadre in fuga rotte; Orlando insieme col suo colonnello gl' infilza per le fosse e per le grotte. Ma il sol l' altro emisperio facea bello e bisogno\e per forza a questa volta da ogni parte sonare a raccolta. Chiese Antea triegua la sera a Orlando per venti di\ per seppellire i morti; ma e' converra\ col fuoco ire abbruciando, o che il fiume o il di%avol ne gli porti; e (per venir la storia abbrevi%ando) Orlando si torno\ drento alle porti; e sopra tutto Gan non e\ contento se non iscambia questo tradimento. Or chi vedessi il sanguinoso agone dove fu la battaglia presso a Senna, s' avessi un cor di pietra o di leone, gli tremerrebbe come a me la penna: sepolte eran nel sangue le persone. Or hai tu, Antea, dato in Francia la strenna alla tua gente c' hai fatta morire, e non sai quel che di te de/e seguire! Lasciamo Orlando in Parigi tornato e ritorniamo a Marsilio in Ispagna; che, poi che v' era il Danese arrivato e cognosceva sua prodezza magna, pargli che il vento gli avessi spannato e spinto sopra la siepe la ragna; ed aspettava le nuove di Francia, come Antea abbi provata sua lancia, perche/ e' cognobbe del suo stato il rischio; e intanto spaccio\ il fante Ganellone e bisogno\e che dicessi che il vischio d' Orlando non temeva l' acquazzone e che i giganti si calorno al fischio ed Antea quasi scoperto ha il groppone come e' si fa quando e' casca giu\ il tordo, che il cul si pela, fra morto e balordo. E rimando\ di nuovo imbasciadore in Francia a Carlo a ritentar la pace e dir che Bianciardin non fece errore del suo partir, ma la cagion si tace; e mando\ Falseron, uom di gran core, prudente e molto nel parlare audace. Giunse a Parigi e fu dinanzi a Carlo, e comincio\ in tal modo a salutarlo: #_ Quello Iddio grande che ciascun adora, il qual {t} fe' {/t A; fe/ R} le sustanzie separate che volgon sopra noi questi segni ora, salvi e mantenga l' alta maestate di Carlo Magno e chi suo scettro onora, Orlando e gli altri, in gran felicitate. Marsili%one, il mio signor, ti manda salute e molto ti si raccomanda. La cagion perche/ a te m' ha qui mandato, illustrissimo erede di Pipino, dal qual tu non se' gia\ degenerato, e\ perche/ e' crede che il re Bianciardino nel suo partir ti lasciassi ammirato che cosi\ presto si misse a cammino, e non ti fece la ragion capace, mentre ch' egli era in sul bel della pace. Or nota, imperator, come discreto: Bianciardin si parti\ per buon respetto; ma non importa or dir questo segreto che parrebbe disforme al nostro effetto: basta che ancor tu ne sarai ben lieto, e tutto a luogo e tempo ti fia detto: sai ch' ogni cosa vuol principio e norma, accordar la materia con la forma. Ma questo un' altra volta, come io dissi, sara\ con altra tuba manifesto: pero\ non pensar piu\ perche/ e' partissi, ch' un di\ ti sara\ poi chiosato il testo. Tanto e\ ch' io vengo a dir: #" {it} Quod scripsi {/it}, scrissi $", pero\ che 'l mio signor m' impose questo, per confirmar con la tua maestate pace che sia di buona voluntate. E non bisogna replicare adesso la Spagna; che/ Marsilio dice e crede che cio\ che Carlo gli avessi promesso nella selva Ida, osservera\ la fede. E perche/ intenda, in ordin s' era messo centomila a caval con molti a piede per dar soccorso a tua degna Corona, poi che e' venne il furor di Bambillona. Ma perche/ il re Marsilio intanto intese come egli era venuto Sansonetto inverso Spagna e il possente Danese, Astolfo e Berlinghier, quasi a diletto, per discrezione ognun di noi comprese e' basta solo Orlando a tutti a petto; e (vo' che questo si resti fra noi) Antea mal consigliata fu da' suoi. Credo tu sappi come Buiaforte, figliuol del Veglio gia\ della Montagna, a Siragozza e\ con Marsilio in corte e molto in verita\ d' Antea si lagna: che/ se il suo padre al Soldan die\ la morte, l' uccise con la lancia alla campagna come dato era dalle etterne rote, e non ci ha colpa lui ne/ il tuo nipote. Or lascia\n questo; se tu intendi, Carlo, come vero e magnalmo imperatore, voler Marsilio, come e' t' ama, amarlo, la prima pace fa che sia nel core, e se vi fussi restato alcun tarlo, ognun con carita\ lo sbuchi fore; e cio\ ch' io dico e\ del suo petto propio, che/ le parole formate qui copio. Arebbe Bianciardino, ogn' altro ch' io, saputo meglio orar che Falserone; ma cio\ ch' io t' ho narrato, sallo Iddio che tutto e\ stato con affezi%one; e sai ch' io ci ho perduto il figliuol mio; quantunque non mori\ come un poltrone, ma con la spada rinchiuso in sul ponte, si\ ch' io perdono ogni mia ingiuria al conte $_. E non pote/ piu\ dir ma lacrimando si levo\e in pie\, tanto il dolor l' assalse, ed abbraccio\ piu\ volte e strinse Orlando (non so se queste lacrime son false). Carlo nel {t} volto {/t A; vo/lto R} si venne cambiando, tanto il savio parlar co' gesti valse; Orlando ginocchione e reverente gli domando\ {t} perdon {/t A; perdo/n R} molto umilmente. Poi disse Carlo: #_ Savio imbasciadore, tu sia per molte cose il ben venuto. Del re Marsilio l' offerte e l' amore accetto e grazie rendo al suo saluto; e Bianciardin, se si parti\ a furore per obedire, ha fatto il suo dovuto, e non ricerco la cagion di questo, con cio\ sia cosa ch' e' non pare onesto. Di quel che molte volte ragionamo, credo tu il sappi, ed io me ne ricordo, della pace e di Spagna; e sa qui Namo che mai da quel ch' e\ giusto non mi scordo. E' si parti\, tu se' venuto; e siamo Orlando e gli altri paladin d' accordo che voi tegnate tutti i regni ispani, non come mori, ma come cristiani. E la cagion perche/ e' venne il Danese, non fu ne/ per Antea ne/ per sospetto, ed altra volta {add} fi\en {/add; fien R A} le cose intese, come tu ancor di Bianciardino hai detto; e so che il re Marsilio alle mie imprese aiuto dara\ sempre con effetto, che/ la salute di Spagna e di Francia credo che sia la pace e non la lancia. E mandero\ qui il mio caro nipote a Siragozza, se bisogna, o Gano; quantunque egli e\ contento come e' puote di dar la Spagna, anzi gli pare strano (e so che queste cose ti son note), ch' acquistata l' avea con la sua mano; ma voglio al re Marsilio esser fratello, che/ sai che in corte sua m' allevo\ quello. Io non vo' ragionar d' Antea per ora: il fin gli mosterra\ quel ch' ella ha fatto, e piangeranne Bambillona ancora, che/ certo il suo consiglio fu di matto. Ognun che nasce sai convien ch' e' mora; e se il suo padre fu morto e disfatto, come tu di', dal Ciel venne sua morte, e non si dolga Antea di Buiaforte. Di Ferrau\ so che m' increbbe tanto, ch' ancor si\ come tu ne son dolente; ma io ti so ben confortar di tanto, che l' anima sua in Ciel visibilmente fu portata dagli angel con gran canto, e come di' mori\ come uom valente. Or non tocchian piu\ la\ dove e' ci duole; sia fatto infin cio\ che Marsilio vuole. Tu te n' andrai con Gano a riposare ed altra volta insieme parleremo: parmi tempo il consiglio a licenziare, e so che in un parer ci accorderemo $_; e fecelo da tutti accompagnare. O Carlo, a questa volta, o Carlo, io temo, che: #_ {it} Amice {/it} $_, non sia detto, #_ {it} ad quid venisti? {/it} $_. Rico\rdati, {it} ovem lupo commisisti {/it}. Orlando e tutti i baron son dintorno a Falseron, ch' era uom molto stimato, ed al palazzo di Gan lo menorno e Carlo per la man l' ha accompagnato; e giostre e feste si fece ogni giorno accio\ che quel se n' andassi onorato, che/ cosi\ piacque a ciascun d' onorarlo perche/ e' vedessi la gloria di Carlo. Or se qui Ganellon nel lardo nuota e 'l zucchero trabocca alla caldaia, per discrezion, lettore, intendi e nota, e se parra\ nel letto una ghiandaia. Egli avea rossa ancor tutta la gota; ma il can, quando e' vuol morder non abbaia; si\ che e' non parla di questo, il ribaldo, ma frappava altre cose di Rinaldo. E Malagigi avea di nuovo fatto l' arte e sapea cio\ che diceva Gano, e dicea con Orlando; #_ O Carlo matto (che/ non si puo\ chiamar piu\ Carlo Mano), tutti sarete mal contenti un tratto $_. E cosi\ fu dello imperio troiano poi che l' ultimo termin fu venuto, che/ non era a Cassandra il ver creduto. Orlando aveva nel suo petto sdegno, che/ Carlo mille volte gli ha promesso di coronarlo e dargli stato e regno; ma come Ganellon gli stava appresso, cosi\ sempre era rotto ogni disegno; e non pareva ch' e' fussi quel desso, si\ che e' non val Malagigi riveli, che/ tutti siam governati da' Cieli. Falseron con Orlando un giorno disse ch' avea pur voglia rivedere Antea e 'l campo pria che di Francia partisse, e che con seco pensato gia\ avea che sare' ben che con esso lui gisse. e 'l conte Gan, se cosi\ gli parea, ed Ulivieri; e cosi\ s' accordorno e tutti inverso del campo n' andorno. Venne Antea incontro, come questo intese (che/ Falserone era uom d' alta eccellenzia), e salutollo e del cavallo scese; e rimontata, con gran reverenzia saluta Gano ed Orlando e 'l marchese; poi gli meno\ per piu\ magnificenzia pel campo a spasso a lor consolazione, poi a vedere un ricco padiglione. Il padiglione era una cosa magna e drento v' era il caso istori%ato del Veglio: come e' fu quella montagna ch' addosso al padre e\ col caval cascato e come Bambillona ancor si lagna e come e' v' era Morgante arrivato e col battaglio guastava la terra e come Orlando gli mosse la guerra. Tutto facea per conservar costei la vendetta del padre alla memoria. Ma Falseron, ch' e\ falso piu\ di lei, poi ch' egli ebbe notata ben la istoria, gli disse: #_ S' tu volessi, io ti direi che questo e\ in verita\ poco tua gloria. La prima cosa, s' io non son ben cieco, tu porti, Antea, la tua vergogna teco, e portila di seta e d' oro ornata: or fa che tu dipinga la vendetta, se mai vien tempo tu sia vendicata. Ma il tempo non vien mai, chi non l' aspetta: rade volte la cosa non pensata {t} ri%esce {/t A; riesce R} a chi la vuol pur fare in fretta. Ma, certo, onor cercar non ti bisogna da poi ch' egli e\ si\ bella la vergogna $_. Non so se le parole ognuno intende che Falseron come malvagio ha dette, pero\ che dall' un lato Antea riprende e par che la conforti a sue vendette; o se pur questa cetera si stende che come amico in mezzo quel si mette a trattar pace a qualche suo disegno; ma so che in altra parte va il mio ingegno. Rimase tutta spennecchiata Antea e confirmo\ il suo dir perch' ella tace, pero\ che in questo modo lo intendea, che/ si vuol ricordar di quel che piace; e perche/ generoso core avea, ditermino\ di far con Carlo pace e ritornarsi inverso Bambillona, che/ gentile almo volentier perdona. Falseron seguito\e le sue parole: non so se volea far pur come e' disse o se sara\ poi falso come e' suole. Tanto e\ che Antea, innanzi che partisse, venne in Parigi e fece cio\ che e' vuole, e Carlo con sua man la benedisse ed ognun fu della pace contento; e de/tte alfin le sue bandiere al vento. Io lascio Antea da Parigi partire si\ tosto (e par ch' io gli tolga di fama), che/ mi bisogna un' altra tela ordire tanto sottil che par grossa la trama: che/, poi che Falseron si vuol partire, a Siragozza altra tuba mi chiama; come io diro\ nell' altro afflitto canto, dove fia pe' cristian sol doglia e pianto. Insino a qui la tua destra, Signore, assai mi fu, sanz' altro filo o ingegno, a uscir d' ogni laberinto fore; ma ora in parte tanto oscura vegno, che convien che qui mostri il tuo splendore il modo a colorir nostro disegno: pertanto i tuoi cristian ti raccomando, ma sopra tutto il tuo campione Orlando. O Carlo, tu se' pur diliberato di mandar con disdegno al tuo nimico un traditor che t' ha sempre ingannato? Non sai tu quanto possi un vizio antico in un cor traditor sempre ostinato? Tu pensi il re Marsilio fare amico: la pace fia col sangue e con la lancia e piangera\ tutto il regno di Francia. Falserone avea gia\ chiesto licenzia, e Ganellon con lui dovea partire, e inginocchiossi alla magnificenzia di Carlo e domando\ s' altro vuol dire. Carlo rispose: #_ Nella tua prudenzia mi fido e so ch' io non posso perire; tu sai il proverbio e puoi insegnare altrui: commetti al savio e lascia fare a lui $_. Abbraccia Orlando poi quel fraudolente e, innanzi che la pace si conchiuda, lo domando\, se gli avea a dir ni%ente, che gli scrivessi; e trafelava e suda, tante abbracciate fa viziatamente; poi bacio\e Ulivier come {t} fe' {/t A; fe/ R} Giuda ed appiccossi come una mignatta, e disse: #_ Questa sia per pace fatta $_. Sorrise e disse fra se/ il borgognone: #_ {it} O rabi, ave {/it}. Io so che tu ne menti $_. Il duca Namo e 'l savio Salamone, Ottone e gli altri parean mal contenti ed ebbon sempre ferma oppini%one che Gan pensassi a nuovi tradimenti, ed avean detto il lor parere a Carlo, che non dovessi a gnun modo mandarlo. Ma benche/ questa andata ognun pur danni, lo imperator non vi ponea l' orecchio, che' quando egli e\ barbato per molti anni, convien che molto possi un error vecchio, e par di se/ medesimo s' inganni chi s' e\ sempre veduto in uno specchio. Era il tempo venuto al tristo pianto che Malagigi avea predetto tanto. Pareva a Carlo a suo modo di pignere un uom, com' era Gan, da queste pratiche, da saper ben dissimulare e fignere dove a trattar s' avea cose rematiche; e 'l traditor si faceva sospignere mostrando omai che gli pesi le natiche, ch' era pur vecchio e molto cagionevole, si\ che la scusa parea ragionevole. E dicea: #_ Manda il figliuol di Mellone a trattar queste cose della Spagna, ch' a lui piu\ crederra\ Marsili%one $_; e non dicea dove sta la magagna, che questo tordo avea bianco il groppone, da rimanere alla pania o la ragna, cioe\ prigion da non lasciare in fretta; e mostro\gli piu\ volte la civetta, perche/ e' pensava: #_ Se costui vi resta, Marsilio ara\ cio\ che vuole a sua posta sanza metter piu\ lancia in su la resta, e dira\ a questa ch' ella e\ buona posta $_. E cognosceva la spiga alla resta, che/ Falserone ha veduto alla posta e le sue maliziette avea ben conte, che/ consigliava che v' andassi il conte, dicendo a Carlo: #_ Il re Marsilio sa ch' Orlando e\ mal contento, perche/ e' fu colui che inver la Spagna acquistata ha e morto Serpentino e Ferrau\. Io ti diro\ la pura verita\: io il manderei sanza pensarvi piu\. E basti io dico; io so tu intendi: mandalo, che/ potrebbe pur nascer qualche scandalo $_. E nel partire avea detto a Orlando: #_ Io so che il mio signor qualche giannetto ti mandera\ in qua presto, perche/ quando io mi parti' gia\ me l' aveva detto $_. Cosi\ di giorno in giorno cavalcando sen va con Falseron quel maladetto ed avea l' arco e l' archetto parato ed aspettava d' esser domandato. Domando\ Falseron piu\ volte come e' s' intendea con Orlando e 'l marchese; e quando e' crede averlo per le chiome, la nebbia strinse e fummo e vento prese; ch' a Siragozza vuol condur le some Gano, e risponde #_ Messere, Albanese $_, e salta pur di Bacchillone in Arno, e il bacchillone e\ chi tentava indarno. Intese Falseron, come discreto, che Ganellon con Marsilio riserba a scoprir della mente il suo segreto e ruminava altro che fieno o erba, si\ che forse meglio era starsi cheto perche/ e' vedeva ancor la sorba acerba, ed avea d' Ulivier notato il motto e 'l bacio dato come Scari%otto. E scrisse al re Marsilio che veniva imbasciatore il signor di Maganza, che portera\ la palma con l' uliva; che l' onorassi piu\ {add} su {/add; su\ R A} che l' usanza, che/ forse i suoi pensier verranno a riva, e insino a qui n' avea buona speranza, se si mettessi diligenzia a questo; ch' a bocca poi gli chioserebbe il testo. Quando Marsilio intese come Gano era mandato, come falsa rozza, per onorarlo, ogni signor pagano e tutta la sua corte insieme accozza. Intanto, trapassando un colle, un piano, s' appressa Ganellone a Siragozza, si\ che Marsilio si parti\ in persona e ognuno seguitava la Corona. Quindici miglia fuor della cittate venne Marsilio incontra a Ganellone con tutte le sue gente ammaestrate che, giunti, ognuno smonti dell' arcione; e molte ceremonie ebbe ordinate, ed acconciossi in bocca Cicerone e scese in terra come appresso e\ giunto. Ma Ganellon sapea la soia appunto; e disse: #_ Che vuoi tu, Marsilio, fare? Non debbe al servo far per certo questo il mio signor che mi de/e comandare $_; e dismontato della sella presto, si volle al re Marsilio inginocchiare, se non che e' disse: #_ E' non sarebbe onesto, sendo mandato dal tuo imperatore $_; ed abbraccia^rsi con sincero amore. Tutti i baroni in terra inginocchiati Ganellone abbraccioron con gran festa; e poi che furon tutti rimontati, si trasse il re Marsilio una sua vesta dove eran certi falcon ricamati e misse al conte Gano indosso questa con le sue man con gran magnificenzia, per dimostrar maggior benivolenzia. Poi gli dicea pel cammin ragionando: #_ Come sta Carlo? Che e\ del duca Namo? Che d' Ulivier? Che del mio caro Orlando? Ora ecco il nostro Gan qui, ch' io tanto amo; ecco il tuo Bianciardino $_; e cavalcando avea sempre alla bocca o l' esca o l' amo. E 'l traditor gli ride l' occhiolino ed abbraccio\ piu\ volte Bianciardino. Ma poi che furon presso alla citta\, l' alta regina e molte damigelle incontra venne e grande onor gli fa e saltan tutte della sella quelle. E Ganellon dicea, ser Benlesa\: #_ Cadute in terra qua mi par le stelle o le ninfe fuggite di Di%ana $_. Disse la dama: #_ Che e\ di Gallerana? $_. Rispose il conte Gan: #_ Magna regina, Gallerana m' impose una imbasciata: che bench' ella sia fatta parigina non ha la patria sua dimenticata e forse assalteravvi una mattina a Siragozza e non sara\ aspettata, ch' ogni uccello aborrisce al suo nimico e riveder s' allegra il nidio antico. E nel partir mi die\ questo gioiello, ma maggior cose disse arrecherebbe $_. Rispose presto la reina a quello: #_ Gallerana fara\ quel ch' ella debbe, di riveder la patria e 'l suo fratello, che so che poi contento si morrebbe; e cio\ che manda lei sia il ben venuto e cosi\ quel da ch' io l' ho ricevuto $_. Per Siragozza si facevan balli e giochi e personaggi e fuochi e tresche, e chi correva dinanzi {t} i {/t R; a' A} cavalli; buffoni e scoccobrin fanno moresche, e gettan da' balcon fior bianchi e gialli le dame addosso alle gente francesche, e tutti i moricin gridon per ciancia #_ Mongioia! $_ e #_ Carlo! $_ e #_ San Dionigi! $_ e #_ Francia! $_. E' pareva quel giorno veramente che torno\ Furio alla citta\ degna alma, che/ correva a veder tutta la gente e non manco\ se non gittar la palma. Ma cosi\ tosto sara\ ancor dolente questa citta\ ch' oggi parea si\ in calma e reputava il suo salvator Gano, che dovessi portar la pace in mano. Era il palagio del re Bianciardino presso alla corte di Marsili%one: il re con tutto il popol saracino accompagnoron quivi Ganellone, accio\ che quel di%avol tentennino tentassi Gan, ch' era la tentazione; e cosi\ va furcifer con furcifero, poi che il di%avol vuol tentar Lucifero. L' altra mattina il consiglio adunato, Marsilio fece una sedia parare d' incontra a se/ perche/ il sinistro lato non si potessi dal destro notare, e Gan con grande onor fu accompagnato e tutto il popol veniva ascoltare lo imbasciator che di Francia e\ venuto, ch' ognun s' avea della pace creduto. Posti a sedere il re Marsilio e Gano, quivi era Falserone e Balugante, e Bianciardino appresso, e Gallerano e l' Arcaliffa ed alcun amirante. Guardato un tratto il gran popol pagano, quel traditor che le sa tutte quante rivolse il viso al re Marsili%one, poi comincio\ la sua degna orazione: #_ Quel vero Iddio che fece la natura e de/tte prima alle angeliche squadre la forma, il loco, il moto e la misura, poi nel campo amascen {t} fe' {/t A; fe/ R} il nostro padre che creato non fu ma creatura (onde tutti danno\e la prima madre), salvi e mantenga il bel vessillo e degno del re Marsilio in grande stato e regno. Del mio signor l' alta Corona e magna mi manda a te, famoso saracino, a far la pace e renderti la Spagna come trattato fu con Bianciardino: cioe\ sotto tua insegna si rimagna; e giura a te per l' ossa di Pipino che vuol che questa sia, poi che ti piace, ultima, vera e intemerata pace. Ma perche/' saracin vengon da Sarra, che non tenne la legge di Macone, come la vostra Bibbia e nostra narra, vuol che tu abbi la iuridizione, cioe\ che tu comandi, imperi e garra; ma che piu\ oltre non sare' ragione che chi e\ battezzato si sbattezzi, accio\ che Cristo non si scandelezzi. E perche/ al conte Orlando fue promesso di coronarlo di questo paese, sappi ch' Orlando il primo m' ha commesso e mostro il petto aperto e 'l cor palese, che vuol che sia tutto tuo regno espresso; e non guardar che giurassi al marchese non menar la sua sposa Alda la bella se gia\ non fussi coronata quella. Dunque, Marsilio, tu non hai perduto d' avere il {t} Mai%netto {/t A; Mainetto R} tuo allevato, che/ si ricorda ben, come e\ dovuto, quanto in tua corte tu l' abbi onorato e pentesi aver teco combattuto; se non ch' e' dice: #" Il tempo e\ pur passato con fama insin che l' uno e l' altro e\ veglio $", ed ogni cosa reputa pel meglio. Da ogni parte che tu vuoi, Marsilio, ti proverro\ che Carlo t' ama e stima, perche/ molto conforme e\ il tuo aussilio, e per l' altra ragion ch' io dissi prima, quando tu l' allevasti come filio. E se tu ti levassi troppo in cima tra le guerre di Francia e della Spagna, quando si perde e quando si guadagna; ma sempre assai s' acquista d' ogni parte, cioe\ che vi s' acquista esperi%enzia: Carlo ha ben letto nelle antiche carte ed {t} Alcui%n {/t A; Alcuin R} fatto ha la Sapi%enzia e {t} le\gge {/t R; legge A} in ogni facultate ed arte. Pertanto io fermero\ questa sentenzia: che non s' acquista sanza ostacul fama, per che l' una virtu\ l' altra a se/ chiama. E pero\ consigliava Scipi%one che si dovessi conservar Cartagine accio\ che Roma avessi oppugnazione in terra e cosi\ in mar qualche voragine, per non istare in ozio le persone, se surgessi d' Anibal qualche imagine: perche/ e' sapea ch' ogni virtu\ quel doma e che doveva ancor far cader Roma. Dico cosi\ che il tuo certame o gara con Carlo l' uno e l' altro ha fatto degno, che/ combattendo e vivendo s' appara e intanto onor s' acquista, gloria e regno: pero\ la tua grandezza gli fia cara, poi che tutto {t} ri%esce {/t A; riesce R} al suo disegno. Vera cosa e\ che pel regno di Francia piu\ sicura e\ la pace che la lancia. E perche/ Falseron detto ci avea come tu avevi gia\ le gente armate in punto, poi che sentisti d' Antea, e la cagion che non furon mandate fu ch' ognun gia\ del Danese sapea; Carlo ringrazia la tua maestate ed offerisce a te, quando e' bisogna, la Francia e la Brettagna e la Borgogna, Inghilterra, la Fiandra e sua possanza, i paladini e tutta la sua corte e tutte le mie forze di Maganza e in un corpo due anime consorte, pace, lega, amicizia e fratellanza che divider non possi altro che morte, {it} alter alterius onera portando {/it}; e cosi\ confirmato ha il nostro Orlando $_. Molte altre cose ancor Ganellon disse, che {t} fe' {/t A; fe/ R} maravigliar chi intorno ascolta, e replico\ tutte le guerre o risse, che Demostene parve a quella volta, e donde, prima l' orrigin venisse; tanto che fu questa orazion raccolta e scritta e molto commendato quello, che/ gl' intinse la lingua nel cervello. E tento\ insin della fede Marsilio, dicendo: #_ A te solo una cosa or manca, per che l' anima tua ne va in essilio giu\ nell' inferno dove e\ Malabranca: ricognoscere il Padre vero e 'l Filio $_ (guarda se potea poi ciurmare in panca!). #_ Che/, se tu confessassi il ver Vangelo, tu saresti felice al mondo e in Cielo $_. Tutto faceva il traditor con arte, ch' un certo santaficca parer vuole. Marsilio, come e' venne a questa parte, mostro\ che l' avea {t} tocco {/t A; to/cco R} dove e' duole, e disse: #_ Ognun si legga le sue carte $_; che/ cognobbe di Gan ben le parole; e fece la risposta egregia e magna di Carlo e della pace e della Spagna. Poi finse una sua certa novelletta: #_ In una selva presso a Siragozza, per quel ch' io udi' gia\ dire in Tolletta dove ogni nigromante si raccozza, e\ una buca nello entrare stretta, ma poi sotterra molto spazio ingozza, dove stanno a guardar sei gran colonne certi spirti gentil con varie gonne. L' una colonna dicon che par d' oro, l' altra d' argento, e poi rame, e poi ferro; l' altra e\ di stagno tutto puro e soro, e l' ultima di piombo, s' io non erro. Io non credetti alcun tempo a costoro, pero\ che il ver con la ragion l' afferro; si\ che gia\ molti vi mandai in effetto; e ritornati, cosi\ m' hanno detto: #" Queste colonne son significate per le sei fede, e quella d' oro e\ prima; l' altre, secondo poi la qualitate, di grado in grado piu\ e men si stima: quivi son le carattere segnate di cui convien ch' ogni anima s' imprima e la sua fede elegga in questo chiostro prima che infusa sia nel corpo nostro. Gli spiriti che guardan questo loco, mentre l' anime passano, ognun priega; elle sen vanno come uccello a giuoco, volgonsi a quella ove il desio le piega, perche/ ancor semplicette sanno poco, ma pur libero arbitrio non si nega; quella che abbraccion, poi la fede e\ loro: beato a quel ch' abbracciato ara\ l' oro $". Io parlo per paraboli a chi intende, ch' io so che tu se' pur quel Gano antico a cui bianco per nero non si vende e non si scambia il dattero col fico. Ma sopra tutto un giusto amor raccende di riveder si\ caro e vero amico, e ringrazio colui che t' ha mandato, non so se Carlo o dal Cielo ordinato $_. Poi che il parlar tra costor fu finito e partito il gran popol saracino, {t} el {/t R; e 'l A} conte Gan con gran corte n' e\ ito al bel palazzo del re Bianciardino. Marsilio fece un solenne convito l' altra mattina ordinar nel giardino, e Gan vi venne, e porto\ quella vesta ch' e' gli dono\e per far piu\ allegra festa. Ma drento nella mente sua lavora un pensier ch' era amaro, oscuro e fosco, e dicea: #_ Che faro\? Pentomi io ancora? Questo peccato, poi ch' io lo cognosco, tanto e\ piu\ grave; e gia\ s' appressa l' ora $_. Ma l' anima avea gia\ beuto il to\sco: e non isperi ignun con Dio concordia, passato il segno di misericordia. O sodalizio o maladetto loco dove fu perpetrato tanto male! Vennon quante vivande e feste e gioco richiedeva il convito {t} tri%unfale {/t A; triunfale R}, e cio\ ch' io ne dicessi sare' poco; e 'l traditor crudele e micidiale, benche/ tutto turbato e\ in suo segreto, si dimostrava il di\ piu\ che mai lieto. Avea da Falseron Marsilio inteso cio\ che Gan pel cammino aveva fatto e che nel parlar suo poco ha compreso, se non che tanto n' aveva ritratto che gli pareva vederlo sospeso e non mostrassi quel che drento e\ piatto e che volessi a lui dir qualche cosa ch' ancor nella sua mente era dubbiosa. E Bianciardin, ch' era con Gan molto uso, provato avea, per iscalzargli il dente, tutti i suoi ferri e poi del tarabuso l' artiglio e non avea fatto ni%ente; si\ che Marsilio restava confuso, che/ interpetrar nol potea facilmente, e cognosceva che v' e\ macchia e dolo; ed accorda^rsi che e' tentassi solo. Dopo molti piacer, sollazzi e balli, canti, giuochi, buffoni, come e\ usanza, e corso cervi, alepardi e cavalli per onorare il signor di Maganza, Marsilio chiamo\ a se/ certi vassalli, perche/ s' aveva a ballare altra danza, e finse che la festa omai rincresca ed ordino\ ch' ognun fuor del parco esca. Rimasi soli Marsilione e Gano, il re si volse con allegra fronte, e disse: #_ Imbasciator $_, presa la mano, #_ tu sai il proverbio: la mattina il monte vicitare alle volte e\ grato e sano, poi, verso sera, vicitar la fonte $_. Era gia\ vespro e piu\ che mezzo il giorno, e cosi\ inverso una fonte n' andorno. Posti a sedere e ragguardato un poco, laudo\ la fonte Gan, ch' assai gli piacque, pero\ che tutto e\ circundato il loco di pomi e fresche e cristalline l' acque; ma non poterno spegnere il gran foco onde principio al gran peccato nacque. Poi comincio\ Marsilio come amico a ragionar con Gan del tempo antico. E cominciossi insino dal Mainetto e come Gallerana amassi quello mentre ch' egli era in corte giovinetto molto pronto, leggiadro e savio e bello, e come prima s' avvide nel petto ardea di questi amanti Mongibello e che per gentilezza tacer volse di quel che in verita\ spesso gli dolse, e che pensava d' aversi allevato, non altrimenti che 'l suo Zambugeri, un altro figlio di lui proprio nato, perche/ lo tenne in corte volentieri e molto fu alcun tempo onorato, e che fatti gli avea mille piaceri; poi gli volse la punta della lancia come in mano ebbe lo scettro di Francia. E disse poi delle guerre passate, e quante ingiurie gli avea fatte Carlo onestamente furon ricordate, dicendo: #_ A sicurta\ con teco parlo $_, con parole pur destre accomodate per mostrar come al cor gli rode un tarlo a ricordarsi del tempo preterito e che aveva da lui cattivo merito e che gli aveva tre volte la Spagna tolta e volea pur coronarne il conte, e ricordava al signor di Magagna, non di Maganza, tutte le sue onte; che, per veder se Marsilio si lagna da beffe, gli occhi affiso\e nella fonte e non guardava se/ come Narciso, ma gli atti e' gesti di Marsilio al viso. E Marsilio anche, poi che vide attento Gano in su questo, riprese speranza e le vele adatto\e secondo il vento e muto\ presto nuovo suono e danza e mostro\ che il valor suo non e\ spento, che avea tesoro ancor molto e possanza, e, come e' fussi Orlando un giorno morto, che mosterrebbe a Carlo egli avea il torto. Questo dicea come prudente quello, per veder s' a la trappola guidarlo volea quel traditor malvagio e fello, che/ poco poi si curava di Carlo; ma come egli ebbe {t} tocco {/t A; to/cco R} quel zimbello, non bisogno\ piu\ Gano stuzzicarlo ne/ tirar si\ che si spicchi la coda, e il capo alzo\ pien di malizia e froda. Questo ultimo parlar fu quella chiave la qual con mille ingegni aperse il core a Ganellon, tanto volse soave; e sospiro\e piu\ volte, il traditore, come chi cosa dir vuol dura e grave; poi disse: #_ O savio, astuto tentatore che mi costrigni a scoprir le mie colpe, noi saren, veggo, in un sacco due volpe. Tu vuoi che muoia Orlando (e cosi\ sia) ed Ulivieri; e sai della guanciata che mi die\ in corte e della ingiuria mia che nel core e nel {t} volto {/t A; vo/lto R} e\ ancor segnata; e Falseron credette per la via avermi; e Bianciardin qua la ballata piu\ volte ha ribeccata, e 'l suo palagio mi de/sti, ch' a tentar quello avessi agio; e Falseron {t} fe' {/t A; fe/ R} in Francia l' abbracciate col conte Orlando e del suo Ferrau\e furon tutte le ingiurie perdonate, non so se con la lingua o col cor fue (tutte le vostre astuzie ho ben notate), e ritento\ piu\ d' una volta e due se ti poteva in qua guidare Orlando; pero\ il venne co' baci sciloppando. Ma perche/ formicon vecchio e\ di sorbo, che non isbuca all' accetta o 'l martello, tu potresti aspettar, Marsilio, il corbo, che sai ch' egli e\ molto malvagio uccello, ed ha con teco l' animo si\ torbo, ch' a Siragozza non verrebbe quello, che/ si tien della Spagna ingiuri%ato, donde e' pensava d' esser coronato. Ma s' io tel conducessi in Roncisvalle? Io non ti chieggo, come Giuda, argento; ma vuolsi queste cose ben pensalle e misurar, non ch' una volta, cento, che/ questo e\ grave peso alle mie spalle. Ne/ vo' che sia chiamato tradimento, ch' io porto d' Ulivier nel viso il segno e licito ogni cosa e\ per isdegno $_. Quando Marsilio intese Ganellone che va su per la fatta a buon cammino, parvegli tempo a metter l' artimone e non calare or piu\ il timon latino, e va per Bianciardino e Falserone per un uscio segreto del giardino e ritorno\ dove il malvagio conte Ganellone aspettava a quella fonte, e replico\ cio\ ch' e' gli aveva detto, pero\ che a questi nulla era segreto, e come e' gli avea aperto il core e 'l petto, e molto ognun di lor si fece lieto. O traditor ribaldo e maladetto che non cura piu\ Iddio ne/ suo decreto! E disse: #_ Tante te n' ho fatte omai, Cristo, che questa mi perdonerai. L' anima mia dove ella debbe gire, credo che sia l' alloggiamento or preso e non puo\ la sentenzia preterire. Ulivi%er tante volte m' ha offeso, ch' io non intendo viver ne/ morire, che merito per merito fia reso; e s' io non porto questa ingiuria meco, contento me ne vo nel mondo cieco $_. Era Gan traditor di sua natura, prescito piu\ che Giuda Scari%otto; ma non offenda ignun sanza paura della vendetta e noti bene il motto che per disperazion l' uom s' assicura e dice: #_ Se il disegno fia pur rotto, come fortuna alle volte ingarbuglia, che fia? Mort' io, mort' una mosca in Puglia $_. Il tradimento Gano ha disegnato: ch' Orlando in Roncisvalle venir debbe a ricevere un don che fia mandato, il qual sempre tributo poi sarebbe, e Carlo a Pie\ di Porto abbi aspettato e che quivi la pace si farebbe, dove Marsilio andar vuole in persona e inginocchiarsi a sua santa Corona, e che voleva insin baciarli il piede e far con lui sincera e vera pace e che se il {t} Mai%netto {/t A; Mainetto R} suo rivede, dira\ qual Simi%on: #_ Come a te piace, l' anima mia omai, Signor, recede $_; e tutte cose che parran capace, digeste, essaminate a parte a parte, con mille scaltrimenti e con mille arte. Orlando in Roncisvalle, come io dico, per fare al re Marsilio compagnia, che paressi deposto ogni odio antico, e il tributo ricevere, il qual fia le frutte amare di frate Alberico. Ma mentre Ganellon questo dici\a, cadde la sedia ove Marsilio siede e la cagion non s' intendeva o vede. Ma miracol non e\ quel che il Ciel vuole. Poi appariron gran prodigi e segni: e' si turbo\ in un tratto in aria il sole, e' nugoli, che d' acqua eran gia\ pregni, cominciono a tonar come far suole quando par Giove piu\ crucciato sdegni, e vento e furia e grandine e tempesta {add} subito {/add; su\bito R A} apparve: o Iddio, gran cosa e\ questa! E mentre spaventati eran costoro, venne una folgor che cadde lor presso, la qual percosse di cima uno alloro ed abbruciollo e insino in terra e\ fesso. O Febo, come hai tu que' be' crin d' oro cosi\ lasciato fulminare adesso? Dunque i suoi privilegi il lauro or perde, che per ogni stagion suol parer verde? Disse Marsilio: #_ O Macon, che fia questo? che/ certo esser non puo\ sanza misterio. O Bianciardino, io ti diro\ il ver presto: questo e\ cattivo augurio al nostro imperio $_. Intanto venne un tremuoto rubesto che scosse questo e quell' altro emisperio. Falseron si turbo\ tutto nel {t} volto {/t A; vo/lto R} ed anche a Bianciardin non piacque molto, ma per paura nessun non si mosse. In questo mezzo sopra loro apparse un vampo che parea di fuoco fosse, e l' acque vidon traboccate e sparse fuor della fonte, che parevon rosse, e cio\ che quelle toccorno, tutto arse si\ che dintorno abbrucio\ la gramigna, che/ l' acqua bolle e pareva sanguigna. Era disopra alla fonte un carrubbio, l' arbor, si dice, ove s' impicco\ Giuda; questo piu\ ch' altro misse Gano in dubbio, perche/ di sangue gocciolava e suda; poi si secco\e in un punto i rami e 'l subbio, si\ che di foglie si spogliava e muda, e casco\ in capo a Ganellone un pome che tutte quante gli arriccia le chiome. Gli animal che nel parco eran rinchiusi comincioron tra loro tutti a urlare, poi si rivolson musi contra musi e insieme comincioronsi a cozzare. E cosi\ stetton gran pezzo confusi Marsilio e gli altri le cose a mirare e non sapeva ignun quel che si facci, tanto l' ira del Ciel par che minacci. Ma benche/ nel giardin le triste aguria apparissin, di fuor non fu sentito per la citta\ ne/ da' baroni in curia, onde Marsilio e\ poi piu\ sbigottito. E poi che fu passata questa furia e ognuno era attonito e smarrito, comincio\ Bianciardino a confortargli ed a suo modo i segni a interpetrargli, e mostro\ con sua arte e sua dottrina che questi segni appariti si\ strani denotavan l' incendio e la ruina e 'l sangue che fia sparto de' cristiani. Ma Ganellone altrimenti indovina e ben cognobbe gli argumenti vani e tutta quella notte insino al giorno varie cose alla mente ebbe dintorno e combatte/ col senso la ragione, poi vinse sua natura maladetta. L' altra mattina il re Marsili%one mando\ per tutti i savi di Tolletta, come colui che e\ in gran confusi%one, che dovessino a lui venire in fretta; e non si fida a Bianciardin di questo, che/ non s' accorda ben la chiosa e 'l testo. A Siragozza vennon tutti quanti a disputar sopra questa matera, magi, astrolagi e molti nigromanti, vaticini, au%ruspi, che ve n' era gran copia allora e famosi e prestanti. Marsilio conto\ lor la cosa intera e comando\ che debbin dire a quello il vero come a Nabucco Daniello. Furono insieme adunque gl' indovini e disson dopo molto disputare, che si potea per Carlo e' paladini il sangue e queste cose interpetrare, come contra a Marsilio e' saracini, e d' alcun caso poi particulare ebbon tra loro diverse oppinione; pur fecion tutti una conclusi%one: la folgor che l' alloro avea percosso interpetrar si potea facilmente, che/ cesare o poeta e non uom grosso si solea coronarne anticamente; pero\ sarebbe un imperio rimosso. Poi disse un vecchio tra loro sapiente che del carrubbio il caso era si\ strano, che lo lasciava interpetrare a Gano. Questa parola a Gan de/tte terrore piu\ che non fece il fatto per se stesso: non so se pur questo indovinatore si disse a caso, come avviene spesso, o cognosceva Gan per traditore. Gan gli rispose: #_ Egli e\ piu\ tuo interesso che ogni cosa a Marsilio distingua, che si vorrebbe cavarti la lingua $_. Riprese il re Marsilio il nigromante e de/tte a tutti alla fine licenzia; ed accorda^rsi e' si traessi avante il tradimento con gran diligenzia e che si metta la gente affricante in punto e tutta la lor gran potenzia, e sopra tutto ognun di loro intese che si partissi di Spagna il Danese. Intanto Ganellone a Carlo scrisse come egli aveva la pace ordinata e bisognava che Orlando venisse in Roncisvalle con la sua brigata, e del tributo e d' ogni cosa disse e replico\ tutta la intemerata e che venissi a Pie\ di Porto presto, dove aspettar Marsilio pare onesto. E disse: #_ Il re Marsilione ti manda un don che sare' degno in cielo a Giove: una ricca corona, una grillanda con un carbonchio mai piu\ visto altrove, che riluce la notte d' ogni banda quand' ella e\ bene oscura e quando e' piove; ed oltra questo una ricca collana di pietre prezi%ose a Gallerana; mandagli un vel ch' e\ tutto lavorato d' oro e di seta e drento al foco imbianca e pero\ salamandra e\ appellato (dove alcuno scrittor forse qui manca); un dente d' elefante smisurato e di serpente un corno ed una branca, due selvaggi leon fuor di misura, ch' a ognun fanno a vederli paura; pel parco ancor molti destri alepardi che in pochi salti raggiungon le fere e tigri e cefi e bissonti gagliardi e coccodrilli e giraffe e pantere; ma\ndati tanti stambecchini e dardi, turcassi ed archi di mille maniere, brenuzi e cinti e molti cordovani, falcon, girfalchi e ghezzi e cani alani. E poi che fur caricati i cammelli di ricche merce e d' ogni arnese vario, bertucce e {t} babbui%n {/t A; babbuin R} per soprasselli, v' aggiunse il re Marsilio un dromedario il qual t' arrechera\ tanti gioielli che non avea tanto tesoro Dario, e s' io il dicessi e' non sare' creduto: e questo fia poi sempre il tuo tributo. Ma\ndati ancor due spiriti folletti, Floro e Fare\s, e parlerai con loro in uno specchio dove e' son {t} constretti {/t R; costretti A} e molte cose degne dira\ Floro; cento bianchi destrier, cento giannetti con tutte le lor selle e briglie d' oro, al conte Orlando e molte carovane di drappi, arnesi e cose sori%ane; a Ulivieri una leggiadra vesta la qual tutta di gemme e\ ricamata: diecimila seraffi o piu\ val questa. E poi che fu la pace divulgata, per Siragozza si fa fuochi e festa e tutti i gran signor della Granata vengono a corte a Marsilio adorarlo e non si grida se non #" Pace! $" e #" Carlo! $". Credo per grazia il Ciel m' ha riserbato a tanto bene innanzi ch' io sia morto; e parmi il luogo che s' e\ disegnato di venire, a San Gianni Pie\ di Porto, che sia proprio al bisogno accomodato. Ma io saro\ costa\, credo, di corto; intanto fa che la tua corte adorni e che tu scriva al Danese che torni $_. La lettera il messaggio appresento\e a Carlo, e mai non si vide piu\ lieto e nel consiglio a tutti la mostro\e e chiama Ganellon savio e discreto. Ma Namo gia\ non se ne rallegro\e, e giudicava ognun nel suo segreto che Ganellon gittassi il giacchio tondo a questa volta e che toccassi fondo. E perche/ Orlando andato era in Guascogna e non voleva a Parigi piu\ stare ed avea seco il duca di Borgogna, Carlo gli scrisse che dovessi andare in Roncisvalle presto ove bisogna il re Marsilio e 'l trebuto aspettare, e che e' dovessi deporre ogni sdegno, che/ non gli mancherebbe stato e regno. E mando\gli la lettera che scrisse Gano e giurava per la sua corona, poi che son terminate l' aspre risse ed Antea ritornata a Bambillona, benche/ d' accordo di Francia partisse, che gli voleva {add} rito^rre {/add; rito\rre R A} in persona e Bambillona e Persia e la Soria e dar di tutto a lui la signoria, che/ poi ch' egli era il campion ver di Cristo, volea che 'l suo Sepulcro lui guardassi, che tolto aveva a' nimici di Cristo: pertanto al tutto in Roncisvalle andassi e perche/ tanto umili%ossi Cristo, a Marsilio ancor lui s' umili%assi (vedi s' egli era all' usato pur cieco!) e che menassi il conte Anselmo seco. Questo e\ quel conte Anselmo che si dice che in Roncisvalle {t} fe' {/t A; fe/ R} mirabil cose, donde l' anima in Ciel n' ando\ felice: Orlando in man la lettera gli pose. Ulivier questa andata contraddice, ma poi seguire Orlando si dispose, perche/ pure era una volta cognato e lungo tempo l' avea seguitato. Or oltre in Roncisvalle Orlando va per obbedir, come e' {t} fe' {/t A; fe/ R} sempre, Carlo. Non so se Rafael con lui sara\: credo che si\, che/ non dovea lasciarlo, forse che no; ma piu\ tosto verra\ cogli altri in paradiso accompagnarlo, dove l' anima giusta e benedetta nella gloria de' ma\rtiri s' aspetta. Rescrisse a Gan lo imperator ch' avea ogni cosa ordinato e la partenzia il tal di\ di Parigi esser dovea e commendava la sua diligenzia. Or come il traditor questo intendea, dal re Marsilio pigliava licenzia e nel partire ordinava ogni cosa accio\ che a tempo fiorisca la rosa. E reputava Gan tanto gagliardo Orlando, che gli parve e' bisognassi centomila pagan nel primo sguardo; nella seconda schiera ne cacciassi dugentomila e poi nel retroguardo altrettanto di tutti non mancassi: che/ il terzo di\, se la battaglia dura, ognuno arebbe d' Orlando paura. E disse: #_ Intendi ben quel ch' io ti dico, Marsilio: a questa parte abbi respetto, pero\ che fu fatato per antico che il terzo di\ nessun gli regge a petto e so che prezza poco ogni nimico, e Carlo molte volte me l' ha detto che e' fu fatato insino in Aspramonte al tempo d' Agolante e del re Almonte e che con le sue man l' angiol Michele gli cinse quella spada Durlindana e fecel cavalier di Dio fedele che difendessi la fede cristiana, benche/ alcun dica, piu\ dolce che me\le, che fu san Giorgio e la fata Morgana; ma credi qualche cosa sia di questo, perche/ la pruova lo fa manifesto. Orlando e\ uom che non are' paura di Marte, se venisse con sua insegna, e fara\ cose il di\ sopra natura, ch' animo cesare\o nel suo cor regna. Ed anche ci bisogna aver qui cura a Ulivier, ch' io credo con lui vegna, ed ara\ seco forse il conte Anselmo, che miglior cavalier non s' allaccia elmo. Pero\ secentomila combattenti de' miglior della Spagna ti bisogna e non sia ignun che consigli altrimenti, ch' Orlando so ti farebbe vergogna. Parmi da far certi provedimenti; e non ti paia cosa che si sogna, che/ chi vuol quelle gente pigliar tosto come le pecchie, gli pigli col mosto: pero\ si mandi innanzi caricati di vino e vettovaglia assai cammelli, che/ come e' {t} fi\eno {/t R; fieno A} un poco riscaldati, al primo assalto vinceranno quelli, tanto che i primi pagan {t} fi\en {/t R; fien A} tagliati; poi torneranno di leoni agnelli; pur la seconda schiera fia ancor rotta; la terza, no: tu vincerai allotta. Ma fa che in Roncisvalle sien per tempo, prima che ignun la corazza s' affibbi, che/ non ara\n cosi\ d' armarsi tempo e sconteranno {t} e {/t R; e' A} datteri {t} e {/t R; e' A} zibibbi; che/ se le cose si faranno a tempo, gli uomini son, sanz' arme, come nibbi: salvo ch' Orlando e' paladin faranno cose che scritte non si crederranno $_. Poi disse Gano: #_ Una cosa ci resta: Baldovin mio figliuol vi raccomando, il qual verra\ con la cristiana gesta, pero\ che vuol sempre esser con Orlando $_. Disse Marsilio: #_ La mia sopravvesta gli porta e {add} di' {/add; di\ R A} cosi\ ch' io gliela mando e vo' che sempre per mio amor la tenga e che con questa in Roncisvalle venga $_. Poi che fu ordinato il tradimento e recato la Bibbia e l' Alcorano e dato a tutti quanti il sacramento, da Siragozza si partiva Gano. Marsilio volea dargli oro ed argento, ma Ganellon non vi porse la mano; e fece un ben che sara\ il primo e 'l sezzo, che ricever non vuol di sangue prezzo. E tanto ha cavalcato il traditore, che in pochi giorni a Parigi arrivava, e come e' giunse ove e\ lo imperatore, Carlo l' abbraccia e quasi lacrimava di tenerezza che gli venne al core, e Gan poi questo e quell' altro abbracciava: par che venga da far qualche santa opra, e tutta quella corte va sozzopra. Pensa lettor, che il traditor rassetti tutte sue bagattelle e sue bugie e mandragole e serpe e bossoletti e polvere e cartocci e ciurmerie mostrassi e tutti sciogliessi i sacchetti e lo stagnon della tri%aca aprie, ma non mostro\e (ch' e' l' ha nascoso e sallo) l' arsenico, il nappello e il risagallo. E poi con Gallerana cicalava e disse come la reina Blanda a Siragozza un giorno l' aspettava e pero\ molte cose non gli manda. Poi Carlo tuttavia sollecitava e sempre l' onor suo gli raccomanda e che e' menassi la sua corte adorna, e pure al fatto d' Orlando ritorna. Carlo si studia che par che trafeli; non dice come a Giuda: #_ {it} Ad quid venisti? {/it} $_ che/ Ganellon gli ha portati i Vangeli (e son proprio di man de' vangelisti!) e non pensava a tanti amari feli insin che gli fia detto un #_ {it} Dirupisti {/it}: morto e\ Orlando e la sua gente tutta e la tua Francia bella omai distrutta $_. Io avevo pensato {t} abbrevi%are {/t A; abbreviare R} la storia e non sapevo che Rinaldo in Roncisvalle potrebbe arrivare; un angel poi da Ciel m' ha mostro Arnaldo, che certo un {t} au%ttor {/t A; auttor R} degno mi pare, e dice: #_ Aspetta, Luigi, sta saldo, che/ fia forse Rinaldo a tempo giunto $_; si\ ch' io diro\ come egli scrive appunto. E so che andar diritto mi bisogna, ch' io non ci mescolassi una bugia, che/ questa non e\ istoria da menzogna; che/ come io esco un passo della via, chi gracchia, chi riprende e chi rampogna, ognun poi mi {t} ri%esce {/t A; riesce R} la pazzia; tanto che eletto ho solitaria vita, che/ la turba di questi e\ infinita. La mia accademia un tempo o mia ginnasia e\ stata volentier ne' miei boschetti; e puossi ben veder l' Affrica e l' Asia; vengon le ninfe con lor canestretti e portanmi o narciso o colocasia; e cosi\ fuggo mille urban dispetti, si\ ch' io non torno a' vostri ari%opaghi, gente pur sempre di mal dicer vaghi. Poi che Malgigi vide Carlo Mano che come un bufol drieto al suo disegno si lasciava guidar pel naso a Gano, si parti\ da Parigi per isdegno, e fece l' arte usata a Montalbano per saper dove, in qual paese o regno, si ritrovava Rinaldo e' frategli, che/ lungo tempo non sapea di quegli. Uno spirto chiamato e\ Astarotte, molto savio, terribil, molto fero; questo si sta giu\ nelle infernal grotte; non e\ spirto folletto, egli e\ piu\ nero. Malgigi scongiuro\ quello una notte e disse: #_ Dimmi di Rinaldo il vero, poi ti diro\ quel che mi par tu faccia: ma non guardar con si\ terribil faccia. Se questo tu farai, io ti prometto ch' a forza ma' piu\ non ti chiamo o invoco e d' ardere alla morte un mio libretto che ti puo\ sol costrigner d' ogni loco, si\ che poi piu\ tu non sarai costretto $_. Per che lo spirto, braveggiato un poco, istava pure a vedere alla dura se far potessi al maestro paura. Ma poi che vide Malgigi crucciato, che voleva mostrar l' anel dell' arte e in qualche tomba l' arebbe cacciato, volentier sotto si misse le carte, e disse: #_ Ancor tu non hai comandato $_. E Malagigi rispose: #_ In qual parte si ritruovi Rinaldo e Ricciardetto fa che tu dica e d' ogni loro effetto $_. #_ Rinaldo le piramide a vedere e\ andato d' Egitto $_, gli rispose questo demo\ne; #_ e se tu vuoi sapere tutti i suoi fatti, io t' ho a dir tante cose, che 'l sonno so non potresti tenere $_. Disse Malgigi: #_ Delle piu\ famose notizia voglio e pero\ non t' incresca; ma {add} di' {/add; di\ R A} piu\ forte accio\ che 'l sonno m' esca $_. #_ Rinaldo Fuligatto aveva seco $_, disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}; #_ e insino a qui t' ho detto quando altra volta ne parlai gia\ teco. Guicciardo suo, Alardo e Ricciardetto vollon veder tutto il paese greco e poi passar d' Elesponto lo stretto, perche/ e' sapevon per antica fama del monte eccelso che Olimpo si chiama. E poi che furon tre giorni montati, perche/ pure a salir si suda e spasima, sendo in alto una notte addormentati, uccise Fuligatto la fantasima: credo ch' egli eran tanto affaticati, che per l' affanno venissi questa asima, che il sangue al cor per le vene s' accolse, e cosi\ mal della impresa gli colse. Rinaldo il seppelli\ come e' potea e termino\ pur di veder la cima: vide che sotto le nugole avea, e lettere gran tempo scritte prima in su la rena scolpite leggea, che/ vento o pioggia non par che l' opprima. Ma poi trovo\, nello scendere il monte, una strana chimera a una fonte. Uccise questa, che fu maraviglia, che/ mai nessun piu\ non v' era arrivato, ch' affisar sol questo mostro le ciglia, col guardo suo non l' avessi ammazzato. Poi verso il Cai%r rivolse la briglia, poi ve\r Domasco, ed al Giaffo arrivato volle veder il sepulcro di Cristo $_ (benche/ il di%avol non dicessi: #_ Cristo $_; disse: #_ il sepulcro del monte Calvario $_). #_ Poi lascia^r quivi ciascuno il destriere e tolson chi cammel, chi dromedario, e 'l monte Sinai\ vollon vedere; e perche/ il vento si misse contrario, furno a pericol di non rimanere tutti annegati in quel mar della rena e con fatica lo passorno appena. E sopra a Sinai\ saliti e scesi da quella parte ove il gran fiume corre, vollon vedere anche molti paesi e dove fu di {t} Nembrotte {/t A; Nembroth R} la torre. Poi ritornati e' lor destrier ripresi, saliti prima al bel monte Taborre, trascorson fino in India al prete Ianni e combatteron la\ molti e molti anni, tanto che sol v' era un signor rimaso il qual non si voleva battezzare e redurre alla fede di Tommaso. Ma perche/ piu\ non vollon soggiornare, Rinaldo se n' ando\ verso l' occaso e volle il grande Atlante superare sanza curarsi o di fatica o gelo, forse per {add} to^rgli {/add; to\rgli R A} dalle spalle il cielo. Poi vide i segni che Ercule gia\ pose accio\ che i navicanti sieno accorti di non passar piu\ oltre, e molte cose ando\ veggendo per tutti que' porti e quanto ell' eran piu\ maravigliose, tanto pareva piu\ che si conforti e sopra tutto commendava Ulisse che per veder nell' altro mondo gisse. Or finalmente si torno\ in Egitto ed ha molte provincie battezzate. Credo ch' egli abbi l' animo diritto di non tornar mai piu\ in Cristianitate; e so che molte volte v' ha qua scritto (ma non ci son le lettere arrivate) che s' egli avessi seco avuto Orlando, sarebbe mezzo il mondo a suo comando $_. Gia\ era Malagigi stato attento tre ore o piu\ che quel demo\ne ha detto, e disse: #_ Non dir piu\, ch' i' m' addormento. Chiamato t' ho sol per questo rispetto, che tu vadi a Rinaldo in un momento e che tu porti lui con Ricciardetto in Runcisvalle dove aspetta Orlando, e so che intendi io te gli raccomando $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ E' non si fideranno $_. Rispose Malagigi: #_ Entra in Baiardo: Rinaldo e Ricciardetto vi sarranno. Guicciardo non importa e cosi\ Alardo, e inverso Montalban si torneranno. Ma fa che a questo tu abbi riguardo, che non rincresca a Rinaldo la via e che in tre giorni in Roncisvalle sia. Un' altra cosa ti bisogna dire, ch' io son da un pensier tutto smarrito e non posso la mente mia chiarire: tu sai che Carlo di Francia e\ partito: di questa andata che debbe seguire, s' Orlando in Runcisvalle fia tradito, e quel che fece il traditor di Gano a Siragozza col gran re pagano $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ A giudicare e\ scuro, s' io non pensassi tutta questa notte; e non sarebbe il giudicio sicuro, che/ le strade del Ciel son per noi rotte. Noi veggiam come astrolagi il futuro, come tra voi molte persone dotte, che non camperebbe uomo ne/ animale; se non che corte abbiam tarpate l' ale. Dir ti potrei del Testamento vecchio e cio\ che e\ stato per lo antecedente; ma non viene ogni cosa al nostro orecchio, perch' egli e\ solo un Primo onnipotente dove sempre ogni cosa in uno specchio, il futuro e 'l preterito, e\ presente: Colui che tutto {t} fe' {/t A; fe/ R} sa il tutto solo, e non sa ogni cosa il suo Figliuolo. Pero\ dir non ti posso, s' io non penso, quel che debbe seguir di Carlo Mano. Sappi che tutto questo aire e\ denso di spirti, ognun con l' astrolabio in mano; e 'l calcul tutto e 'l {t} taccui%n {/t A; taccuin R} remenso minaccia il Ciel di qualche caso strano e sangue e tradimento e guerra e storpio, pero\ che Marte angulare e\ in Scorpio; e perche/ meglio intenda, in ascendente si ritruova congiunto con Saturno, nella revoluzion tanto potente che non fu tanto alle guerre di Turno. Questo dimostra occisione di gente e quanti casi terribil mai furno e mutazion di stati e di gran regni; e non soglion mentir mai questi segni. Non so s' a questi di\ tu hai ben notate quelle comete che sono apparite, Veru e Dominus A\scone appellate, che mostran tradimenti e guerre e lite e morte di gran pri\ncipi e magnate; ed anche queste mai non son mentite: si\ che a me par, per quel ch' io intendo e veggio, che s' apparecchi quel ch' io dico e peggio. Quel che Gan con Marsilio abbi trattato non so, ch' io non v' avea la mente {t} vo\lta {/t R; volta A}: credo ch' e' sia quel ch' egli e\ sempre stato, pero\ questa fatica mi sia tolta; e so ch' un seggio e\ per lui preparato, e s' io ho la sua vita ben raccolta, piangera\ le sue colpe in sempiterno tosto l' anima trista nello inferno $_. Diceva Malagigi: #_ Tu m' hai detto un punto che mi tien tutto confuso: che il Figliuol tutto non sappi in effetto. Io non intendo il tuo parlar qui chiuso $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Tu non hai ben letto la Bibbia e parmi con essa poco uso: che, interrogato del gran di\, il Figliuolo disse che il Padre lo sapeva solo. Or nota Malagigi se tu vuoi ch' io dica pur la mia diffinizione, e domanda i {t} teolagi {/t R; teologi A} tuoi, poi: voi dite: #" in una essenzia tre persone $", ovvero #" una sustanzia $" (e cosi\ noi), #" un atto puro sanza admisti%one $"; pero\ che questo di necessitate convien che sia Quel che tutti adorate: un motor donde ogni moto deriva, un ordin donde ogni ordin sia construtto, una {t} cau%sa {/t A; causa R} a tutte primitiva, un poter donde ogni poter vien tutto, un foco donde ogni splendor s' avviva, un principio onde ogni principio e\ indutto, un saper donde ogni sapere e\ dato, un bene donde ogni bene e\ causato. Questo e\ quel Padre e quel Monarca antico c' ha fatto tutto e puo\ tutto sapere e non puo\ preterir l' ordin ch' io dico, che/ 'l cielo e 'l mondo vedresti cadere. Or s' io non son, com' io solea gia\, amico, non posso in quello specchio piu\ vedere dove apparisce or forse i vostri guai, benche/ il futuro io nol sapessi mai. E se Lucifer l' avessi saputo, e' non avea tanta presunzi%one e non sarebbe nel centro caduto per voler la sua sede in Aquilone; ma non aveva ogni cosa veduto, onde e' segui\ la nostra dannazione; e perche/ il primo lui fu in questa pecca, caduto e\ il primo lui nella Giudecca. E non aremo invan tentati tanti, che tutti son felicitati in Cielo, se non che, come io dico, tutti quanti agli occhi della mente abbiamo un velo; e non arebbe il gran Santo de' Santi Sata\n, come voi dite nel Vangelo, tentato e poi portato in sul pinnacolo insin che pur cognobbe il suo miracolo. E perche/ tutto fa perfettamente e tutto ha circunscritto e terminato e cio\ che fece gli e\ sempre presente perche/ e' fu con giustizia essaminato, nota che mai questo Signor si pente; e s' alcun dice che e' s' e\ rimutato, dico che il falso qui pel ver si stima, che/ cosi\ era nell' ordine prima $_. #_ Dimmi $_ rispose Malagigi #_ ancora, che/ tu mi par' qualche angelo discreto: se quel primo Motor ch' ognuno adora cognosceva il mal vostro in suo segreto e vedeva presente il punto e l' ora, e' par che e' sia qui ingiusto il suo decreto e la sua carita\ qui non sarebbe, perche/ creati e dannati v' arebbe e presciti imperfetti e con peccati; e tu di' ch' Egli e\ giusto e tanto pio, e non c' e\ spazio a esservi emendati: e' par che partigian si mostri Iddio degli angioli che son lassu\ restati, che cognobbon il ver dal falso e 'l rio e se il fine era o tristo o salutifero e non seguiron come voi Lucifero $_. Crucciossi come un diavol {t} Astaro\th {/t R; Astaro\t A}, poi disse: #_ E' non amo\e piu\ Miccael che Lucifer quel giusto {t} Sabao\th {/t R; Sabao\t A} e non creo\ Cain peggior che Abel. Se l' un superbo e\ poi piu\ che {t} Nembro\th {/t R; Nembro\t A}, l' altro e\ tutto disforme a Gabriel e non si pente e non esclama: #" Osanna $", libero arbitrio l' uno e l' altro danna. Questo fu quel che ci ha dannati tutti. E lungo tempo per la sua clemenzia ci comporto\e per non ci far si\ brutti, insino al termin della penitenzia; e non possiam piu\ in grazia esser redutti, che/ giusta e\ data la nostra sentenzia, e non ci tolse il preveder suo il tempo, che/ la grazia al ben far fu sempre a tempo. Giusto e\ il Padre e 'l Figliuolo e giusto il Verbo e fu con gran pieta\ la sua giustizia e non fu men d' ingrato che superbo il peccato di tutti e la malizia; e non si pente il nostro animo acerbo, pero\ che cio\ che dal volere inizia, cognosciuto il ver prima, per se stesso, non tentato d' alcun, mai fu dimesso. Non cognobbe Adam vostro il suo peccato: pero\ dimessa fu questa fallenzia, perche/ il serpente l' aveva tentato; dispiacque sol la sua disobbedenzia: pero\ di paradiso fu cacciato e riservato della penitenzia la grazia e pace della sua discordia e l' olio ancor della misericordia. Ma la natura angelica corrotta non puo\ piu\ ritornar perfetta e intera, la qual pecco\ come natura dotta, e per questa cagion poi si dispera. Che/ se quel Savio non rispose allotta, quando Pilato domando\ quel ch' era la verita\, fu ch' e' l' aveva appresso, si\ che questo ignorar gli fu dimesso; se non che nel ben far perseverato non ha costui quando le man s' imbianca. E non sarebbe anche Giuda dannato, che si pente/; ma la speranza manca, sanza la qual nessun mai fia salvato, e 'l detto d' Origen non lo rifranca; ne/ sia chi l' altra oppini%on concluda: {it} in diebus illis salvabitur Iuda {/it}. Dunque un Primo e\ nel Ciel, che tutto intese da cui tutte le cose son create, e creando e dannando non ci offese, ma {t} fe' {/t A; fe/ R} tutto in iustizia e in veritate; e 'l futuro e 'l preterito ha palese, che/, come io dissi, e\ di necessitate che tutto appaia a quel Motor davante, da cui procede ogni virtu\ informante. E poi che del mio mal pur la cagione, come maestro, m' hai {t} constretto {/t R; costretto A} io dica, tu vorresti sapere or la ragione per che E' durassi invan questa fatica, poi che vedea la nostra dannazione: sappi che segnata e\ questa rubrica e riservata a quel Signor giocondo, si\ ch' io nol so; pero\ non ti rispondo. Ne/ detto l' ho per metterti alcun dubbio, ma perch' io veggo che la umana gente di molti errori avvolge a questo subbio e vuol saper, sanza saper ni%ente, onde esca il Nil, non pur solo il Danubbio: basta che tutto ha fatto giustamente e giusto e vero e\ quel Signor di sopra, come dice il salmista, in ciascuna opra. E poeti e filosofi e morali queste cose ch' io dico anche non sanno, ma la prosunzi%on vuol de' mortali saper le gerarchie come elle stanno. Io ero serafin de' principali e non sapea quel che quaggiu\ detto hanno {t} Di%onisio {/t R; Dionisio A} e Gregorio, ch' ognun erra a voler giudicare il Ciel di terra. E sopra tutto a questo ti bisogna non ti fidar di spiriti folletti, che/ non ti dicon mai se non menzogna e metton nella mente assai sospetti e farebbon piu\ danno che vergogna; e perche/ intenda, e' non vengon {t} constretti {/t R; costretti A} nell' acqua o nello specchio e in aria stanno mostrando sempre falsitate e inganno. Vannosi l' un con l' altro poi vantando d' aver fatto parer quel che non sia: chi si diletta ir gli uomini gabbando, chi si diletta di filosofia, chi venire i tesori rivelando, chi del futuro dir qualche bugia; si\ ch' io t' ho letto un gentil mio quaderno, che/ gentilezza e\ bene anche in inferno $_. #_ Or basti $_ disse Malagigi, #_ questo. Dimmi al presente quel che fa Marsilio $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ Io tel diro\ e presto: a Siragozza ha chiamato a concilio il popol tutto e veggo manifesto gran gente d' arme e di molto navilio apparecchiarsi e lui nel {t} volto {/t A; vo/lto R} lieto, ma non dice a persona il suo secreto $_. #_ Potresti tu ritrar qualche parola di Falserone o del re Bianciardino? $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ E' basta questa sola: che qualche tradimento m' indovino $_. #_ Or non piu\! $_, disse Malagigi. #_ Vola e piglia inverso Rinaldo il cammino e porta in Runcisvalle ov' io t' ho detto, quanto piu\ presto lui con Ricciardetto $_. Disse il di%avol: #_ Ricciardetto ha seco, per quel ch' io veggo, un leggiadro cavallo, che gliel dono\e lo imperator la\ greco, e non vorrebbe a gnun modo lasciallo: pero\ se in groppa a Baiardo lui reco, questo destrier non potre' seguitallo, tanto che troppo ci terrebbe a tedio: ma per servirti ho pensato il rimedio. Io diro\ per tua parte a Rubicante che porti Ricciardetto, o a Farferello, che tentano un signor la\ di Levante perche/ e' voleva battezzarsi quello: tu se' tanto famoso nigromante, che sanza mostrar libro o altro anello, per compiacerti, dello infernal chiostro verrebbe Belzebu\ principe nostro $_. Disse Malgigi: #_ S' e' non vien {t} constretto {/t R; costretto A}, potrebbe questo spirito ingannarmi e gittare in un fiume Ricciardetto: dimmi, {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}, s' io posso fidarmi $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Non aver sospetto: non ti bisogna adoperare altre armi; e nota una parola: che ignun saggio non fa mai cosa a suo disavvantaggio. Tu potresti cacciarlo in qualche tomba, ma non bisogna, che/ ti stima ed ama, tanto il tuo nome giu\ fra noi rimbomba, e vuolsi in ogni loco amici e fama $_. Poi si parti\, che parve d' una fromba quando il sasso esce, che per l' aria esclama; anzi folgore proprio par che fosse e la terra tremo\ quando e' si mosse. Or lasciam {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} andar per l' aria, che/ questa notte troverra\ Rinaldo: la nostra istoria e\ si\ fiorita e varia, ch' i' non posso in un luogo star mai saldo; e non sia altra oppini%on contraria, che/ troppe belle cose dice Arnaldo, e cio\ ch' e' dice, il ver con man si tocca, ch' una bugia mai non gli esce di bocca. E ringrazio il mio car, non Angiolino, sanza il qual molto laboravo invano, piu\ tosto un cherubino o serafino, onore e gloria di Montepulciano, che mi de/tte d' Arnaldo e d' {t} Alcui%no {/t A; Alcuino R} notizia e lume del mio Carlo Mano; ch' io ero entrato in un oscuro bosco, or la strada o 'l sentier del ver cognosco. E bisognava che Rinaldo vegna, se non che Carlo non avea rimedio; che/, se non fussi sua potenzia degna che molto tenne la battaglia a tedio, Marsilio ne veni\a con la sua insegna e posto arebbe alla fine l' assedio dove Carlo era, a San Gianni di Porto, e forse Gan non sarebbe alfin morto. Era il Danese di Spagna tornato, e Berlinghieri, Astolfo e Sansonetto; e Carlo a Pie\ di Porto hanno trovato e molto di Marsilio avevon detto: che Ganellone avea tanto onorato, che e' parea lor da pigliarne sospetto, e come e' fece nel parco il convito: ognun dicea quel ch' egli avea sentito. Carlo pure all' usato si credea; il perche/ Astolfo e Berlinghier partissi e Sansonetto, ch' ognun Gan vedea sempre con Carlo che fa pissi pissi. E 'l traditor, che la birba sapea, volle con lor Baldovino anche gissi, per orpellare e coprir le sue colpe: guarda se questo fu tratto di volpe! E nel partir sopra l' armi la vesta gli misse, che Marsilio avea mandata, dicendo: #_ Omai la tua divisa e\ questa, tanto e\ degno colui che l' ha donata; e vo' che tu la porti in guerra e in festa. Saluta Orlando e tutta la brigata e {add} di' {/add; di\ R A} che facci al re Marsilio onore, che/ cosi\ piace al nostro imperatore $_. In questo il re Marsilio ne veni\a con le sue gente per trovare Orlando ed ognun si vantava per la via d' uccidere il nimico, minacciando. Diceva un certo Arlotto di Soria: #_ La testa d' Ulivieri al tuo comando, che/ sai ben quanto m' e\ stato nimico, ti portero\, Marsilio, come io il dico $_. E Falseron volea cavare il core al conte Orlando che il suo figlio uccise: non si ricorda, in Francia, il traditore, che l' abbraccio\e piu\ volte e pianse e rise. Marsili%on, che disi%ava onore, in questo modo le schiere divise e ricordossi ben di mano in mano di tutto l' ordin ch' avea dato Gano. Pero\ la prima schiera, centomila, volle che fussi sotto Falserone e missevi di satrapi una fila, gente di pregio e d' alta condizione, come colui che l' opera compila si\ come savio con gran discrezione; fra gli altri un re di fama e gagliardia, ch' io dissi appresso, Arlotto di Soria; Turchion, Fidasso e Finadusto nero, ch' era ben sette braccia per lunghezza e porta un bastonaccio sodo e fiero, il qual {t} tanta arme {/t R; tant' arme A} quanto e' truova spezza: non basta a questo il giorno un cimitero, tanti n' uccide per la sua fierezza; il re Malprimo e Malducco di Frasse credo ch' ancora in questa schiera entrasse. Dico ch' io credo di questo Malducco, che/ nella terza lo mette Turpino, accio\ che ignun non mi ponga al baucco, che mi sia riprovato un bruscolino, che il popol ne fa poi suo badalucco. Ma nella schiera del re Bianciardino dugentomila cavalier vi misse Marsilio, avvegna che di piu\ si disse. Ed e\vvi un re chiamato Chiari%ello di Portogallo e il re Margheritonne, Balsamin, Fieramonte e il re Fiorello e Buiaforte e il gran re Siri%onne e tanti altri signori in un drappello, che tanti mai non ne vide Ili%onne: l' ultima schiera fu di Balugante, col resto delle gente tutte quante. Io chiamo qui Turpin mio testimonio: trecentomila e\ questa schiera terza. Quivi era l' Arcaliffa e 'l re Grandonio, che portava un baston come una sferza con certe palle, e pareva un demonio nero, e con questo baston non ischerza; e chi 'l vedeva sanza l' elmo in faccia dicea: #_ Quel garre e bestemmia e minaccia $_. Orlando in Runcisvalle era venuto con la sua schiera usata anticamente ed aspettava Marsilio e 'l tributo, che verra\ presto si\ miseramente. Il campo in ogni parte e sproveduto e gia\ per tutto era sparta la gente; Orlando a spasso, per darsi diletto, ispesso andava col suo Sansonetto. E Sansonetto, figliuol del Soldano, era del conte Orlando innamorato, che per suo amore era fatto cristiano allor che nella {t} Mec {/t R; Mecche A} fu arrivato e sempre lo seguia per monte e piano, tanto che spesso il Soldan fu ammirato. Ma Ulivier pur mal contento stassi e confortava il campo s' afforzassi. Aveva il re Marsilio gia\ mandato molti cammelli innanzi e vettovaglia, e Bianciardin con essi era arrivato appunto il di\ dinanzi alla battaglia e molto aveva Orlando confortato di pace e d' ogni cosa lo ragguaglia, e che volessi il re Marsilio amico e lasciar questa volta ogni odio antico. Poi finse insino a Carlo dovere ire, con certi scaltrimenti suo' malvagi; e seppe al re Marsilio {t} ri%uscire {/t A; riuscire R}, per altra via tornato come i Magi, e d' Orlando e del campo a referire ch' alloggiato era con assai disagi di guardie {t} ascolte {/t R; a scolte A}; e d' ogni cosa narra, che non vi si vedea solo una sbarra. Fece Marsilio una bella orazione la notte a tutti, dove e' fecion alto, e comincio\: #_ Laudato sia Macone, che sempre quello invoco, onoro, essalto. E' convien pur ch' io dica la cagione, prima noi siam co' cristiani all' assalto, per quel ch' io v' ho condotti in questo loco, e vorrei molto dir, ma il tempo e\ poco. Ognun sa quanto tempo combattuto io ho con Carlo Magno e co' cristiani, tanto che vecchio son fatto canuto e tanto sangue sparto e\ de' pagani e non ho con Orlando mai potuto essere un tratto in su' campi alle mani, ch' io sarei forse fuor d' un lungo affanno che s' apparecchia, o con salute o danno. Tre volte m' ha la Spagna rebellata, come sapete, e parte d' Araona: appena Siragozza m' e\ restata; ed or pensava mettersi corona di tutti i nostri regni e di Granata; e in Runcisvalle si truova in persona e Macon credo che dal Ciel lo mandi e che la fede sua ci raccomandi. Io mandai Bianciardin, poi Falserone in Francia a Carlo a domandargli pace, poi ch' io vidi la mia distruzi%one; ma so che al nostro Dio questo non piace; e la risposta fu per Ganellone, come sapete, superba ed audace: che non volea che torni al paganesimo la Spagna o sbattezzar chi avea battesimo. Cesare disse che se {it} iusiurando {/it}, cioe\ la fede che e\ data ed accetta, romper si debba, lecito era quando si fa per tener regno o per vendetta: si\ ch' io non curo di tradire Orlando; e lecito fu ancor la vedovetta per tradimento al lume di lanterne riportarne la testa d' Oloferne. Non so se ognun di voi s' ha bene inteso del miracolo stato nella Mec: questo e\ che il nostro Iddio si tiene offeso: credo che fu di maggio, il primo {it} alec {/it}, ch' egli appari\ nell' aria un vampo acceso e fu sentito dir {t} #" {/t A; #_ R} {it} Salamalec {/it} {t} $" {/t A; $_ R} e l' arca santa di sangue sudare: non so se questo gran segno vi pare. Si\ ch' io non veggo quel che far piu\ deggio, da poi che Macometto e\ in Ciel crucciato tanto che sempre andiam di male in peggio e non m' e\ tanto di spazio restato ch' io possi appena piu\ locarvi il seggio ch' era pur gia\ sopra ogn' altro onorato, e so che presto verra\ {t} in nelle {/t R; nelle A} mani, e l' arca e quel, de' ribaldi cristiani. Io v' ho per tanti paesi menati, per tanti error, tante fatiche, affanni: tutti sia\n per morir nel mondo nati: venite ad onorar questi ultimi anni: voi sarete nel Ciel ben ristorati; ben si ricorda de' suoi mussurmanni Macone e serba a chi fia suo fedele le fonte e' fiumi di latte e di me\le. Pero\, militi miei, se voi sarete quel ch' io v' ho lungo tempo cognosciuti, questo e\ quel di\ che voi vittoria arete; Orlando, sanguinosi i suoi tributi ch' aspetta in Runcisvalle, voi il sapete, come se schiavi ci avessi venduti. Ma se ancor taglian pur le nostre spade, noi piglierem tutta Cristianitade. Noi piglierem la Francia e la Borgogna, Inghilterra, la Fiandra e la Brettagna, la Normandia, Navarra e la Guascogna, la Piccardia, Provenza e poi Lamagna; e basta solo a me quel che bisogna: conservar la mia sedia antica e magna; il resto, imperii e regni, si sia vostro, che/ sanza voi son nulla e tutto e\ nostro. E mandero\ poi Bianciardino a Roma al gran papasso a comandar ch' e' vegna a Siragozza a pena della chioma; se non, ch' io volgero\ la\ la mia insegna e in su l' altar che di Pietro si noma, per mostrar piu\ la mia grandezza degna e come il ver profeta e\ Macometto, mangeranno i cavalli a suo dispetto. Pertanto ognun si metta l' elmo in testa, la lancia in mano, e segua il suo stendardo. Non so s' a ricordarvi altro mi resta; penso che si\: ch' ognun abbi riguardo, se voi vedessi la mia sopravvesta che porta un giovinetto assai gagliardo: fate che questo sia salvato solo, pero\ ch' egli e\ di Ganellon figliuolo $_. Poi ch' egli ebbe finita l' orazione e tutti i cavalieri ammaestrati, rimonto\ a caval Marsili%one e furon gli stendardi in alto dati. E nella prima schiera e\ Falserone con le sue gente, tutti bene armati, e Belfagor avea, nello stendardo, di color nero e il campo era leardo. Nella seconda schiera e\ Bianciardino ed occupava tutta una montagna, pero\ che molto popol saracino avea con seco menato di Spagna; e diguazzava il vento un Apollino nella ricca bandiera azurra e magna; questo Apollino offende piu\ d' un testo e dice alcun che Trevigante e\ questo. La terza schiera guida Balugante e pare un nuovo Marte in su l' arcione; pensa che e' v' era piu\ d' un amostante pero\ che in questa viene Marsilione; e lo stendardo suo veni\a davante, dove era figurato il lor Macone nel campo rosso con due ale d' oro. E in questo modo si schiera^r costoro. Or mi convien lasciar Marsilio, il quale inverso Roncisvalle s' e\ diritto, perche/ Astarotte anche avea seco l' ale e gia\ Rinaldo ha trovato in Egitto, ch' ancor bisogno non {t} avea {/t A; aveva R} d' occhiale e lesse cio\ che Malagigi ha scritto; poi domando\ quel messaggier chi e' sia, che cosi\ tosto ha spacciata la via. E poi che l' ebbe da presso veduto, perch' e' gli fece molto fiero sguardo, sorrise e disse: #_ Tu sia il benvenuto $_; e poi chiamava Guicciardo ed Alardo e domando\ se l' avean cognosciuto. Ma Farferel, che non v' ebbe riguardo, appari\ intanto in una forma oscura, tanto che a tutti faceva paura. Ricciardetto era a contemplar rimaso una certa piramida, che avea un cerchio d' oro, e nol {t} fe' {/t A; fe/ R} Chemi a caso, che/ tutto il corso del ciel vi vedea. L' altra di Mucerin, di Armeo, d' Amaso non cosi\ bella o degna gli parea; forse la prima gli pareva brutta, da quei dodici satrapi {t} construtta {/t R; costrutta A}. Ma poi che tutto da Rinaldo intese, pargli mill' anni di vedere Orlando, e cosi\ tosto il partito si prese: Guicciardo, Alardo ne vadin trottando a Montalban per qualche altro paese; e poi Rinaldo veni\a domandando: #_ Sarebbe, dimmi, {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}, possibile che pel cammin tu ci porti invisibile? $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ E' fia per certo: aspetta tanto ch' io mandi insino in Eti%opia, e porteratti uno spirto una erbetta che puo\ far questo, e non pure elitropia; e basta sol ch' addosso te la metta, che/ cosi\ e\ la sua natura propia; e dove manca ragione o sci%enzia, basta al savio {t} veder {/t A; vedere R} la speri%enzia $_. E poi si volse a un certo scudiere, e disse: #_ Va per questa erba, Milusse $_. Rinaldo guarda e non seppe vedere con chi quel parli e paura gl' indusse. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ Io intendo il tuo tacere: non chiamerei se qualcun non ci fusse: sappi ch' io ho mille demo\n qui intorno, che m' accompagnon di notte e di giorno $_. Disse Rinaldo: #_ Adunque io son nel gagno de' di%avoli! Orsu\, qui siam: che fia? $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ Ognun fia buon compagno o buon briccon, tu il vedrai per la via; ed ogni di\ qualche convito magno vedrai sempre e parata l' osteria e chiederai tu stesso le vivande, ch' io ti daro\ mangiare altro che ghiande. Noi {t} abbiam {/t R; abbia\n A} come voi principe e duce giu\ nell' inferno e 'l primo e\ Belzebu\e: chi una cosa, chi altra conduce, ognuno attende alle faccende sue; ma tutto a Belzebu\ poi si riduce, perche/ Lucifer religato fue ultimo a tutti e nel centro piu\ imo, poi ch' egli 'ntese esser nel Ciel {add} su {/add; su\ R A} primo. E se vuoi pur che il ver presto ti dica, non ti fidar di noi se non col pegno, perche/ alla vostra natura e\ nimica la nostra per invidia e per isdegno. Tu mi da\i di portar questa fatica: io fui gia\ serafin piu\ di te degno; or, per piacere al nostro Malagigi, vedi ch' io fo di bastagio i servigi. Ma perch' io so che tu farai macello in Roncisvalle, volentier ti porto, e cosi\ Ricciardetto Farferello, ch' io vedro\ certo molto popol morto e correra\ di sangue ogni ruscello; che/ sai ch' egli e\ de' miseri conforto di veder come lor qualch' altro afflitto: pero\ ti traggo volentier d' Egitto $_. Venne Milusse e porto\ l' erba seco e de/ttela a Rinaldo in un sacchetto. e disse: #_ Dagli Antipodi l' arreco $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Da\lla a Ricciardetto $_. Rinaldo guarda e rimase alfin cieco, e disse: #_ Il vero, {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}, m' hai detto; pertanto andianne $_; e salto\ in su Baiardo, che questa volta gli parra\ gagliardo. Quando Baiardo il di%avol sentiva, perch' altra volta di questi alloggio\e, intese ben come la cosa giva e come un drago a soffiar comincio\e; e cosi\ l' altro cavallo {t} anitriva {/t; annitriva A} e raspa e salta e 'l cammin suo piglio\e con tanta furia, e cosi\ Astarotte, che l' uno e l' altro non sente di gotte. Lasciate le piramide, accadea di Miride passar la gran palude; per che {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} a Rinaldo dicea: #_ Che vuoi ch' io facci? $_; e Rinaldo conclude: #_ Parmi tu salti $_; e cosi\ si facea. Ma Ricciardetto pur gli occhi si chiude per non veder quanto il caval vadi alto: tanto e\ che questa si spaccia in un salto. Poi cavalcando e gia\ per Libia entrato, trovato ha il fiume ovver palude o lago il qual Triton da Tritonia e\ chiamato; e poi piu\ oltre, lasciata Cartago, a destra il fiume Bagrade ha trovato, dove uccise il serpente Attilio, o 'l drago, onde e' si dice ancor tante novelle e come a Roma quel mando\ la pelle. Ma voglia\n noi che Rinaldo cavalchi e non si facci pero\ collezione, benche/ la fretta del cammin c' incalchi? Ben sai che no, che/ non sare' ragione. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ Orsu\, qua tutti, scalchi! Apparecchiate la nostra magione $_. Disse Rinaldo: #_ E che il becco s' immolli! E poi cantando ce n' andren satolli $_. In questo in su 'n un prato e\ apparito un padiglion che parea tutto d' oro, ed ordinato {add} subito {/add; su\bito R A} un convito (dunque da beffe non fanno costoro!), le mense acconce e chi abbi servito, e tanti camerier gia\ intorno loro con reverenzie ed abiti si\ destri, che parean tutti di nozze maestri: chi butta alla lombarda il pannisello, ed acqua lanfa e\ trovata alle mani. Posti a sedere, ecco giunto un piattello di beccafichi e di grassi ortolani. Vedi che anticamente questo uccello era e non pur ne' paesi toscani! E perche/ qui non se ne crede altrove, ambrosia o ne\ttar non s' invidia a Giove; e come un dice: #_ Gli ortolan $_, di botto par che si lievi in tanta boria Prato; e pero\ disse gia\ il piovano Arlotto ch' avea piu\ volte in su questo pensato perche/ e' sapeva e' v' e\ misterio sotto, e finalmente or l' {t} avia {/t A; avi\a R} ritrovato: cioe\ che Cristo a Maddalena apparve in ortolan, che buon sozio gli parve. Vennon tante vivande in un baleno, che mai convito si {t} fe' {/t A; fe/ R} piu\ solenne, e d' ogni cosa si missono in seno: e' vi fu insino a' pavon con le penne; i cavalli hanno dell' orzo e del fieno. Rinaldo quasi per le risa svenne, e dice: #_ Questi mi paion miracoli! Facciam qui sei, non che tre tabernacoli! $_. E Ricciardetto diceva: #_ Fratello, a me par che noi sia\n bene alloggiati da poi che c' e\ buon oste e buon piattello e vernacce e razzesi dilicati $_. Ed {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} e\ intorno e Farferello, col grembiul come l' oste apparecchiati, e dicean pur, cosi\, piacevolmente: #_ Messer, che dite? {t} Ma\ncavi {/t R; Mancavi A} ni%ente? $_. Disse Rinaldo: #_ Qui sta: buon ostiere; venghin poi le vivande dell' inferno, ch' io avea voglia di mangiare e bere! E so che, per un tratto io mi governo, ch' io potro\ cavalcare a mio piacere $_. E finalmente buono scotto ferno. Poi domandorno onde l' oste abbi avute queste vivande che son lor venute. Disse il di%avol: #_ Questa collezione e le vivande che mangiate avete, apparecchiava il re Marsili%one; e giunti in Runcisvalle lo saprete, che/ i servi insieme ne fecion quistione. E se del vostro imperator volete ch' io facci qui venir lesso o arrosto, comanda pur, ch' e' ci sara\ tantosto $_. #_ Andiam via presto pel nostro cammino $_, dicea Rinaldo, #_ che/ il desio mi sprona di rivedere il mio gentil cugino. Ogni cosa, {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}, e\ stata buona $_. E mentre questo dice il paladino, il padiglion non veggon ne/ persona; per la qual cosa a caval rimontorno. ch' era passato piu\ che mezzo il giorno. E perche/ il fiume Bagrade e\ pur grande e per la pioggia sette rami avea fatti e per tutto il paese si spande, con Ricciardetto Rinaldo dicea: #_ Noi smaltirem qui forse le vivande $_, pero\ che il mar questo fiume parea. #_ E' ci convien saltar, questo e\ l' effetto $_. #_ Saltian pur tosto $_, dicea Ricciardetto. Disse Rinaldo: #_ O mio gentil Baiardo, tu non avesti ancor gia\ mai vergogna: or ti cognosco se sarai gagliardo. O {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}, andar qui ci bisogna di salto in salto come il leopardo, che forse ancor fia scritto per menzogna $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Non temer, Rinaldo, attienti in {t} sulla {/t R; su la A} sella e sta pur saldo $_. Era Baiardo fier di sua natura, e se non fusse anco {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} in quello, saltato arebbe e non are' paura a trattar l' aria come lieve uccello; e comincio\ quanto la terra e\ dura, come gru per levarsi o altro uccello, a trottar; poi si chiudea di gualoppo; poi si levo\, che non pareva zoppo. Vedes' tu mai, lettor, di salto in salto il pesce in mar per ischifare il gurro? Cosi\ questo caval; ma va {add} su {/add; su\ R A} alto, da dir: #_ Fetonte piu\ basso ebbe il curro $_; da creder, prima che torni allo smalto, che tocchi l' {t} ai%r {/t A; air R} dove e' pare azurro. Credo che Giuno ebbe paura e sdegno e dubitassi del suo scettro o regno. Passato il fiume Bagrade ch' io dico, presso allo stretto son di Giubilterra, dove pose i suoi segni il Greco antico, Abila e Calpe; a dimostrar ch' egli erra, non per iscogli o per vento nimico ma perche/ il globo cala della terra, chi va piu\ oltre, e non truova poi fondo, tanto che cade, giu\ nel basso mondo. Rinaldo allor, ricognosciuto il loco, perche/ altra volta l' aveva veduto, dicea con {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Dimmi un poco a quel che questo segno ha proveduto $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ Un error lungo e fioco per molti secol non ben cognosciuto fa che si dice #" d' Ercul le colonne $" e che piu\ la\ molti periti sonne. Sappi che questa oppini%one e\ vana, perche/ piu\ oltre navicar si puote, pero\ che l' acqua in ogni parte e\ piana, benche/ la terra abbi forma di ruote. Era piu\ grossa allor la gente umana, tal che potrebbe arrossirne le gote Ercule ancor d' aver posti que' segni, perche/ piu\ oltre passeranno i legni. E puossi andar giu\ nell' altro emisperio, pero\ che al centro ogni cosa reprime, si\ che la terra per divin misterio sospesa sta fra le stelle sublime; e laggiu\ son citta\, castella e imperio; ma nol cognobbon quelle gente prime. Vedi che il sol di camminar s' affretta dove io ti dico, che/ laggiu\ s' aspetta; e come un segno surge in ori%ente, un altro cade con mirabile arte, come si vede qua nell' occidente; pero\ che il ciel giustamente comparte. Antipodi appellata e\ quella gente; adora il sole e Iuppiter e Marte, e piante ed animal come voi hanno e spesso insieme gran battaglie fanno $_. Disse Rinaldo: #_ Poi che a questo siamo, dimmi, {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}, un' altra cosa ancora: se questi son della stirpe d' Adamo; e perche/ vane cose vi s' adora, se si posson salvar qual noi possiamo $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Non tentar piu\, ora, perche/ piu\ oltre dichiarar non posso, e par che tu domandi come uom grosso. Dunque sarebbe partigiano stato in questa parte il vostro Redentore, che Adam per voi quassu\ fussi formato e crucifisso Lui per vostro amore? Sappi ch' ognun per la croce e\ salvato; forse che il ver, dopo pur lungo errore, adorerete tutti di concordia e troverrete ognun misericordia. Basta che sol la vostra fede e\ certa e la Virgine e\ in Ciel glorificata; ma nota che la porta e\ sempre aperta e insino a quel gran di\ non fia serrata e chi fara\ col cor giusta l' offerta sara\ questa {t} olocau%sta {/t A; olocausta R} accettata, che/ molto piace al Ciel la obbedi%enzia, e timore, osservanzia e reverenzia. Mentre lor ceremonie e devozione con timore osservorono i Romani, benche/ Marte adorassino e Iunone e Giuppiter e gli altri idoli vani, piaceva al {t} Cielo {/t R; Ciel A} questa {t} religione {/t R; religi%one A}, che discerne le bestie dagli umani; tanto che sempre alcun tempo {t} inalzorno {/t R; innalzorno A}, e cosi\ pel contrario rovinorno. Dico cosi\ che quella gente crede, adorando i pianeti, adorar bene; e la giustizia sai cosi\ concede al buon remunerazio, al tristo pene: si\ che non debbe disperar merzede chi rettamente la sua legge tiene: la mente e\ quella che vi salva e danna, se la troppa ignoranzia non v' inganna. Nota ch' egli e\ certa ignoranzia ottusa o crassa o pigra, accidi%osa e trista, che, la porta al veder tenendo chiusa, ricevette invan l' anima e la vista: pero\ questa nel Ciel non truova scusa: {t} #" {/t A; #_ R} {it} Noluit intelligere {/it} {t} $" {/t A; $_ R} il salmista dice d' alcun tanto ignorante e folle, che per bene operar saper non volle. Tanto e\ chi servera\ ben la sua legge potrebbe ancora aver redenzi%one, come de' Padri del Limbo si legge; e che nulla non {t} fe' {/t A; fe/ R} sanza cagione quel primo Padre ch' ogni cosa regge: si\ che il mondo non {t} fe' {/t A; fe/ R} sanza persone dove tu vedi andar laggiu\ le stelle, pianeti e segni e tante cose belle. Non fu quello emisperio fatto a caso, ne/ il sol tanta fatica indarno dura la notte, il di\, dall' uno all' altro occaso; che/ il sommo Giove non n' arebbe cura se fussi colaggiu\ vo\to rimaso. E nota che l' angelica natura, poi ch' a te piace di saper piu\ a dentro, da quella parte rovino\e nel centro. Vera e\ la fede sola de' cristiani e giusta legge e ben fondata e santa; tutti i vostri dottor son giusti e piani, e cio\ che appunto la Scrittura canta; e tutti i Giudei perfidi e i pagani, se la grazia del Ciel qui non rammanta, dannati sono e le lor legge tutte dell' Alcoran de' matti e del Talmutte. Vedi quanto gridato hanno i profeti della Virgin, dell' alto Emanuello, e da quel tempo in qua son tutti cheti che il Verbo santo si congiunse a quello; tante Sibille, insin vostri poeti disson che il secol si dovea far bello: leggi Eritrea, del signor nazzareno, che dice insin che e' giacera\ nel fieno. E se la prava oppinione de' matti aspetta altro Messia che il vostro ancora e confessa i miracol ch' Egli ha fatti e come E' disse a Lazzer: {t} #" Veni fora $" {/t A; #_ Veni fo\ra $_ R} e muti e ciechi sanava ed attratti, che negar non si puo\, certo ella ignora che liberassi gli uomini e le donne per la virtu\ del Tetragramatonne. Ed altro argumentar non vi bisogna contra a' Giudei, d' Eliseo o d' Elia: che s' Egli avessi detto in cio\ menzogna, come Egli era mandato il ver Messia dal Padre il qual sol veritate agogna perche/ Egli e\ vita e verita\ e via, pote\sta non arebbe in quella vece di far le cose mirabil che e' fece. Io ho queste parole ritrattate, ch' io dissi (e forse Malgigi m' appunta), che molte cose non son rivelate al Figliuol quanto alla natura assunta; si\ ch' io parlavo della umanitate; ma la natura divina congiunta, perch' ella e\ {t} solo {/t R; sol A} la somma {t} sapienzia {/t R; sapi%enzia A}, ogni cosa {it} ab initio {/it} ha in sua presenzia $_. Disse Rinaldo: #_ Orsu\, troviam Orlando. Poi, perche/ di' colaggiu\ si fa guerra, io voglio andar que' paesi cercando e passar questo mar dove Ercul erra, che/ vivere e morir vuolsi apparando. Ma or passar ci convien Giubilterra. Lasciami un poco smontar dell' arcione $_. Poi scese e {t} fe' {/t A; fe/ R} questa breve orazione: #_ Se tu se', Signor mio, deliberato ch' io vadi in Runcisvalle, abbi merze/ di me, che son da' nimici portato per soccorrere Orlando e la tua fe/: rico\rdati che il mare fu allargato, per salvar la tua gente, a Moi%se\; spira in me quel ch' io per me non intendo: {it} in manus tuas me valde commendo {/it} $_. Come Baiardo alla riva fu presso, parve che tutto di fuoco sfavilli; poi prese il salto ed in air si fu messo, ma cosi\ alto non saltono i grilli; e non e\ tempo di segnarsi adesso, che/ non piace al demo\n nostri sigilli. O potenzia del Ciel, poi ch' a te piacque, maraviglia non fia saltar queste acque! Ricciardetto ebbe paura e riprezzo, perche/ tanto alto si vide di botto che si trovo\ con Farferello al rezzo, e dubito\, che/ si vide il sol sotto come s' e' fussi tra 'l cielo e lui in mezzo; e ricordossi di Icaro del botto, per confidarsi alle incerate penne; e con fatica alla sella s' attenne. Rinaldo arebbe voluto in quel salto potere al sole aggiugnere alla chioma, ma non potea, che/ si truova piu\ alto, perche/ quel gia\ sotto l' acque giu\ toma. Baiardo, quando casco\ in su lo smalto, anche non parve la sua forza doma, e poco cura il salto ch' egli ha fatto e cadde in terra lieve come un gatto. Diceva Ricciardetto a Farferello, come e' giunse alla riva: #_ Io ti confesso che questa volta io non son buon uccello, pero\ che il sol non mi parea piu\ desso quand' io mi vidi volar sopra a quello: credo ch' io ero al {t} Zodi%aco {/t A; Zodiaco R} appresso. Troppo gran salto a questa volta fue: io non mi vanterei di farne piu\e $_. Il caval si senti\ di Ricciardetto in un modo {t} anitrir {/t; annitrir A} che par che rida, che/ quel di%avol ne prese diletto delle parole, che colui si sfida; e poi diceva: #_ Non aver sospetto, o Ricciardetto, tu hai buona guida $_. Dicea Rinaldo: #_ Faccia\n questo patto, che in Runcisvalle si salti in un tratto $_. Rispose Ricciardetto: #_ Adagio un poco! Volgi pur largo, Farferello, a' canti. Tu non ti curi come vadi il giuoco; o drento o fuor; poi te ne ridi e vanti. Io sono ancor per la paura fioco e sento i sensi tremar tutti quanti, e parmi i panni in capo aver rovesci e cader giu\ nell' acqua in bocca a' pesci $_. Era la notte appunto cominciata quando costoro hanno passato Calpe e poi la Spagna Betica trovata, e vanno attraversando i piani e l' alpe; e cosi\ costeggiando la Granata si ritruovano al buio come talpe; e di dormir per certo avean bisogno, ma non e\ tempo a caminare in sogno. E capitorno al fiume detto Beti, presso a Corduba antica, in un momento, ove dicon gli storici e i poeti nacque Avicenna e quel che il sentimento intese d' Aristotile e i segreti, Averroi\s che fece il gran comento. Ma questo all' uno ed all' altro cavallo credo che fussi un saltellin da ballo. Egli avevon disposto di saltare: orsu\; noi salteremo anche Guadiana, un altro fiume che s' avea a passare, che dagli antichi appellato fu Ana, la\ dove Castulon posson mirare, citta\ famosa, in quel tempo pagana; ed anche il Tago piu\ oltre saltorno presso a Tolletto al cominciar del giorno. Che dirai tu, lettor, che un nigromante, sendo in Tolletto, avea chiamato a caso quello spirto ch' io dissi, Rubicante? Il qual verso lo Egitto era rimaso a tentar quel signore o amirante; e sendo dal maestro {t} persu%aso {/t A; persuaso R} di saper quel che Marsilio facea, molte cose di lui dette gli avea. E mentre col maestro suo favella, vede Rinaldo e vede Ricciardetto che fuor della citta\ passano in quella; e perche/ e' sa di costoro ogni effetto, disse: #_ Marsilio ara\ trista novella, tanto ch' io ho del suo regno sospetto, che/ di qua passa, mentre io ti rispondo, il miglior paladin ch' abbi oggi il mondo; ed ha con seco un suo gentil fratello che Ricciardetto per nome e\ chiamato, e portagli {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} e Farferello, che/ cosi\ Malagigi ha ordinato. Rinaldo, il paladin ch' i' dico, e\ quello, che in Runcisvalle ne va difilato, e fara\ de' pagan crudel governo, si\ che doman {t} tri%unfera\ {/t A; triunfera\ R} lo 'nferno $_. Questa citta\ di Tolletto solea tenere studio di nigromanzia: quivi di magica arte si leggea publicamente e di piromanzia, e molti geomanti sempre avea e sperimenti assai di idromanzia e d' altre false oppinione di sciocchi, come e\ fatture o spesso batter gli occhi. Dicea quel nigromante: #_ Sai tu chiaro che questo sia il signor di Montalbano? Se cosi\ fusse, e' non ci fia riparo $_. Disse lo spirto: #_ Egli attraversa il piano, che/ que' di%avol ne' cavalli entraro, e van per bricche e d' ogni luogo strano sempre attraverso e folgor par che sieno, e domattina in Runcisvalle {add} fi\eno {/add; fieno R A} $_. Disse il maestro: #_ Sai tu ignun rimedio che si potessi impedire il cammino in qualche modo, e di tenergli a tedio? $_. Rispose Rubicante: #_ Io m' indovino che presto aranno dalla sete assedio i lor cavalli a un certo confino dove bisogna attraversare un monte sopra il qual nella cima e\ una fonte. Credo che a questa si riposeranno ed ara\n voglia di mangiare e bere, pero\ che molto affannati saranno: io posso adunque loro persuadere di dar bere a' cavalli, e se beranno, quasi a pie\ questi vedrai rimanere e non saranno in Runcisvalle a tempo, che/ la battaglia fia doman per tempo: perche/ quel santo che Galizia onora arrivo\e una volta a quella fonte tutto affannato (come {add} fi\en {/add; fien R A} questi ora), e riposossi e lavossi la fronte; onde un pastor, che nol cognosce e ignora, che guardava le capre in su quel monte, gli disse: #" Peregrin, mal se' venuto a questa fonte, se tu v' hai beuto. Sappi che ognun che v' ha beuto mai, {add} subito {/add; su\bito R A} par che spiritato sia: pero\, se tu bevesti, in corpo l' hai $". Rispose il santo: #" Per la fede mia, che questa volta tu non t' apporrai, perch' io faro\ che pel contrario fia che quanti indemoniati qua beranno, gli spiriti da dosso fuggiranno; e pero\, bestia, ritorna nel gagno $"; e cosi\ doppia grazia render volle. Io mandero\ la\ presto un mio compagno, prima che sien montati in su quel colle, Squarciaferro, uno spirito mascagno: vedren se ignun di lor fia tanto folle che e' creda a questo all' abito e la voce. Tu sai il proverbio, che il tentar non nuoce $_. Rispose il nigromante: #_ Or ferma il punto: pensa ch' ognuno abbi la sua malizia: questo {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} sa la birba appunto della fonte e del santo di Galizia; guarda che qui tu non resti poi giunto, pero\ che c' e\ de' cattivi dovizia; grattugia con grattugia non guadagna: altro cacio bisogna a tal lasagna! $_. #_ Non so quel che {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} o Farferello $_, rispose Rubicante, #_ facci o dica; ma spesso par serrato un chiavistello, il qual tu non tentasti per fatica, che non era chiavato il buncinello; e cosi\, per non legger la rubrica, la poca diligenzia paga il frodo; perde il punto il sartor che non fa il nodo. Solo una cosa contrappesa qui: che se Rinaldo in Runcisvalle va, molti pagan per lui morranno il di\, si\ che l' inferno in gran festa sara\, pero\ che verisimil par cosi\; ed {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} il suo conto fara\, che Belzebu\ non lo possi riprendere; e so ch' egli ha del cattivo da vendere. Ora io t' ho detto d' ogni cosa il vero: lasciami andare alla faccenda mia, ch' io non posso chiarirti il suo pensiero, ma, si\ o no, tutto in suo arbitrio fia. Ecco qui in punto un gentil messaggiero. Nota che il tempo fugge tuttavia $_. Intanto Squarciaferro si dimostra (per non tediar tanto la istoria nostra). #_ Or oltre Squarciaferro, e' ti bisogna adoperar qui tutte le tue arti $_, disse il maestro, #_ e dir qualche menzogna. Io posso in molti modi ristorarti. So che tu sai quel che 'l mio core agogna; non bisogna le cose replicarti, se non ch' una parola sol ti dico: ch' io ti saro\ ancor forse buono amico $_. Gia\ era al monte Rinaldo salito, e l' uno e l' altro cavallo affannato; e 'l messaggiero e\ a tempo apparito allato all' acque ed aresti giurato che fusse un santo e devoto eremito, con un baston, con un viso intagliato, la barba, i paternostri, col mantello di frate Lupo, ma parea d' agnello; e stava allato alla fonte a sedere e facea bao bao e pissi pissi che par che venga da un {it} Miserere {/it} o che dal vespro di poco partissi; e poi dicea: #_ Ben vegnate, messere! Per carita\ vi ricordo non gissi piu\ oltre un passo a cavarvi la sete, perche/ piu\ acqua oggi non troverrete. Questa e\ la migliore acqua che sia al mondo e non fa male a bestie ne/ persone; questi cavalli ognun par sitibondo: pigliate alquanto di refezi%one $_; ed accostossi, frate Ciullo Biondo, all' acqua, che parea la devozione, e guazza quella come uno anitrino e faceva a' cavalli il zufolino. Or gusta qui, lettor, ben quel ch' io dico: che sempre in ogni parte si vorrebbe aver, giusta {t} suo {/t R; sua A} possa, ognuno amico, che/ nessun sa dove capitar debbe. Parea questo eremito un uomo antico, tal che Rinaldo creduto gli arebbe; e piu\, ch' io credo Rinaldo credessi che sol per santita\ colui il vedessi, perch' egli era invisibil, come e\ detto; pertanto, uditor mio, ti dico, nota che {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} non era {t} constretto {/t R; costretto A} di scoprire a Rinaldo questa nuota; e non sia ignun che si fidi in effetto, quando egli e\ bene in colmo della ruota, di non condursi a ogni cosa estrema ed ognun prezzi e d' ogni cosa tema. Ognun sa quasi sempre dove e' nasce, ma nessun sa dove e' debbe morire. Quanti son gia\ felici morti in fasce, pe' casi avversi che posson venire! Quanti n' uccide la speranza e pasce! Quanti gran legni si vede perire, disse il Poeta, all' entrar della foce! Benche/ foco ne/ ferro a virtu\ nuoce. Talvolta a discrezion d' un zolfanello si ritruova in un bosco, e di poca esca; e spesso un uom mendico e poverello ti puo\ salvar, pur che di te gl' incresca. Potea dunque {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} come fello lasciar Baiardo andar per l' acqua fresca; ma perche/ e' gli era Rinaldo piaciuto, l' ammaestro\ che non abbi beuto; e disse: #_ Posa, posa, Squarciaferro! Non ti bisogna l' acque diguazzalle, che/ le tue maliziette sai non erro; e Malagigi, perche/ tutte salle, ti mettera\ la coda in qualche cerro. Ma se tu vuoi venire in Runcisvalle, vienne con meco e vedremo un bel fiocco; o tu ritorna al tuo maestro sciocco, e {add} di' {/add; di\ R A} ch' io fui cattivo insin nel Cielo: pensi quel ch' io son fatto negli abbissi! e che m' avea molto tondo di pelo, a creder che il suo inganno {t} ri%uscissi {/t A; riuscissi R}. E tu credevi abbagliarmi col velo e che Baiardo al tuo fischio venissi! Tra furbo e furbo sai non si camuffa. Vienne tu, dico, a veder questa zuffa $_. Rinaldo quando intese il parlar, {add} subito {/add; su\bito R A} si fermo\ col caval, turbato e presto, ch' era presso alla fonte a men d' un cubito; e disse: #_ Dimmi quel che vuol dir questo, o {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: a questa volta io dubito e non intendo la chiosa ne/ il testo; e perch' io so che l' uno e l' altro io erro, vorrei saper che cosa e\ Squarciaferro $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ Or vuoi tu confessarti? Sappi che questo e\ un romito santo che veniva la sete a ricordarti, come tu vedi; e quel devoto ammanto non e\ fatto per man de' vostri sarti $_. Rinaldo lo squadrava tutto quanto, poi disse: #_ Frate, tu sei pur de' nostri. Chi non ti crederebbe a' paternostri? $_. E poi ch' egli ebbe ogni cosa saputo, disse: #_ {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}, tu se' pure amico, ed io ti son veramente tenuto, e tanto in verita\ t' affermo e dico: se mai per grazia sara\ conceduto che il Ciel rimuti il suo decreto antico, sua legge, sua sentenzia o suo giudicio, ricorderommi d' un tal {t} benificio. {/t R; beneficio. A} Altro certo offerir non ti posso ora: l' anima, Chi la die\, credo sua fia; il resto tutto sai convien che mora. O sommo amore, o nuova cortesia! $_ (Vedi che forse ognun si crede ancora che questo verso del Petrarca sia, ed e\ gia\ tanto e' lo disse Rinaldo; ma chi non ruba e\ chiamato rubaldo). Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ Il buon volere accetto; per noi {t} fi\en {/t R; fien A} sempre perdute le chiavi: Maesta\ lesa, infinito e\ il defetto. O felici cristian, voi par che lavi una lacrima sol col pugno al petto, e dir: #" Signor, {it} tibi soli peccavi! {/it} $". Noi peccamo una volta, e in sempiterno religati sia\n tutti nello inferno: che pur se dopo un mili%one e mille di secol noi sperassin rivedere di quello Amor le minime faville, ancor sarebbe ogni peso leggiere. Ma che bisogna far queste postille? Se non si puo\, non si debbe volere; ond' io ti prego che tu sia contento che noi mutiamo altro ragionamento $_. #_ Or oltre, padre santo! E' non bisogna $_, disse Rinaldo, #_ arrossir pero\ in {t} volto {/t A; vo/lto R} $_. Rispose Squarciaferro in la vergogna: #_ Non t' accostar. Ma s' io t' avessi co\lto! $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ O Malagigi in gogna ti mettera\ prima che passi molto, o tutti in Runcisvalle insieme andremo; poi nello inferno ci ritorneremo. E so che vi sara\ faccenda assai per la virtu\ di questi paladini, e come ghezzo staffier ne verrai e fa che allato a Rinaldo cammini $_. Rispose Squarciaferro: #_ Or lo vedrai $_; e poi in un tratto apparirono i crini neri, arricciati, e gli occhi come fuoco, e trasmutossi in ghezzo a poco a poco. E poi rivolse a Rinaldo lo sguardo, e disse: #_ Andianne, ch' io sono indi%ano e non son piu\ quel romito bugiardo: la pace e\ fatta $_; e tocco\gli la mano. Allor Rinaldo moveva Baiardo, e monti e balzi, ogni cosa era piano, si\ che di poco si mostrava il giorno, che presso a Siragozza capitorno. Rinaldo, quando vide Siragozza e 'l fiume Iber, pargli una cosa strana che cosi\ tosto la via fussi mozza, e ricordossi {t} pure {/t R; pur A} di {t} Luciana {/t R; Luci%ana A} (non so se questa volta parra\ sozza), e come e' giunse sopra alla fiumana, disse: #_ {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}, poi che presso siamo, io vo' per mezzo la terra passiamo e squadrar le fortezze d' ogni banda: pero\ di questo mi contenterai; e quel che facci or la reina Blanda dimmi, ti priego, ch' ogni cosa sai $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ In punto e\ la vivanda; e se con essa desinar vorrai, appie\ della sua mensa ci porremo. Non domandar se noi {t} tri%onferemo {/t A; trionferemo R}! $_. #_ Or m' ha' tu il gorgozzul grattato e l' occhio $_, disse Rinaldo, #_ ch' io veggo la fame; e non e\ tempo a indugiarsi al finocchio: noi ci staremo un poco con le dame e gratteren col pie\ loro il ginocchio ed udirem dir mille belle trame di Runcisvalle e forse il tradimento $_. Disse il di%avol: #_ Tu sarai contento $_. E come e' furno in Siragozza entrati, non vi si vede bestie ne/ persone, che/ solo i moricini eron restati, e non si truova un uom per testimone, che/ tutti alla battaglia sono andati in Runcisvalle con Marsili%one. Dunque al palagio in corte dismontorno; la prima cosa e' destrier governorno; e Farferello il famiglio facea ed orzo e fien traboccava a' cavalli, per che il maestro di stalla dicea: #_ Chi e\ costui? $_, a certi suoi vassalli; ognun risponde che nol cognoscea. Ma Farferel due occhi rossi e gialli gli strabuzzo\, poi gli fece paura con un baston che e\ di lunga misura; e disse: #_ L' arcifa\nfan di Baldacco e\ venuto madonna a vicitare. Questo baston, se addosso te l' attacco, ti fara\ d' altro linguaggio parlare $_; ed attendeva a dar dell' orzo a macco, si\ che e' faceva colui disperare; e perche/ ignun non uscissi del guscio, e' s' arrecava col bastone all' uscio. Rinaldo e Ricciardetto in su la sala ed {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} intanto e\ comparito; vede che quivi si fa buona gala e non e\ ne/ veduto ne/ sentito, perche/ la turba dintorno cicala e cominciava a bollire il convito; e Luci%ana ancor parea pur bella (pero\ che allato alla reina e\ quella). Posonsi appie\ della mensa a sedere. Ecco un piattello: {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} lo ciuffa; onde e' si volge a un altro scudiere colui che il porta e con esso s' azzuffa. Intanto la reina volea bere mentre che sono in su questa baruffa, e Ricciardetto s' accosta pian piano e poi gli lieva la tazza di mano. Rinaldo intanto attende a pettinarsi, e d' ogni cosa che lo scalco manda e' faceva la parte sua recarsi: i servi a chi tolta era la vivanda cominciavon tra lor tutti azzuffarsi; e intanto grida la reina Blanda: #_ Che cosa e\ questa? E dove e\ la mia tazza? Voi mi parete qualche ciurma pazza $_. Ognun con la reina facea scusa, tanto che infine ella si maraviglia. Rinaldo star non voleva alla musa, e del tagliere di Luciana piglia, e Luci%ana pareva confusa e in qua e in la\ rivolgeva le ciglia e non sapeva fra se/ che si dire, che la vivanda vedeva sparire. Egli era il di\ dinanzi un lupo entrato nella citta\ per mezzo della turba, e fu per mal augurio interpetrato, che/ non sanza cagion lupo si inurba; e la reina la notte ha sognato ch' un gran leon la sua casa conturba; e non sapea che 'l leone era appresso, cioe\ che quel di Rinaldo era desso; si\ che ell' aveva questo sogno detto, e poi, veggendo questi effetti strani, conturbato gli avien la mente e 'l petto, dicendo: #_ Egli e\ mal segno pe' pagani; e certo qualche spirito folletto, da poi che son con Orlando alle mani, annunzi%ar ci vien trista novella $_; e cosi\ tutta avviluppata e\ quella. Isquarciaferro per piacevolezza tra le gambe per sala s' attraversa a questo e quello, onde e' cadeva e spezza o vetro o vaso o qualche cosa versa; e tutto la reina raccapezza e dubitava d' ogni cosa avversa; e cosi\ tutti i baron suoi dintorno di queste cose si maravigliorno. Rinaldo un pome che si chiama musa, a un buffon, che gli pareva sciocco, trasse e con esso la bocca gli ha chiusa; onde e' si volge dintorno, lo ignocco, e la reina e Luci%ana accusa; ma Ricciardetto gli de/tte un barnocco nel capo, e come una pera e\ caduto; ma ogni cosa guasto\ lo starnuto: che/ mentre scompigliato era il convito, non si pote/ Ricciardetto tenere, ch' un tratto, e due, e tre, ha starnutito; e non potendo chi fusse vedere, comunque questo romor fu sentito, a furia ognun si lieva da sedere, si\ che in un punto si vo\ta la sala e beato e\ chi ritruova la scala. Rinaldo tempo gli parve accostarsi a Luci%ana che volea fuggire, e fu tentato a costei palesarsi, ma dubito\ di non farla stupire. Ella gridava e voleva levarsi, ma non pote/ tanto destro partire ch' e' gli appicco\ due baci alla franciosa ed ogni volta rimase la rosa. Gia\ erano i cavalli apparecchiati e lo staffiere e\ ritornato ghezzo. Rinaldo e Ricciardetto, rimontati, si dipartiron, trastullati un pezzo, e lascion color tutti spaventati, che per fuggir non s' aspettava il sezzo, e tutti quanti d' accordo dicie/no come il palagio di demo\ni e\ pieno. Rinaldo pel cammin poi ragionando, diceva: #_ Ancora e\ Luci%ana bella. O {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}, io mi ricordo quando, giovane, un tratto innamorai di quella, a Siragozza per caso arrivando: questa fu alcun tempo la mia stella, e venne insino in Persia a ritrovarmi con Balugante e con gran gente d' armi; ed arrecommi un padiglion si\ bello che sempre per suo amor l' ho riservato, pero\ che molto artificioso e\ quello: il foco e\ d' una banda figurato; dall' altra, l' aria con ciascuno uccello; poi nella terra ogni animal notato; nell' acqua, i pesci; ma qui de/i comprendere che il ver di tutti non si possi intendere $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Questo padiglione, io il veggo come e' mi fusse presente, pero\ che al nostro veder non si oppone o monti o mura: spirto e\ una mente che vede ove e' rivolge sua intenzione: tu hai cercato il Levante e 'l Ponente: ora all' occhio mentale e\ conceduto di riveder cio\ che tu hai veduto. Ma perche/ di' che tutti gli animali vi si veggon dell' aria e della terra, sappi che manca assai de' principali di quei che l' emisperio vostro serra: pero\ fia buon rimettersi gli occhiali; e perche/ vegga {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} non erra, a Montalban nella tua zambra e\ quello padiglion, certo, come detto hai, bello $_. Disse Rinaldo: #_ Tu m' hai punto il core, o {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}, con si\ dolce ortica, che se pur Luci%ana prese errore nel padiglione, io vo' che tu mel dica; ed io v' aggiugnero\ per lo suo amore, ch' io sento ancor della mia fiamma antica; e ragionar di qualche bella cosa fa la via breve, piana e men sassosa $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ La gran Libia mena molti animali incogniti alle genti, de' quali alcun si dice anfisibena, e innanzi e indrieto van questi serpenti che in mezzo di due capi hanno la schiena; altri in bocca hanno tre filar di denti, con {t} volto {/t A; vo/lto R} d' uom, manticore appellati; poi son pega\si cornuti ed alati: da questi e\ detto il fonte di Pega\so. Un altro, il qual rinoceronte e\ detto, offende con un corno ch' egli ha al naso, perche/ molto ha l' elefante in dispetto, e se con esso si riscontra a caso, convien che l' un resti morto in effetto; e callirafio il dosso ha maculato; e crocuta e\ di lupo e di can nato. Leucrocuta e\ un altro animale: groppa ha di cervio, e collo e petto e coda di leon tutto, e bocca da far male, che fessa insino agli orecchi la snoda, e contraffa\ la voce naturale alcuna volta per malizia e froda; ed assi un' altra fera e\ nominata, molto crudel, di bianco indanaiata. Ed un serpente e\ detto catoblepa, che va col capo in terra e con la bocca per sua pigrizia e par col corpo repa; secca le biade e l' erba e cio\ che tocca, tal che col fiato il sasso scoppia e crepa, tanto caldo velen da questo fiocca; col guardo uccide periglioso e fello; ma poi la donnoletta uccide quello. {t} Icneu%mone {/t A; Icneumone R}, poco animal noto, con l' aspido combatte e l' armadura prima si fa tuffandosi nel loto; dormendo il coccodrillo, il tempo fura e in corpo gli entra come in vaso vo\to, pero\ ch' e' tiene aperta per natura la bocca quando di sonno ha capriccio, e lascia addormentarsi dallo scriccio. Un' altra bestia che si chiama eale, la coda ha d' elefante e nero e giallo il dosso tutto e dente di cinghiale; il resto e\ quasi forma di cavallo; ed ha due corni, e non par naturale, che/ puo\ qual vuole a sua posta piegallo, come ogni fera talvolta dirizza gli orecchi e piega per paura o stizza. Ippotamo, animal molto discreto, quasi cavallo o di mare o di fiume, entra ne' campi per malizia a drieto; e se di sangue soperchio presume, cercando va dove fusse canneto tagliato, e pugne, come e\ suo costume, la vena e purga l' omor tristo allotta; poi risalda con loto ov' ella e\ rotta. E non ti paia oppinione qui folle che da quel tratto e\ la flobotomia, perche/ natura benigna ci volle insegnar tutto per sua cortesia. Non si passa di questo, se non molle, il cuoio, tanto duro par che sia; co' denti quasi di verro ferisce e con la lingua forcuta {t} anitrisce {/t R; annitrisce A}. Leontofono e\ poco cognosciuto, che del leone e\ pasto velenoso; tragelafo e\ come becco barbuto; toos, il qual non e\ sempre piloso, la state e\ nudo e di verno velluto; licaon e\ come lupo famoso; altri animali appellati sono alci, cavai silvestri, e traggon di gran calci. Poi son bissonti, buoi silvestri ancora, che nascon molto in Iscizia e in Germania, ed un serpente che si chiama bora; e macli e\ bestia, ch' a dir pare insania, che con le giunte ni%ente lavora, si\ che dormendo rimane alla pania, perche/ appoggiato a un alber s' accosta, e chi quel taglia lo piglia a sua posta. E cefi sono altri animali strani, che nascon nelle parti d' Eti%opia, c' hanno le gambe di drieto e le mani dinanzi, come forma umana propia: questi vide ne' giuochi pompeani prima gia\ Roma e poi non n' ebbe copia. E Gano a questi giorni a Carlo scrisse e come falso di questi promisse. Ed una fera tarando e\ chiamata, la qual, dov' ella giace, il color piglia di quella cosa che ella e\ circundata, si\ che a vederla la vista assottiglia; un' altra ancora e\ salpiga appellata, che nuoce assai sanza muover le ciglia; e spettafico, arunduco e molti angue, che pur Medusa non creo\ col sangue. Poi son celidri, serpenti famosi, e dipsa, emorroi\s e caferaco, {t} sau%re {/t A; saure R} e pre\ster, tutti velenosi; e non pur nota una spezie di draco, ed animali incogniti e nascosi, che stanno in mare e chi in padule o laco; e molti nomi stran di basilischi si truova ancor, con vari effetti e fischi; dracopopode, armene e calcatrice, irundo, alsordio, arache, altinanite, centupede e cornude e rimatrice; naderos molto e\ solitario, immite, berus e boa e passer e natrice, che Luci%ana non avea sentite, ed andrio edisimon ed arbatraffa; e non si ricordo\ della giraffa. E de li uccelli, ibi\s, che par cicogna, perche/ e' si pasce d' uova di serpente, fassi il cristeo al tempo che bisogna con l' acqua salsa, chi v' ha posto mente, rivolto al culo il becco per zampogna: che la natura sagace e prudente intese medi%ante questo uccello apparare poi i fisici da quello. Agotile, appellato caprimulgo, poppa le capre si\ che il latte secca; e chite, uccello ignorato dal vulgo, la madre e 'l padre in senettute imbecca; un altro e\ appellato cinamulgo, del qual chi mangia, le dita si lecca: e non ispari il ghiotto questo uccello, perche/ di spezierie si pasce quello. Meonide ancor son famosi uccelli che fanno appena creder quel che e\ scritto, pero\ ch' ogni cinque anni vengon quelli di Meon al sepulcro insin d' Egitto; combatton quivi (o gran misteri e belli!), mostrando pianto naturale afflitto, come facessin l' essequie e 'l mortoro, poi si ritornon nel paese loro. Ed ardea quasi l' aghiron simiglia, che fugge sopra i nugol la tempesta; coredul, cio\ che per ventura piglia, del cor si pasce e l' avanzo si resta; carita vola, e parra\ maraviglia, per mezzo il foco e non incende questa. Ne/ so se ancora uno uccel cognoscete, nimico al corbo, appellato corete. Ed uno uccel che di state si vede dopo la pioggia, si chiama dri%aca, che la natura creo\ sanza piede; ed atilon, che gridando s' indraca drieto alla volpe, se l' asino vede, amico il segue e con esso si placa; bistarda e\ grave, e dir non ne bisogna, che/, come vil, si pasce di carogna. Non so se del caladrio udito hai dire, il qual, posto all' infermo per obietto, si volge {t} a drieto {/t R; addrieto A} se quel de/e morire, cosi\ al contrario pel contrario effetto; ibor come caval s' ode {t} anitrire {/t R; annitrire A}; luce licidia, un pulito ugelletto, tanto che quasi carbonchio par sia, si\ che di notte dimostra la via. Incendula, col gufo combattendo, vince il di\ lei e il gufo poi la notte. Ma sopra tutto porfirio commendo, un certo uccel che non teme di gotte; che cio\ che piglia lo mangia bevendo, si\ che e' vuol presso la madia e la botte; l' un pie\ par d' oca, perche/ e' nuota spesso, e l' altro con che e' mangia, e\ tutto fesso. Or s' io volessi de' pesci contare e tante forme diverse narralle, sarebbe come in Puglia annumerare le mosche, le zenzare e le farfalle. Io veggo la battaglia apparecchiare, e non saremo a tempo in Runcisvalle $_. Or lascia\n questi cosi\ ragionando. Cristo ci scampi, se si puo\, Orlando. Benigno Padre, a questa volta sia la tua somma pieta\ piu\ che mai fosse: manda il tuo arcangel con sua compagnia, che le spade del Ciel sien fatte rosse! che/ tanto sangue in Runcisvalle fia che correra\ pe' fiumi e per le fosse, poi che l' ultimo giorno e\ pur venuto che Malagigi ha piu\ tempo temuto. O Carlo, ome\! quanto sarai meschino, quando vedrai de' nuovi casi avversi e morto il tuo nipote e paladino! O tristi, afflitti, o lamentabil versi! O traditor Marsilio saracino, or potranno i tuoi inganni alfin vedersi! O Ganellon, tosto sarai contento d' aver condotto il sezzo tradimento! Avea colui che ancor Prometeo piange cavato il capo fuor dell' orizonte di fuoco e sangue, onde e' parea che Gange mostrassi de' cristian le future onte; quando appresso si scuopron le falange del re Marsilio e de' pagan gia\ a fronte ed apparivan sopra una montagna a poco a poco le turbe di Spagna. Or chi vedessi al vento gli stendardi bianchi, azurri, vermigli e neri e gialli, e serpenti e leon, cervieri e pardi, e sentissi il tumulto de' cavalli e l' {t} anitrir {/t; annitrir A}, per le tube, gagliardi, istupefatto sarebbe a guardalli, tanti stormenti e vari segni e strani si sentiva e scorgeva de' pagani. Ma Guottibuoffi che ne dubitava, ch' era un famoso vecchio borgognone, ogni di\ con Orlando ricordava che si facessi altra provisi%one e tuttavolta il campo rafforzava. Orlando, qual si fusse la cagione, a questa volta non ci ponea cura e non parea che conosca paura. Ulivieri avea il di\ dinanzi detto che fatto avea molto terribil sogno, tanto che messo gli aveva sospetto, per che di Dani%ello avea bisogno. Orlando disse: #_ Chi fa col barletto, pensa quel che farebbe con un cogno! $_, ed avea detto in suo linguaggio, e tosto, onestamente, che sognava il mosto. Credo che Orlando, come antico e saggio, cognosceva il suo mal gia\ presso, alfine, ma non mostrava nel {t} volto {/t A; vo/lto R} il coraggio: ed aspettava corona di spine omai di Spagna e 'l tributo e l' omaggio; e poco vaglion le nostre dottrine, pero\ che, quando un gran periglio e\ presso, difficil molto e\ consigliar se stesso. La mattina Ulivier per tempo e\ ito in su 'n un monte, e Guottibuoffi v' era, che sempre stava la notte assentito ed ordinava le guardie ogni sera. Intanto, com' io dissi, e\ comparito del re Marsilio gia\ la prima schiera, e cognobbe gl' inganni de' pagani che cominciavon gia\ a calare a' piani; e disse: #_ O Guottibuoffi, egli e\ venuto l' ultimo di\ per la gloria di Carlo! E 'l conte nostro non t' ha mai creduto che si voleva, il campo, rafforzarlo. Questo e\ Marsilio traditore astuto, che a tradimento viene a ritrovarlo; pero\ che segno di pace non parmi, ch' io veggo a tutti rilucer qua l' armi. Or son le profezie di Malagigi adempiute per sempre a questa volta! Io sento insin di qua tremar Parigi. O Ganellon, tu hai pur fatto co\lta e ristorato Carlo de' servigi! $_. E detto questo, al caval de/tte volta e scese presto, gualoppando, il monte, e ritorno\ dove lasciato ha il conte. Aveva Orlando strana fantasia quella mattina, e veggendo venire Ulivier che correva tuttavia, grido\ da lungi: #_ Questo che vuol dire? $_. Disse Ulivier: #_ Mal, per la fede mia! Non mi volesti ier sera appena udire: Marsilio e\ qua che t' arreca il tributo con l' arme, e 'l mondo e\ con seco venuto $_. Tutti i baroni a Orlando dintorno furno in un tratto ed ognun confortava che si dovessi sonar presto il corno. Orlando presto in sul caval montava, e Sansonetto, e in sul monte n' andorno; e come e' giunse, dintorno guardava e ben cognobbe che Marsilio viene per dar tributo di future pene. E poi si volse inverso Runcisvalle e pianse la sua gente dolorosa, e disse: #_ O trista, o infortunata valle, oggi sarai per sempre sanguinosa! $_. Quivi eran molti gia\ intorno, alle spalle, e tutti consigliavano una cosa: da poi che pure il caso e\ qui {t} transcorso {/t R; trascorso A}, che si chiamassi col corno soccorso. Era salito in su questa montagna Astolfo e Berlinghier, presto, ed Avino, e ragguardando ognun per la campagna, veggendo tanto popol saracino: #_ Abbi pieta\ della tua gente magna $_, dicevan tutti, #_ o franco paladino: va' suona il corno quanto puoi piu\ forte, ch' ogni cosa e\ men dura che la morte! $_. Rispose Orlando: #_ Se venissi adesso Cesare, Scipio, Anibale e Marcello e Dario e Serse ed Alessandro appresso e Nabucco con tutto il suo drappello e vedessi la Morte innanzi esplesso colla falce affilata o col coltello, non sonero\ perche/ e' m' aiuti Carlo. che/ per vilta\ mai non volli sonarlo $_. Tornossi adunque con sue gente Orlando e 'l campo fece con gran furia armare: per tutto Runcisvalle e\ ito il bando ch' ognun presto a caval debbi montare; e Turpin va con la croce segnando, e cominciava tutti a confortare ch' ognun morissi volentier per Cristo, e ricordare la passion di Cristo. Or chi vedessi il campo armare in fretta, certo pieta\ gliene verrebbe al core. Come ogni cosa, a chi il contrario aspetta, par che piu\ porti dolcezza o terrore! E risonava piu\ d' una trombetta per Runcisvalle con certo clangore che parea proprio al Giudicio chiamassi in Giusaffa\, si\ che i morti destassi. Pensa ch' ognun con gran furore assetti quivi i cavalli e sue armi raggruppi, e chi gridava e batteva paggetti, e tutti sieno occupati i gualuppi, ed alcun l' armi al contrario si metti, e le parole co' fatti avviluppi, si\ come avvien {t} nelle {/t A; nella R} gran cose spesso, gridando: #_ Arme! Arme! I nimici son presso! $_. Gia\ eran tutti i paladini insieme ristretti con Orlando a consigliare della battaglia che ciascun qui teme, come e' si debba le gente ordinare. Orlando per dolor sospira e geme, e non poteva a gnun modo parlare, d' aver condotto si\ miseramente in Runcisvalle a morir la sua gente. Ed Ulivier dicea: #_ Caro cognato, meglio era, ome\, tu m' avessi creduto! Gia\ e\ piu\ tempo ch' io t' ho predicato ch' io avevo Marsilio cognosciuto traditor prima che fussi creato; e tu credevi e' mandassi il tributo! E Carlo aspetta le mummie a San Gianni! Di Gan, non credo che nessun s' inganni, salvo che lui, poi che gli crede ancora, ed ha condotti a questa morte tutti. Ma quel Marsilio, se nessun lo ignora, fra molti vizii tutti osceni e brutti una invidia ha nell' ossa che il divora, che si cognosce finalmente a' frutti: io l' ho sempre veduto in uno specchio un tristo, un doppio, un vil traditor vecchio. Malgigi e\ quel che lo cognosce appunto e mille volte pur te l' ha gia\ detto; e che e' dovessi il campo stare in punto gridato ho tanto, ch' io n' avea sospetto. Non m' hai creduto: ora e\ quel tempo giunto che tanti annunzii tristi hanno predetto; ora hai tanto bramato (or mi perdona!) come nespola in capo la corona $_. Orlando non rispose a quel che disse Ulivier, perche/ il ver non ha risposta; e benche/ la risposta pur venisse, le parole non vengono a sua posta. Il campo intanto a ordine si misse, e per fare alto a Orlando s' accosta, che fece a tutti ordinar collezione; poi disse pur questa ultima orazione: #_ S' io avessi pensato il traditore Marsilio in questo modo a vicitarmi venissi come ingiusto e peccatore, io arei preparato i cori e l' armi; ma perche/ sempre gli portai amore, credea che cosi\ lui dovessi amarmi e che fussi sepolto ogni odio antico, che/ qualche volta ognun pur torna amico; salvo che lui, che per vilta\ perdona e resta pur la mente acerba e cruda. Pertanto io gli confermo la corona de' traditori e scuso or Gano e Giuda; ch' io non truovo in lui cosa che sia buona, ma fa come sparvier che in selva muda, che t' assicura e par che e' sia la fede, poi, se tu il lasci un tratto, mai non riede. Ecco la fede or di Melchisedec, un uom che e\ di piu\ lingue che Babel, da dirgli {it} Alecsalam Salamalec {/it}, proprio un altro Cain che invidi Abel. Ma forse saro\ io nuovo Lamec; forse lo spirto e\ quel d' Achitofel; forse di Marsia, che s' asconde al cielo di corpo in corpo anzi al signor di Delo. Or pur chi inganna ognun, anche se/ inganna, e non sia ignun che a se stesso si celi, perche/ pur se/ medesimo alfin danna. Se voi sarete alla morte fedeli, ristoreravvi con la dolce manna il Signor vostro degli amari feli; e se il pan del dolor mangiato avete, stasera in paradiso cenerete, come disse quel greco anticamente lieto a' suoi gia\; ma disse: #" nello inferno $". Vedete in su la grata pazi%ente Lorenzo, per fruir quel gaudio etterno: #" Volgi quest' altro! $". O giusto amor, si\ ardente che non sentia d' altro foco lo scherno! Che/ dolce cosa e\ voluntaria morte quando l' anima e\ in Dio {t} constante {/t R; costante A} e forte. Quant' io per me, qual {t} mansu%eto {/t A; mansueto R} agnello me ne vo come Isac al sacrificio, bench' io vegga gia\ fuor tutto il coltello; ch' io sento gia\ quello etterno giudicio dove fia giudicato il buono e il fello; tosto fia ministrato il grande oficio: #" {it} Venite, benedicti patris mei {/it} $", e nell' inferno discacciati i rei. Pero\ mentre di vita ancor ci avanza, perche/ il fine e\ quel ch' ogni cosa onora, ognun di paladin mostri possanza, accio\ che il corpo solamente mora; ed abbiate buon cor sanza speranza, perch' io non so quel che si fia ancora, e spesso ove i rimedii sono scarsi, fu a molti salute il desperarsi. E' m' incresce che Carlo in sua vecchiezza vedra\ forse pur fine posto al regno di Francia bella e d' ogni gentilezza, perch' egli e\ stato imperator pur degno. Ma cio\ che sale, alfin vien poi in bassezza; tutte cose mortal vanno a un segno; mentre l' una sormonta, un' altra cade: cosi\ fia forse di cristianitade. E increscemi del mio fratel Rinaldo, ch' io non lo vegga innanzi alla mia morte a punir questo traditor ribaldo; e come cosa immaginata forte, non posso in un proposito star saldo; e par che nella mente mi conforte un pensier che mi dica: #" Egli e\ qui presso $", e guardo ognun ch' io veggo s' egli e\ desso. La cagion perche/ il corno io non sonai, e\ per veder quel che sa far Fortuna; non vo' che ignun se ne vanti gia\ mai ch' io lo sonassi per vilta\ nessuna: prima {t} fi\en {/t R; fien A} tenebrosi in cielo i rai, prima il sole ara\ lume dalla luna; forse a Marsilio pria trarro\ l' orgoglio, e con questo pensier sol morir voglio. Ed oltra questo, e' nol concede il loco, perche/ da noi a Carlo e\ tanto spazio che il suo soccorso gioverebbe poco. Io vo' che Ganellon si facci sazio: ma innanzi che partiti sia\n da {t} giuoco {/t R; gioco A} noi faren di costor si\ fatto strazio, che essemplo sara\ al mondo quanto e' dura; si\ ch' io non ho della morte paura. La morte e\ da temere o la partita, quando l' anima e 'l corpo muore insieme; ma se da cosa finita a infinita si va qui in Cielo fra tante diademe, questo e\ cambiar la vita a miglior vita. Ora abbiate in Gesu\ perfetta speme e vita e morte rimettete in Quello che salvo\ da' leoni gia\ Daniello. Un filosofo antico, detto Tale, la prima cosa ringraziava Iddio che fatto l' aveva uom, non animale; pero\, se cosi\ fusti e voi ed io, consegue or che l' effetto sia mortale; dunque e\ proprio dell' uomo, al parer mio, amar quanto conviensi il breve mondo, ma sopra tutto il suo Signor giocondo. Ricordatevi ognun di que' buon Deci c' hanno sol per la patria fatto tanto, e molti altri Roman famosi e Greci, per lasciar poi nel mondo un piccol vanto: del qual fo poco conto e sempre feci, respetto a conseguir quel regno santo dove e\ Colui che sparse il giusto sangue per liberarci dal mortifero angue. Non crediate d' Orazio o Curzio sia felice il nome come il vostro, certo, perche/ quello a salute al mondo fia, ma l' anima non ha qui premio o merto. Mentre ch' io parlo con voi, tuttavia mi par tutto veder gia\ il Cielo aperto e gli angeli apparar {add} su {/add; su\ R A} con gran fretta il loco che perde/ la ingrata setta. Io veggo un nuvoletto in aire, un nembo che certo vien per voi di paradiso, e gia\ di Miccael si scuopre un lembo tal ch' io non posso contemplarlo fiso; parmi vedervi giubilare in grembo di quello Amor che tutto applaude in riso, come que' padri gia\ nel sen d' Abramo, e che tutti gia\ in Ciel felici siamo. Pero\ vi {t} do {/t A; do\ R} la mia benedizione; e, come tutti assolvera\ Turpino, e\ fatta in Ciel la nostra assoluzione $_. E detto questo, piglio\ Vegliantino e salto\ della terra in su l' arcione, e disse: #_ Andianne al popol saracino! $_, e pianse in sul cavallo amaramente quando e' rivide tutta la sua gente, e disse un' altra volta: #_ O dolorosa valle, che presto i nostri casi avversi faran per molti secoli famosa, tanto sangue convien sopra te versi, tu sarai recordata in rima e in prosa. Ma se preghi mortal mai giusti {add} fe^rsi, {/add; fersi, R A} Virgine, i servi tuoi ti raccomando, e non guardare al peccatore Orlando $_. Intanto l' arcivescovo segnava e tutta quella gente benedisse, e dice: #_ Io vi perdono $_, e confortava ch' ognun pel suo Gesu\ lieto morisse. Cosi\ piangendo l' un l' altro abbracciava e poi la lancia alla coscia si misse; e la bandiera innanzi era d' Almonte, la qual fue acquistata in Aspramonte. Ora ecco la gran ciurma de' pagani che Falserone ha presso i suoi stendardi, ch' eran tutti calati giu\ ne' piani. E dicea: #_ Questi Franciosi e Piccardi, quando in su' campi saremo alle mani, tosto vedren se saranno gagliardi! Oggi fia vendicato il mio figliuolo! $_, e minacciava il conte Orlando solo. #_ Io v' ho pur, cavalieri, a tutti detto (ognun di questo ammaestrato sia) che come Orlando si muove in effetto, e' non sia ignun che mi tagli la via: io gli trarro\ per forza il cuor del petto; ognun si scosti, la vendetta e\ mia, che/ Ferrau\, s' io non ne sono errato, degno fu certo d' esser vendicato $_. E' si sentiva i piu\ stran naccheroni e tante busne e corni alla moresca, che rimbombava per tutti i valloni, e par che degli abissi quel suono esca; tanti pennacchi, tanti stran pennoni, tante divise, la piu\ nuova tresca, era cosa a veder per certo oscura, e fatto arebbe ' Alessandro paura. L' {t} anitrir {/t; annitrir A} de' cavalli e il mormorare de' pagan che venivan minacciando ch' ognun voleva e' cristian trangugiare (e sopra tutto Falserone Orlando), parea quando piu\ forte freme il mare, Scilla e Cariddi co' mostri abbaiando; e tutta l' aria di polvere e\ piena, come si dice del mar della rena. Quivi eran Zingani, Arbi e Sori%ani, dello Egitto e dell' India e d' Eti%opia, e sopra tutto di molti marrani che non avevon fede ignuna propia, di Barberia, d' altri luoghi lontani; ed {t} Alcui%n {/t A; Alcuin R} che questa istoria copia, dice che gente di Guascogna v' era: pensa che ciurma e\ questa prima schiera! Ed avean pur le piu\ strane armadure e i piu\ stran cappellacci quelle genti: certe pellacce sopra 'l dosso, dure, di pesci, coccodrilli e di serpenti, e mazzafrusti e crave, accette e scure; e molti i colpi commettono a' {t} ve\nti {/t R; venti A} con dardi ed archi e spuntoni e stambecchi e catapulte che cavon gli stecchi. Quivi, gia\ i campi l' uno all' altro accosto, da ogni parte si gridava forte: chi vuol lesso Macon, chi l' altro arrosto; ognun volea del nimico far {t} to/rte {/t R; torte A}. Dunque vegnamo alla battaglia tosto, si\ ch' io non tenga in disagio la Morte, che con la falce minaccia ed accenna ch' io muova presto le lance e la penna. Orlando aveva alla sua gente detto: #_ Della battaglia ognun libero sia: qui non e\ cavalier se non perfetto; e Miccael vi fara\ compagnia $_. Astolfo il primo si mosse in effetto; vennegli incontra Arlotto di Soria, e l' uno e l' altro abbasso\ la sua lancia, e #_ Siragozza! $_ si sentiva, e #_ Francia! $_. Or non ci far questa volta vergogna; po\rtati, Astolfo, come paladino; attienti al legno forte, e se bisogna, abbraccia quel come un tuo nipotino, pero\ che Arlotto sori%an non sogna, che vien di verso il campo saracino; e con sopportazion tutto sia detto, che/ invero Astolfo n' aveva difetto; tanto che come la lancia ebbe in resta, ed Ulivieri a Orlando dicea: #_ Che si\ che Astolfo fara\ bella festa! $_. In questo tempo allo scudo giugnea il saracin con si\ fatta tempesta, che manco\ poco che non s' apponea a questa volta d' Astolfo, il marchese; se non che a schembo la lancia lo prese. Astolfo feri\ lui discretamente, perche/ la lancia alla vista gli appicca; e fu quel colpo per modo possente ch' un palmo e mezzo di ferro gli ficca e mando\ presto fra la morta gente l' anima, e 'l corpo di sella gli spicca. Adunque Astolfo ha fatto il suo dovuto, poi che il pagano e non lui e\ caduto. Allora il franco Angiolin di Baiona diceva: #_ Orlando, io vo' il colpo secondo $_; e detto questo, un suo giannetto sprona, che miglior corridor non avea il mondo. Vennegli appetto un gran sir di corona, molto crudel, di sangue sitibondo, Malducco detto, del regno di Frasse; e caloron le lance ambo giu\ basse e l' uno e l' altro poneva al baucco, che/ l' uno e l' altro di porre e\ maestro; ed Angiolin pel colpo di Malducco se n' ando\ quasi in sul lato sinestro, ma non pertanto e\ il suo valor ristucco; e perche/ e' pose al pagan molto destro, gli {t} fe' {/t A; fe/ R} toccar coll' elmetto la groppa, tanto che ruppe del cimier la coppa, e se non fusse che trasse il cavallo quando e' senti\ che il pennacchio lo tocca, si\ che traendo aiutava rizzallo, era la corda rasente alla cocca. Avino intanto saltava nel ballo, la lancia abbassa e 'l corridor suo brocca, #_ Chi meco vuol giostrar $_, gridando forte, #_ venga a trovarmi e troverra\ la morte! $_. Partissi della schiera de' pagani re Mazzarigi, un uom molto superbo, che confesso\ la legge de' cristiani e rinnego\ poi Cristo e 'l Padre e 'l Verbo; e come e' furno ristretti alle mani, il colpo del pagan fu molto acerbo; pure Avin gli rispose con la lancia, ma questa volta della morte ciancia. Ulivier si {t} fe' {/t A; fe/ R} innanzi con Rondello, che/ non potea piu\ star saldo alle mosse. Il re Malprimo, come e' vide quello, dall' altra parte a ricontra si mosse. Or qui sanza operare altro pennello si cominciono a far le lance rosse, e gli scudi e le falde e le corazze e le barde a dipigner paonazze. Il saracin percoteva il marchese e nello scudo la lancia gli attacca, tal che piu\ oltre la punta si stese ed una costa del petto gli ammacca, che/ la corazza o 'l giubbon nol difese; ma pur la lancia alla fine si fiacca, ed Ulivier di cader consigliossi e in qua ed in la\ molte volte piegossi. Pur la sua gagliardia, la sua fierezza non si nascose a questa volta certo, che/ la sua lancia non si piega o spezza, ma tutto quanto lo scudo gli ha aperto e la corazza gli parve una rezza, si\ che Malprimo si truova deserto, che/ gli misse nel cor proprio la lancia e mostro\ pur le prodezze di Francia. Falseron quando ha veduto cadere, cosi\ {add} subito {/add; su\bito R A} morto, del cavallo un tal campion, cominciava a temere: #_ Questo e\ $_, disse, #_ un miracol sanza fallo; qui non si giostra a dimino\ o viere. O Macon, come lasciasti cascallo? $_; e molto fu di tal caso turbato, perche/ Malprimo era il primo stimato. Ulivier non si misse nella pressa de' saracin, ch' ancor gli duole il petto. Intanto in resta la lancia avea messa Turpino e salta che pare un capretto, che/ non e\ tempo a cantar or la messa. Vennegli incontra Turchion maladetto con la sua lancia con superbia e furia, per vendicar di Malprimo la ingiuria, e nello scudo alla treccia gli colse e ruppel come bambola di specchio, si\ che dal petto fatica gli tolse. Ma Turpin sa ancor l' arte, cosi\ vecchio, e perche/ il saracin civettar volse, e' gli accocco\e la lancia a un orecchio e schiaccio\ l' elmo e 'l capo come al tordo e in questo modo lo guari\ del sordo. Orlando aveva nel suo colonnello di Normandia quel possente Riccardo e Guottibuoffi e 'l conte Anselmo, quello che tanto fu questo giorno gagliardo, Avolio, Avin, Berlinghieri e 'l fratello e Sansonetto e 'l buon duca Egibardo e tutti gli altri paladin di Francia, gente ch' ognun portera\ ben sua lancia. Or quando Orlando e la schiera si mosse, pensi chi legge che il furore e 'l rombo di Vulcan parve la fucina fosse, tanto ch' a Giove n' ando\ {add} su {/add; su\ R A} il rimbombo e Marte credo nel ciel si riscosse; e tante lance si calorno a piombo, ch' un vento par ch' ogni cosa abbattessi e il cielo e 'l mondo e l' abbisso cadessi. Falseron, ch' avea tanto {t} desi%ato {/t A; desiato R} di ritrovarsi alle man con Orlando, fu d' un altro proposito mutato quando e' lo vide venir furi%ando che Lucifer pareva scatenato: #_ Apollin $_, disse, #_ io mi ti raccomando: non mi lasciar cosi\ morire in fretta; lasciami far del mio figliuol vendetta! $_. Ma come Orlando a Falseron fu presso: #_ O traditor $_, grido\ di lunge forte, #_ questo non e\ quel che mi fu promesso, di perdonar di Ferrau\ la morte! Or si cognosce traditore esplesso il tuo Marsilio e tutta la sua corte, che si vorrebbe con teco impiccarlo! Questo e\ il tributo che s' aspetta a Carlo? Non ti vergogni d' avermi tradito e dato il bacio come Scari%otto quando di Francia ti fusti partito? $_. E non si vide mai crucciato o rotto Orlando, quanto quel di\ fu sentito. Poi lasciava la lancia andar di botto e prese Falserone appunto al petto, gridando: #_ Or chiama il tuo can Macometto! $_. Maraviglia fu grande, al parer mio, che gli passo\ lo scudo, ch' era d' osso d' un certo pesce, come piacque a Dio, e 'l piastron sotto, molto duro e grosso; e benche/ Falseron presto mori\o, ni%ente della sella si fu mosso, tanto che gnun del suo caso s' accorse. Orlando col cavallo oltre {t} transcorse {/t R; trascorse A}, poi ritorno\, che/ volea pur vedere di Falseron come la cosa vada, {t} che/ {/t R; che A} nel passar non lo vide cadere; ma, come questo tocco\e con la spada, {add} subito {/add; su\bito R A} cadde fra' morti a giacere; e maraviglia non fu perche/ e' cada, ma perche/, come alla terra fu giunto, dicon che il corpo dispari\ in un punto. Or hai tu, Falseron, la tua vendetta fatta e condotto a Siragozza Gano! La gente sua vi corse con gran fretta, e scesi in terra e distesa la mano, l' arme trovoron come quando getta il guscio il granchio, che/ drento era vano. O nuovo caso, o segno, o gran portento, quanto Iddio abbi in odio il tradimento! Quando i pagan Falseron vidon morto, ognuno spazzerebbe la campagna, tanto ne preson terrore e sconforto; ma d' ogni parte era tesa la ragna, che/ il re Marsilio, per veder piu\ scorto, recato s' era in su l' alta montagna e circundava tutta quella valle, si\ che voltar non potevon le spalle. Fecesi innanzi quel corbacchion nero che si chiamava tra lor Finadusto, con un baston che non era leggiero; e sette braccia il pagano era giusto. Berlinghier vide venir questo cero, e non guardo\ perche/ e' fusse gran fusto e 'l baston grave e mazzocchiuto e grosso, ma con la lancia gli correva addosso. Egli aveva una scoglia di testudo, questo ghiottone, adattata a suo modo, e porta quella al petto per iscudo: la lancia il passa, benche/ e' fussi sodo, e tanto il ferro temperato e\ crudo, che gli sbarro\ della piastra ogni nodo ed un giubbon si\ grosso di catarzo, che non pareva per quello anche scarzo, e caccio\gli nel petto piu\ che mezzo il ferro; benche/ e' non fusse mortale il colpo, pure e' gli de/tte riprezzo e se non fusse che il caval misse ale, e' non sentia mai piu\ caldo ne/ rezzo; ma cosi\ tosto non fugge uno strale che si diparta da corda di noce, come quel presto il porto\ via veloce. Era venuto intanto Gallerano con molta gente ed ha seco Fidasso. Or qui comincia a insanguinar piu\ il piano e nuove lance rovinano in basso e fassi innanzi ogni buon capitano. Orlando fa come un vento fracasso ed avea sempre appresso il conte Anselmo, che facea spesso risonar qualch' elmo. Ulivieri Altachiara avea ristretta e ritornato e\ gia\ nella battaglia. Gualtieri da Mulion quivi si getta e Baldovin come un leon si scaglia. Avino, Avolio, Ottone, ognun affetta come le rape di questa canaglia, Angiolin di Bellanda e Guottibuoffi, dando e togliendo di maturi ingoffi. Marco e Matteo, ch' ognun dice del Piano di San Michele ed io truovo del Monte, per Runcisvalle con la spada in mano a molti avevon frappata la fronte. Il duca Astolfo non si stava invano e Turpin caccia le pecore al monte. Angiolin di Bordea solo era morto de' paladin, ma gli fu fatto torto. Or lasciam cosi\ il campo insieme stretto. Non voglia\n noi che ne venga Rinaldo alla battaglia col suo Ricciardetto? Che ne veni\a con un desio si\ caldo, ch' a ogni passo ha domandato e detto quel che faceva Marsilio ribaldo; ed {t} Astaroth {/t R; Astarotte A} ogni cosa dicea, che/ la battaglia tuttavia vedea. E Ricciardetto si consuma e rode, quando sentia la battaglia rinforza, e d' Ulivieri e d' Orlando alte lode e come il campo de' pagan va ad orza; e benche/ pur dall' un canto ne gode, pargli mill' anni mostrar la sua forza e ritrovarsi nel mezzo alle busse, e gitto\ l' erba che de/tte Milusse. E come presso a Runcisvalle sono calati giu\ da' monti Pirenei, onde s' udia della battaglia il tuono, del suon dell' arme e degli spessi ome\i, dicea Rinaldo: #_ Io credo che sia buono (dico cosi\ quel ch' io per me farei) che s' assaltassi il campo saracino in mezzo dove e\ quaggiu\ Bianciardino $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Bianciardino e\ quello che attorno va con quella sopravvesta. Noi ce n' andremo ora io e Farferello tra le campane e soneremo a festa quando vedren che tu farai macello; e Squarciaferro ti si manifesta ({it} rogatus rogo {/it}, intendi quel ch' io dico) che in ogni modo vuole esser tuo amico. Non creder nello inferno anche fra noi gentilezza non sia: sai che si dice, che in qualche modo (un proverbio fra voi) serba ogni pianta della sua radice benche/ sia tralignato il frutto poi. Or non parliam di quel tempo felice ... Quivi e\ Marsilio e qua combatte Orlando. Valete in pace: a te mi raccomando $_. Rinaldo non sapea formar parole alla risposta accommodate a quello, e ringraziare {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} suo vuole, e cosi\ Squarciaferro e Farferello; poi gli rispose: #_ {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}, e' mi duole il tuo partir quanto fussi fratello; e nell' inferno ti credo che sia gentilezza, amicizia e cortesia. E se lecito t' e\ quel ch' io dico ora, qualche volta mi torna a rivedere, e Squarciaferro e Farferello ancora, ch' io penso sol di potervi piacere; e quel Signor che la mia legge adora, prego, se il prego dovessi valere, che vi perdoni e che ciascun si penti, che/ ristorar non vi posso altrimenti $_. Disse {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}: #_ Se vuoi ch' io domandi, una grazia sol chieggio, qual puoi farmi, e poi contento da te me ne mandi: tu facci a Malagigi liberarmi e in qualche modo me gli raccomandi; pero\ che sempre potrai comandarmi, che/ di servirti non mi fia fatica; e basta solo #" {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} $" tu dica, ed io ti sentiro\ fin dello inferno, e verra\ per mio amor qui Farferello $_. #_ Io ti sono obligato in sempiterno $_, disse Rinaldo #_ e cosi\ il mio fratello; pero\, non ch' una lettera, un quaderno iscriverro\ di buono inchiostro a quello, e fara\ cio\ che vorrai Malagigi. Pensa s' io posso farti altri servigi. E mandero\gli un messaggier volando e scriverro\ della tua cortesia, e cosi\ faro\ scrivere a Orlando, si\ dolce e\ stata la tua compagnia $_. Disse {t} Astaroth {/t R; Astarotte A}: #_ A te mi raccomando $_; e dispari\ co' suoi compagni via, che parve proprio un baleno sparissi e che la terra di sotto s' aprissi. In Runcisvalle una certa chiesetta era in quel tempo, ch' avea due campane: quivi stetton coloro alla veletta per ciuffar di quelle anime pagane, come sparvier tra ramo e ramo aspetta; e bisogno\e che menassin le mane e che battessin tutto 'l giorno l' ali, a presentarle a' giudici infernali. Pensa quel di\ se menoron la coda Eaco, il gran Mino\s e Rodomanta; e quel Sata\n, se tu credi che e' goda; e se Caron nella sua cimba canta, rassetta i remi e la vela rannoda col mataffione e le vele rammanta; e se si fece piu\ d' una moresca giu\ nello inferno e taferugia e tresca! E cosi\ in Ciel si faceva apparecchio d' ambrosia e ne\ttar con celeste manna; e perche/ Pietro alla porta e\ pur vecchio, credo che molto quel giorno s' affanna; e converra\ ch' egli abbi buono orecchio, tanto gridavan quelle anime #_ Osanna $_ ch' eran portate dagli angeli in Cielo, si\ che la barba gli sudava e 'l pelo. Or ritorniamo a Rinaldo che assalta il campo in mezzo, e come e' de/tte drento, {add} subito {/add; su\bito R A} rossa si fece la malta; ed ara\ fatto buono scaltrimento, che/, non sapendo Marsilio la falta, dubito\ nel suo cor di tradimento, che non fussi tra lor congiura o setta, che/ non si puo\ sempre esser savio in fretta. Avea Marsilio il suo popol pagano e 'l campo ben diviso, ed ordinato chi dovessi ferir di mano in mano; Rinaldo, ch' ancor questo avea pensato, sapea il pericol d' ogni capitano, che guasto non gli sia l' ordine dato; perche/ e' si vede per esperi%enzia che la battaglia e\ solo obedi%enzia: #_ Non ti partir di qui se a te non torno, cioe\ ch' io ti ci truovi o vivo o morto! $_. #_ Fa che tu sia alla bocca del corno a tramontana, o nave surta in porto! $_. E perche/ molti gia\ prevaricorno, l' un piu\ che l' altro capitano accorto cognobbe del nimico qui il periglio e come savio {t} fe' {/t A; fe/ R} nuovo consiglio. Parve a Marsilio, che stava a vedere, che i pagan combattessin co' pagani, che/ non potea di Rinaldo sapere, e bisogno\ che calassi giu\ a' piani; perche/ e' vedeva abbaruffar le schiere e non v' e\ contrassegni di cristiani; e disse: #_ Gano e\ un malvagio gatto; e Bianciardin chi sa quel che s' ha fatto? $_. E dubito\ {t} che {/t R; ch' e' A} non sonassi a doppio, perche/ pure era stato in Francia a Carlo, che non avessi arrecato qualche oppio e volessi con esso addormentarlo; e gia\ sentir gli pareva lo scoppio, tanto forte comincia a imaginarlo che tradimento nel campo non fosse: per la qual cosa a gran furia si mosse. Rinaldo, quando Marsilio ha veduto, diceva a Ricciardetto: #_ E' cala il monte. Lo star qui, tutto sarebbe perduto: tempo fia ora a ritrovare il conte $_; e perche/ egli era molto combattuto da ogni parte, e dinanzi e da fronte, e Ricciardetto in qua e in la\ si scaglia ed urta e rompe la calca e sbaraglia. Rinaldo aspetta che il cerchio sia fatto, e come e' vede tondo il rigoletto, Baiardo fece girare in un tratto e volle un colpo fare a suo diletto e trasse in modo un rovescio di piatto che il capo spicca dal busto di netto a venti o piu\, se chi scrive non erra, e caddon tutti i mozziconi in terra. E quando e' furon veduti cadere, ognun si scosta per la maraviglia, e dicevano, alzate le visiere: #_ Chi e\ costui ch' ogni cosa scompiglia? $_. Rinaldo Orlando voleva vedere e inverso il campo girava la briglia dove combatte la gente di Francia, e tolse a un ch' era appresso la lancia. Orlando, quando lo vide venire con tanta furia, come e' fu piu\ presso giurato arebbe, al cavallo, allo ardire, che fussi certo (come egli era) desso; intanto vede il {t} li%one {/t A; lione R} scoprire e non capea d' allegrezza in se stesso; e fu tanto il desio che il cor disserra, che cadde quasi del cavallo in terra. E Ricciardetto il suo segno ha scoperto ed Ulivieri intanto e\ quivi giunto, e poi che questi ha cognosciuti certo, tanto gaudio nel cor sente in un punto, che gli spirti vital, quel sendo aperto e gia\ per l' artari\a di sangue munto, usciron quasi della ro\cca {t} fora {/t A; fo\ra R}, che/ spesso avvien ch' uom d' allegrezza {t} mora {/t R; mo\ra A}. Gran festa Orlando alla fine facea, ritornato in se stesso, al suo cugino, e domandava, e Rinaldo dicea de' suoi processi e del lungo cammino e cio\ che Malagigi fatto avea; ed Ulivier, tornato in suo domi\no, istupefatto ancor tutto e smarrito, Lazzer pareva del sepulcro uscito. Il campo de' pagan s' era scostato, che/ i paladin ristretti erano insieme e molto avevon questo danneggiato, tanto ch' ognun di lor forza pur teme. Orlando mille volte ha rabbracciato Rinaldo pure e d' allegrezza geme e spera ancor di salvar la sua gente, quando e' ragguarda il suo cugin possente. E fece il campo rinfrescare intanto e rassettar, che/ n' aveva bisogno; e poi dicea con Rinaldo da canto: #_ O fratel mio, tanto vederti agogno, che quando io t' ho ben rimirato alquanto, io penso pur s' io ti parlo qui in sogno. Ringrazio il Cielo e piu\ altro non chieggio, che/ innanzi alla mia morte io ti riveggio. Vorrei che tu m' avessi in altro modo trovato, a venir qua fin dello Egitto; pur tuttavolta di vederti godo e par che e' fugga ogni pensiero afflitto; e benche/ io non mi dolga, anche non lodo che tu non m' abbi, e\ tanto tempo, scritto: quantunque doppio sia questo conforto, vederti vivo ove io pensavo morto $_. #_ Sappi ch' io t' ho piu\ lettere mandate $_. disse Rinaldo, #_ e cosi\ Ricciardetto; ma non sono a buon porto capitate, ed ogni cosa quel demo\ne ha detto. Or lascia\n le parole addentellate, che/ tutto il mondo qua ti veggo appetto. Dimmi, cugin, quel che tu vuoi ch' i' faccia, che/ il tempo e\ breve e fortuna minaccia $_. #_ Quel traditor, non dico di Maganza, anzi Marsilio, anzi altro Scari%otto $_, rispose Orlando, #_ ci de/tte speranza di far la pace e inganno v' era sotto: cosi\ con questa pitetta leanza Carlo aspetta a San Gianni, il sempliciotto, ed io qui venni per certo tributo, il qual tu vedi in che modo e\ venuto. Poi che tu ti partisti ed io rimasi, par che il Ciel sopra me disfoghi ogni ira, e mi sono avvenuti i piu\ stran casi, che la Fortuna, che in piu\ modi gira, tanti non credo che ne intenda quasi; onde l' anima mia sempre sospira, ch' io so che mi persegue un gran peccato, del qual piu\ tempo e\ ch' io ho dubitato. Da poi in qua ch' io uccisi Don Chiaro non mi pote' mai piu\ bene incontrare; ne/ creder tu che mi fusse gia\ caro; ma il mio signor mi potea comandare: forse quel sangue innocente si\ claro vendetta debbe or nel Cielo esclamare, il qual con Carlo ha conceputo sdegno, che/ assai dato gli avea d' onore e regno. Credo, Rinaldo mio, s' io non m' inganno, ch' oggi tutti morremo in questa valle; benche/ tanti pagan prima morranno, che sempre si dira\ di Runcisvalle $_. Disse Rinaldo: #_ Non ti dar piu\ affanno. Ecco Marsilio che t' e\ gia\ alle spalle con tutto il popol di Serse e di Dario: non c' e\ piu\ tempo a tanto correlario $_. Marsilio a Bianciardino aveva detto, poi ch' egli scese con sua gente al piano: #_ O Bianciardin, tu m' hai messo sospetto; io non lo intendo questo caso strano: Orlando e\ la\ con la mia gente appetto; Rinaldo so ch' e\ in paese lontano ed al presente si truova in Egitto con Ricciardetto: cosi\ Gan m' ha scritto $_. Rispose Bianciardin: #_ Qua son venuti due cavalier valenti e bene armati, e benche/ molto gli abbiam combattuti, per forza son tra la schiera passati e dispariti, e poi non gli ho veduti: credo che sieno diavoli incantati, che/ l' uno e l' altro e\ paruto invisibile e fatto han quel che non parea possibile. E' si vedea sempre in alto le mane e in modo le percosse spesseggiare, che sonavano a doppio due campane. Io vidi intorno a questi un cerchio fare e seguir cose che non sono umane, che/ si senti\ una spada fischiare d' un certo {t} marrovescio {/t R; manrovescio A} tondo e giusto ch' a venti il capo levo\ dallo imbusto $_. Per che Marsilio rispondeva allotta: #_ Questi son masnadier di Malagigi. Parmi la nostra schiera mal condotta, che/ innanzi vien la gente di Parigi: veggo che il campo fugge in volta rotta $_. Intanto vien gridando Mazzarigi: #_ Aiuto, presto! Noi siamo a mal porto! Il campo e\ rotto e Falserone e\ morto! $_. Quando Marsilio udi\ queste parole, si fece a Mazzarigi incontra presto perche/ di Falseron troppo gli duole, e domandava pur: #_ Che vuol dir questo? $_. Rispose Mazzarigi: #_ Cosi\ vuole Macon, che a questa volta e\ disonesto; e per tagliar piu\ le parole corte, sappi ch' io fuggo ed ho drieto la morte. Orlando a Falseron tolse la vita e Ricciardetto e\ venuto e Rinaldo, e spezza il ferro e l' ossa e' nervi trita: pensa se 'l campo si puo\ tener saldo! Pero\ tutta la gente s' e\ fuggita $_. Disse Marsilio: #_ Becco, can ribaldo, o Macon crudelaccio e sanza fede, maladetto sia tu e chi ti crede! Io non t' adorero\ piu\ in Pagania, traditor, ghiotto, pien d' ogni magagna! Puo\ fare il Ciel che qua Rinaldo sia? Tu se' venuto per ogni campagna accompagnarlo, come quel Tobia. Ora aren noi {t} ri%avuta {/t A; riavuta R} la Spagna! Or sara\ vendicato Ferrau\e! Maladetto sia egli e il Cielo e tue! $_. Era Marsilio un uom che in suo segreto credea manco nel Ciel che negli abissi: bestemmiator, ma bestemmiava cheto; pur questa volta volle ognuno udissi; e se fu anche gentile e discreto, come in altro cantar gia\ dissi e scrissi, io il dico un' altra volta, e parlo retto, che/ questo non emenda altro defetto: che/ e' sapeva anche simulare e fignere castita\, santimonia e devozione e la sua vita per modo dipignere, che il popol n' ebbe un tempo espettazione. Ma perch' io sento la battaglia strignere, dicia\n che si dolea di Falserone e bestemmiava il Ciel devotamente, pur come io dissi, in modo ch' ognun sente: #_ Sia maladetto il di\ che il conte Gano a Siragozza, quel malvagio, venne, che mi mostro\ di porre il cielo in mano, dov' io credetti volar sanza penne; che e' mi rendea la Spagna Carlo Mano d' accordo, in pace. Oh, quante volte avvenne che si ricorda un detto savio antico, che l' uomo ha solo il meglio per nimico! O Bianciardin, tu mi dicesti tanto, allor ch' io vidi la fonte turbare: ch' io mi dovessi confortare alquanto, pero\ che quel dovea significare de' cristian solo il loro ultimo pianto; dicesti ch' era il sangue che versare e sparger si dovea de' cor cristiani: ma pure alfin sara\ quel de' pagani! Ed io pur semplicetto fui e folle e non credetti a tanti strani augu\ri, che qualche {t} dei%ta\ {/t A; deita\ R} benigna volle ammaestrarmi de' casi futuri sanza chiamar gli spirti nelle ampolle e i nigromanti, a interpetrare oscuri. Ome\, che 'l ver m' apparve in chiaro specchio, ma troppo a quel ch' i' volli posi orecchio! Ed or tra male branche son condotto, e Falserone e\ morto e piu\ non posso; il campo al primo assalto e\ quasi rotto, e so che Carlo a furia sara\ mosso {t} che {/t R; che/ A} il tradimento sentira\ di botto, tanto che tosto Ibero sara\ rosso; che e' mi par gia\ veder di sangue sozza e in pianti e strida ed urla Siragozza $_. Intanto il gran tumulto de' cristiani innanzi s' avea, messo a {t} saccomanno {/t R; saccomano A}, il campo che fuggiva de' pagani, come innanzi a' leon gli armenti fanno o spesso in parco i {t} cavri%uoli {/t R; cavriuoli A} e i dani; tal che le grida a' nugoli {add} su {/add; su\ R A} vanno; e sopra tutto Rinaldo gli caccia e mentre uccide l' un, l' altro minaccia. Quando Marsilio ha veduto venire il campo suo cosi\ miseramente, riprese, come disperato, ardire e innanzi pinse tutta la sua gente, e disse: #_ Io so {t} che {/t R; ch' e' A} mi convien morire; ma qualcun altro sara\ ancor dolente! $_; si\ che le schiere ambo scontrate sono e rimbombava in ogni parte il suono. Rinaldo quando e' fu nella battaglia, gli parve essere in Ciel tra' cherubini tra suoni e canti, e nel mezzo si scaglia e minacciava que' can saracini: #_ Tutti sarete straziati, canaglia! $_. e cominciava a far de' moncherini e mozziconi e uomini da sarti e spesso appunto faceva due quarti. E cosi\ dalla parte de' pagani eran venuti con Marsilio innanzi uomini degni e tanti capitani, ch' io non credo con lor molto s' avanzi; e faranno ben contro a' lor sovrani e insegneranno a' Franciosi i romanzi, forse la solfa della Margherita, ch' ognuno alfin ci lascera\ la vita. Bianciardino avea seco Chiari%ello di Portogallo, un re famoso e forte, Fieramonte di Balzia e il re Fiorello e Balsamin, che e\ peggio che la morte, che sara\ pe' cristian mortal flagello; e s' io non l' ho piu\ detto, Buiaforte v' era, figliuol gia\ del famoso Veglio, che facea forse, a non venirvi, il meglio. Brusbacca v' era e il re Margheritonne e Mattafirro, un feroce pagano, che non si {t} fe' {/t A; fe/ R} piu\ strazio d' Ateonne quanto costui fara\ d' ogni cristiano; e non si\ lasci indrieto Siri%onne, che porta un bastonaccio sconcio in mano: questi eran tutti sotto una bandiera, di Bianciardin nella seconda schiera. E nella terza schiera vien davante, sotto l' insegna dello iddio Macone, Grandonio e l' Arcaliffa e Balugante in compagnia del re Marsili%one e Zambuger, che ancora e\ piccol fante e vuol trovarsi al marzi%ale agone, e molti gran baron la\ della Spagna, tanto che molto e\ questa schiera magna. E' si vedeva in manco d' un baleno tante lance abbassate che e' parea che tremi sotto a' cavalli il terreno, tanta gente in un tratto si movea. Taccia chi scrisse Canni o Transimeno, che/ Marte credo paura n' avea, e Giuppite\r alla ro\cca sua cresca a questa volta piu\ d' una bertesca. Orlando disse: #_ Con Marsili%one lasciate a me la battaglia, perch' io lo trattero\ come il suo Falserone e paghera\ de' suoi peccati il fio, che/ non crede il ribaldo anche in Macone e speriurato ha nel Cielo ogni Iddio come vero marran malvagio e fello $_; e tuttavolta va cercando quello. Baldovin, che di Gano era figliuolo, nella battaglia e\ con la spada entrato e {t} transcorreva {/t R; trascorreva A} a suo modo lo stuolo de' saracin, ch' ognun s' era allargato, tanto che spesso si ritruova solo: della qual cosa e' s' e\ maravigliato e non sapeva interpetrare il testo, che/ sua prodezza non dovea far questo. Or chi vedessi il conte Anselmo il giorno, cose vedrebbe {t} inau%dite {/t A; inaudite R} e nuove: egli avea sempre assai pagan dintorno, ma poi in un tratto gli mandava altrove; a Sansonetto si faceva adorno per la battaglia di mirabil pruove; e Terigi anche veni\a punzecchiando, che si pascea de' rilievi d' Orlando. Ulivier con la spada suona spesso qualche bacino o qualche cemmamella, e quanti saracin vengono appresso, non portavan piu\ oltre le cervella, che/ tutte saltan fuor del capo fesso; tanto ch' a molti avanza briglia e sella ed ognun fugge la furia di Vienna, che con la spada quel di\ non accenna. Il valoroso duca d' Inghilterra fece quel di\ quel che in molti anni ferno gia\ molti cavalier mastri di guerra. Oh, quanti saracin manda all' inferno! Le strette schiere a sua posta disserra; non si {t} fe' {/t A; fe/ R} mai di bestie tanto scherno. E Berlinghier ritrovo\ Finadusto con quel bastone all' usato pur giusto, e benche/ molto con lui sia pitetto, si ricordo\ della eccellenzia antica e non potendo ferirlo all' elmetto, perche/ e' gli aggiugne allo scudo a fatica, alzo\ la spada insino al gorzaretto; e se tu vuoi, lettor, che il ver si dica, vedrai ch' io non ci levo e non ci abborro: e' levo\ il capo che parve d' un porro. Era il sangue alto insino alle ginocchia, che correa gia\ per la valle meschina; e Ricciardetto col brando non crocchia e molte volte a traverso sciorina, e spicca i capi come una pannocchia di pani\co o di miglio o di saggina, e non poteva a gnun modo star saldo. Pensa quel di\ quel che facea Rinaldo! Del Monte a San Michel pose Matteo la lancia alla visiera al re Fiorello e prese appunto ove egli aveva un neo e {t} ri%usci\ {/t A; riusci\ R} di drieto pel cervello: are' quel colpo atterrato anche Anteo; pensa se cadde in su la terra quello! Non si poteva por piu\ appunto a sesta, benche/ a molti altri forera\ la testa. Aveva il conte Anselmo il giorno seco appresso sempre il buon duca Egibardo, ch' a molti de/tte percosse di cieco e spesso corse insino allo stendardo, e disse: #_ Che di' tu, s' io te lo reco? $_. e molto fu reputato gagliardo, tanto che il campo in modo spaventava, ch' ognun lo fugge come fera brava. E' si vedea, dove combatte Orlando, prima che il busso agli orecchi pervegna della percossa, in {add} su {/add; su\ R A} tornato il brando, come avvien dell' accetta a qualche legna. E Turpin piu\ non veniva segnando col granchio in man, ma con la spada segna, che/ non e\ tempo la croce or si mostri, e infilza saracin per paternostri. Gualtieri da Mulion pareva un drago e Guottibuoffi non volea fuggire, ma con la spada va crescendo il lago e cerca sol come e' possi morire. Ognun piu\ che 'l tafa\n di sangue e\ vago, si\ che quel verso si poteva dire, per la battaglia e pel crudele scempio, #" Sangue sitisti, ed io di sangue t' empio $". Angiolin di Baiona e di Bellanda, ognun feriva molto ardito e franco; Ottone il campo scorrea d' ogni banda; Avin non si tenea la spada al fianco; Rinaldo tanti a {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} ne manda, ch' egli e\ gia\ tutto trafelato e stanco; Avolio e Marco e 'l possente Riccardo ognun parea, come egli era, gagliardo. La battaglia veniva rinforzando e in ogni parte apparisce la morte. E mentre in qua ed in la\ combatte, Orlando un tratto a caso trovo\ Buiaforte e in su la testa gli de/tte col brando; e perche/ l' elmo e\ temperato forte, o forse incantato era, al colpo ha retto, ma della testa gli balzo\ di netto. Orlando prese costui per le chiome e disse: #_ Dimmi, se non ch' io t' uccido, di questo tradimento appunto e come; e se tu il di', della morte ti fido; e vo' che tu mi dica presto il nome $_. Onde il pagan rispose con gran grido: #_ Aspetta! Buiaforte (io te lo dico) della Montagna, del Veglio tuo amico $_. Orlando, quando intese il giovinetto, {add} subito {/add; su\bito R A} al padre suo raffigurollo: lascio\ la chioma e poi l' abbraccio\ stretto per tenerezza e coll' elmo baciollo, e disse: #_ O Buiaforte, il vero hai detto: il Veglio mio! $_, e da canto tirollo: #_ Di questo tradimento dimmi appunto, poi che cosi\ la fortuna m' ha giunto. Ma ben ti dico, per la fede mia, che di combatter con mia gente hai torto, e so che il padre tuo, dovunque sia, non ti perdona questo, cosi\ morto $_. Buiaforte piangeva tuttavia; poi disse: #_ Orlando mio, datti conforto! Il mio signore a forza qua mi manda, ed obbedir convien quel ch' e' comanda. Io son della mia patria sbandeggiato; Marsilio in corte sua m' ha ritenuto e promesso rimettermi in istato: io vo cercando consiglio ed aiuto, poi ch' io sono da ognuno abandonato, e per questa cagion qua son venuto; e bench' i' mostri far grande schermaglia, non ho morto nessun nella battaglia. Io t' ho tanto per fama ricordare sentito a tutto il mondo, che nel core sempre poi t' ebbi e mi puoi comandare; e so del padre mio l' antico amore. Del tradimento, tu tel puoi pensare: sai che Gano e Marsilio e\ traditore; e so per discrezion tu intendi bene che tanta gente per tua morte viene. E Baldovin di Marsilio ha la vesta, che/ cosi\ il vostro Gano ha ordinato: vedi che ignun non gli pon lancia in resta, che/ il signor nostro ce l' ha comandato $_. Disse Orlando: #_ Rimetti l' elmo in testa e torna alla battaglia al modo usato. Vedren che seguira\; tanto ti dico: ch' io t' aro\ sempre, come il Veglio, amico $_. Poi disse: #_ Aspetta un poco: intendi saldo, che/ non ti punga qualche strana ortica: sappi ch' egli e\ nella zuffa Rinaldo: guarda che il nome per nulla non dica, che non dicessi in quella furia caldo: #" Dunque tu se' dalla parte nimica? $", si\ che tu giuochi netto, destro e largo, {t} che {/t R; che/ A} ti bisogna aver qui gli occhi d' Argo $_. Rispose Buiaforte: #_ Bene hai detto. Se la battaglia passera\ a tuo modo, ti mosterro\ che amico son perfetto come fu il padre mio, ch' ancor ne godo $_. Ma perche/ il tempo a tante cose e\ stretto, noi faren punto alla materia e nodo, che sara\ piena d' angoscia e di pianto, con l' aiuto del Ciel, nell' altro canto. Come posso io cantar piu\ rime o versi, Signor, che m' hai condotto a scriver cose che per pieta\ il sol par lacrime versi e gia\ son le sue luce tenebrose? Tu vedrai tutti i tuoi cristian dispersi e tante lance e spade sanguinose, che s' altro aiuto qui non si dimostra, sara\ pur tragedi\a la istoria nostra. Ed io pur comedi\a pensato avea iscriver del mio Carlo finalmente, ed {t} Alcui%n {/t A; Alcuin R} cosi\ mi promettea; ma la battaglia crudele al presente, che s' apparecchia {t} impetu%osa {/t A; impetuosa R} e rea, mi fa pur dubitar drento alla mente, e vo con la ragion qui dubitando, perch' io non veggo da salvare Orlando. E benche/ e' sia sopraggiunto Rinaldo e Ricciardetto, tuttavolta io temo, ne/ posso ancor giudicio dar qui saldo, che/ non si vuol conducer mai in estremo. Marsilio e\ tanto cattivo ribaldo, che e' fara\ forza di vela e di remo, che/ vincere o morir qui gli bisogna, se non che il danno abbraccia la vergogna. Orlando poi che e' lascio\ Buiaforte, pargli mill' anni trovar Baldovino, che cerca pure e non truova la morte, e ricognobbe il caval Vegliantino per la battaglia e va correndo forte dove era Orlando, e diceva il meschino: #_ Sappi ch' io ho fatto oggi il mio dovuto e contra me nessun mai e\ venuto. Molti pagani ho pur fatti morire: pero\ quel che cio\ sia pensar non posso, se non ch' io veggo la gente fuggire $_. Rispose Orlando: #_ Tu ti fai ben grosso di questo fatto! S' tu ti vuoi chiarire, la sopravvesta ti cava di dosso: vedrai che Gan, come tu te la cavi, ci ha venduti a Marsilio per ischiavi $_. Rispose Baldovin: #_ Se il padre mio ci ha qui condotti come traditore, s' i' posso oggi campar, pel nostro Iddio, con questa spada passero\gli il core! Ma traditore, Orlando, non sono io, ch' io t' ho {t} segui\to {/t R; seguito A} con perfetto amore. Non mi potesti dir maggiore ingiuria $_. Poi si straccio\ la vesta con gran furia, e disse: #_ Io tornero\ nella battaglia, poi che tu m' hai per traditore scorto. Io non son traditor, se Dio mi vaglia! Non mi vedrai piu\ oggi se non morto $_. E inverso l' oste de' pagan si scaglia, dicendo sempre: #_ Tu m' hai fatto torto $_. Orlando si pentea d' aver cio\ detto, che/ disperato vide il giovinetto. Per la battaglia correa Baldovino e riscontro\ quel crudel Mazzarigi, e disse: #_ Tu se' qui, can saracino, per distrugger la gente di Parigi? O marran rinnegato paterino, tu sarai presto giu\ ne' bassi Stigi $_; e trasse con la spada in modo a questo, che lo mando\ dove egli disse, presto. Fece Marsilio, come dotto e saggio, uno squadron ristretto di pagani, uomini tutti ch' avevon coraggio, e cominciorno a strignere i cristiani, si\ che del campo piglioron vantaggio. Quivi eran tutti quanti i capitani e sopra tutti un infernal demonio, ch' io dissi prima appellato Grandonio. E per ventura trovo\ Sansonetto che combatteva al conte Orlando appresso e cavo\gli la muffa dall' elmetto, che/ il capo gli ha come una zucca fesso; e come e' cadde in terra il giovinetto, Gualtieri da Mulion quivi s' e\ messo per vendicar, se potea, la sua morte; ma non potea, che/ non e\ tanto forte. Ulivier s' accosto\e con Altachiara e trasse al saracin di molte {t} botte {/t A; bo\tte R}, che col bastone ogni cosa ripara, ed aveva a Gualtier le spalle rotte, tanto che e' cadde per la pena amara e innanzi vespro gli parve di notte: si\ che Grandonio col baston fa fiacco, che par quel d' Ercul quando uccise Cacco. Orlando in altra parte combatteva e Sansonetto non avea veduto; ed Ulivieri alla fine ne leva tal, che bisogna a questa volta aiuto perche/ la scrima ni%ente valeva. Intanto quivi Marsilio e\ venuto, e mentre innanzi il suo cavallo sprona, si riscontro\ col signor di Baiona. Angiolin non aveva in man la lancia, si\ che Marsilio allo scudo gli porse un colpo tal che gli passa la pancia. Orlando, poi che in piu\ luoghi soccorse, di qua, di la\, la sua gente di Francia, di Sansonetto alla fine s' accorse e domando\ Terigi ove sia quello, ne/ sa che morto e\ questo meschinello. Disse Terigi: #_ E' combatteva dianzi dove tu vedi quella gente stretta $_. Orlando sprona Vegliantino innanzi e dove e' vede il marchese si getta, ch' era gia\ al resto, all' ultimo e gli avanzi, pero\ che v' era corso con gran fretta Marsilio e l' Arcaliffa e Zambugeri, e tutti son dintorno a Ulivieri. Quando Orlando Ulivier vide soletto, maravigliossi che e' si difendea; e Vegliantin gli metteva sospetto, perche/ piu\ oltre passar non volea per non porre i pie' addosso a Sansonetto. Ma quando Orlando lo ricognoscea, grido\: #_ Fortuna, tu m' hai fatto torto! $_. Disse Ulivier: #_ Questo ghiotton l' ha morto $_. Quando Grandonio questo gergo intese, e' si fuggi\ che non fuggi\ mai vento; Marsilio e gli altri lasciorno il marchese, perche/ tutti d' Orlando hanno spavento. Orlando, poi che del cavallo scese, di Sansonetto facea gran lamento; poi lo cavo\ tra quella gente morta, si\ che Terigi al padiglion nel porta. Astolfo andava pel campo scorrendo e riscontrossi con re Balsamino, e finalmente, l' un l' altro ferendo, un colpo trasse quel can saracino un tratto ' Astolfo, non se n' avvedendo, che la spada gli entro\ pel gorzarino e {t} ri%usci\ {/t A; riusci\ R} di drieto per la nuca, tanto che morto lo mando\ alla buca. Poi riscontro\ quel pagan maladetto nella battaglia Angiolin di Bellanda e con un colpo gl' introno\ l' elmetto e come morto per terra lo manda. Intanto quivi giugnea Ricciardetto ed Angiolino a lui si raccomanda e per l' angoscia a fatica favella, e Ricciardetto lo ripose in sella. Orlando aveva morto Chiari%ello in questo tempo, re di Portogallo, e Fieramonte accompagnato ha quello; e in quella parte rivolse il cavallo. Astolfo giacea morto, il meschinello; Avino aveva veduto cascallo e veniva a cercar di far vendetta, ma non poteva aprir la calca stretta. Orlando giunse e con gran furia aprilla e {t} fe' {/t A; fe/ R} de' saracin di sangue un golfo, che/ Durlindana ogni volta sfavilla, tanto che acceso si sarebbe il zolfo; e parve un toro bravo quando assilla, quando e' vedeva in su la terra Astolfo, che/ sempre amato assai l' aveva in vita, e pensa pur come la cosa e\ ita; e ben cognobbe come Balsamino ucciso aveva il duca d' Inghilterra. Intanto si {t} fe' {/t A; fe/ R} incontra il saracino ed una punta per modo disserra ch' egli arebbe forato il serpentino; ma questa volta la scrima sua erra, pero\ che Orlando nella prima giunta con Durlindana gli levo\ la punta. E non gli aveva Chiron insegnato tanto che basti, ch' ogni scrima e\ invano: Orlando aveva l' occhio in ogni lato e termino\ di tagliargli la mano, e trasse un colpo in modo misurato, che Balsamin non se lo truova sano: perche/ le dita gli tagliava tutte, salvo che al primo resta il gammautte; e non potra\, se volessi fare ora, levar piu\ d' un con la mano o dir sette al giuoco delle corna o della mora o nasconder piu\ in quella le buschette. Avin soggiunse e con la spada ancora un vecchio colpo all' elmetto gli de/tte, tanto che in terra se n' ando\e cadavero, che/ il capo gli spicco\ come un papavero. Rinaldo ritrovo\ quel Buiaforte; al mio parer ch' e' sarebbe scoppiato se non avessi trovato la morte; e come e' gli ebbe a parlar cominciato del re Marsilio e di stare in sua corte, Rinaldo gli rispose infuri%ato: #_ Chi non e\ meco, avverso me sia detto! $_ e comincio\gli a trassinar l' elmetto; e trasse un mandiritto e due e tre con tanta furia, e quattro e cinque e sei, ch' e' non ebbe agio a domandar merze/ e morto cadde sanza dire #_ Ome\i $_: e cosi\ Buiaforte il peggio {t} fe' {/t A; fe/ R}; e Squarciaferro co' suoi farisei, come l' anima usci\ del corpo fore, parve che un pollo ciuffassi un astore. Ricciardetto era a Rinaldo daccanto e non si potre' dir quel ch' egli ha fatto, e dove e' crede acquistar gloria o vanto, e' si chiudea come un uccel di ratto, benche/ le starne gli da\nno nel guanto. E Turpino ancor salta come un gatto e non si puo\ tener con cento strambe e spicca nasi, orecchi e mane e gambe. Grandonio aveva trovato un bel giuoco: egli aveva un baston come una trave, tanto che l' arme e' le stimava poco; e chi l' aspetta per natura grave, un vespro canta che rimanea fioco e muto e sordo e smarrisce la chiave. Ma tanto infine poi s' ando\ aggirando, ch' un tratto pur l' ha ritrovato Orlando; e grido\: #_ Gua^rti, ghiotton maladetto, che/ d' aver morto non ti vanterai il mio piu\ caro amico, Sansonetto; ma nello inferno la istoria dirai. Non mi potevi far maggior dispetto! Can, fi' di can, tu te ne penterai! Volgiti a me; dunque tu vuoi fuggire? Cocchin pagliardo, e' ti convien morire $_. Grandonio, perche/ Orlando avea veduto, volse fuggir, che/ morto giudicossi, e per paura ogni orgoglio e\ caduto. Ma innanzi a Vegliantin fuggir non puossi, che/ tigre o pardo, anzi un uccel pennuto non credo a tempo a questa volta fossi; parea che il suo signor quello intendessi, che Sansonetto vendicar volessi. E se fussi in quel punto lo iddio Marte per aiutar Grandonio in terra sceso armato in sul caval da ogni parte, e' non l' arebbe alla fine difeso ne/ per sua {t} dei%ta\ {/t A; deita\ R}, ne/ forza o arte: tanto si tien di Sansonetto offeso Orlando, che la spada aveva stretta, gridando forte ancor: #_ Malfusso, aspetta! $_. E come il saracin fermo si volse, alzo\ la spada in alto quanto e' puote e sopra l' elmo a traverso gli colse, tanto che tutte divide le gote e 'l petto e 'l corpo, onde l' anima sciolse; e poi la spada la sella percuote, si\ che pel mezzo ricise il cavallo. Ma Vegliantin {t} fe' {/t A; fe/ R} questa volta fallo; perche/ la spada con tal forza viene, che bisogno\e per forza inginocchiarsi, tanto che quasi si ruppe le rene; e non poteva alla fine rizzarsi, che/ Durlindana confitta lo tiene, ch' un braccio e mezzo si vide ficcarsi in su 'n un sasso che sotterra truova: per la qual cosa Vegliantin giu\ cova. E con fatica Orlando la ritrasse, e grido\e: #_ Vegliantin, che hai tu fatto? $_, tal che e' parve il caval si vergognasse e salto\ in quattro destro come un gatto. Credo che il Cielo Orlando suo aiutasse per grazia come e' {t} fe' {/t A; fe/ R} gia\ piu\ d' un tratto, ch' aiuta sempre i buon, quando e' bisogna: pero\ non sia, quel ch' io dico, menzogna. Orlando {t} fe' {/t A; fe/ R} da Grandonio partita per la battaglia, sospirando forte, che/ non aveva renduto la vita a Sansonetto pero\ la sua morte; e parea quando l' orsacchia accanita abbatte i rami e sforza le ritorte ed ogni cosa si reca in dispetto; e gran vendetta {t} fe' {/t A; fe/ R} di Sansonetto. E per ventura Marsilio vedea, ed una lancia a un pagano arrappa, che/ il cor con essa passar gli volea. Ma intanto un altro dinanzi gl' incappa, si\ che la lancia nel petto giugnea, tal che di drieto {t} ri%esce {/t A; riesce R} la nappa, e passa il corpo a un altro e la milza, e cosi\ fece di due una filza. Poi disse al re Marsilio: #_ Il tempo e\ giunto a punir te dell' opere tue ladre, perche/ tu meritasti un capresto unto mentre tu eri in corpo di tua madre $_. Ma Zambuger, che intese il caso appunto, volle coprir con lo scudo il suo padre; ma Durlindana il tratto\ come ghiaccio, si\ che lo scudo gli tagliava e il braccio. Zambuger cadde per la pena in terra e calpestato fu poi, meschinello; il qual, nuovo tiron, questa volta erra, pero\ ch' egli era un semplicetto agnello con un bravo leon ch' ognuno atterra. Marsilio spari\ via come un uccello o come cervio spaventato in caccia; e Zambuger non fara\ piu\ alle braccia. Fece Marsilio del braccio cercare, accio\ che questa reliquia devota per le moschee si potessi mostrare (non so s' ognun che legge intende e nota), e comincia Fortuna a bestemmiare, che non volgeva a suo modo la ruota, Apollin, Belfagor e la sua setta, e minacciava di farne vendetta. Ma non so come e' sara\ vendicato, che/ poco il di\ si parti\ poi da bomba, tanto era ancor d' Orlando {t} impau%rato {/t A; impaurato R}: credo piu\ tosto vorrebbe una fromba (come disse Trason gia\ col suo Gnato) per trar discosto al sicuro la romba; perche/ quanto e\ piu\ il traditor sottile, tanto piu\ sempre per natura e\ vile. Un cerchio immaginato ci bisogna a voler ben la spera contemplare: cosi\, chi intender questa istoria agogna, conviensi altro per altro immaginare, perche/ qui non si canta e finge e sogna: venuto e\ il tempo da filosofare; non passera\ la mia barchetta Lete, che forse su Misen vi sentirete. Ma perche/ e' c' e\ d' una ragion cicale, ch' io l' ho proprio agguagliate all' indi%ane, che cantan d' ogni tempo e dicon male, voi che leggete queste cose strane, andate drieto al senso litterale e troverretel per le strade piane: ch' io non m' intendo di vostro anagogico, o morale, o le more, o tropologico. In questo tempo il re Margheritonne con la sua scimitarra non ischerza; ed avea seco quel gran Siri%onne con un baston ch' ognun fugge alla terza; per che i cristiani {t} impau%riti {/t A: impauriti R} sonne come il cane al sonaglio della sferza, che/ si sentia le catene e le palle sempre quel di\ sopra gli elmi sonalle. Uccise questo Angiolin di Bellanda d' una percossa che fu si\ crudele che 'l capo gli schiaccio\ come una ghianda, e Marco e il suo fratel da San Michele. Rinaldo e\ capitato in quella banda per aiutare il suo popol fedele: vede costui che menava la mazza e molta gente crudelmente ammazza, e grida: #_ Ah saracin, che vuoi tu fare? Se' tu venuto qua con una antenna per voler nostre gente mazzicare? Volgiti a me, che/ la Morte t' accenna $_: poi lasciava Frusberta scaricare e spezza l' elmo e truova la cotenna e parte il teschio e 'l collo e passa l' omero e divise costui come un cocomero. Margheriton con gran furor si getta addosso al prenze e credette aiutallo; Rinaldo il capo pel mezzo gli affetta come si parte una noce col mallo, poi rovina la spada con gran fretta e trovava la testa del cavallo, tanto che morto col signor suo cade, perche/ Frusberta non taglia, anzi rade. Bianciardin con gran gente venne avante, e Galleran, Mattafirro e Fidasso, l' Arcaliffa famoso e Balugante, Brusbacca il sire e Malducco di Frasso ed alcun capitano ed amirante; e cominciossi {t} avvi%are {/t A; avviare R} un fracasso, che par che caggi o ruini la torre di Babel gia\, si\ ch' ognun quivi corre. Orlando corse alle grida e 'l romore e trovo\ Baldovino, il poveretto, ch' era gia\ presso all' ultime sue ore e da due lance avea passato il petto; e disse: #_ Or non sono io piu\ traditore! $_, e cadde in terra morto, cosi\ detto: della qual cosa duolsi Orlando forte, e pianse esser cagion della sua morte. E fece al padiglion portarlo via; poi si scaglio\ dove Rinaldo vide che con la spada gran cose faci\a e dove il popol de' pagan piu\ stride per la battaglia sanguinosa e ria, benche/ la parte de' cristian non ride. Chi grida: #_ Carne! $_, e chi grida: #_ Vendetta! $_: verso questo tumulto ognun si getta. Quivi correva il buon duca Egibardo, Anselmo, Avino, Avolio e Guottibuoffi e Berlinghieri ed Ottone e Riccardo: ognun vuol la sua parte {t} degl' ingoffi {/t R; degli 'ngoffi A}; e Ricciardetto par tanto gagliardo, che i miglior cavalier parevon goffi; e sopra tutto il buon Turpin di Rana i saracin come i mattoni spiana. E' si vedeva tante spade e mane, tante lance cader sopra la resta, e' si sentia tante urle e cose strane, che si poteva il mar dire in tempesta. Tutto il di\ tempelloron le campane, sanza saper chi suoni a morto o festa; sempre tuon sordi con baleni a secco e per le selve rimbombar poi Ecco. E' si sentiva in terra e in aria zuffa, perche/ {t} Astarotte {/t A; Astaroth R}, non ti dico come, e Farferello ognun l' anime ciuffa: e' n' avean sempre un mazzo per le chiome e facean pur la piu\ strana baruffa, e spesso fu d' alcun sentito il nome: #_ Lascia a me il tale; a Belzebu\ lo porto $_. L' altro diceva: #_ E\ Marsilio ancor morto? E' ci fara\ stentar prima che muoia. Non gli ha Rinaldo ancor forbito il muso, che noi portian giu\ l' anima e le cuoia $_. O Ciel, tu par' questa volta confuso! O battaglia crudel, qual Roma o Troia! Questa e\ certo piu\ la\ che al mondano uso. Il sol pareva di fuoco sanguigno e cosi\ l' aire d' un color maligno. Credo ch' egli era piu\ bello a vedere certo gli abissi il di\, che Runcisvalle; ch' e' saracin cadevon come pere e Squarciaferro gli portava a balle; tanto che tutte l' infernal bufere occupan questi, ogni roccia, ogni calle e le bolge e gli spaldi e le meschite, e tutta in festa e\ la citta\ di Dite. Lucifero avea aperte tante bocche che pareva quel giorno i corbacchini alla imbeccata e trangugiava a ciocche l' anime che piovean de' saracini, che par che neve monachina fiocche come cade la manna a' pesciolini: non domandar se raccoglieva i bioccoli e se ne fece gozzi d' anitroccoli! E' si faceva tante chiarentane, che cio\ ch' io dico e\ disopra una zacchera; e non dura la festa mademane, crai e {t} postcrai e postcrigno e postquacchera, {/t R; poscrai e poscrigno e posquacchera, A} come spesso alla vigna le Romane; e chi sonava tamburo e chi nacchera, baldosa e cicutrenna e zufoletti, e tutti affusolati gli scambietti. E Runcisvalle pareva un tegame dove fussi di sangue un gran mortito, di capi e di peducci e d' altro ossame un certo guazzabuglio ribollito, che pareva d' inferno il bulicame che innanzi a Nesso non fusse sparito; e 'l vento par certi sprazzi avviluppi di sangue in aria con nodi e con gruppi. La battaglia era tutta paonazza, si\ che il Mar Rosso pareva in travaglio, ch' ognun per parer vivo si diguazza: e si poteva gittar lo scandaglio per tutto, in modo nel sangue si guazza, e poi guardar, come e' suol l' ammiraglio ovver nocchier, se cognosce la fonda, che/ della valle trabocca ogni sponda. Credo che Marte di sangue ristucco a questa volta chiamar si potea; e sopra tutto Rinaldo era il cucco, che/ con la spada a suo modo facea. Orlando intanto ha trovato Malducco, che Berlinghieri ed Otton morto avea; ma questa morte gli sapra\ di lezzo, che/ Durlindana lo taglio\ pel mezzo. Ed Ulivier riscontrava Brusbacca, che per lo stormo combatteva forte, e 'l capo e l' elmo a un tratto gli fiacca; ma non sapea ch' egli ha presso la morte, che/ l' Arcaliffa, intanto, di Baldacca lo sopraggiunse, per disgrazia o sorte, a tradimento e la spada gli mise nel fianco si\ che alla fine l' uccise. Ulivier, come ardito, invitto e franco, si volse indrieto e vide il traditore che ferito l' avea dal lato manco, e grido\ forte: #_ O crudel peccatore, a tradimento mi de/sti nel fianco per riportar come tu suoli onore: questa sia sempiterna egregia lalde del re Marsilio e sue gente ribalde $_; e trasse d' Altachiara con tanta ira, che gli spezzo\ l' elmetto e le cervella, si\ che del saracin l' anima spira, che/ tutto il fe/sse insino in su la sella; e come cieco pel campo s' aggira e con la spada percuote e martella, ma non sapea dove e' si meni il brando, e non vorrebbe anche saperlo Orlando. Orlando aveva il marchese sentito e come il veltro alle grida si mosse. Ulivier tanto sangue gli era uscito, che non vedeva in che luogo e' si fosse; tanto che Orlando in su l' elmo ha ferito, che non senti\ mai piu\ simil percosse, e disse: #_ Che fai tu, cognato mio? Ora hai tu rinnegato il nostro Iddio? $_. Disse Ulivier: #_ Perdonanza ti chieggio, s' io t' ho ferito, o mio signore Orlando: sappi che piu\ ni%ente lume veggio, si\ ch' io non so dove io mi meni il brando, se non che presso alla morte vaneggio, tanto sangue ho versato e vo versando; che/ l' Arcaliffa m' ha ferito a torto, quel traditor; ma di mia man l' ho morto $_. Gran pianto Orlando di questo facea, perche/ molto Ulivier gli era nel core, e la battaglia perduta vedea e maladiva il pagan traditore. Ed Ulivier, cosi\ orbo, dicea: #_ Se tu mi porti, come suoli, amore, menami ancor tra la gente piu\ stretta: non mi lasciar morir sanza vendetta $_. Rispose Orlando: #_ Sanza te non voglio viver quel poco che di vita avanza: io ho perduto ogni ardir, ogni orgoglio, si\ ch' io non ho piu\ di nulla speranza; e perch' io t' amo, Ulivier, come io soglio, vienne con meco a mostrar tua possanza, una morte, una fede, un voler solo $_. Poi lo meno\ nel mezzo dello stuolo. Ulivier sendo nella pressa entrato, come e' soleva la gente rincalcia e par che tagli dell' erba del prato da ogni parte menando la falcia, che/ combatteva come disperato e pota e tonda e scapezzava e stralcia e in ogni luogo faceva una piazza, che/ come gli orbi girava la mazza. E tanto insieme per lo stormo vanno Orlando ed Ulivier ferendo forte, che molti saracin traboccar fanno. Ma Ulivier gia\ presso era alla morte; e poi che il padiglion ritrovato hanno, diceva Orlando: #_ Io vo' che ti conforte: aspetta, Ulivier mio, che a te ritorno, che/ in su quel poggio vo a sonare il corno $_. Disse Ulivieri: #_ Omai non ti bisogna: l' anima mia da me gia\ vuol partire, che/ ritornare al suo Signore agogna $_. E non pote/ le parole espedire, come chi parla molte volte e sogna, e bisogno\e quel che e' voleva dire per discrezion intender: che Alda bella raccomandar volea, la sua sorella. Orlando, sendo spirato il marchese, parvegli tanto solo esser rimaso, che di sonar per partito pur prese, accio\ che Carlo sentissi il suo caso; e sono\ tanto forte, che lo intese, e 'l sangue usci\ per la bocca e pel naso, dice Turpino, e che il corno si fe/sse la terza volta ch' a bocca sel messe. Il caval d' {t} Ulivier ni%ente {/t A; Ulivieri niente R} aspetta e ritorno\ nel campo tra' pagani come chi fa del suo signor vendetta, e morde per tre lupi e per sei cani e molta gente co' calci rassetta e con le zampe s' arrosta i {t} tafani {/t R; tafa\ni A}. Ma Ricciardetto, come vide questo, giudico\ d' Ulivieri il caso presto. Rinaldo la battaglia ancor teneva: Balugante e Marsilio era fuggito, il qual con Bianciardin fece alto leva come il corno d' Orlando ebbe sentito, e drento nella mente si rodeva, {t} che {/t R; che/ A} del suo {t} Zambugeri {/t R; Zambuger A} nulla ha udito, qual per febbre leon si rode in gabbia: dunque giusto marti\r par la sua rabbia. Era tanto il terror ch' avean d' Orlando i saracin, che assai fuggiti sono per la campagna e per le selve, quando sentito fu questo terribil suono. Dice Turpin che per l' aria volando molti uccelli stordirono a quel tuono, e maraviglia non fu Carlo udissi, che si penso\ che la terra s' aprissi. Or quel che fece allo estremo Rinaldo non ardisce narrar piu\ la mia penna, che/ pareva un serpente irato in caldo e questo e l' altro e poi quello scotenna e ributtava quel popol ribaldo (e non sapea del marchese di Vienna) e rompe e fiacca e sdruce e smaglia e straccia e con gran furia innanzi se gli caccia. Baiardo ritto le zampe menava e come l' orso fa scostare i cani; talvolta un braccio o la coscia ciuffava, e sgretola quelle ossa de' pagani come pan fresco che allotta si cava: non fur tanto crudel mai tigri ircani; con tanta rabbia mordeva e dimembra, tanto che Ecu\ba forsennata sembra. E Ricciardetto facea cose ancora, che l' {t} au%ttor {/t A; auttor R}, che le vide, nol crede: egli avea fatto pel campo una gora; beato a chi potea studiare il piede, che/ non uccide, anzi proprio divora: non {t} fe' {/t A; fe/ R} pirrato di bestie mai prede qual fa costui de' saracini il giorno, tanto ch' ognun gli spariva dintorno. Dicemi alcun che la istoria compila, tra Rinaldo e Baiardo e Ricciardetto che n' uccison quel di\ ben trenta mila: non so s' e\ vero o falso: io l' ho pur detto. Pensa che Orlando n' uccise una fila, ed Ulivieri, Anselmo e Sansonetto. Ma la spada del Ciel qui mi bisogna, che/ a torto il ver non riporti vergogna. Chi sa se Miccael qui scognosciuto, come altra volta la\ a Gerusalemme, n' uccise il di\ quanti egli ara\ voluto, ch' a ogni colpo puo\ segnare un emme? Forse che e' venne a' cristiani in adiuto da quel Signor che nacque in Betleemme, il qual tien sempre degli amici cura; e la forza del Ciel non ha misura. E bisognava e' vi ponga le mani, che/ i cristian son ventimilasecento contra secento migliaia di pagani: tanto e\ ch' io ci ho trovato fondamento, tutti degni {t} au%ttor {/t A; auttor R}, modesti e piani, che non iscaglion le parole al vento; e so che il nostro Turpino ed Ormanno iscrivon quel che e\ vero e quel che sanno. E s' alcun dice che Turpin morisse in Runcisvalle, mente per la strozza, ch' io proverro\ il contrario e come e' visse insin che Carlo prese Siragozza, e questa istoria di sua mano scrisse; ed {t} Alcuin {/t R; Alcuino A} con lui poi si raccozza e scrive insino alla morte di Carlo e molto fu discreto ad onorarlo. Dopo costui venne il famoso Arnaldo, che molto diligentemente ha scritto e investigo\e dell' opre di Rinaldo, delle gran cose che fece in Egitto, e va pel fil della sinopia saldo sanza uscir punto mai del segno ritto (grazie che date son prima che in culla), che non direbbe una bugia per nulla. Tornossi Orlando sbigottito in tutto al campo, poi che il marchese fu morto, come chi torna dal funereo lutto alla sua famigliuola a dar conforto; o come nave, sperando alcun frutto, con gran giattura e\ ritornata in porto; e duolsi ben di sua fortuna acerva, ma molto ancor piu\ della sua conserva. Non v' ha trovato il buon duca Egibardo e Guottibuoffi e\ morto in su la terra, Avolio, Avino e Gualtieri e Riccardo: pero\ tanto dolor lo strigne e serra, che si {t} fe' {/t A; fe/ R} piu\ che l' usato gagliardo, e disse: #_ Omai questa e\ l' ultima guerra; fammi, Signore, tu allo estremo forte, ch' io ti saro\ fedele insino a morte $_. Restava Anselmo e Ricciardetto allora, Turpin, Rinaldo, e de' pagan pur molta gente, la qual si difendeva ancora, benche/ per tutto e\ sonato a raccolta. Orlando trasse Durlindana fora: non so se questa fia l' ultima volta (credo che si\, per non tener qui a bada) che trarra\ fuor questa onorata spada. Gran pianto fecion que' pochi cristiani d' Ulivier che restati erano al campo e cominciorno a straziare i pagani e far gran cose all' ultimo lor vampo; tal che fuggi\en que' miseri profani sanza trovar misericordia o scampo e non e\ tempo da dire al cul: #_ Vienne $_. Ma la battaglia e\ gia\ presso all' amenne. E' si vedea cader tante cervella, che le cornacchie faran taferugia; chi avea men forate le budella, pareva il corpo come una grattugia o da far le bruciate la padella, tanto che falsa sara\ la minugia; e perche/ Orlando per grande ira scoppia, sempre la furia e la forza raddoppia. E' si cacciava innanzi quelle torme, ch' un superbo leon parea foresto che fa tremar con la voce e con l' orme; e dice: #_ In ogni modo fia pel resto a questa volta! $_, e fa svegliar chi dorme, anzi forse dormir chi era desto: che/ viver non volea piu\ con dispetto, poi che Ulivieri e\ morto e Sansonetto. Egli arebbe il di\ Cesare in Tessaglia rotto e il Barchino a Transimeno o Canni: e' si sentia rugghiar per la battaglia, tanto che un verro par ch' ognuno azzanni e braccia e capi e mani in aria scaglia per finir con onor questi ultimi anni; che/ il tempo e\ breve e pur la voglia pronta e dolce cosa e\ vendicar giusta onta. E dove e' vede la gente s' aggruppa, come aquila gentil si chiude e serra, si\ che la schiera sbaraglia e sviluppa e tutti gli stendardi caccia in terra. Pensa, lettor, come il campo s' inzuppa! Alla turchesca si facea la guerra: abbatte ed urta e spezza e sbrana e strugge, tanto che solo sperar puo\ chi fugge. E' si vedeva ora a poggia, ora a orza la battaglia venirsi travagliando: il campo de' cristian facea gran forza, tanto l' alto valor, l' ardir d' Orlando folgore par che nulla cosa ammorza; ed ogni volta che menava il brando e' rimanea del maestro la stampa, tanto che pochi di sua man ne scampa. E non pareva ne/ sorda ne/ cieca certo quel di\ quella vecchia scagnarda, che spesso affila la falce sua bieca, po' raschia l' unghia e d' Orlando pur guarda; talvolta drieto a Rinaldo si reca e fassi quivi a suo modo gagliarda, ch' ognun s' appicca ove e' vede guadagno; e Ricciardetto anche fu buon compagno. Rinaldo fece al crudel Gallerano un tratto a caso il piu\ bel moncherino, perche/ e' parea sopra il popol cristiano un lupo in selva arrabbiato menino; che/ gli trovo\ con Frusberta la mano e lo incanto gli {t} fe' {/t A; fe/ R} del mal del pino e dell' abete e del faggio e del leccio, e non vi venne poi {add} su {/add; su\ R A} il patereccio. E benche/ i saracin fugghino all' erta, un macco ne facea da Filistei, e quante volte calava Frusberta, non ne faceva cader men che sei, tanto che fia piu\ d' una tomba aperta, che/, come dice Benedetto Dei, e' se n' andranno in qualche buco strano a sentir sotto come nasce il grano. Mostrava, ancor tutto affannato e stanco, Anselmo pur la sua virtu\ perfetta; ma Mattafirro gli venne dal fianco e de/tte al suo caval con una accetta, tanto che in terra il fece venir manco, e poi gli corse addosso con gran fretta e finalmente gli cavo\ fuor l' elmo, e in questo modo uccise il conte Anselmo. Rimonto\ a caval quel Mattafirro, colpi menando disperati e forti; Rinaldo lo sgrido\e poi come un birro, dicendo: #_ Fama a tuo modo riporti non altrimenti che Marcello o Pirro: uccider sanza elmetto uomini morti! $_. E trasse un tondo di maestro vecchio, che il capo porto\ via sopra l' orecchio. E poi trovo\ nella zuffa Fidasso, che faceva il leprone e 'l piccinaco tra gente e gente e va col capo basso per la battaglia diguazzando il laco, perche/ e' sentia di Rinaldo il fracasso, che par per Libia indiavolato un draco; ma pure un tratto Fidasso fidossi, tanto che in terra per sempre acquattossi. Il caval si rizzo\ di Ricciardetto, indrieto si\ che e' convien che rovesci, e con l' arcion se gli posa in sul petto; e' pagan sotto frugavano a' pesci con lance e dardi, e restava in effetto morto, ch' un tratto non potea dir: #_ Mesci! $_; se non che Orlando le cinghie e 'l cavallo taglio\ in un colpo e poi fece rizzallo; e grido\e: #_ Ricciardetto, hai tu paura? Piglia un altro caval, che/ ce n' avanza $_. E Ricciardetto a saltar s' assicura, come de' paladin sempre era usanza, sopra un caval con tutta l' armadura. Ma qui resta il valor sanza speranza, benche/ il cor generoso si conforti, perche/ tutti i cristian quasi eran morti. E' saracin pochi restati sono, benche/ Rinaldo e Turpin gli persegua. Ah, Turpin vecchio, ah, Turpin nostro buono! Qui non si ragionava or della triegua! Bianciardin fuggito era come un tuono, Marsilio e Balugante si dilegua e vorrebbon trovar qualche via mozza che gli guidi in due passi a Siragozza. Terigi era rimasto per un piede in terra avviluppato in certa stretta, e il suo signore Orlando non lo vede, si\ che nel sangue si storce e gambetta che pareva un tocchetto di lamprede; ma la gente pagana maladetta, come io dissi disopra, e\ gia\ sparita, si\ che per questo pur campo\ la vita. Orlando per lo affanno ricevuto non potea sostener piu\ l' elmo in testa, tanto aveva quel giorno combattuto; e perche/ molto la sete il molesta, si ricordo\e dove egli avea beuto a una fonte e va cercando questa; e ritrovata a pie\ della montagna, quivi soletto si riposa e bagna. Vegliantin, come Orlando in terra scese, a' pie\ del suo signor caduto e\ morto e inginocchiossi e licenzia gli chiese, quasi dicessi: #_ Io t' ho condotto a porto $_. Orlando presto le braccia distese all' acqua e cerca di dargli conforto; ma poi che pure il caval non si sente, si condolea molto pietosamente: #_ O Vegliantin, tu m' hai servito tanto! O Vegliantin, dove e\ la tua prodezza? O Vegliantin, nessun si dia piu\ vanto. O Vegliantin, venuta e\ l' ora sezza. O Vegliantin, tu m' hai cresciuto il pianto. O Vegliantin, tu non vuoi piu\ cavezza. O Vegliantin, s' io ti feci mai torto. perdonami, ti priego, cosi\ morto $_. Dice Turpin (che mi par maraviglia) che come Orlando: #_ Perdonami $_ disse, quel caval parve ch' aprissi le ciglia e col capo e co' gesti acconsentisse; tanto che Orlando riprese la briglia, forse pensando che si risentisse: dunque Pirramo e Tisbe al gelso o fonte a questa volta e\ Vegliantino e 'l conte. Ma poi che Orlando si vide soletto, si volse e guarda inverso la pianura e non vede Rinaldo o Ricciardetto, tanto che' morti gli fanno paura, che/ il sangue aveva trovato ricetto e Runcisvalle era una cosa oscura; e pensi ognun quanto dolor quel porta, quando e' vedeva tanta gente morta; e disse: #_ {it} O terque {t} quaterque {/t R; o quaterque A} beati {/it} $_ (come disse il troian famoso ancora), #_ e miseri color che son restati, come sono io, insino all' ultima ora! che/, benche/ i corpi sien per terra armati, l' anime son dove Gesu\ s' onora. O felice Ulivier! Voi siete in vita: pregate or tutti per la mia partita! Or sara\ ricordato Malagigi; or sara\ tutta Francia in bruna vesta; or sara\ in pianti e lacrime Parigi; or sara\ la mia sposa afflitta e mesta; or sara\ quasi inculto San Dionigi; or sara\ spenta la cristiana gesta; or sara\ Carlo e il suo regno distrutto; or sara\ Ganellon contento in tutto $_. Intanto vede Terigi apparito, che come il tordo pur s' era spaniato e tanto il suo signor cercando e\ ito, che finalmente l' avea ritrovato; e domando\ quel che fusse {t} segui\to {/t R; seguito A} e dove sia Rinaldo capitato. Disse Terigi: #_ Io non v' ho posto cura $_; e racconto\ poi ben la sua sciagura. Dice la istoria che Orlando percosse in su 'n un sasso Durlindana bella piu\ e piu\ volte con tutte sue posse, ne/ romper ne/ piegar non pote/ quella e 'l sasso apri\ come una scheggia fosse; e tutti i peregrin questa novella riportan di Galizia ancora esplesso, d' aver veduto il sasso e 'l corno fesso. Orlando disse: #_ O Durlindana forte, se io t' avessi cognosciuta prima, com' io t' ho cognosciuta ora alla morte, di tutto il mondo facea poca stima e non sarei condotto a questa sorte. Io t' ho piu\ volte, operando ogni scrima, per non saper quanta virtu\ in te regna, riguardata, o mia spada tanto degna $_. Or ritorniamo a Rinaldo, che scaccia i saracini e non truova piu\ intoppo, che si ritorna, finita la caccia, come il can richiamato, di gualoppo, ovver segugio indietro per la traccia talvolta, stanco, faticato e zoppo, per la fatica e pel sudore ansando; tanto che truova a quella fonte Orlando. Gran festa Orlando al suo cugin facea, e domando\ come la cosa e\ ita: Rinaldo tutto affannato dicea come la gente pagana e\ fuggita; e Ricciardetto e Turpin poi giugnea. E per far piu\ la nostra istoria trita, dice Turpin che il di\ di San Michele, di maggio, fu la battaglia crudele. L' anno correva ottocentesmo sesto, dominante il pianeta che vuol guerra; e bisogno\e che sia mezzo bisesto, perche/ un di\ natural sopra la terra istette il sole (ond' io non so per questo se forse ancor lo astrolago qui erra), cioe\, la terra, lo emisperio nostro (ch' i' non iscriva anch' io con bianco inchiostro). Non so chi leggera\, come e' consente che tanta gente pero\ morta sia; ma perch' io ho quella parola a mente: #_ E Miccael vi fara\ compagnia $_, io non credo che Orlando veramente avessi simulata la bugia, ma che e' vi fusse il campion benedetto: e poi, che fu di maggio sia ridetto. Sai che si dice: #_ Noi non sia\n di maggio $_, e non si fa cosi\ degli altri mesi, perche/ e' canta ogni uccel nel suo linguaggio e l' asin fa que' suoi ragghi distesi, si\ che la cosa ridire e\ vantaggio; ma non son tutti i proverbi compresi; come a dir che alla mensa non s' invecchia, che/ poco vive chi molto sparecchia. E per tornare alla materia mia, o vero o no, con pace si comporti: se Michel venne, il ben venuto sia; se non vi venne, e' basta che son morti: colui che scrive istoria o comedi\a, convien che alla scrittura si rapporti, o grido o fama, e quel ch' e' truova dica, in ogni cosa moderna o antica. Or qui incomincian le pietose note! Orlando essendo in terra ginocchione, bagnate tutte di pianto le gote, domandava a Turpino remissione; e comincio\ con parole devote a dirgli in atto di confessi%one tutte sue colpe e chieder penitenzia, che/ facea di tre cose consci%enzia. Disse Turpin: #_ Quale e\ la prima cosa? $_. Rispose Orlando: #_ {it} Maiestatis laesae, idest in Carlo verba iniuriosa {/it}; e l' altra e\ la sorella del marchese menata non aver come mia sposa: queste son verso Iddio le prime offese; l' altra, un peccato che mi costa amaro, come ognun sa: ch' io uccisi Don Chiaro $_. Disse Turpino: #_ E' ti fu comandato, e piace tanto a Dio la obbedi%enzia, che ti fia facilmente perdonato. Di Carlo e della poca riverenzia, io so che lui se l' ha sempre cercato. D' Alda la bella, se in tua consci%enzia sono state tue opre e pensier casti, credo che questo appresso a Dio ti basti. Ha' mi tu altro a dir che ti ricordi? $_. Rispose Orlando: #_ Noi sia\n tutti umani, superbi, invidi%osi, irosi, ingordi, accidiosi, golosi e in pensier vani al peccar pronti, al ben far ciechi e sordi; e cosi\ ho, de' peccati mondani, non aver per pigrizia o mia secordia l' opere usate di misericordia. Altro non so, che sien peccati gravi $_. Disse Turpino: #_ E' basta un paternostro e dir sol #" {it} Miserere {/it} $" o vuoi #" {it} peccavi {/it} $", ed io t' assolvo per lo uficio nostro dal gran Cefa\s, che apparecchia le chiavi per collocarti nello etterno chiostro $_; e poi gli de/tte la benedizione. Allora Orlando {t} fe' {/t A; fe/ R} questa orazione: #_ O Redentor de' miseri mortali, il qual tanto per noi t' umili%asti, che, non guardando a' nostri tanti mali, in quella unica Virgine incarnasti quel di\ che {t} Gabri%el {/t A; Gabriel R} aperse l' ali, e la umana natura rilevasti, dimetti il servo tuo, come a te piace; lasciami a te, Signor, venire in pace. Io dico pace dopo lunga guerra, ch' io son per gli anni pur defesso e stanco: rendi il misero corpo a questa terra il qual tu vedi gia\ canuto e bianco, mentre che la ragion meco non erra, la carne e\ inferma e l' animo ancor franco; si\ che al tempo accettabil tu m' accetti, che/ molti son chiamati e pochi eletti. Io ho per la tua fede combattuto, come tu sai, Signor, sanza ch' io il dica, mentre che al mondo son quaggiu\ vivuto: io non posso oramai questa fatica; pero\ l' arme ti rendo, che/ e\ dovuto; e tu perdona a questa chioma antica, ch' a contemplare omai suo uficio parmi la gloria tua e porre in posa l' armi. Porgi, Signore, al tuo servo la mano, tra' mi di questo laberinto {t} fo\ri {/t R; fori A}, perche/ tu se' quel nostro pellicano che pregasti pe' tuoi crucifissori; perch' io cognosco il nostro viver vano, {it} vanitas vanitatum {/it}, pien d' errori, che/ quanto io ho nel mondo adoperato, non ne riporto alfin se non peccato; salvo se mai fu nella tua concordia di dover col tuo segno militare: per questo io spero pur misericordia, bench' io non possi Don Chiaro scusare, che forse or prega per la mia discordia; ma perche/ tu sol mi puoi perdonare, benche/ a Turpino il dissi genuflesso, di nuovo a te, Signor, mi riconfesso. Quando tu ci creasti, Signor, prima, perche/ tu se magnalmo e molto pio, credo che tu facesti questa stima, che noi fussin figliuol tutti di Dio. Se quel serpente con sua sorda lima Adam tento\, tu hai pagato il fio, come magno Signor, non obligato, poi che pure era di tua man plasmato; e perdonasti a tutta la natura quando tu perdonasti al primo padre; e poi degnasti farti sua fattura quando tu assumesti in terra madre (non so s' io entro in valle troppo oscura): dunque proprio i cristian son le tue squadre. Io ho sempre difese quelle al mondo: aiuta or me tu, mio Signor giocondo. Le legge che in sul monte Sinai\ tu de/sti anticamente a {t} Moi%se\ {/t A; Moise\ R}, io l' ho tutte obedite insino a qui ed osservata la tua vera fe/: pero\, giusto Signor, s' egli e\ cosi\, giustizia fa pur con la tua merze/, perche/ a giusto Signor cosi\ conviensi che le sue petizion giuste ognun pensi. Non entrare in iudicio, Signor, meco, che/ nel cospetto tuo giustificato non sara\ alcun, se tu non vuoi gia\ teco, perche/ tutti nascemo con peccato, e cio\ che nasce al mondo nasce cieco, se non sol tu nascesti alluminato: abbi pieta\ della mia senettute; non mi negare il porto di salute. Alda la bella mia ti raccomando, la qual presto per me fia in veste bruna, che, s' altro sposo mai torra\ che Orlando, sia maritata con miglior fortuna. E poi che molte cose ti domando, Signor, se vuoi ch' io ne chiegga ancor una, rico\rdati del tuo buon Carlo vecchio e di questi tuoi servi in ch' io mi specchio $_. Poi che Orlando ebbe dette le parole con molte amare lacrime e sospiri, parve tre corde o tre linee dal sole venissin giu\ come mosse da {t} Iri {/t R; iri A}. Rinaldo e gli altri stavan come suole chi padre o madre ragguarda che spiri, ed ognun tanta contrizione avea, che Francesco alle stimite parea. Intanto giu\ per quel lampo apparito, un certo dolce mormorio suave, come vento talvolta, fu sentito venire in giu\, non qual materia grave. Orlando stava attonito e contrito. Ecco quell' angel che a Maria disse #_ {it} Ave {/it} $_, che vien per grazia de' superni Iddei e disse un tratto: #_ {it} Viri Galilei {/it} $_. Poi prese umana forma e in aria stette e innanzi al conte Orlando inginocchiato disse queste parole benedette: #_ Messaggio sono a te da Dio mandato, e son colui che venni in Nazzarette quando il vostro Gesu\ fu incarnato nella Virgine santa, che dimostra quant' ella e\ in Ciel sempre avvocata vostra. E perch' io amo assai la umana prole, come piace a Chi fece quel pianeta, ti portero\ lassu\ sopra quel sole, dove l' anima tua fia sempre lieta, e sentirai cantar nostre carole; perche/ tu se' di Dio nel mondo atleta, vero campion, perfetto archimandrita della sua gregge, sanza te smarrita. Sappi che in Ciel fu bene essaminata la tua giusta devota orazion latria, ch' a tutti i santi e gli angeli fu grata, sendo tu cittadin di quella patria; e perche/ la sua insegna hai onorata e spento quasi in terra ogni idolatria, Iddio t' essaudira\ pe' tuoi gran meriti, che/ scritti son tutti i tempi preteriti; pero\ che t' ha veduto giovinetto a Sutri ove piu\ volte perturbasti la corte del tuo Carlo a tuo diletto; e cio\ che in Aspramonte adoperasti, e in Francia e poi in Ispagna; e Sansonetto e tanti nella {t} Mecche {/t A; Mech R} battezzasti e reducesti al figliuol di Maria Gerusalem e Persia e la Soria; e poi che Carlo intorno a Pampalona piu\ tempo s' era indarno affaticato, venisti, e bisogno\e la tua persona, che/ cosi\ era gia\ pronosticato come a Troia d' Acchille si ragiona; e poi che e' fu da Maccario ingannato, in Francia ando\ come fu tuo disegno e racquisto\e la sposa insieme e il regno. E Pantalisse e 'l superbo Troiano, e cio\ che tu facesti per antico, Ferrau\, Serpentin, di mano in mano notato e\ tutto; Adastro, il gran nimico, e cio\ che gia\ nel corno egizi%ano facesti come a Dio perfetto amico mentre ch' egli era il tuo Morgante teco, forse lo spirto del quale e\ qui meco; il qual nel Ciel ti fara\ compagnia come soleva un tempo fare al mondo, perche/ tu il dirizzasti per la via che lo condusse al suo stato giocondo. E perch' io intendo la tua fantasia poi ch' io dissi #" Morgante $", io ti rispondo: tu vuoi saper di Margutte il ribaldo: sappi che egli e\ di Belzebu\ giu\ araldo e ride ancora e ridera\ in etterno come solea (ma tu nol cognoscesti), ed e\ quanto sollazzo e\ nello inferno. Or perche/ a Dio la morte tu chiedesti, come que' santi ma\rtiri gia\ ferno, non so se onestamente ti dolesti: che/ per provarti nella pazi%enzia ha di te fatta ultima esperienzia. Vuolsi a Dio inclinar le spalle gobbe e dir: #" Signor, fammi constante e forte a patire ogni pena $", come Iobbe, #" si\ ch' io sia obedente insino a morte $"; il qual, poi che il voler di Dio cognobbe, contento fu d' ogni sua afflitta sorte: ne/ cosa alcuna piu\ gli era rimasa, quando e' gli fece rovinar la casa; e perche/ pur la moglie si dolea, e' disse: #" Donna mia, ora m' ascolta: {it} Dominus dedit {/it}: lui data l' avea; {it} Dominus abstulit {/it}: lui l' ha ritolta; {it} sicut Domino placuit, in ea factum est {/it}: cosi\ fatto e\ questa volta $"; e poi: #" {it} Sit nomen Domini {/it} $" ebbe detto: #" il nome del Signor sia benedetto $". Ma se tu vuogli ancor nel mondo stare, Iddio ti dara\ ben di nuovo gente e tremerra\ di te la terra e 'l mare. Ma perche/ il nostro Signor non si pente, que' che son morti non posson tornare, che/ tutti son mescolati al presente tra gli angeli e tra' santi benedetti e nel numero assunti degli eletti. Non creder che color che son nel Cielo volessin ritornar piu\ quaggiu\ in terra e ripor le lor membra al caldo e 'l gelo; pero\ che quivi e\ pace sanza guerra e non si muta piu\ cogli anni il pelo. Ma quel Signor che 'l suo voler non erra, ti mandera\, poi che tu vuoi, la morte, com' io {add} su {/add; su\ R A} torno nella eccelsa corte. Alda la bella che hai raccomandata, tu la vedrai nel Ciel felice ancora, appresso a quella sponsa collocata che il monte santo Sinai\ onora, e di gigli e di rose coronata che non creo\ vostro Ari%ete o Flora; e servera\ la vesta oscura e 'l velo insin che a te si rimariti in Cielo. Carlo pe' merti suoi devoti e giusti confirmato e\ nel corno della Croce con {t} Iosu%e\ {/t A; Iosue\ R}, con tutti i suoi robusti, d' accordo tutti in Cielo a una voce, e tu sarai con lui qual sempre fusti. Vedi quel sol, che parea si\ veloce, che non si cala all' occea\n giu\ in fretta e gia\ venti ore il tuo signore aspetta. E perche/ Carlo sara\ qui di corto, il popol tuo fia tutto seppellito, che/ e' si parti\ da San Gianni di Porto come il suon tanto rubesto ha sentito. Al traditor che la tua gente ha morto, perdona pur, che/ sara\ ben punito. E perche/ Iddio nel Ciel ti benedica, piglia la terra, la tua madre antica, pero\ che Iddio Adam plasmo\e di questa, si\ che e' ti basta per comuni%one. Rinaldo dopo a te nel mondo resta per difender di Cristo il gonfalone; e tosto faran {add} su {/add; su\ R A} gli angeli festa di Turpin vostro pien d' affezi%one, e Ricciardetto anche al Signor mio piace. Rimanetevi, o servi di Dio, in pace $_. Cosi\ posto in silenzio le parole, si diparti\ questo messaggio santo. Ognun piangeva e d' Orlando gli duole. Orlando si levo\ {add} su {/add; su\ R A} con gran pianto ed abbraccio\ Rinaldo quanto e' vuole, Turpino e gli altri; ed adorato alquanto, parea proprio Geronimo quel fosse, tante volte nel petto si percosse. Era a vedere una venerazione #_ {it} Nunc dimittis {/it} $_ mormorando seco, come disse nel tempio il buon vecchione, #_ O Signor mio, quando saro\ io teco? L' anima e\ in carcer di confusi%one: libera me da questo mondo cieco, non per merito gia\, per grazia intendo; nelle tue man lo spirto mio commendo $_. Rinaldo l' avea molto combattuto e Turpino e Terigi e Ricciardetto, dicendo: #_ Io son dello Egitto venuto; dove mi lasci, o cugin mio, soletto? $_. Ma poi che tempo era tutto perduto, inteso quel che {t} Gabri%ello {/t A; Gabriello A} ha detto, per reverenzia alla fine ognun tacque, che/ quel che piace a Dio, sempre a' buon piacque. Orlando ficco\e in terra Durlindana, poi l' abbracciava e dicea: #_ Fammi degno, Signor, ch' io ricognosca la via piana; questa sia in luogo di quel santo legno dove pati\ la giusta carne umana si\ che il cielo e la terra ne {t} fe' {/t A; fe/ R} segno, e non sanza alto misterio gridasti #" {it} Eli\, Eli\ {/it} $", tanto marti\r portasti $_. Cosi\ tutto serafico al ciel fisso, una cosa parea transfigurata e che parlassi col suo Crucifisso. O dolce fine, o anima ben nata, o santo vecchio, o ben nel mondo visso! E finalmente, la testa inclinata, prese la terra come gli fu detto e l' anima ispiro\ del casto petto. Ma prima il corpo compose alla spada, le braccia in croce e 'l petto al pome fitto. Poi si senti\ un tuon, che par che cada il ciel, che certo allor s' aperse al gitto; e come nuvoletta che in {add} su {/add; su\ R A} vada, #_ {it} In exitu {t} Israe%l {/t A; Israel R} {/it} $_ cantar #_ {it} de Egitto {/it} $_ sentito fu dagli angeli solenne, che si cognobbe al tremolar le penne. Poi appari\ molte altre cose belle, perche/ quel santo nimbo a poco a poco tanti lumi scopri\, tante fiammelle, che tutta l' aria pareva di fuoco, e sempre raggi cadean dalle stelle; poi si senti\ con un suon dolce e roco certa armonia con si\ soavi accenti che ben parea d' angelici instrumenti. Turpino e gli altri accesi d' un fervore eran, che ignun gia\ non parea piu\ desso: perche/ quel foco dello etterno amore, quando per grazia ci si fa si\ presso, conforta e scalda si\ l' anima e 'l core, che ci da\ forza d' {t} obli%ar {/t A; obliar R} se stesso; e pensi ognun quanto fussi il lor zelo, veder portarne quella anima in cielo. E dopo lunga e dolce salmodia, ad alta voce udi^r cantar #_ {it} Te Deo {/it} $_, #_ {it} Salve Regina {/it} $_, #_ {it} Virgo alma Maria {/it} $_; e guardavano in {add} su {/add; su\ R A} come Eliseo quando il carro innalzar vide d' Elia, o come tutto stupido si feo Moi%se\ quando il gran rubo gli apparse; insin ch' alfine ogni cosa disparse, si\ che di nuovo un altro tuon rimbomba, che fu proprio la porta in sul serralla. Poi si senti\ come un rombar di fromba, e pareva di lungi una farfalla: ecco apparire una bianca colomba, e posossi a Turpino in su la spalla, a Rinaldo, a Terigi, a Ricciardetto. Or qui di gaudio ben trabocco\e il petto; donde Turpino oppini%on qui tenne che questa fusse l' anima d' Orlando e ch' e' la vide con tutte le penne in bocca entrargli veramente quando Carlo quel di\ poi in Runcisvalle venne e che e' richiese l' onorato brando; e bisogno\e che Orlando vivo fossi che/ innanzi a lui ridendo inginocchiossi. E poi che e' son cosi\ soli rimasi, Rinaldo e gli altri, dopo lungo pianto, e' s' accordorno i dolorosi casi Carlo sentissi, benche/ e' venga intanto; ma Terigi era come morto quasi per gran dolor; pur, riposato alquanto, a tutti parve che montassi in sella e che portassi la trista novella. Dunque Terigi da lor s' e\ partito e lascia il suo signore Orlando morto. Or ritorniam, ch' io non paia smarrito, a Carlo e la sua gente a Pie\ di Porto; che, come il corno sonare ha sentito, {add} subito {/add; su\bito R A} parve del suo danno accorto, e disse a Namo ed agli altri dintorno: #_ Udite voi com' io, sonare il corno? $_. Questa parola {t} fe' {/t A; fe/ R} ch' ognuno ascolta. Gan si turbo\, che/ gli parve sentire. Orlando suona la seconda volta. Carlo dicea pur: #_ Questo che vuol dire? $_. Rispose Gan: #_ Suona forse a raccolta, perche/ la caccia sara\ in sul finire. Da poi ch' ognun qui tace, io ti rispondo. Che pensi tu? Che rovini la\ il mondo? E' par che ancor tu non cognosca Orlando, tanto che quasi ci hai messo sospetto, ch' ogni di\ debbe ir pe' boschi cacciando con Ulivieri e col suo Sansonetto. Non ti ricorda un' altra volta, quando in Agrismonte, sendo giovinetto, ogni di\ era o con orsi alle mani, o porci o cervi o cavri%uoli o dani? $_. Ma poi che Orlando alla terza risuona, perche/ e' sono\e tanto terribilmente che {t} fe' {/t A; fe/ R} maravigliare ogni persona, Carlo, il quale era a sua posta prudente: #_ Quel corno $_, disse alla fine, #_ m' intruona l' anima e 'l cuore e fa tremar la mente, ed altra caccia mi par che di bosco: duolmi che tardi i miei danni cognosco. Io mi son risvegliato d' un gran sogno, o Gano, o Gano, o Gan! $_, tre volte disse. #_ Di me stesso e non d' altro mi vergogno, a non creder che questo m' avvenisse. D' aiuto e di consiglio e\ qui bisogno, che/ s' apparecchian dolorose risse. Voi siete, dico, mondi, ma non tutti, e parmi or tempo a giudicare a' frutti. Pigliate adunque questo traditore. Meglio era al mondo e' non fussi mai suto. O scelerato, o crudel peccatore! Misero a me, che son tanto vivuto! O quanto ha forza uno ostinato errore! O Malagigi, or t' avess' io creduto! Ome\, tu eri pur del ver pronostico! Ed e\ ragion se il duol mi par piu\ ostico $_. Disse il Danese: #_ O quante volte, Carlo, tel disse pure, e Salamone e Namo, ch' a Siragozza non dovei mandarlo, che si vedea quasi scoperto l' amo! Ed Ulivier, quando io vidi baciarlo, io dissi: #" O Giuda, noi ti conosciamo! O infamia del mondo e di natura, tu sarai infin la nostra sepultura! $". Ma tu non fusti da noi consigliato {t} come {/t R; com' e' A} si conveniva in questo caso, perche/ tu eri in quel tempo ostinato $_. Intanto Gan si truova sanza naso, e come volpe da' cani e\ straziato e 'l capo e 'l ciglio pareva gia\ raso, e chi gli pela la barba a furore #_ Crucifiggi $_ gridando #_ il traditore! $_. Ma finalmente consigliato fu che incarcerato in una torre sia, dove si va per molti errori in giu\ e come un laberinto par che stia. E perche/ tempo non e\ da star piu\, Carlo parti\ con la sua baronia e serra l' uscio ricevuto il danno: e cosi\ inverso Runcisvalle vanno. E ben cognobbe che Marsili%one era venuto con le squadre armate come aveva ordinato Ganellone, e la sua gente e\ in gran calamitate; ch' Orlando non sono\e sanza cagione, pero\ che in caso di necessitate, quando il suon troppo non fussi discosto, avea con Carlo quel segno composto. Avea gia\ il sol mezzo passato il giorno e cominciava a calare al Murrocco, quando Carlo senti\ sonare il corno, e dipartissi dopo al terzo tocco, che/ cosi\ Namo e gli altri consigliorno e tutti i lor pensieri furno a un brocco; e perche/ il tempo parea scarso forse, Carlo al suo Cristo all' usato ricorse: #_ O Crucifisso, il qual gia\, sendo in croce, oscurasti quel sol, contra natura, io ti priego, Signor, con umil voce, insin ch' io giunga in quella valle oscura, che tu raffreni il suo corso veloce accio\ che al popol tuo dia sepultura e che non vadi si\ tosto all' occaso: non mi lasciare in cosi\ estremo caso. Non pe' meriti miei, che non son tali che come {t} Iosu%e\ {/t A; Iosue\ R} meriti questo, ma perche/ al volo mio son corte l' ali, accio\ che in Runcisvalle io vadi presto, vinchino i preghi giusti de' mortali, si\ che piu\ il tuo poter sia manifesto, l' ordine dato delle etterne rote, tanto ch' io truovi il mio caro nipote $_. Fermossi il sol, ch' era turbato prima per la pieta\ del suo popol cristiano per tutto l' universo in ogni clima; e dice alcun (ma par supervacano, benche/ e' sia {t} au%ttor {/t A; auttor R} da farne stima) che le montagne diventorno piano, che/ Carlo aggiunse al suo prego ancor questo ma io qui danno l' {t} au%ttore {/t A; auttore R} e 'l testo. Io me n' andro\ con un mio carro a vela e giugnero\ le lepre e' leopardi, che/ in picciol tempo la fama si cela degli scrittor quando e' son pur bugiardi, e rimangonsi al lume di candela la sera al fuoco annighittosi e tardi; e gente son {t} prosuntu%ose {/t A; prosuntuose R} quelle, tanto che Marsia ne perde/ la pelle. Basta che Carlo, dette le parole, {add} subito {/add; su\bito R A} il prego suo fu essaudito, sanza servar piu\ l' ordine che suole quel bel pianeta etterno stabilito. O clemenzia del Ciel, tu fermi il sole a Carlo tuo! O amore infinito! O chiaro essemplo che quel di\ ci mostra, quanto Iddio ama la umanita\ nostra! E cavalcando d' uno in altro monte, ecco Terigi doloroso e mesto che ne veni\a diguazzando la fronte. Ma come Carlo ha cognosciuto questo, {add} subito {/add; su\bito R A} disse: #_ O mio famoso conte! La sua loquela mi fa manifesto ch' a nunzi%ar quel {t} vien {/t A; viene R} trista novella $_; perche/ e' pareva un uom di carta in sella. Giunto Terigi a Carlo, inginocchiossi e disse: #_ O signor mio, {it} tarde venisti {/it}: sappi ch' Orlando e\ morto e piu\ non puossi, e tutti i tuoi baron miseri e tristi $_. Carlo, sentendol, con le man graffiossi. Disse Terigi: #_ Se tu avessi visti gli angeli i quali il portorno {add} su {/add; su\ R A} in cielo, non che graffiar, non torceresti un pelo. Sappi che e' chiese la morte lui stesso e nel morir tanta {ed} avea {/ed R} contrizione, che dal ciel {t} Gabri%el {/t A; Gabriel R}, quel santo messo, venne e rispose alla sua orazi%one; ed ogni cosa sentava\n dappresso, che/ tutti sava\n quivi ginocchione. Pensi ciascun quanto parea soave veder quell' angel che per noi disse: #" {it} Ave! {/it} $". Rinaldo era venuto insin d' Egitto, e Ricciardetto; e fatto hanno oggi cose, che il re Marsilio si fuggi\ sconfitto. Tu vedrai le tue gente dolorose per Runcisvalle, ognun nel sangue fitto, che/ son tutte le rive sanguinose: non e\ ignun ch' a veder non lacrimassi, e piangon l' erbe ancor, le piante e' sassi. Io vidi Astolfo morto e Sansonetto, che ti sare' paruto oggi gagliardo, tanto che Orlando per questo dispetto caccio\ per terra a furia ogni stendardo; e Berlinghier fu morto, il poveretto, Anselmo tuo e 'l valente Egibardo, Gualtieri da Mulione, Avolio, Avino; non v' e\, di tre, campato uno Angiolino. L' Arcaliffa ribaldo di Baldacco uccise Ulivier nostro a tradimento e prima {t} fe' {/t A; fe/ R} della tua gente un macco, tanto che molto ci de/tte spavento; Riccardo cadde morto per istracco, Ottone e Guottibuoffi ognun e\ spento, Marco e Matteo del Monte a San Michele: non fu battaglia mai tanto crudele. E Baldovin con certa sopravvesta oggi pel campo combatteva forte; e come e' si cavo\e di dosso questa, da un pagan gli fu dato la morte, ch' Orlando trasse l' elmetto di testa a quel figliuol del Veglio, Buiaforte, e intese appunto come il fatto era ito e come Gan fu quel ch' avea tradito. Turpin, Rinaldo e Ricciardetto solo campati son di tutta la tua gente: il resto e\ tutto morto dello stuolo, e in Runcisvalle gli lasciai al presente; pero\ ch' io son venuto quasi a volo per recarti novella si\ dolente, poi che stato non v' e\, per mio dolore, oggi una lancia che mi passi il core, da poi ch' io ho perduto il signor mio. Tanto e\ che piu\ il tuo Gan non puoi scusarlo; e commettesti un gran peccato e rio quando a Marsilio lo mandasti, Carlo; e se tu vuoi placar nel cielo Iddio, fallo squartar. Ma mentre ch' io ti parlo, sappi ch' io sento della morte il gelo $_, disse Terigi, e poi se n' ando\ in cielo. Carlo, ascoltata la trista novella e Terigi vedendo a' suoi pie' morto, per gran dolor fu per cader di sella, e disse: #_ Ignun non mi dia piu\ conforto. O battaglia per me crudele e fella! O re Marsilio, tu m' hai fatto torto, ch' io avea fatto, come imperatore, pace con teco con sincero core; ma non credetti un re di tanta fama, di tanto scettro e monarchia e regno, sendo antico proverbio amar chi ama, oscurassi cosi\ la gloria e 'l segno. O Ganellon ch' ordinasti la trama e conducesti il mio nipote degno in Runcisvalle aspettar la sua morte, maladetto sia il di\ ch' io t' ebbi in corte! Che faren noi, o Salamone, o Namo? O mia fortuna, ove mi guidi o meni? In Runcisvalle, ove meschini andiamo come ciechi smarriti sanza freni! O morte, vieni a me, vien', ch' i' ti chiamo, che/ tu se' piu\ crudel se tu non vieni; ma se tu vieni a mia vita dogliosa, tu sarai detta ancor per me pietosa $_. Namo diceva, e Salamone ancora: #_ Maraviglia non e\ se Orlando e\ morto: con questi patti della terra {t} fora {/t A; fo\ra R} trasse Iddio Adamo e non gli e\ fatto torto; tanto un legno il gran mar solca per prora, che a qualche scoglio si conduce o porto: questa sentenzia e\ data pria che in fasce, che morte e\ il fin d' ogni cosa che nasce. Veggiam se in questo tempo che ci resta qualche cosa ancor far siamo obligati, la qual sia proprio all' uom da Dio richiesta, che/ per bene operar tutti sia\n nati e d' ogni savio la sentenzia e\ questa. Tu sai ch' io ci ho quattro figliuol lasciati: faccia\n che' morti non restino al vento, pero\ che il Ciel non ne sare' contento $_. Disse il Danese: #_ In Runcisvalle andremo, la prima cosa a ritrovare Orlando, e tutti i morti poi seppelliremo, si\ che alle fiere non restino in bando; poi con Rinaldo ci consiglieremo $_. E cosi\ Carlo venien consolando e cavalcavan via d' un buon gualoppo, quando e' trovorno altro cattivo intoppo. Aveva Orlando pel tempo passato, come altra volta in molte istorie e\ detto, il Sepulcro di Cristo racquistato, ed {t} Ansui%gi {/t A; Ansuigi R}, nobil giovinetto, con molta gente a guardar fu lasciato, si\ che dieci anni lo tenne in effetto; poi gli fu tolto per forza di lancia, ed al presente si tornava in Francia; e riscontrossi nello imperatore. Carlo, veggendo la gente venire, dubito\e di Marsilio nel suo core che nol venissi di nuovo assalire; ma non istette molto in questo errore, che la bandiera si vide scoprire nel campo bianco con la croce negra, per dimostrar vittoria poco allegra. Giunto {t} Ansui%gi {/t A; Ansuigi R} (per abbrevi%are), gli disse come i Mori della Mec Gerusalemme vennono a scalare di notte, sanza dir #_ {it} Salamalec {/it} $_, si\ che il Sepulcro bisogno\e lasciare a guardia d' altro che Melchisedec; e ch' avea ferma oppini%on che Gano a questo fatto tenessi la mano. Disse Carlo: #_ Tu, Iddio, fa la vendetta, poi che il Sepulcro in tal modo si ruba! Sarebbe mai quel di\ che il mondo aspetta, quando e' verra\ quella terribil tuba? $_. E ricordossi della poveretta afflitta, vecchia e sventurata Eccu\ba, che dopo al pianto d' ogni suo martoro ultimamente pianse Polidoro; e disse: #_ Pazi%enzia! $_, come Giobbe. #_ Or oltre! in Runcisvalle andar si vuole $_, che/ come savio il partito cognobbe, per non tenere in disagio piu\ il sole, il qual non va per le orbite sue gobbe per lo eccentrico, il di\, come far suole, per obbedire il suo Signore e Carlo, perche/ Chi il fece anche potea disfarlo. E poi che in Runcisvalle andar vogliamo, e perche/ il sole aspetta come e\ detto, dove era Orlando alla fonte arriviamo, e Turpino e Rinaldo e Ricciardetto, ch' ognun piangeva doloroso e gramo e guardavan quel corpo benedetto. Ma come Carlo in Runcisvalle e\ giunto, parve che il cor si schiantassi in un punto. E ragguardava i cavalieri armati l' un sopra l' altro in su la terra rossa, gli uomini co' cavalli attraversati; e molti son caduti in qualche fossa, nel fango in terra fitti arrovesciati; chi mostra sanguinosa la percossa, chi 'l capo avea quattro braccia discosto, da non trovargli in Giusaffa\ si\ tosto; tanti squartati, smozzicati e monchi, tante intestine fuor, tante cervella; parean gli uomini fatti schegge e bronchi, rimasi in istran modi in su la sella; tanti scudi per terra e lance in tronchi. O quanta gente parea meschinella! O quanto fia scontento piu\ d' un padre! E misera colei che sara\ madre! Carlo piangeva e per la maraviglia gli trema il core e 'l capo se gli arriccia, e Salamone strabuzza le ciglia, Uggieri e Namo ognun si raccapriccia, perche/ la terra si vede vermiglia e tutta l' erba sanguinosa arsiccia; gli arbori, i sassi gocciolavan sangue, si\ che ogni cosa si potea dir langue. Ma po' che Carlo ebbe guardato tutto, si volse, e disse inverso Runcisvalle: #_ Po' che in te il pregio d' ogni gloria e\ strutto, maladetta sia tu, dolente valle! che non ci facci piu\ ignun seme frutto, co' monti intorno e le superbe spalle! Venga l' ira del Cielo in sempiterno sopra te, bolgia o Caina d' inferno! $_. Ma poi che e' giunse appie\ della montagna a quella fonte ove Rinaldo aspetta, di piu\ misere lacrime si bagna e come morto da caval si getta; abbraccia Orlando e quanto puo\ si lagna, e dice: #_ Anima giusta e benedetta, ascolta almen dal Ciel quel ch' io ti dico, perche/ pur ero il tuo signor gia\ antico. Io benedico il di\ che tu nascesti; io benedico la tua giovinezza: io benedico i tuoi concetti onesti; io benedico la tua gentilezza; io benedico cio\ che mai facesti; io benedico la tua gran prodezza; io benedico l' opre alte e leggiadre; io benedico il seme del tuo padre. E chieggo a te perdon se mi bisogna, perche/ di Francia tu sai ch' io ti scrissi, quando tu eri crucciato in Guascogna, che in Runcisvalle a Marsilio venissi col conte Anselmo e 'l signor di Borgogna. Ma non pensavo, ome\, che tu morissi; quantunque giusto guidardon riporto, che/ tu se' vivo ed io son piu\ che morto. Ma dimmi, o figliuol mio, dove e\ la fede al tempo lieto gia\ data ed accetta? O se tu hai di me nel Ciel merzede come solevi al mondo, alma diletta, rendimi, se Dio tanto ti concede, ridendo, quella spada benedetta, come tu mi giurasti in Aspramonte quando ti feci cavaliere e conte $_. Come a Dio piacque, intese le parole, Orlando sorridendo in pie\ rizzossi con quella reverenzia che far suole, e innanzi al suo signore inginocchiossi (e non sia maraviglia, poi che il sole oltre al corso del ciel per lui fermossi), e poi distese ridendo la mana e rende/gli la spada Durlindana. Carlo tremar si senti\ tutto quanto per maraviglia e per affezi%one, ed a fatica la strinse col guanto. Orlando si rimase ginocchione, l' anima si torno\ nel regno santo. Carlo cognobbe la sua salvazione; che se non fussi questo sol conforto, dice Turpin che certo e' sare' morto. Quivi era ognuno in terra inginocchiato e tremava d' orrore e di paura quando vidono Orlando in pie\ rizzato, come avvien d' ogni cosa oltre a natura; pero\ ch' egli era in parte ancora armato e molto fiero nella guardatura; ma perche/ poi ridendo inginocchiossi dinanzi a Carlo, ognun rassicurossi. Poi abbraccia^r molto pietosamente Carlo e tutti, Rinaldo e Ricciardetto, e ragionorno pur succintamente della battaglia e d' ogni loro effetto, ed ordinossi per la morta gente dove fussi il sepulcro e il lor ricetto. Ma Carlo un corpo era colmo d' angosce, che/ tanta gente non si ricognosce; e disse: #_ O Signor mio, fammi ancor degno, fra tante grazie che tu mi concedi, ch' io ricognosca in qualche modo o segno la gente mia, che quaggiu\ morta vedi, ch' io non so dove io sia ne/ donde i' vegno; e come in Giusaffa\, le mane e' piedi e l' altre membra insieme accozza e mostra per carita\ qual sia la gente nostra $_. E poi che furon nella valle entrati, trovoron tutti i cristian c' hanno insieme i membri appresso e i {t} volti {/t A; vo/lti R} al ciel levati, perche/ questo era d' Adamo il buon seme. O Dio, quanti miracoli hai mostrati! Quanto e\ felice chi in te pon sua speme! E tutti i corpi di que' saracini dispersi son co' {t} volti {/t A; vo/lti R} a terra chini. Ringrazio\ Carlo Iddio devotamente, che tante grazie gli avea conceduto. Or qui comincia un mar tanto frangente di pianto e duol, che non sare' creduto: chi truova il figliuol morto e chi 'l parente, amico o frate; e quel ricognosciuto, abbraccia il corpo e l' elmo gli dilaccia e mille volte poi lo bacia in faccia. Carlo si pose per dolor la mano agli occhi quando Astolfo morto vide, e se potessi, come il pellicano quando la serpe i suoi nati gli uccide, lo sanerebbe col suo sangue umano. Cosi\ per tutto quel campo si stride: Rinaldo piange, Ricciardetto plora; pensa se Namo anche piangeva allora! Qui ci bisogna piu\ d' una carretta e tempo non e\ piu\ tener quel sole che per servire al suo Fattore aspetta. #_ O fidanza gentil, chi Iddio ben cole (o del nostro Ancisan parola eletta!), il ciel tener con semplici parole! $_. O sicuri cristian, gran parte e\ questa di quella fede che v' e\ manifesta. Credo che quegli Antipodi di sotto dubitassin fra lor piu\ volte, il giorno, che non fussi del ciel l' ordine rotto, che/ il bel pianeta non facea ritorno; o che e' fussi quel di\ l' ultimo botto e ritornassi all' antico soggiorno prima che fussi il gran cao\s aperto e in dubbio stessi lo emisperio incerto. E' se n' ando\ pure all' altro orizzonte, finito un giorno naturale appunto: forse la terra penso\ che Fetonte avessi il carro nuovamente assunto. Carlo si stette con sua gente al monte la notte insin che il mattin poi fu giunto, ed ordino\ che la gente cristiana portata fussi in parte in Aquisgrana. E molti corpi furno imbalsimati, massime tutti que' de' paladini, ed alcun furno a Parigi mandati e per la Francia e per tutti i confini; e tanti padri furno sconsolati e tante donne si stracciano i crini, e chi la faccia e chi il petto s' infranse, ch' Affrica tanto o Grecia mai non pianse. E sopra tutto pianse Alda la bella, chiamando se/ fra l' altre, dolorosa d' Ulivieri e d' Orlando, meschinella, dicendo: #_ Ome\, quanto felice sposa del piu\ degn' uom che mai montassi in sella fui alcun tempo, or misera angosciosa! Gia\ non invidio sua felice sorte, ma increscemi di me insino alla morte. O dolce sposo mio, signore e padre, or non ti vedro\ io piu\, fiero ed ardito, quando tu eri armato fra le squadre! Non creder che mai prenda altro marito; ma sopra il corpo e tue membra leggiadre, che/ sento in Aquisgran se' seppellito, giurera\ come Dido Alda la bella $_. E cosi\ fece a luogo e tempo quella. Carlo fece il sepulcro al suo nipote in Aquisgrana e 'l corpo quivi misse, ed onorar lo fece quanto e' puote prima che inverso Siragozza gisse, dove poi furon le dolente note; e nel sepulcro lettere si scrisse, e conteneva in latino idi%oma: #_ Uno Iddio, uno Orlando ed una Roma $_. E tutta Francia pianse il suo campione, e spezialmente il popol di Parigi, che non pianse piu\ Roma Scipi%one; e fatte furno essequie in San Dionigi, vestite a nero tutte le persone (ch' usavan prima a' morti i panni bigi come Pericle {t} fe' {/t A; fe/ R} vestir gia\ Atene), e parve annunzio di future pene. Astolfo in Inghilterra fu mandato (e dice alcun che Ottone era gia\ morto), e molto fu nella patria onorato. Ne/ Sansonetto gli fu fatto torto, anzi un ricco sepulcro ha ordinato Carlo a San Gianni, per lui, Pie\ di Porto; e Berlinghieri e gli altri {t} sua {/t R; suoi A} fratelli ebbon tutti sepulcri antichi e belli. Ulivier fu seppellito in Borgogna e tutto il popol {t} fe' {/t A; fe/ R} di pianger roco. Ma perche/ molte cose dir bisogna, a Balugante torneremo un poco, che va cercando trovare altra rogna: non so se poi il grattar gli parra\ {t} giuoco {/t R; gioco A}. E ritrovo\ la sua gente smarrita, ch' era per boschi e montagne fuggita, e termino\ tornare in Runcisvalle, che/ non sapea s' Orlando fussi morto e volea le sue gente sotterralle. E come e' fu in su la montagna scorto, che voleva calar giu\ nella valle, Rinaldo, come astuto e molto accorto, a Carlo disse: #_ Balugante viene: io lo cognosco a' contrassegni bene. Parmi che in punto tua gente si metta, da poi che Iddio per grazia ce lo manda, per cominciare a far nostra vendetta $_. Il perche/ Carlo {add} subito {/add; su\bito R A} comanda che si dovessi armare ognuno in fretta. Era apparita l' alba a randa a randa, quando la schiera de' pagan vien giu\e, il terzo di\ che la battaglia fue. E consiglioron Salamone e Namo e Ricciardetto e Turpino e 'l Danese: #_ O Carlo, poi che condotti qui siamo, e piacque sempre a Dio le giuste imprese, Balugante e sua gente seguitiamo tanto che alfine sien le fiamme accese e che si metta a sacco Siragozza e Marsilio s' impicchi per la strozza. E come {t} fe' {/t A; fe/ R} Vespasi%ano e Tito, venderen per ischiavi que' marrani a corsari o pirrati in qualche lito, perche/ e' son peggio che porci o che cani $_. E cosi\ presto si prese partito; e com' egli hanno scontrati i pagani, e' cominciorno a gridar: #_ Carne, carne! $_ e #_ Morte! $_ e #_ Sangue! $_, ed ogni strazio a farne. Rinaldo il primo calo\ giu\ la lancia e grida a Balugante: #_ Ah, traditore, gia\ non e\ spenta la gloria di Francia! $_, e morto in terra il metteva a furore, se non che il ferro gli striscia la guancia e truova un altro pagan peccatore, si\ che la lancia gli caccia per gli occhi e bisogno\ che giu\ morto trabocchi. Carlo aveva quel giorno Durlindana e vendicar volea con essa Orlando, e dice: #_ Ben che la mia forza e\ vana respetto al signor tuo, famoso brando, non perdonare alla gente pagana, che/ teco insieme lo vo vendicando; e poi che e' t' ha ridendo a me renduto, non e\ sanza cagion per certo suto $_. O gloria al secol prisco, o luce, o specchio, o difensor della cristiana fede, o santo Carlo, o ben vivuto vecchio, dell' alta fama di tua stirpe erede, tu taglieresti a Malco l' altro orecchio! Cosi\ fa chi in Gesu\ si fida e crede; e bisognava al mondo tu venissi, per cavarci di nuovo degli abissi. Balugante trascorse tra' cristiani perche/ il cavallo a forza lo {t} transporta {/t R; trasporta A}. Carlo, che il vide, con ambo le mani alzo\ la spada e tanto sdegno il porta, che disse: #_ Tu n' andrai fra gli altri cani $_, tanto che cadde come cosa morta; e come Balugante in terra cade, {add} subito {/add; su\bito R A} addosso gli fur cento spade. E' non si vide mai piu\ spade a Roma addosso a qualche toro, quando in caccia isciolto giu\ dal {t} plau%stro {/t A; plaustro R} quel toma, quando si fa la festa di Testaccia; tanto che infine la barba e la chioma gli pela alcun, che l' elmo gli dilaccia; e chi voleva pur cavargli il core, ma non poteva, tanto era il furore. E come Balugante morto fu, i saracin fuggivon d' ogni banda; e s' io non l' ho qui ricordato piu\, il valoroso Arnaldo di Bellanda molti pagani il di\ in Cafarnau\, anzi piu\ tosto allo inferno giu\ manda. E cosi\ fu questa nuova battaglia di Balugante un gran fuoco di paglia. Furon costor presto abbattuti tutti, o fuggiron per boschi e per campagne; e Balugante ando\ cercando frutti che il punson piu\ che ricci di castagne. E poi che Carlo gli vide distrutti, ditermino\ di passar le montagne, e inverso Siragozza cavalcorno e in ogni luogo i paesi guastorno a fuoco, a sacco; a morte, in preda, in fuga le donne, i moricini e le fanciulle, sanza trovare ignun dove e' rifuga: ammazzavano insin drento alle culle. Carlo dicea ch' ogni cosa si struga, pur che Marsilio e 'l suo regno s' annulle. E cosi\ sempre per tutto il {t} vi%aggio {/t A; viaggio R} parean corsari in terra a far carnaggio. Hai tu veduto innanzi alla tempesta fuggir pastor con le lor pecorelle? Cosi\ fuggi\en la morte manifesta quelle gente cacciate meschinelle; e insino a Siragozza ignun non resta, la notte e 'l giorno sempre in su le selle; e passan valle e piagge e colli e monti, e in ogni parte fe^r tagliare i ponti. Era la Spagna in parte battezzata; e inteso di Marsilio i tradimenti, e cosi\ tutti i mori di Granata, molti signor ne furon mal contenti e Siragozza e\ quasi abbandonata. Marsilio v' avea drento poche genti, che/ in Runcisvalle rimase eran morte, tanto che Carlo s' accosto\e alle porte. Re Bianciardin che la novella sente, disse a Marsilio: #_ E' fia Rinaldo questo $_; ma non potevon creder per ni%ente che Carlo fussi venuto si\ presto ed avessi condotta tanta gente; e quel che piu\ diventera\ molesto, ch' e' non sapean di Balugante il caso, che pel cammino indrieto era rimaso. Atteson tutti a rafforzar le mura. Rinaldo a una porta appicco\ il fuoco: or questo fece alla terra paura, tanto che drento entrorno a poco a poco. Era la notte nebulosa oscura (pensa, lettor, come egli andava il giuoco!) e vento e pioggia e tempesta e furore e tutto il popol levato al romore. Il fuoco era appiccato in molte strade e 'l vento certe fiamme in alto leva e qualche tetto alle volte giu\ cade e le moschee ed ogni cosa ardeva e luccicar si vedea tante spade, che Siragozza {t} uno {/t R; un A} inferno pareva. Marsili%one non sapea che farsi e certo i suoi partiti erano scarsi. E quando e' sente gridar #_ Francia, Francia! $_ e #_ Carlo, Carlo! $_, gli parve che il core gli passassi un coltello, anzi una lancia, tanto ne prese nel petto terrore, perche/ e' cognobbe in su 'n una bilancia aver la vita e lo stato e l' onore, e Bianciardin, tanto mascagna volpe, a questa volta purgar le sue colpe. Eran saliti sopra certe torri, gridando forte, alcun talacimanno, come dicessi: #_ Accorri! accorri! accorri! Aiuta il popol, Macon, mussurmanno! $_. Ma tutte alfine eran bucce di porri, ch' ogni cosa n' andava a saccomanno ed urla e strida per tutto si sente e pianti assai commiserabilmente. Rinaldo aveva sbarrata la piazza. Le donne e le tosette scapigliate correvan tutte come cosa pazza ed eran dalle gente calpestate; ed ognun grida: #_ Ammazza, ammazza, ammazza queste gente ribalde rinnegate! $_; e cosi\ tutti parean di concordia sanza pieta\, sanza misericordia. Carlo aveva con seco uno squadrone e Durlindana sanguinosa in mano. Corse al palazzo di Marsili%one, gridando: #_ Ove e\ quel malvagio marrano? $_; e dismontato in sul primo scaglione, la scala combatte/ di mano in mano, e come Orazio gran punta sostenne, tanto che insino in su la sala venne. Era apparita quasi l' {t} au%rora {/t A; aurora R}, quando il palagio di Marsilio e\ preso e non si truova il traditore ancora; ma poi che 'l fuoco per tutto era acceso, alfin convenne ch' egli sbuchi {t} fora {/t A; fo\ra R}, e funne a Carlo portato di peso. Carlo lo prese in quella furia pazza e d' un veron lo gitto\ in su la piazza; e cadde quasi addosso a Ricciardetto; e Ricciardetto, come in terra il vede, grido\: #_ Ribaldo! $_, e presel pel ciuffetto e poi gli pose in su la gola il piede e scannar lo volea come un cavretto; se non ch' e' disse: #_ Abbi di me merzede tanto che Carlo da basso giu\ vegni e Bianciardin, che e\ nascoso, gl' insegni $_. Or chi volessi la citta\ meschina in fuoco e in preda assimigliar la notte, imaginar conviensi una fucina giu\ nell' inferno in le piu\ scure grotte: ognuno aveva una rabbia canina, che il sangue parea zuccher di tre cotte. O giustizia di Dio, tu eri appresso! Tu se' pur giusto, e in Ciel tu se' pur desso! Credo Turpin con le sue mani uccise dugento o piu\, a non parer bugiardo: non domandar se nel sangue s' intrise! E' parea piu\ rubizzo e piu\ gagliardo che que' che avean le schiappe e le divise, come se fussi la notte col cardo renduto il pelo alla sua giovinezza, perche/ tener non si potea in cavezza. In questo tempo la reina Blanda era con Luci%ana strascinata: ella non ha piu\ d' oro la grillanda; ella era dalla furia traportata; ella gridava, ella si raccomanda ch' almen come regina sia ammazzata e che non era in questo modo onore d' un tanto degno e magno imperatore; e pareva la furia di Ericonne, per modo eran le chiome scompigliate; e' drappi ricchi e le purporee gonne eran tutte per terra scalpitate. O infortunata piu\ che l' altre donne, venuta al fin d' ogni calamitate! Tanto ch' io credo questo essemplo basta della antica miseria di Iocasta. Rinaldo gia\ nel palazzo era entrato, e quando e' vide Luci%ana bella, come Corebo parve infuri%ato, per Cassandra, la notte, meschinella; e comando\ ch' ognun fussi scostato, tanto che porse la sua mano a quella e liberolla da si\ stretta furia e non sofferse e' gli sia fatto ingiuria. E poi ch' ognun fu ritirato addietro: #_ O Carlo $_, disse, #_ io vo' che mi conceda (se mai grazia da te nessuna impetro), si\ che tu sia di maggior gloria ereda (perche/ a tanto signor, tanto alto scetro, femina pare alla fine vil preda), che la reina e Luci%ana sia libera data nella mia bali\a $_. Carlo rispose: #_ O figliuol mio diletto, come poss' io negar le cose oneste? Io vo' che il fatto sia prima che il detto. Veggo che amore ancor ti sforza e investe $_. E per venire, uditore, allo effetto, e' perdonoron solamente a queste, di tanta gente, in tutta la cittade; il resto, al fuoco e 'l taglio delle spade. Era a veder la notte Siragozza a fuoco come Soddoma e Gomorra, e tanto piu\ ch' ella e\ pel sangue sozza che par per tutto insino al fiume corra, pero\ che alla franciosa qui si sgozza; e cosi\ arde, come al vento forra di secche piante insino alle radice, questa citta\ che fu gia\ si\ felice. Parea talvolta che si dividessi l' una fiamma dall' altra (come e\ detto de' due teban gia\ in una pira messi), e poi saltava d' uno in altro tetto, come se un fuoco distinato ardessi; e che Tesifo e Megera ed Aletto vi fusse e Cerber latrassi, il gran cane, e vendicassin le ingiurie cristiane. Gia\ si vedevan per terra le case dirute ed arse e desolate tutte, che pietra sopra pietra non rimase. Quante magne ricchezze eran distrutte! Quante colonne, piramide e base eran cadute! Quanto parean brutte a veder, sotto rimase, la notte, quelle gente arrostite come {t} botte {/t A; bo\tte R}! Fammi Turpin maravigliar talvolta (se non ch' io veggo poi che e' dice il vero, quand' io ho questa istoria ben raccolta), che molte madre drento al fiume Ibero i propri figli in quella furia stolta gitta^r la notte con istran pensiero, che/ il furor tutto ministrava e guida e non si scorge altro romor che strida; ed altre in mezzo gli gitta^r del foco, per non venire alle man de' cristiani, ne' pozzi e nelle fogne e in ogni loco; altre gli uccison con lor proprie mani. O vendetta di Dio, qui sare' poco agguagliar la miseria de' Troiani a tante afflitte e sventurate donne, quando e' menti\ del gran caval Sinonne! Credo che Tito con Vespasi%ano non fe^r de' Giudei tanto, s' io non erro, quanto costor di quel popol profano: pensa che insino a Turpin pare sgherro! Qual Sagunto, o Cartagin da Affricano, la cosa va tra l' acqua e 'l fuoco e 'l ferro, e 'l foco par, com' io dissi, penace: pigli ciascun qual de' tre piu\ gli piace. E s' alcun pur si fuggiva, meschino, in ogni parte la morte rintoppa, che/ Ricciardetto e il Danese e Turpino ed {t} Ansui%gi {/t A; Ansuigi R} per tutto gualoppa. Intanto e\ ritrovato Bianciardino, ch' era nascoso in un sacco di stoppa. Rinaldo far gli volea pure il giuoco ed appiccarvi con sua mano il fuoco. Carlo gli disse: #_ Io lo riserbo a peggio $_. Marsilio intanto in sala era legato come un can per la gola, allato al seggio dove e' fu gia\ da sua gente onorato. E non poteva ignun pigliar pileggio, che/ il palazzo era per tutto guardato. accio\ che cosa nessuna si fugga, si\ che la roba e la gente si strugga. Aveva Carlo un suo certo schiavone lungo tempo tenuto, detto l' Orco, che godeva la notte, il rubaldone, nel sangue imbrodolato come un porco; e stava all' uscio con un gran bastone ch' egli avea fatto d' un certo biforco; e chi voleva fuggir dalle poste, convien che prima contassi con l' oste. Non si potea qui dir come Bi%ante: #_ Io me ne porto ogni mia cosa meco $_: piu\ tosto molto ben le rene infrante da quel baston se ne portava seco; e s' alcun pur gli scappava davante, #_ {it} Calo\, calo\ {/it} $_ si potea dire in greco, perche/ e' faceva le persone destre, e bisognava calar le finestre. E' pareva ogni cosa vetro o ghiaccio dove e' giugnevan quelle sconce {t} botte {/t A; bo\tte R}. E scrive alcun di questo ribaldaccio, ch' egli arrosti\ de' moricin la notte, che gl' infilzava in quel suo bastonaccio, poi gli mangio\ come porchette cotte; ma perche/ il caso non mi pare onesto, credo che Carlo non sapessi questo. E cosi\ fu questa citta\ dolente con fuoco e sacco rovinata tutta, si\ che a veder la rovina e la gente, una cosa pareva schifa e brutta. E non e\ maraviglia veramente che cosi\ in una notte sia distrutta, che/ le moschee rovinavano a ciocca, tanto l' ira del Ciel sopra trabocca! Avea gia\ Anselmo e poi Chiron mandato Carlo a Marsilio, per quel ch' io ne 'ntendo; e fu ferito l' un, l' altro ammazzato, cioe\ Chiron, indrieto poi venendo; e Carlo aveva molto minacciato, #_ Gerusalem, Gerusalem $_ dicendo, #_ tu piangerai, Siragozza ribalda, ne/ pietra sopra pietra in te fia salda $_. Ora ecco il re Marsilio innanzi a Carlo, e tutto il popol: #_ Crucifiggi! $_ grida: altri diceva e' dovessi impalarlo; ognun volea ch' a suo modo l' uccida. Carlo rispose che volea impiccarlo (che/ il traditore al capresto si fida) a quel carubbo, come Scari%otto, dove egli aveva ogni cosa condotto; e disse: #_ Io vo', Marsilio, che tu muoia dove tu ordinasti il tradimento, e Bianciardin, che e\ padre d' ogni soia, allato a te fara\ crucciare il vento $_. Disse Turpino: #_ Io voglio essere il boia $_. Carlo rispose: #_ Ed io son ben contento che sia trattato di questi due cani l' opere sante con le sante mani $_. E poi che furon drento al parco entrati, Carlo, veggendo intorno a quella fonte arsa la terra e gli arbori abbruciati, maravigliossi e cambiossi la fronte, e disse: #_ O Bianciardin, quanti peccati commessi hai qui con tue malizie pronte! O scelerato, abominevol mostro! O caso orrendo, o infamia al viver nostro! $_. E quando e' vide quel carubbo secco e quello allo\r fulminato dal cielo, parve che 'l cor gli passassi uno stecco e che per tutto se gli arricci il pelo, e disse: #_ O traditor Marsilio, ora ecco dove tu commettesti il grande scelo! Ah, crudel terra che lo consentisti, e come Curzio, lor non inghiottisti! Ecco ch' io ho pur ritrovate l' orme: pero\ nessun con la coda le copra, che/ la divina giustizia non dorme e pure il fine e\ il testimon dell' opra; pensi ciascun, quando e' fa cose inorme, che la spada del Ciel sia sempre sopra, e s' alcun tempo una cosa si cela, {it} nihil occultum {/it}, tutto si rivela. O Falseron, io ho pur finalmente qui ritrovati tutti i tuoi vestigi: l' anima forse or del tuo error si pente, tanti segni son qui, tanti prodigi! Tu abbracciasti come fraudolente, quando tu ti partisti da Parigi, oi%me\ lasso, il mio degno nipote, poi gli baciasti, ribaldo, le gote. O Bianciardin, qui non bisogna essordia, pero\ ch' egli e\ da corda e da capresti venuto il tempo e non misericordia; ed e\ ragion che, come voi facesti a questa fonte insieme di concordia il tradimento, ognun l' aria calpesti, poi ve n' andiate nello inferno a coppia: che/ la giustizia e la malizia e\ doppia $_. Quando Marsilio si vede condotto dove il peccato suo l' avea pur giunto e che si truova a quel carrubbo sotto, si ricordo\ come il suo caso appunto predetto aveva un nigromante dotto, tanto che fu piu\ di dolor compunto; perche/ e' gli disse: #_ Non tagliar quel legno, che qualche volta sara\ il tuo sostegno $_. E poi prego\, come malvagio e rio, che voleva una grazia chieder sola, cioe\ di battezzarsi al vero Iddio. Disse Turpin: #_ Tu menti per la gola; ribaldo, appunto qui t' aspettavo io $_. Rinaldo gli rispose: #_ {t} Mai {/t R; Oggimai A}, co\' la! Non vo' che tanta allegrezza tu abbi che in vita e in morte il nostro Iddio tu gabbi. Sai che si dice cinque acque perdute: con che si lava all' asino la testa; l' altra, una cosa che infine pur pute; la terza e\ quella che in mar piove e resta; e dove gente tedesche son sute a mensa, sempre anche perduta e\ questa; la quinta e\ quella ch' io mi perderei a battezzare o marrani o giudei. Io non credo che l' acqua di Giordano, dove fu battezzato Gesu\ nostro, ti potessi lavar come cristiano, non che questa acqua, che mi pare inchiostro, di questa fonte, o d' un color piu\ strano, pel miracolo ancor che Iddio ci ha mostro. Dunque tu pensi con questa malizia che non si satisfaccia alla giustizia? $_. #_ Con Bianciardino e col tuo Falserone giu\ nello inferno ti battezzerai $_, disse Carlo, #_ in quelle acque di Carone, quando la sua barchetta passerai. E manderotti presto Ganellone; e qualche tradimento ancor farai, accio\ che l' arte non ispenta sia, che/ so che tu n' hai in punto tuttavia. E poi che Iddio ha per te riserbato questo arbor secco che ci e\ qui davante, dove ancor Giuda si fu attaccato, ci mostrerrai di colassu\ le piante $_. Disse Marsilio: #_ Io mi son ricordato di quel che gia\ previde un nigromante (ma non lo intesi, ome\!), che questo legno disse ch' ancor mi sarebbe sostegno. Io ti confesso d' averti tradito in molte cose gia\ pel tempo antico: ma poi ch' io sono alla fine punito, solo una grazia ti domando, e dico che gentilezza e\ d' avere essaudito l' ultimo prego d' ogni reo nimico: abbi pieta\ della mia afflitta moglie, che/ morte ogn' odio, ogni cosa discioglie; perche/, quando tu eri giovinetto, che tu togliesti poi la mia sorella, Galafro, il padre mio, n' avea sospetto, e sempre Blanda dicea, meschinella: #" O re, che vuoi tu far del Mai%netto? Che colpa ha lui, se la tua figlia e\ bella e per piacergli abbatte ognun in giostra? Ben sai ch' egli ama Gallerana nostra. E sommene avveduta in mille cose, ch' egli e\ tanto infiammato di costei che non puo\ contra le fiamme amorose resister, che son date dagli iddei $". E cosi\ sempre in tuo favor rispose, tanto che pure se' obligato a lei; e mentre, in verita\, tu eri in corte, per molte vie gia\ ti campo\ la morte. Galafro {t} fe' {/t A; fe/ R} mille volte disegno di gastigarti de' peccati tuoi, ma tanto adopero\ questa il suo ingegno, che finalmente lo ritenne poi; e perch' io so, come gentile e degno, questo peccato all' anima non vuoi, per la corona che tu porti in testa ti raccomando e Gallerana e questa. Del corpo mio fa tu quel che ti pare; l' anima so nell' inferno e\ dannata $_. Disse Turpin: #_ Non tanto cicalare! Questa e\ stata una lunga intemerata $_. E cominciava il cappio a disegnare e la cappa o la tonica avea alzata; ed accostossi a quel carrubbio presto ed attaccollo a un santo capresto. Poi Bianciardin con le sue mani assetta, che pareva il maestro lui quel giorno, ed apposto\ con l' occhio per giubbetta un nespol ch' era alla fonte dintorno; e l' uno e l' altro si storce e gambetta. Cosi\ Marsilio al carrubbo lasciorno e Bianciardino attaccato a quel nespolo, e Turpin gli levo\ di sotto il trespolo. Poi ordino\ che la reina Blanda, Carlo, al suo padre fussi rimenata, e molti in compagnia con essa manda, perch' ella era del regno di Granata. E poi che Siragozza d' ogni banda era per terra tutta disolata, rassetto\ il campo e sua gente il Danese e inverso Francia il suo cammin riprese. E come e' fu l' alta vendetta e magna vulgata e sparta per tutta Araona e pe' paesi dintorno di Spagna, laudava ognun di Carlo la Corona; ne/ creder ch' un sol principe rimagna, che a vicitarla non venga in persona; ed ognun par di tal cosa contento e cosi\ biasimava il tradimento. Vennon molti signor d' ogni linguaggio, mentre che Carlo indrieto si tornava, a giurar fede e tributo ed omaggio; e cosi\ questa gente cavalcava. Or per non fare a' miei lettori oltraggio, che/ spesso il troppo cantar lungo grava, convien ch' io chiami pur l' aiuto santo alla mia istoria nel seguente canto. L' ultima grazia, o mio Signor benigno, perche/ il fin mostra d' ogni cosa il tutto, non mi negar, che/ ancor si mostra arcigno, innanzi al tempo, non maturo il frutto: fa ch' io paia alla morte un bianco cigno che dolce canta in su l' estremo lutto, tanto ch' io ponga in terra il mortal velo di Carlo in pace e l' anima a te in Cielo; perche/ donna e\ costi\, che forse ascolta, che mi commisse questa istoria prima, e se per grazia e\ or dal mondo sciolta, so che tanto nel Ciel n' e\ fatto stima ch' io me n' andro\ con l' una e l' altra volta con la barchetta mia, cantando in rima, in porto, come io promissi gia\ a quella, che sara\ ancor del nostro mare stella. Infino a qui l' aiuto di Parnaso non ho chiesto ne/ chieggo, Signor mio, o le Muse o le suore di Pega\so, come alcun dice, o Caliope\ o Clio: questo ultimo cantar drieto rimaso tanto mi sprona e la voglia e 'l desio, che mentre io batto i marinai e sferzo, alla mia vela aggiugnero\ alcun ferzo. Da Siragozza s' e\ Carlo partito, arso la terra e vendicate l' onte, e il traditor di Marsilio e\ punito dove e' fece il peccato a quella fonte; e cavalcando d' uno in altro lito, in molti luoghi {t} fe' {/t A; fe/ R} rifare il ponte ch' egli avea prima pel cammin tagliato accio\ che indrieto nessun sia tornato. E ritornossi a San Gianni di Porto e non sofferse a gnun modo passare di Runcisvalle ove il nipote e\ morto, e dicea sempre nel suo sospirare: #_ Chi sara\ quel che mi dia piu\ conforto? $_, tanto ch' ognun faceva lacrimare; #_ Che fara\ piu\ questa anima nel petto? La vita mia omai fia sol despetto $_. Or perche/ alcun qui dice, Ganellone sendo con certa astuzia scarcerato, che gli appari\ si\ gran confusi%one di nebbia, che l' avea tutto obumbrato, e ritornossi smarrito in prigione, che/ cosi\ lo guidava il suo peccato; dico io: non so se confirmar mi debbia, per non parere un {t} au%ttore {/t A; auttore R} da nebbia. Rinaldo intanto ha confortato Carlo, e tutta insieme a un grido la corte, che il traditor si dovessi straziarlo, e pensa ognun della piu\ crudel morte: a molti par che si debba squartarlo, altri dicea di tormento piu\ forte, e ruote e croce e con ogni vergogna, e mitera e berlina e scopa e gogna. E dopo molto disputar, fu Gano menato in sala con gran grido e tuono, incatenato come un cane alano; e tanti farisei dintorno sono, che pensan solo ognun d' averne un brano; e mentre e' volea pur chieder perdono e crede ancor forse Carlo gli creda, Rinaldo il de/tte a quella turba in preda. Carlo si stette a veder questa caccia: e come in mezzo la volpe e\ de' cani, ognun fa la sua presa, ognuno straccia; chi lo mordea, chi gli storce le mani, e chi per dilegion gli sputa in faccia, chi gli da\ certi sergozzoni strani, chi per la gola alle volte lo ciuffa, tanto che il cacio gli sapra\ di muffa; chi con la man, chi col pie\ lo percuote, chi fruga e chi sospigne e chi punzecchia, chi gli ha con l' unghie scarnate le gote, chi gli avea tutte mangiate l' orecchia, chi lo 'ntronava e grida quanto e' puote, chi il carro intanto col fuoco apparecchia, chi gli avea tratto con le dita gli occhi, chi il volea scorticar come i ranocchi. E come e' fu sopra il carro il ribaldo, il popol grida intorno: #_ Muoia, muoia! $_. Intanto il ferro apparecchiato e\ caldo: non domandar come e' lo concia il boia, che non resta di carne un dito saldo, che/ tutte son ricamate le cuoia: si\ ch' egli era alle man di buon maestro, perche/ e' facea molto l' uficio destro. Egli aveva il capresto d' oro al collo e la corona de' ribaldi in testa. Rinaldo ancor non si chiama satollo e 'l popol rugghia con molta tempesta e chi gittava la gatta e chi il pollo ed ogni volta lo imberciava a sesta: non si dipigne Lucifer piu\ brutto, dal capo a' pie' come e' pareva tutto. Fece quel carro la cerca maggiore, e chi si cava patti\n, chi pianelle, per vedere straziare il traditore, si\ che di can non si strazia piu\ pelle. Tanto tumulto, strepito e romore, che rimbombava insin sopra le stelle, #_ Crucifigge $_ gridando, #_ crucifigge! $_; e 'l manigoldo tuttavia trafigge. E poi che il carro al palazzo e\ tornato, Carlo ordinato avea quattro cavagli; e come a questi il ribaldo e\ legato, cominciano i fanciugli a scudiscia\gli, tanto che l' hanno alla fine squartato. Poi {t} fe' {/t A; fe/ R} Rinaldo, que' quarti, gitta\gli per boschi e bricche e per balze e per macchie a' lupi, a' cani, a' corvi, alle cornacchie. Cotal fine ebbe il maladetto Gano, che/ lo etterno giudicio e\ sempre appresso, quando tu credi che sia ben lontano. Or forse tu, lettor, dirai adesso come e' gli abbi creduto Carlo Mano. Io ti rispondo: #_ Era cosi\ permesso; era nato costui per ingannarlo e convenia che gli credessi Carlo $_. Nota che Carlo Magno era uom divino e lungo tempo avea tenuto seco un dotto antico chiamato {t} Alcui%no {/t A; Alcuino R} ed apparo\ da lui latino e greco ed ordino\ lo Studio parigino; or par che sia dello intelletto cieco; onde alcuno {t} au%ttor {/t A; auttor R}, come prudente, di {t} Ganellon {/t A; Ganellone R} non iscrive {t} ni%ente {/t A; niente R}. Ed io meco medesimo {t} dispu\to {/t R; disputo A}, quand' io ho ben raccolta la sua vita, come egli abbi un error tanto tenuto; ma la natura divina e\ tradita, e non ha sanza misterio voluto, che/ la sua sapi%enzia e\ infinita: credo che Iddio a buon fine permette l' opere sante, e cosi\ maladette; pero\ che Carlo per esperi%enzia dovea molto saper, perche/ ne' vecchi accade, e non in giovane, prudenzia, poi ch' ella e\ figurata con tre specchi; avea buon natural, buona sci%enzia; e come il traditor gli era agli orecchi, e' gli credeva ogni cosa a sua posta: si\ ch' io non fermo ancor la mia risposta. Molte volte, anzi spesso, c' interviene che tu t' arrechi un amico a fratello e cio\ che fa ti par che facci bene, dipinto e colorito col pennello: questo primo legame tanto tiene, che s' altra volta ti dispiace quello e qualche cosa ti fara\ molesta, sempre la prima impressi%on pur resta. Avea gia\ lungo tempo Carlo Magno tenuto in corte sua Gan di Maganza; ed oltre a questo vi vedea guadagno, pero\ che Gano avea molta possanza e qualche volta gli fu buon compagno; e perche/ molto puo\ l' antica usanza, l' abito fatto d' uno in altro errore, facea che Carlo gli portava amore. Altri direbbe: #_ Dimmi ancora un poco: Gan sapea pur ch' egli aveva tradito e che e' doveva alfine ardere il foco: come e' non s' era di corte partito, accio\ che {t} ri%uscissi {/t A; riuscissi R} netto il giuoco, sendo tanto mascagno e scalterito? $_. Credo ch' io l' abbi in altro cantar detto, ch' ogni cosa si fa per un despetto. Quando Ulivier percosse il viso a Gano, io dissi allor come e' si pose in core di vendicarsi, che/ gli parve strano, sendo pur per natura traditore. Rico\rdati, lettor, del Lampognano e non cercar d' altro antico {t} au%ttore {/t A; auttore R}; e sempre tien' la paura in corazza, che/ il disperato alfin mena la mazza. Forse che Gano ancora avea speranza di ricoprir con Carlo il tradimento; ed avea tanta gente di Maganza, che come il conte Orlando fussi spento, si confidava nella sua possanza di poter le bandiere alzare al vento col favor di Marsilio e con la lancia e coronarsi del regno di Francia. Or lascia\n questo traditor pe' boschi, com' io dissi, pe' balzi e per le fosse, perch' io son pien di molti pensier foschi. Non c' e\ il nocchier che la mia barca mosse e bisogna che terra io ricognoschi come se quella in alto mare or fosse e rilevare il porto per aguglia, perche/ la sonda alle volte ingarbuglia. Morto e\ Turpino e seppellito e pianto, tanto ch' io temo nella prima vista di non uscir fuor del cammino alquanto, che/ mi bisogna scambiar timonista, e nuova cetra s' apparecchia e canto; ma perche/ volteggiando pur s' acquista, forse che in porto condurrem la nave di ricche merce ponderosa e grave: si\ ch' io ricorro al mio famoso Arnaldo, che m' accompagni insino al fine e scorga tanto ch' io ponga in qui%ete Rinaldo, e la sua destra mano al timon porga: che poi che Gano ha squartato, il ribaldo, d' un zucchero candito e\ pieno in gorga e riforbito s' ha gli artigli e 'l becco e tratto fuor della mente lo stecco. E perche/ egli ama ancora pur {t} Luciana {/t R; Luci%ana A}, con molta gente la mando\ a Parigi, perch' ella era nipote a Gallerana; e battezzossi drento a San Dionigi ed accordossi alla fede cristiana; e tanto piacque al gentile {t} Ansui%gi {/t A; Ansuigi R}, perche/ pure era ancor giovane e bella, che finalmente {t} disponsata {/t R; disposata A} ha quella. E Ricciardetto con lei fu mandato, per piacere a Rinaldo, in compagnia; e 'l padiglion ch' ella aveva donato, Rinaldo volle renduto gli sia per ristorarla del tempo passato e rende/ cortesia per cortesia, e sempre il tenne poi sopra il suo letto; e basti questo a lei e Ricciardetto. Rinaldo a Carlo Magno un giorno disse come e' voleva di corte partire e cercar tutto il mondo come Ulisse. Carlo di duol si credette morire, ma finalmente poi lo benedisse e non poteron nessun contraddire che, poi che vendicato aveva Orlando, volea pel mondo andar peregrinando. Gran pianto fece la corte di Carlo; Carlo gli parve rimaner si\ solo, che non pote/ mai piu\ dimenticarlo: credo che questo fu l' ultimo duolo; e non voleva sentir ricordarlo, come fa il padre che perde il figliuolo; e tutta Francia ne {t} fe' {/t A; fe/ R} gran lamento, poi ch' un tanto campion nel mondo e\ spento. E credo in verita\ che cosi\ sia, perche/ pur molte cose ho di lui scritto, e per virtu\ della sua gagliardia e' par ch' io sia come costor gia\ afflitto; e come peregrin rimaso in via che va pur sempre al suo cammin diritto col pensier, con la mente e col cervello, cosi\ vo io pur seguitando quello. E s' io credessi di piacere ancora alla patria, a color che leggeranno, come avvien chi per fama s' innamora, io piglierei di questa istoria affanno, pero\ che al tutto chi ne scrive ignora; ma se mie rime facultate aranno, forse che il mondo ancor leggera\ questo fin che l' ultimo di\ fia manifesto. Ma l' {t} au%ttor {/t A; auttor R} disopra ov' io mi specchio parmi che creda (e forse crede il vero) che benche/ e' fusse Rinaldo gia\ vecchio, avea l' animo ancor robusto e fero e quel suon d' {t} Astarotte {/t A; Astaroth R} nello orecchio come disotto in quell' altro emispero erano e guerre e monarchie e regni, e che e' passassi alfin d' Ercule i segni, e, perche/ ancor di lui quell' angel disse: #_ Ogni cosa esser puo\, quando Iddio vuole $_, accio\ che quelle gente convertisse ch' adoravan pianeti e vane fole: e se ancor vivo un giorno e' {t} ri%uscisse {/t A; riuscisse R} dall' altra parte ove si lieva il sole, come molti miracoli si vede, qual maraviglia? Chi piu\ sa, men crede. Non si dice egli ancor del Vangelista? benche/ cio\ comparar par forse scelo. Ma dove il punto o il misterio consista, sallo Colui che fece il mondo e 'l cielo: questa nostra mortal caduca vista fasciata e\ sempre d' un oscuro velo e spesso il vero scambia alla menzogna, poi si risveglia come fa chi sogna. E del Danese che ancor vivo sia, perche/ tutto puo\ far Chi {t} fe' {/t A; fe/ R} natura, dicono alcun, ma non la istoria mia; e che si truova in certa grotta oscura e spesso armato a caval par che stia, si\ che, chi il vede, gli mette paura: non so s' e\ vera oppini%one o vana; e cosi\ della spada Durlindana e come Carlo la gitto\ nel mare e il di\ della battaglia dolorosa si vede sopra l' acqua galleggiare e mostrasi ancor tutta sanguinosa e s' alcun va per volerla pigliare, {add} subito {/add; su\bito R A} sotto si torna nascosa. Tutto esser puo\, ma come caso nuovo, con la mia penna non l' affermo o pruovo. Credo che al tempo di que' paladini, perche/ la fede ampliasse di Cristo, sendo molto potenti i saracini molte cose a buon fin permisse Cristo; che/ se non fussi stato a' lor confini Carlo a pugnar per la fede di Cristo, forse saremo ognun {t} mau%mettisti {/t A; maumettisti R}: {it} ergo, Carole, in tempore venisti {/it}. Parmi Carlo e Domenico e Francesco abbin tanto operato per la fede con le dottrine e col valor francesco, ch' io diro\ forse che per lor si crede, che/ il popol de' cristiani stava fresco; se non che Iddio a' buon servi concede, perche/ ogni cosa e\ da lui preveduto, sempre al tempo opportun debito aiuto. Io mi confido ancor molto qui a Dante, che non sanza cagion nel Ciel {add} su {/add; su\ R A} misse Carlo ed Orlando in quelle croce sante, che/ come diligente intese e scrisse; e cosi\ incolpo il secolo ignorante che mentre il nostro Carlo al mondo visse, non ebbe un Livio, un Crispo, un Iustin seco, o famoso scrittor latino o greco. Ma perch' io dissi altra volta di questo quando al principio cominciai la istoria, forse tacere, uditor, fia onesto. Poi ch' io ho collocato in tanta gloria Carlo ed Orlando, or basti, sia per resto, perche/ e' non paia vanitate o boria a giudicar de' segreti di sopra, quel che meriti ognun secondo l' opra. Sempre i giusti son primi i lacerati. Io non vo' ragionar piu\ della fede, ch' io me ne vo poi in bocca a questi frati, dove vanno anche spesso le lamprede; e certi scioperon pinzocorati rapportano: #_ Il tal disse, il tal non crede $_, donde tanto romor par che ci sia se #_ in principio era buio, e buio fia $_. In principio creo\ la terra e il cielo Colui che tutto {t} fe' {/t A; fe/ R} qual sapi%ente, e le tenebre al sol facevon velo; non so quel che si fia poi finalmente nella revoluzion del grande stelo: basta che tutto giudica la Mente; e se pur vane cose un tempo scrissi, {it} contra {t} hipocritas {/t R; hypocritas A} tantum, pater {/it}, dissi. Non in pergamo adunque, non in panca reprendi il peccator, ma quando siedi nella tua cameretta, se e' pur manca; salite colassu\ col piombo a' piedi: la fede mia come la tua e\ bianca, e farotti vantaggio anche due Credi; predicate e spianate l' Evangelio con la dottrina del vostro {t} Au%relio {/t A; Aurelio R}. E s' alcun susurrone e\ che v' imbocchi, palpate come Tomma, vi ricordo, e giudicate alle man, non agli occhi, come dice la favola del tordo; e non sia ignun piu\ ardito che mi tocchi, ch' io tocchero\ poi forse un monacordo, ch' io troverro\ la solfa e' suoi vestigi: io dico tanto a' neri quanto a' bigi. Vostri argumenti e vostri sillogismi, tanti maestri, tanti bacalari, non faranno con {t} loi%ca {/t A; loica R} o sofismi ch' alfin sien dolci i miei lupini amari, e non si cerchera\ de' barbarismi, ch' io troverro\ ben testi che {t} fi\en {/t R; fien A} chiari: per carita\ per sempre vi sia detto, e non si dira\ poi piu\ del sonetto. Io mi parti' da San Gianni di Porto dov' io lasciai il mio Carlo mal contento; or, perche/ il fine e\ di venire a porto sempre d' ognun che si commette al vento, noi penserem qualche tragetto corto, pero\ che un' ora omai parrebbe cento; tanto la voglia e\ in se/ piu\ desi%osa, quanto piu\ presso al fine e\ ogni cosa. Carlo, poi ch' ebbe Ganellon punito e rimesso un di%avolo in inferno, che l' ha piu\ tempo tentato e tradito, {t} fe' {/t A; fe/ R} come sempre i sapi%enti ferno, che d' ogni cosa pigliar san partito, e redusse la corte e 'l suo governo in Aquisgrana ove alcun tempo visse e molte guerre {t} fe' {/t A; fe/ R} pria che morisse. Ma perche/ morte a nessun mai perdona, non riguardando a tanto imperatore, poi ch' egli ebbe tenuta la corona quaranzette anni con supremo onore, l' anima sua il secolo abbandona e ritornossi a quel lieto Fattore, che si ricorda ristorare in Cielo i giusti e' buon, come dice il Vangelo. E benche/ tante cose ha fatte prima, che non iscrisse Ormanno ne/ Turpino, riserberem con altra cetra e rima a cantar le sue laude ad {t} Alcui%no {/t A; Alcuino R}, che cantera\ le cose di piu\ stima, dell' infanzia tacendo e di Pipino, come solevan nei tempi discreti cantar le laude de' morti i poeti. Furon molto le essequie celebrate e tutto il mondo quasi in vesta negra, massime tutta la Cristianitate, e Francia poi non si vide piu\ allegra. Or, perche/ molte cose ho pur lasciate, accio\ che io dica la sua istoria integra, tanto che e' sia anche il dotto satollo, convien ch' io invochi a questa volta Apollo. E per Delo e per Delfo e pel tuo Cinto ti priego che tu temperi la lira, per la tua bella Danne e per Iacinto; e quel furor che senti\ gia\, respira, Ismaro e Cirra, Pindo ed Arachinto, tanto che quel temerario Tamira e Marsia invidia abbia alla cetra nostra, mentre che Carlo ancor vivo si mostra. In Aquisgrana un certo citarista era in quel tempo, Lattanzio appellato, molto gentil, molto famoso artista, per la qual cosa in alto fu montato: raccolto molte cose a una lista, della vita di Carlo ammaestrato, e innanzi ad {t} Alcui%n {/t A; Alcuin R}, cantando disse cio\ che Turpino ed Ormanno gia\ scrisse. E cominciossi a Carlo giovinetto, come gia\, sendo del regno cacciato, morto Pipino, il padre, poveretto, con un pastore ha l' abito scambiato e come e' fu chiamato il {t} Mai%netto {/t A; Mainetto R} in corte ove Galafro l' ha accettato e come e' fussi a lui menato e quando, da un suo balio chiamato Morando, e come Gallerana innamorata dopo alcun tempo a lui si fece sposa e come in Francia l' aveva menata; poi dimostro\ la sua virtu\ nascosa, quando egli ebbe la patria racquistata e la corona in testa glori%osa, perche/ Pipino, il suo padre, fu morto da Oldorigi a tradimento, a torto; e come, essendo in Italia venuto, con molta gente il mar passo\ Agolante per un buffone al quale ebbe creduto, e disse le battaglie tutte quante; e come, Carlo d' Almonte abbattuto, Orlando, che ancora era un picciol fante, uccise finalmente questo Almonte con un troncon di lancia a una fonte; e di Gerardo e Don Buoso e Don Chiaro, di Risa di Riccier, tutto cantossi; e come, poi che in Francia ritornaro, perche/ piu\ volte Spagna ribellossi, l' ultima volta gli costo\ amaro, e come quella guerra cominciossi e Ferrau\ come mori\ in sul ponte e Lazzera fu preso sopra il monte, e come poi alla Stella Serpentino venne fuori a combatter con Orlando e come morto rimase, meschino; si\ che Carlo, la impresa seguitando, riprese verso Navarra il cammino, a Pampalona alla fine arrivando; e della lunga e dispietata guerra, mentre che tenne assediata la terra, e come Orlando sdegnato e\ partito e capito\ nella {t} Mech {/t R; Mecche A} al Soldano e come Machidante e\ alfin fuggito e Sansonetto si {t} fe' {/t A; fe/ R} poi cristiano; e inverso Gerosolima fu ito e racquisto\ il Sepulcro con sua mano e ricognobbe Ugon german fratello e Sansonetto ne meno\e e quello; e ritornato a Carlo a Pampalona, dove a campo era stato gia\ molti anni, intese che Maccario la corona e la sua sposa togliea con inganni e bisognava Carlo ire in persona a racquistare i suoi reali scanni; e Malachel lo porto\ finalmente dove Maccario poi resto\ dolente; cosi\ ripresa la sua signoria, a Pampalona torno\ come un vento; e come Desiderio di Pavia prese la terra con iscaltrimento e poi mando\ a Marsilio imbasceria ove Chiron fu morto a tradimento; e come Carlo con tutta sua setta contra Marsilio giuro\ far vendetta e finalmente si tratto\e la pace; e come Ganellon fu poi mandato a Siragozza, il traditor fallace, e come il tradimento ha ordinato e come Iddio mostro\ che gli dispiace; e intanto Carlo a San Gianni e\ arrivato; e come in Runcisvalle Orlando e\ giunto, e la battaglia, com' io dissi appunto. E cio\ che addrieto nel {it} Morgante {/it} e\ scritto, ogni cosa Lattanzio in alto disse; e come tutta la Persia e lo Egitto alla fede di Cristo pervenisse: e bisogno\e qui andar pel segno ritto (non so se troppa mazza altrove misse), che/ l' {t} au%ttor {/t A; auttor R} che {it} Morgante {/it} compose non direbbe bugie tra queste cose. E del Danese, e come e' fu cristiano, e del caval chiamato Duraforte, e che in prigione il tenne Carlo Mano quando quel de/tte a Carlotto la morte, insin che venne quel Bravieri strano che abbatte/ tutti i paladin di corte, e come e' fu della Marca signore, ogni cosa dicea quel cantatore: e come poi Rinaldo giovinetto con tre frategli a Carlo fu mandato, che fu Guicciardo, Alardo e Ricciardetto, e come Carlo l' aveva accettato; e perche/ spesso gli facea despetto, piu\ volte l' ebbe di corte scacciato; e come e' {t} fe' {/t A; fe/ R} per arte Malagigi Montalban fare a quegli angeli bigi. E disse finalmente tante cose che fece tutto il popolo stupire, insin che pur la cetera giu\ pose e non pote/ di Carlo tanto dire quanto l' opere sue son piu\ famose. Or pur la istoria ci convien finire, che/ {t} Alcui%n {/t A; Alcuin R}, poi che Lattanzio ha detto, la cetra ha in punto e 'l pie\ gia\ in sul palchetto. Era il popol di lacrime confuso, tanto a ciascun del suo signore increbbe (e veramente a questa volta io scuso ognun che piange quel che pianger debbe), quando {t} Alcui%n {/t A; Alcuin R}, secondo l' antico uso salito in alto, poi che guardato ebbe la gente afflitta e lamentabil tanto, la cetra accommodo\ col flebil canto; e molto commendo\ colui che ha detto, Lattanzio, e disse nello essordio prima: #_ Io son fra molti dicitore eletto, e me' di me ognun sa dire in rima: pero\ s' io commettessi alcun defetto, populo mio, per discrezion istima che come Filomena a cantar vegno materia ove e' non basta uman ingegno. Io cantero\ del magno imperatore la vita e piangero\ con voi la morte, perche/ pure era mio padre e signore e tanto tempo m' ha nutrito in Corte, dove il pan de' sospiri e del dolore convien ch' io mangi or, tanto duro e forte: ma perch' io sono alla vita obligato, non voglio anche alla morte esser ingrato. Pipino, il padre suo famoso e degno, tenne prima lo scettro e il nome regio e governo\ per quindici anni il regno, pero\ che al gran prefetto del collegio dinanzi a lui bastava il nome e 'l segno; ma la corona e 'l real seggio e 'l fregio tenne Pipin come di sopra e\ detto, che per successi%one era prefetto. Morto Pipin, dopo il quindecimo anno dalla sua promozion, rimase Carlo, Carlo Magno appellato e Carlomanno, un suo fratel; ma del signor mio parlo, che/ come il regno insieme partito hanno, opera mia non e\ di raccontarlo: io diro\ tanto della sua eccellenzia quant' io ebbi oculata esperi%enzia. La prima guerra fu con gli Aquitani $_ (nota, lettor, che l' Aquitania e\ Ghienna, accio\ che i versi alcuna volta io spiani, dov' io vedro\ la discrezione accenna): #_ Pipin v' avea prima messo le mani, come scritto fu gia\ con altra penna; Carlo v' ando\ fino a guerra finita e riportonne la palma fiorita. E so che replicar non mi bisogna cose tanto propinque alla memoria, e come Unuldo si fuggi\ in Guascogna e come doppia fu questa vittoria da poi ch' egli ebbe il suo nimico in gogna; pero\ che Lupo, per maggior sua gloria, il duca di Guascogna, fu prudente e de/tte Unuldo e se/ liberamente. E perche/ intanto il bel paese Esperio occupava il furor de' Longobardi sotto l' insegne del re Desiderio, uomini inculti, feroci e gagliardi, si\ che quel tenne di Italia lo imperio ventiquattro anni sotto i suoi stendardi, non si poteva alla fine cacciarlo, se non giugneva il soccorso di Carlo. Era venuto di verso Occea\no questo popolo indomito, chiamato da Narsete {t} eu%nuco {/t A; eunuco R} capitano; onde il sommo pontefice oppressato, ch' era in quel tempo il famoso {t} Adriano {/t A; Adriano R}, a Carlo imbasciatore ebbe mandato che dovessi in Italia venir quello come Pipin gia\ fece e 'l suo Martello. Carlo, mosso da' prieghi santi e giusti, parti\ di Francia co' suoi paladini e bisogno\e passar per luoghi angusti onde Anibal passo\ co' suoi Barchini, perche/ e' tenean que' populi robusti i passi e' gioghi degli alti Apennini; ma passi o sbarre non valsono o ponti, che/ finalmente e' trapasso\ que' monti. E mando\ prima imbasciadori a quelli la\ dove Desiderio era attendato, che dovessin partir co' lor drappelli e come egli era in Italia chiamato per discacciar della Chiesa i rebelli; che si ricordin pel tempo passato come altra volta con ispada e lancia provato avevan le forze di Francia. E finalmente alla battaglia venne dove il pian vercellese par che sia; il perche/ Desiderio non sostenne e fu {t} constretto {/t R; costretto A} fuggirsi in Pavia dove Carlo assediato un tempo il tenne, e intanto ando\ con la sua compagnia, poi ch' egli avea la sua superbia doma, a vicitare il pontefice a Roma. Grande onor fece il sommo padre santo a Carlo, lieto del suo avvenimento. {add} Restitui%te {/add; Restituite R; restitui%te A} le sue terre intanto ed aggiunto Spoleti e Benevento, e cosi\ in Roma dimorato alquanto (per che molto {t} Adri%an {/t A; Adrian R} ne fu contento) e satisfatto alla sua devozione, si diparti\ con gran benedizione. E perche/ Desiderio avea lasciato, com' io dissi, assediato in la sua terra, come fu\lgore indrieto ritornato, tanto lo strinse finalmente e serra, che bisogno\ che si fussi accordato: e cosi\ fu terminata la guerra e riportonne il {t} tri%unfo {/t A; triunfo R} e le spoglie, e in Francia lui co' figliuoli e la moglie. Cosi\ la bella Italia liberata, che da' Goti e da' Vandali prima era e dagli Unni e dagli Eruli occupata, gente bestial, molto crudele e fera, e la Chiesa di Dio {t} restau%rata {/t A; restaurata R}, si ritorno\ con la santa bandiera, e per piu\ gloria de' famosi gigli seco meno\ di Carlomanno i figli. Io lascio molte cose egregie e degne, ch' io non posso seguir con la memoria e, in ogni parte ove fur, le sue insegne accompagnar d' una in altra vittoria; ma se morte anzi tempo non ispegne il vero lume a mostrar questa istoria, con altro stil, con altra cetra e verso sara\ ancor chiara a tutto l' universo. Or, come avvien che il generoso core cose magne ricerca insin se sogna, cosi\ intervien che il nostro imperatore, poi ch' egli ebbe Aquitania e la Guascogna e liberata la Chiesa e 'l Pastore, percosse nella eretica Sansogna ch' era piu\ ch' altra regi%one allotta dal culto falso de' demo\n corrotta. Questa guerra fu piu\ labori%osa che alcuna altra per gli uomini strani a cui molto la nostra fede esosa era, ingannati dagli idoli vani; gente crudele e molto bellicosa, che dannava ogni legge de' cristiani. Carlo n' ando\ collo essercito a furia, per vendicar del suo Cristo la ingiuria; si\ che piu\ volte, alla fede redutti, si ritornoron nello antico errore poi che gl' idoli van furon distrutti per la virtu\ del nostro imperatore; pure alla fine, battezzati tutti, ricognobbono il vero Redentore e l' idolatria loro essere inganni: e cosi\ combatte^r trentatre/ anni. Carlo poi per istatici domanda diecimila di lor, come prudente, ed ordino\ che per tutto si spanda pe' paesi di Francia quella gente e pe' liti di Ilanda e di Silanda: cosi\, la lor perfidia finalmente diradicata come falsa legge, aggiunse nuova torma alla sua gregge. O protettor del buon Cefas in terra, o defensor delle cristiane squadre, o santa spada a gastigar chi erra, o {t} Moi%se\ {/t A; Moise\ R} del popol di Dio padre, o Papirio Cursor famoso in guerra, o Scipio amico all' opere leggiadre, o fido specchio ove ogni ben s' e\ mostro, o fama, o pregio, o gloria al secol nostro! Era in quel tempo medesimo Spagna d' altra prava eresia piu\ maculata, quando l' alta Corona tanto magna apparecchio\ lo essercito e l' armata e passa i fiumi e' colli e la montagna con la santa bandiera dal Ciel data e fa tremare ogni lito, ogni terra, come in Ispagna e\ vulgata la guerra. Furono adunque in su' campi alle mani Carlo e sua gente, onde la fama suona; ma non resson le forze degli Ispani. Restava Augusta solo e Pampalona a redurre alla fede de' cristiani: il perche/ il magno re v' ando\ in persona, e finalmente dopo lungo tedio le conquisto\ con forza e con assedio. E poi che Pampalona fu acquistata dopo molte battaglie e molti ome\i e che tutta la Spagna e\ battezzata e Macon rinnegato e i falsi iddei, Carlo, tornando con la sua brigata, poi che i salti rivide Pirenei, non sanza danno dell' altrui vergogna, nelle insidie percosse di Guascogna. Quivi fu la battaglia sanguinosa dove Anselmo mori\ col suo nipote in Runcisvalle ancor tanto famosa. Ma tutte queste cose vi son note: che non fu la vittoria glori%osa, pero\ che il tradimento tutto puote, e perche/ Carlo il tempo e 'l modo aspetta, come sapete {t} fe' {/t A; fe/ R} crudel vendetta. Cosi\ furon l' inganni de' Guasconi puniti e prima battezzata Spagna. E seguito\ la guerra de' Bretto/ni; e poi che fu ancor doma la Brettagna, rivolse verso Italia i gonfaloni, perche/ Roma d' Arai%so si lagna, il qual di Benevento era signore e minacciava la Chiesa e 'l Pastore. Carlo, giunto in Italia come io dico, redusse alle sue voglie il folle duce si\ che quel fece al pontefice amico e molti in Francia statici conduce. O quante cose magne io non replico! che/, come il sole in ogni parte luce, a conseguir famose opere e degne in ogni luogo appari^r le sue insegne, si\ che, piu\ volte di Roma lo imperio {t} restau%rato {/t A; restaurato R} come il buon Camillo, tornato in Francia, il gran duca baverio, apparecchiato sua gente, Tassillo, recordato del suocer Desiderio, congiurato con gli Unni a un vessillo, come mal consigliato dalla moglie cercando ando\ le sue future doglie. Lo imperator, che apparato gia\ era, non aspetto\ del nimico la insegna, ma fe/ssi incontra a lui con sua bandiera insino al fiume che divide e segna la Magna e le provincie di Baviera; e bisogno\e che alfin Tassillo vegna a consentir cio\ che Carlo gli chiede e giurar servitu\, tributo e fede. I Velatabi intanto gli Abroditi molestavan qual suoi confederati; ma poi che il nostro re gli ebbe puniti, in questo tempo gli Ungher congregati, populi detti per l' addrieto Sciti, gente dapprima in Pannonia arrivati dalle estreme provincie della terra, apparecchiavan contra Carlo guerra. Questa guerra duro\ circa otto anni; ma Carlo alfin, superati costoro non sanza grande occisi%one e danni, ne riporto\ le ricchezze e 'l tesoro, ch' egli avevon con forza e con inganni in molte parte predato gia\ loro, in Francia bella con vittoria e fama, si\ che la gloria fiori\ in ogni rama. E poi che la gran guerra d' Ungheria sedata fu, ridotta sotto il giglio di Francia e la Boemia e Normandia abbattuta da Carlo primo figlio, mando\ papa Leone imbasceria, perch' egli era {t} constretto {/t R; costretto A} e in gran periglio, cacciato di sua sede, in Francia a Carlo, che dovessi tornare a liberarlo. Cosi\ la terza volta ritornato Carlo in Italia, il pontefice santo restitui\ dond' egli era cacciato, nella sua sede col papale ammanto: per che il sommo Pastor non sendo ingrato, recordato del suo precessor tanto quanto di se/, benemerito e giusto, gli aggiunse al titol regio il nome agusto. Dunque Carlo fu Magno e imperatore di tutto l' universo e re di Roma, ed aggiunse al suo segno, per piu\ onore, il grande uccel che di Giove si noma. E licenziato dal santo Pastore, poi ch' egli aveva ogni arroganza doma, nel suo tornar, per piu\ magnificenzia, rifece e rinnovo\e l' alma Florenzia, e templi edifico\ per sua memoria e de/tte a quella doni e privilegi, e ritorno\ con gran {t} tri%unfo {/t A; triunfo R} e gloria in Francia, il nostro re degli altri regi. E non e\ questa l' ultima vittoria onde piu\ splenda la corona e fregi: tante altre cose ha fatto il signor nostro, che manca il suon, la voce e carta e inchiostro. Io non posso piangendo cantar versi, tanto contrario e\ l' uno all' altro effetto; e pur convien che il cor lacrime versi, quando quell' e\ da giusto duol constretto, Per tanti tempi e paesi diversi ha fatto Carlo piu\ che io non ho detto, per la fede di Cristo e pel Vangelo: ma tutto e\ scritto e rigistrato in Cielo. Quivi i meriti suoi saranno tutti, quivi tutto vedra\ nel santo {t} volto {/t A; vo/lto R}, quivi corra\ del suo ben fare i frutti, quivi sara\ dal buon Gesu\ suo accolto, quivi in canti fia sempre sanza lutti, quivi il seggio regal mai sara\ tolto, quivi il pan gustera\ che sempre piace, quivi impetri per noi della sua pace $_. Volea piu\ oltre dir, certo, {t} Alcui%no {/t A; Alcuino R}, e dello acquisto del Sepulcro santo e come egli ando\ in Grecia a Gostantino; ma non pote/, che/ le lacrime e 'l pianto del popol, che piangea cosi\ meschino, occupavan la cetera col canto, e forse il braccio stanco era e l' archetto: per la qual cosa sceso e\ del palchetto. E come e' fu quel sapi%ente sceso, il popol, ch' era prima stato attento, un pianto seguito\e molto disteso; come foco talvolta pare spento e sanza fiamma si conserva acceso, poi si dimostra o per esca o per vento, cosi\ intervenne dopo il dolce canto, che tutto il popol rinnovo\e il pianto. Quivi eran le pulzelle scapigliate, quivi avean le matrone il peplo in testa, quivi piangeva tutta la cittate, quivi si straccia ognun l' oscura vesta, quivi son l' alte cose replicate, quivi si loda la sua vita onesta, quivi si batte alcun le palme intanto, quivi si grida: #_ Santo, santo, santo! $_. O fortunato, o ben vissuto vecchio! O felice quel giusto ch' ognuno ama! O chiaro essemplo di ben fare e specchio! O sanza invidia glori%osa fama! O Ciel, tu porgi a' suoi merti l' orecchio! O popol che il signor suo morto chiama! O buon pastor, chi ben guarda sua gregge! O tanto re, quanto ei ben guida e regge! In Aquisgrana la chiesa maggiore, nella Virgine santa titolata, dallo eccelso e felice imperatore era suta gia\ prima edificata: quivi meritamente a grande onore fu la sua sepultura {t} conlocata {/t R; collocata A} e sopra a questa aggiunto un arco d' oro nella santa basilica del coro. E perche/ il mondo ancor possi ritrarlo, il popol verso lui fu clementissimo e nel sepulcro suo fece scultarlo, e lo epitafio diceva brevissimo: #_ Il corpo iace qui del magno Carlo imperator de' Roman cristianissimo $_: ma molto importa, in si\ breve idi%oma, #_ cristianissimo $_ e #_ Carlo $_ e #_ re di Roma $_. L' anno ottocentoquindici correa dalla salute della Incarnazione (Carlo settantadue finiti avea, e quaranzette dalla promozione, de' quali ultimi, quindici tenea con la corona da papa Leone): nel vigesimoquarto di\ spirato del mese il quale a Gian fu consecrato. E innanzi alla sua morte segni apparse: che/, dove il bel pinnaculo si bilica, fu\lgore questo rovino\e e sparse, un portico casco\ della basilica e 'l ponte ch' era appresso a Magonzia arse: pero\, chi queste cose ben rivilica, come a Cesare, il Ciel fece qui segno d' altro cesare in terra assai piu\ degno. {t} Fe' {/t A; Fe/ R} come savio prima testamento: divise in molte terre il suo tesoro; lascio\, tutti i suoi servi, ognun contento, che/ molte cose partiron fra loro; e tre tavole ricche d' ari%ento, tutte intagliate ed una di puro oro, condotte e fatte con mirabile arte, distribui\, com' io truovo, in tre parte: la prima, ove era tutta disegnata la gran citta\ che Bisanzio si noma, al santo altar di Pietro ha diputata; e l' altra, ove era sculta l' alma Roma, volle che fussi a Ravenna mandata. O gran presente, o ricca, o degna soma! O magnanimi don, memoria e segno, che minor non conviensi a tanto uom degno! La terza, fatta con maggior lavoro, dove tutto descritto appare il mondo, e quell' altra ch' io dissi, tutta d' oro, a Lodovico suo figliuol giocondo rimase, ultimo erede fra costoro, morti Carlo e Pipin primo e secondo; si\ che Luigi era il terzo figliuolo, che succedette alla corona solo. Or poi che Carlo e\ seppellito e morto e fruisce quel gaudio e quel giubillo che s' aspetta a ognun che giugne al porto di sua salute e suo stato tranquillo, a me parrebbe alla istoria far torto s' io non aggiungo qualche codicillo, accio\ ch' ognun che legge benedica l' ultimo effetto della mia fatica. Noi possiam per la istoria intender quasi come all' unico figlio Lodovico molti regni e paesi son rimasi per virtu\ del suo padre, come io dico, per molti tempi, effetti e vari casi: insino al re di Persia e\ fatto amico, tanto a se/ il trasse come calamita l' opere degne del suo padre in vita; e la Francia e la Ghienna e la Borgogna e Navarra, Araona con la Spagna, la Fiandra e l' Inghilterra e la Guascogna, la Dazia e la Germania e la Brettagna e Pannonia e Boemia e la Sansogna e tante gran provincie della Magna e l' Istria e la Dalmazia e Lombardia rimason sotto la sua monarchia. E veramente dal suo genitore non e\ questo figliuol degenerato; ma perch' io serbo altrove a fargli onore, in altro libro o libel cominciato, ritorno al nostro primo imperatore in alcun luogo, che/ indrieto ho lasciato de' costumi e de' modi di sua vita, si\ che la istoria dir possian finita. Dicon molti {t} au%ttor {/t A; auttor R} di sua natura, della sua qualita\, s' io ho ben raccolto, ch' egli aveva formosa la statura; largo nel petto e nelle spalle molto; ne' passi grave e nella guardatura; nel parlar grazia, e {t} maiesta\ {/t R; maiesta A} nel {t} volto {/t A; vo/lto R}; la barba lunga e il naso alquanto giusto; l' aspetto degno e tutto in se/ venusto; molto affabil, placabil, tutto magno, molto savio, veril, molto discreto; amico o servo o parente o compagno partia sempre da lui contento e lieto; non si sentia: #_ Del mio signor mi lagno $_; molto giusto in sua legge e suo decreto; e perche/ gli uomin gli piacean modesti, essemplo dava di costumi onesti. Era al culto divin ceremonioso; edificava per ogni paese qualche magno palazzo glori%oso; fece tanti spedal, badie e chiese, ch' io credo il ver di molte sia nascoso; come cor generoso all' alte imprese, {t} restau%rava {/t A; restaurava R} e citta\ e castella, come e' fece ancor gia\ Fiorenza bella; fece in sul Reno il ponte, com' io dissi, di cinquecento passi per lunghezza, che mostro\ segno, innanzi ch' e' morissi, come e' cadeva anche ogni gentilezza. Mostrava, in ogni caso che avvenissi, prudenzia e temperanza con fortezza; grazie che Iddio rade volte concede o per nostra salute o per la fede. Dilettavasi a caccia andare spesso, sempre l' ozio dannando, come i saggi, sanza temer, dagli anni pur defesso, di freddo o luoghi difficil, selvaggi; tanto che, essendo a quel termine presso dove piu\ oltre ognun convien che caggi perche/ non e\ piu\ la natura forte, sollicito\e per tal cagion la morte. Pigliava spesso de' bagni diletto; quivi soleva congregar gli amici, come forse dal luogo era {t} constretto {/t R; costretto A} dove i monti son freddi e le pendici. O signor giusto, o signor benedetto, o quanto furon que' tempi felici! Non sara\ Francia mai si\ bella o lieta o per corso di stelle o di pianeta. Reputavano i popoli dal Cielo mandato fussi in terra un tal signore, per carita\, per giustizia e per zelo; e se non fussi spento il vecchio errore, adorato l' arebbon come Belo per reverenzia e per antico amore; tanto che alcuno, forse, auttor non falla della croce incarnata in su la spalla. Ammaestro\ i figliuoli e le figliuole d' ogni arte liberal, d' ogni dottrina; ne/ bisognava cercare altre scuole, allor, che l' accademia parigina. Voleva appresso tutta la sua prole, se e' cavalcava da sera o mattina. Talvolta per fuggir le sue donne ozio, ministravan lanifero negozio. La madre sua ch' era Berta chiamata, sempre la tenne con debito onore, accio\ che fussi la legge osservata di {t} Moi%se\ {/t A; Moise\ R} da quel primo dottore; era di Grecia di gran sangue nata, figlia di Eraclio degno imperatore. Or basti una parola, uditor mio: ch' ogni cosa ben fa chi teme Iddio. Dunque giusta la vita, retta e buona e\ stata del mio Carlo veramente, e tenuto lo imperio e la corona come magno signor felicemente. Ma perche/ intanto una tuba risuona in altra parte e per tutto si sente, benche/ la istoria sia degna e famosa, convien che fine pure abbi ogni cosa. E s' io non ho quanto conviensi a Carlo satisfatto co' versi e col mio ingegno, io non posso il mio arco piu\ sbarrarlo tanto ch' io passi il consueto segno; e dicone mia colpa e ristorarlo aspetto al tempo del figliuol suo degno, ch' io faro\ in terra piu\ che semideo, dove sara\ Ciriffo Calvaneo. Io ho condotto in porto la mia barca: non vo' piu\ tentare ora Abila e Calpe; per che piu\ oltre il mio nocchier non varca, per non trovarsi come spesso talpe o come quel che entro\ nella santa arca, tanto che' monti si scuoprino o l' alpe, pel tempo ancor pur nebuloso e torbo; ed aspettar che ritorni a me il corbo. Non ch' io pensi star, surto, sempre fermo, che/ s' io vorro\ passar piu\ la\ che Ulisse, donna e\ nel Ciel che mi fia sempre schermo; ma non pensai che innanzi al fin morisse. Questa fia la mia stella e 'l mio santo Ermo; e perche/ prima in alto mar mi misse, come spirto beato tutto vede, ricorderassi ancor della mia fede. Sare' forse materia accomodata, con la vita di Carlo tanto eletta la vita di tal donna comparata, Lucrezia Torna-buona, anzi perfetta, nella sedia sua antica rivocata dalla Virgine etterna benedetta che riveder la sua devota applaude, e canta or forse le sue sante laude. Quivi si legge or della sua Maria la vita, ove il suo libro e\ sempre aperto, e di Esdram, di Iudit e di Tobia; quivi si rende giusto premio e merto; quivi s' intende or l' alta fantasia a descriver Giovanni nel deserto; quivi cantano or gli angeli i suoi versi, dove il ver d' ogni cosa puo\ vedersi. Natura intese far quel ch' ella volle: una donna famosa al secol nostro, che per se stessa se/ dall' altre estolle tanto che manca ogni penna, ogni inchiostro. Non la cognobbe il mondo cieco e folle, benche/ il vero valor chiaro fu mostro, come il Signor che colassu\ la serra; che/ adorata l' arebbe in Cielo e in terra. Quanti beni ha commessi! A quanto male {t} ovvi%ato {/t A; ovviato R} costei mentre era in vita! Pero\ con la sua veste nuzi%ale l' anima in Cielo a Dio si rimarita quel di\ che il santo messo aperse l' ale per la sua carita\ tanto infinita; si\ che ancor prego che lassu\ m' accetti tra' servi suoi nel numer degli eletti. E s' io ho satisfatto al suo desio, basta a me tanto e son di cio\ contento: altro premio, altro onor non domando io, altro piacer che di godermi drento. E so ch' egli e\ lassu\ Morgante mio: pero\ s' alcun malivolo qui sento, adattera\ il battaglio ancor dal Cielo in qualche modo a scardassargli il pelo. Portin certi uccellacci un sasso in bocca, come quelle oche al monte Tau%reo per non gracchiar, che poi il falcon le tocca; ch' io gli faro\ girar come paleo, ed ho sempre la sferza in su la scocca, perch' io fu', prima ch' e' gigante, reo; non morda ignun chi ha zanne non che denti, dice il proverbio: io non dico altrimenti. Io non domando grillande d' alloro di che i Greci e' Latin chieggon corona; io non chieggo altra penna, altro stil d' oro a cantar d' Aganippe e d' Elicona: io me ne vo pe' boschi puro e soro con la mia zampognetta che pur suona, e basta a me trovar Tirsi e Dameta; ch' io non son buon pastor, non che poeta: anzi non son {t} prosuntu%oso {/t A; prosuntuoso A} tanto quanto quel folle antico citarista a cui tolse gia\ Apollo il vivo ammanto, ne/ tanto satir quant' io paio in vista. Altri verra\ con altro stile e canto, con miglior cetra, e piu\ sovrano artista; io mi staro\ tra faggi e tra bifulci che non disprezzin le muse de' Pulci. Io me n' andro\ con la barchetta mia quanto l' acqua comporta un piccol legno; e cio\ ch' io penso con la fantasia, di piacere a ognuno e\ il mio disegno. Convien che varie cose al mondo sia, come son varii {t} volti {/t A; vo/lti R} e vario ingegno, e piace all' uno il bianco, all' altro il perso, o diverse materie in prosa o in verso. Forse coloro ancor che leggeranno, di questa tanto piccola favilla la mente con poca esca accenderanno de' monti o di Parnaso o di Sibilla; e de' miei fior come ape piglieranno i dotti, s' alcun dolce ne distilla; il resto a molti pur dara\ diletto e l' {t} au%ttore {/t A; auttore R} ancor fia benedetto. Ben so che spesso, come gia\ Morgante, lasciato ho forse troppo andar la mazza; ma dove sia poi giudice bastante, materia c' e\ da camera e da piazza; ed avvien che chi usa con gigante, convien che se n' appicchi qualche sprazza; si\ ch' io ho fatto con altro battaglio a mosca cieca o talvolta a sonaglio. Non sien dati {t} mia {/t R; miei A} versi a Varo o Tucca; e' basta il Bellincion che affermi e lodi, che porge come amico e non pilucca. I' guardero\ in sul ghiaccio ir con buon chiodi; io portero\ in su gli omeri la zucca nell' acqua, cinta con sicuri nodi; e faro\, tanto quanto i savi fanno, di perdonare a color che non sanno. Ed oltre a questo e' ne verra\ il mio Antonio, per cui la nostra cetra e\ glori%osa del dolce verso materno {t} au%sonio, {/t A; ausonio, R} bench' e' si stia la\ in quella valle ombrosa, che fia del vero lume testimonio. Ognun so che riprende qualche cosa; ma io non so s' e' si son corvi o cigni i detrattori, o spiriti maligni. Pertanto io non aspetto il baldacchino, non aspetto co' pifferi l' ombrello, non traggo fuori i nomi col verzino com' io veggo talvolta ogni libello: quand' io saro\ con quel mio {t} serafino {/t R; Serafino A}, io gli trarro\ fuor forse col cervello, perche/ questo {t} agnol {/t R; Agnol A} vi porra\ la mano, nato per gloria di Montepulciano. Questo e\ quel divo e quel famoso Alceo a cui sol si consente il plettro d' oro, che non invidia {t} Anfi%one {/t A; Anfione R} o Museo, ma stassi all' ombra d' un famoso alloro e i monti sforza come il tracio Orfeo e sempre intorno ha di Parnaso il coro, e l' acque ferma e i sassi muove e glebe, ed a sua posta puo\ richiuder Tebe. Io seguiro\ la sua famosa lira, tanto dolce, soave, armonizzante, che come calamita a se/ mi tira, tanto che insieme troverren Pallante; per che, sendo ambo messi in una pira, segni fara\ del nostro amor {t} constante {/t R; costante A}, d' una morte, un sepulcro, un epigramma, per qualche effetto l' una e l' altra fiamma. Noi ce n' andrem per le famose rive d' {t} Eu%rote {/t A; Eurote R} e pe' gioghi la\ di Cinto, dove le muse {t} au%sonie {/t A; ausonie R} ed argive gli portan chi narciso e chi iacinto: io sentiro\ cose alte e magne e dive che non senti\ mai Pindo o Arachinto; io condurro\ Pallante a Delfi e Delo, poi se n' andra\ come Quirino in cielo. Questo sara\ quel Polli%one in Roma, questo sara\ quel magno Mecenate a cui sempre ogni musa e\ perizoma. Pertanto, spirti degni, or vi svegliate, perche/ {t} fiorire {/t R; fiorir A} fara\ nostro {t} idioma {/t R; idi%oma A}, tanto {t} fi\en {/t R; fien A} le sue opre celebrate: materia avete innanzi agli occhi degna, che per se stessa se/ laudare insegna. Veggo tutte le Grazie a una a una, veggo tutte le ninfe le piu\ belle, veggo che Palla con lor si rauna a cantar le sue laude insieme quelle; e non puo\ contra opporsi la Fortuna, che/ il sapi%ente supera le stelle: e la grazia del Ciel gran segni mostra che questo e\ il vero onor della eta\ nostra. Surge d' un fresco e prezi%oso lauro certe piante gentil, certi rampolli, che mi par gia\ sentir dall' Indo al Mauro tante cetre, Mercurii e tanti Apolli, che certo e' sara\ presto il mondo d' auro, ch' era gia\ presso agli ultimi suoi crolli: tornano i tempi felici che furno quando e' regno\e quel buon signor Saturno. Benigni secul, che gia\ lieti fe^rsi, tornate a modular le nostre lire; che/ la mia fantasia non puo\ tenersi, come ruota che mossa ancor vuol ire. Chi negherebbe a Gallo gia\ mai versi? {it} Pro re, {t} pau%ca {/t A; pauca R} dixi {/it} al mio desire. Or sia qui fine al nostro ultimo canto con pace e gaudio e col saluto santo. {it} Salve, Regina, madre glori%osa, vita e speranza si\ dolce e soave; a te per colpa {t} della antica {/t R; dell' antica A} sposa piangendo e sospirando gridiamo #_ Ave $_ in questa valle tanto lacrimosa: pero\ tu, che per noi volgi la chiave, deh, volgi i pietosi occhi al nostro essilio, mostrandoci, Maria dolce, il tuo Filio. Degnami, se 'l mio priego e\ giusto e degno, ch' io possi te laudar, Virgo sacrata; donami grazia e virtu\ pronta e ingegno contra a' nimici tuoi, nostra avvocata; e perche/ in porto hai condotto mio legno, io ti ringrazio, Virgine beata: con la tua grazia cominciai la istoria; con la tua grazia alfin mi darai gloria. Con la tua grazia, Virgine Maria, conserva la devota alma e verace, mona Lucrezia tua, benigna e pia, con carita\ perfetta e vera pace; anzi essaudir puoi cio\ che lei desia, che sempre chiedera\ quel che a te piace: si\ che lei prego per le sue virtute che per me impetri grazia di salute. {/it}